Abbracci
L'Alto Septon arrivò a Roccia del Drago senza preavviso, cogliendo così di sorpresa la corte reale. Sua Grazia la Regina Daenerys lo accolse calorosamente, abbagliante e stupenda nel suo abito di seta bianca impreziosito da raffinati pizzi di Myr. Approfittò dell'occasione per pranzare privatamente con Sua Alta Sacralità. E, durante questo augusto pasto, il Padre dei Credenti non mancò di parlare della situazione in cui stava versando il culto.
"Molti pensieri occupano la vostra mente Maestà?"
La voce del vecchio, aspra come un limone ammuffito, irruppe nei pensieri di Dany e le fece distogliere lo sguardo dal cielo. Un cielo vuoto, di un azzurro limpido, a tratti accecante. Nessuna macchiolina nera svolazzava all'orizzonte, nessun gracchiare risuonava sopra il mare. Da quattro giorni ormai Dany aspettava incessantemente notizie di Jon ma dalle Terre dei Fiumi non era più arrivato nessun corvo. E l'ansia stava scorrendo dentro di lei come un veleno. Anche oggi nessun uccello dal nero piumaggio si era appollaiato sulla finestra della sua camera. Nulla. Nemmeno il più insignificante frammento di pergamena, nemmeno una parola. Niente di niente.
Lui sta bene e tornerà presto, sai che è così. Piantala di preoccuparti e pensa a fare il tuo dovere. Vi erano momenti, attimi inghiottiti nelle ombre notturne, in cui il pensiero di Jon le invadeva la mente. Forse avrebbe dovuto andare con lui, stargli accanto in quella missione come aveva sempre fatto, ma allora chi avrebbe pensato ai bambini? E al piccolino che stava crescendo dentro di lei?
"Sono una regina, Vostra Alta Sacralità, è naturale che la mia mente divaghi a volte."
Dany riempì la coppa di vino dell'Alto Septon, notando il sorriso compiaciuto che apparve a illuminare il volto del prelato. Rispetto al suo canuto - e, data la sua tragica fine, sfortunato - predecessore, questo Alto Septon era assai più zelante. Il Credo era la sua linfa vitale, essenziale nella sua vita come l'aria che respirava, ma quando si trattava di cibo si dimostrava davvero una buona forchetta. La leggera rotondità del suo ventre non faceva altro che confermarlo.
Rhaella e Aemon giocavano tranquilli sul pavimento. La principessa di Roccia del Drago era intenta a sfogliare un libro intitolato La gloriosa e leggendaria vita di Aegon il Conquistatore, un tomo del quale, Dany lo sapeva, Rhaella non riusciva a capire mezza parola. Ma erano le illustrazioni il vero motivo dell'interesse della piccola. Miniature mozzafiato decoravano le antiche pagine e quando Rhaella ne incontrava una la osservava incuriosita. Aemon stava invece guidando la sua armata di lupi e draghi di legno verso un immaginario castello assediato.
"Anche quella del Padre dei Credenti è spesso angustiata, specialmente in questo periodo." Disse l'Alto Septon gustando una salsiccia ripiena dal proprio piatto. "Il Re vi ha fornito altre informazioni riguardo quegli zozzi eretici?"
Eccolo qui. L'Alto Septon in persona non avrebbe lasciato il suo cristallino seggio dalla Capitale, affrontato un viaggio in mare e non sarebbe di certo arrivato senza alcun annuncio nella momentanea sede della corte senza un motivo valido. E una semplice visita di cortesia alla nostra pura e caritatevole regina aveva puzzato di falso fin dall'inizio. Dany aveva avuto la ferrea certezza che, prima o poi, l'argomento degli Umili Fratelli sarebbe saltato fuori.
"Nella sua ultima lettera, Sua Grazia mi parlava della loro fortissima fedeltà alla Corona. Per loro il sangue Targaryen è un sangue miracolato, oserei dire santo, in quanto la nostra dinastia è stata l'unica a sfuggire al Disastro di Valyria."
Un rivolo di grasso della salsiccia solcò il mento dell'Alto Septon e si infilò nelle pieghe della sua pappagorgia. Lui lo pulì via con il tovagliolo. "I Valyriani sono sempre stati diversi dagli altri uomini, su questo non hanno tutti torti, ed è anche giusto che la Corona e il Credo collaborino per creare un mondo migliore, ma..."
"La religione e la Corona sono i due pilastri che sostengono qualunque stato." Lo interruppe Dany. Se fino a poco prima le salsicce le aveva fatto venire l'acquolina in bocca, ora alla vista dell'ingordigia del suo ospite le stavano dando la nausea. Sorseggiò l'acqua fresca del suo calice. "Essi hanno un potere illimitato sulle menti e sui corpi."
"Avete ragione Vostra Grazia, ma la fedeltà alla Corona non deve sfociare nell'idolatria, in quanto vi è già un solo e unico culto, ovvero quello dei Sette. Questi pazzi invece pensano di accendere lumi davanti al trono reale come se fosse una divinità! Puah! Quale insulto alla sacralità del Credo! Di questo passo ci ritroveremo a venerare qualunque cosa, persino... persino vitelli dorati!"
I Dothraki venerano il Grande Stallone, i Lhazareen, gli uomini-agnello, il Grande Pastore, manca solo il vitello per completare la fattoria delle divinità. Dany si ricordò della sua vita come Khaleesi di Drogo, in quel tempo che ora le sembrava lontano di mille lune, e gli imponenti cavalli impennati che segnavano l'entrata di Vaes Dothrak le apparvero nella mente. Ricordò Vaes Dothrak, le centinaia di tende accampate all'ombra della montagna, Madre delle Montagne, la chiamava il nomade popolo dei cavalli. Ricordò le anziane raggrinzite del Dosh kaleen e i loro volti stupiti mentre osservavano la loro millenaria residenza andare a fuoco. Ma, soprattutto, Dany ricordò il sapore acre del sangue del cuore equino che aveva dovuto divorare, non solo dinanzi a quelle vecchie piegate dagli anni, ma anche a tutto il khalasar, affinché Rhaego nascesse maschio.
E, difatti, Rhaego era nato maschio ma morto. Un neonato orribile e putrescente, con la pelle solcata da squame e gli insetti intenti a divorare i suoi organi. Il cuore e la gelida acqua del lago non erano serviti a nulla. Il Grande Stallone non aveva benedetto il suo primogenito, nessuna divinità l'aveva fatto. Era dovuto arrivare Jon, il suo meraviglioso e fantastico Jon Snow, affinché il suo grembo riprendesse a procreare.
Eppure il Signore della Luce vi era riportato entrambi alla vita. Sì, l'aveva fatto, ma dopo non era più apparso nelle loro vite ed era rimasto un silente dio nel baluginare delle fiamme. Daenerys osservò per un breve attimo i suoi bambini prima di ritornare a incrociare gli occhi pallidi dell'Alto Septon. Non era questo il momento giusto per lei di pensare a Dei e Dee, meglio concentrarsi sulle cose terrene.
"Il Re non vi ha detto altro?"
Vorrei anche soltanto sapere che è al sicuro. "No, non sono più arrivati corvi."
"Capisco." Sua Alta Sacralità ingurgitò due interi pasticcini alla pesca. Dany era a malapena riuscita a mandare giù qualche chicco d'uva. "Non appena egli tornerà intendo progettare il da farsi."
Dany non capì. "Il da farsi?"
"Oh sì, sono sicuro che non rimarrete qui fermi con le mani in mano. Una situazione come quella attuale necessita il pugno di ferro e prima interverrete meglio sarà. Non serviranno molti uomini, solo qualcuno armato di torcia e tutto sarà finito."
La fronte di Dany si ritrovò divisa da un singolo solco dubbioso. L'uomo che aveva davanti aveva forse dimenticato che spettava a lei e a Jon l'ultima parola, non solo su questa, ma su ogni questione? Le armate servivano loro, non il pacifico Credo. "Voi non potete dire ciò, non ancora almeno, la decisione finale spetta a me e al Re, ricordatevelo."
Intimazione ricevuta. Il rubicondo colore sparì di colpo dalle guance dell'Alto Septon. "C-Certamente Maestà, dico solo che prima o p-poi..."
Sua Alta Sacralità non le parve più così alta. Era un uomo in sovrappeso, con un collo sommerso dalle pieghe di grasso e due pallidi occhi porcini. Difensore instancabile della fede sul pulpito ma tremante agnellino davanti a una donna incinta. Patetico. "Sono stanca Vostra Alta Sacralità, perdonatemi ma nella mia attuale condizione anche un normale pranzo può rivelarsi un gravoso peso. Gradirei riposare."
L'Alto Septon si alzò e si inchinò. L'anellino di tormalina luccicò contro un raggio di sole. Come l'ingombrante figura del Padre dei Credenti fu uscita dalla porta, la delicata figura di Myanna ne prese il posto. L'ancella rivolse a Dany un candido sorriso.
"Desiderate qualcosa mia regina?"
Finalmente anche Dany potè alzarsi, ma si dovette massaggiare la schiena una volta che fu in piedi. La sua pancia si stava ingrossando e la sua schiena ne risentiva. Ai suoi piedi Rhaella si era appoggiata a una colonna e stava piombando lentamente nel mondo dei sogni. Aemon si era già addormentato, rannicchiandosi sul pavimento. Dany sorrise a quella vista: per i suoi cuccioli era il momento del riposino pomeridiano.
"Credo che sia meglio portare i principini nei loro letti. Ci hanno appena ricordato che non possono assolutamente saltare il loro abituale pisolino."
Detto fatto. Dopo aver ricevuto il familiare bacio in fronte un'assonnata Rhaella seguì Myanna mano nella mano verso la nursery mentre il suo fratellino lasciava un ricordo di saliva sulla spalla della ragazza. Quando la porta si fu chiusa alle sue spalle Daenerys sospirò e ritornò a scrutare il cielo. E, per l'ennesima volta, tutto quello che vide fu un'infinita distesa azzurra.
Null'altro.
Era riuscito a convincere il suo seguito a viaggiare su una semplice nave mercantile e, non appena il capitano aveva realizzato di star parlando con niente meno che Sua Grazia Re Aegon VI, si era gettato in ginocchio e gli aveva offerto la sua cabina più lussuosa. Jon aveva rifiutato: voleva che il suo arrivo fosse una sorpresa e aveva perciò deciso di viaggiare nella stiva.
Anche il suo aspetto sarebbe stato una sorpresa, ne era certo. Aveva viaggiato ininterrottamente per quattro giorni da Delta delle Acque, fermandosi solo per mangiare, coricarsi e pisciare, e non era riuscito a trovare il tempo di darsi una lavata e togliersi di dosso la tintura castana dai capelli. La pioggia di due giorni prima l'aveva aiutato, ma adesso la sua chioma era un mosaico corvino e castano. Per non parlare poi del fatto che non si rasava da quando aveva lasciato Roccia del Drago.
Voglio comunque che per lei sia una sorpresa. Pensò mentre, guidato da Ser Davos, saliva gli scalini che conducevano agli appartamenti suoi e di Dany. Il Cavaliere delle Cipolle si era lasciato sfuggire una risata quando l'aveva visto approdare sulla spiaggia, e Jon non poteva dargli torto. Specchiandosi nell'acqua marina aveva intravisto un mendicante, non un re.
"Bentornato Vostra Grazia." Disse Ser Davos mentre spalancava la porta del salotto privato. "Ora rilassatevi, avete fatto un lungo viaggio."
"Grazie Ser. Buona serata."
La stanza era silenziosa e bagnata dalla luce dorata del tramonto. Lei, la sua regina, gli stava dando di spalle adagiata su una poltrona davanti alla finestra. In punta di piedi, Jon entrò. "Mia regina?" Mormorò avanzando fra divani e tavolini.
Nessuna risposta. E quando Jon incontrò la sua sposa ne capì il motivo. Daenerys sonnecchiava nella poltrona, la testa piegata contro la spalla e un libro abbandonato in grembo. I capelli erano sciolti e le ricadevano sulle spalle come una cascata d'argento. Era avvolta dalla vestaglia e il pancione di ben quasi otto lune faceva bella mostra sotto la camicia da notte. Jon non voleva distruggere quell'eterea visione, ma non voleva nemmeno che la sua regina si svegliasse e pensasse che un vagabondo si fosse introdotto nelle sue stanze. Vi era una sola cosa da fare.
La baciò.
Quel bacio squarciò il suo sonno come una lama con un telo. Erano labbra che conosceva, labbra che amava, ruvide come le pellicce del Nord ma cariche di amore. Erano le labbra del suo Jon. Sbattendo le palpebre per scacciare lo spettro nero che l'aveva attirata con sé, Daenerys mise a fuoco l'immagine di colui che l'aveva baciata. Era lui. I capelli erano un groviglio nero e castano e la barba gli era leggermente cresciuta, ma quel grigio soffice delle iridi l'avrebbe saputo riconoscere fra mille. Jon era ritornato.
"Sto sognando oppure sei veramente qui?"
Il suo re rise e un guizzo argentato balenò nei suoi occhi. "Allora dobbiamo star sognando entrambi! Sono qui mia regina, sono tornato da te."
Mia regina. Solo le sue labbra erano capaci di muoversi con così tanta sinuosità nel pronunciare quelle sue parole, solo lui riempiva di amore ogni singola lettera. Dany si spose in avanti e si strinse a lui, baciandolo ripetutamente. "Oh ero così preoccupata! Non ricevevo tue notizie da giorni!"
Jon sorrise e le sue mani incorniciarono il viso di Dany. "Volevo farti una sorpresa. Ma... dove sono i nostri tesori? Voglio soffocarli di abbracci e carezze."
"In questo momento sono impegnati nel loro riposino pomeridiano mio re, potrai vederli stasera o domani mattina."
"E il nostro piccolino? Ha fatto il bravo con la sua mamma?"
"Bravissimo."
Daenerys affondò ancora di più il viso nel farsetto sgualcito di Jon. Lui era lì, lì con lei e non era un sogno, quel cuore battente confermava la realtà. D'un tratto le salì alle narici un lezzo nauseante, sudore e fango mischiati insieme. Dovette ritirarsi e tapparsi il naso. "Che puzza! Da quanto non ti lavi? Puzzi come un formaggio stantio!"
"Beh..." Jon arrossì. "Non vedo una vasca da quando sono partito... da Roccia del Drago. È che non ho trovato il tempo! Volevo farti una sorpresa!"
"Questo non ti giustifica dal puzzare in questo modo..." Dany si alzò e prese Jon per mano. "Ora tu fili dritto dritto nella vasca, senza se e senza ma! Altrimenti ti ci ficco io!"
Non ci fu bisogno di mosse brusche. Pochi minuti dopo Jon Snow se ne stava adagiato contro le pareti di pietra della vasca da bagno, i capelli bagnati e il corpo solcato da minuscoli ruscelli. Daenerys si sedette sui gradini che si immergevano nelle profondità dell'ottagonale e artificiale laghetto, prese il capo di Jon fra le mani e lo guidò verso le proprie ginocchia. Il casco nero dei capelli di Jon si scontrò con il suo pancione. Gli lavò lei stessa i capelli, sfregandoli e strizzandoli con olio di lavanda e di sambuco. La tinta castana si staccò sotto la forza delle sue mani in tanti piccoli frammenti che presero ben presto a galleggiare nell'acqua.
Acqua che era bollente e dalla quale salivano fili di fumo. I vulcani di Roccia del Drago facevano sentire la loro potenza attraverso l'acqua. Il Drago a mosaico del fondale sembrava brillare più intensamente, e le sfumate tessere avevano assunto una sfumatura vermiglia.
"Oh... un bagno..." Il sussurro di Jon si perse nello scrosciare dell'acqua. "Non pensavo di poterlo fare ancora..."
Dany sorrise. Il nero corvino dei riccioli di Jon si fondeva con il candore spumeggiante della schiuma e ciò che ne scaturiva era un grigio pallido, quasi argentato. Come i capelli di un Targaryen, i Targaryen... e i loro sogni. Il timore dell'incubo non l'aveva abbandonata, anzi, alla vista di Jon non aveva fatto altro che accrescersi. Eppure il suo aspetto sembrava salutare, il colorito roseo e gli occhi scintillanti. Nulla sembrava presagire un'eventuale ricaduta alla tubercolosi.
Ciononostante volle scacciare la sua ansia. Subito dopo aver versato una caraffa d'acqua calda sui capelli del suo amato, gli tastò la fronte. Era fresca, normale, niente di anomalo. Jon stava bene, almeno per ora. Il gesto non passò inosservato e subito Jon si scostò e la guardò preoccupato. Dai capelli, cascate d'inchiostro appiccicate alle spalle, goccioline scesero lungo il suo torace e le sue braccia.
"Dany? Che succede?"
"Nulla, ma... ma cosa sono quelli?"
Prima non aveva avuto modo di notarlo, ma ora sì. Sul collo di Jon facevano bella mostra dei graffi profondi e lividi violacei puntellavano le sue braccia. Si era scontrato con qualcuno, questo era certo. Come quel pungente sguardo violetto colpì Jon, lui si coprì i segni sul collo con una mano. "Ehm... questi... sono dei rami. Siamo dovuti passare per un sottobosco e lì gli alberi erano bassi. Un ramo di uno di essi mi ha graffiato."
Certo, e i maiali volavano. Dany non se la bevve fin da subito. "Aegon, sei un pessimo bugiardo. Dimmi immediatamente che cosa è successo o altrimenti mi vedrò costretta a bandirti dal letto per un mese intero."
Aegon sbuffò. "Ecco... una volta arrivato al campo degli Umili Fratelli sono stato attaccato da uno di loro. Quell'uomo non stava bene e la sua mente era annebbiata da erbe sconosciute. Se non fosse stato per l'intervento dei due miei compagni septon mi avrebbe distrutto la mano."
Così dicendo alzò la mano dall'acqua e la mostrò a Dany. Cicatrici di sangue secco decoravano le sue nocche. Emettendo un sospiro stupito, Dany afferrò quella mano e osservò la ferita. La crosta si era seccata e il sangue si era scurito e ora una serie di anelli nerastri erano stati infilati sulle dita di Jon. "Ti sei fatto tanto male? O sei stato male in seguito?"
Jon sembrò ferito da quelle domande e le sue labbra si piegarono in una smorfia triste. "Io sono un guerriero, le ferite e le cicatrici sono amiche mie, perché mi fai queste domande come se fossi un bambino indifeso?"
No, non intendevo questo! La moglie e la ragazza che erano in lei lo vedevano effettivamente come un grande guerriero, rabbrividivano alla vista dei suoi muscoli e lo sognavano sudato, impolverato e coperto di sangue dalla testa ai piedi con la pelle di una bestia sulle spalle. Vedevano e sognavano un Re, un Khal. Ma la madre che dimorava nel suo cuore... oh, con lei era tutta un'altra storia. La madre vedeva un ragazzo orfano e disperatamente bisognoso d'affetto, un giovane all'apparenza schivo e riservato ma che in realtà era fragile come la porcellana e, dopo tutto quello che aveva vissuto, quella porcellana si era trasformata in vetro.
"No, no, no Jon! Io... io sono soltanto preoccupata per te, lo capisci? So e ho avuto più volte la conferma di quale formidabile capo e guerriero tu sia, ma temo comunque per la tua incolumità."
Dopo un attimo di esitazione, Jon annuì e ritornò a sorridere. "Prima la visita a sorpresa, poi la fronte e ora questo. Dany, c'è qualcosa che mi devi dire?"
Doveva dirglielo? Lui era il suo consorte, l'altra metà di lei, il ghiaccio nel suo fuoco. Sì, era suo dovere farlo. Daenerys sospirò e tirò indietro i lembi della camicia da notte affinché non si bagnassero. "Qualche notte fa ho fatto un sogno, un sogno di drago. In esso vi eri tu Jon. Eri a letto, malato, pallidissimo e tremante. Avevi... a-avevi... la tubercolosi."
La sua voce vacillò leggermente nel pronunciare il nome di quella malattia che aveva stretto Jon nelle sue grinfie. Lui se ne accorse e si avvicinò a lei, rompendo l'immobilità che si era, fino a poco prima, creata nell'acqua. Donò un dolce bacio sul pancino e le strinse le mani. "Se essa dovesse mai ritornare, io non ho paura. So di avere te al mio fianco per affrontarla."
Io non ti lascerò mai, specialmente allora. Saremo un corpo e un anima sola, se tu soffrirai allora soffrirò anch'io. Dany cercò di soffocare il groppo che le occludeva la gola e ricacciò subito indietro le lacrime. Questo non era il tempo di piangere, ma di sorridere. Jon era ritornato a lei e adesso erano di nuovo una famiglia. Riuscì solo a mormorare un semplice e flebile: "Ti amo."
"Ti amo anch'io." Jon si sporse in avanti e la baciò, bagnando però con i suoi capelli il prezioso tessuto della camicia da notte di Dany. Lei non se ne curò e si godette quello scontro di labbra, facendo penetrare la propria lingua nel palato di lui. Quanto le erano mancate quella labbra e quella bocca...
"Vuoi unirti a me?" Le domandò Jon quando quell'idillio ebbe termine.
"Solo per poco mio piccolo draghetto di neve." Rispose Dany spogliandosi. "Poi la Mamma deve uscire subito, ma tu puoi rimanere qui dentro a rilassarti per tutto il tempo che vuoi, goditi il meritato riposo."
Il suo draghetto l'attirò a sé e le sue braccia muscolose le cinsero la schiena. Sotto l'acqua qualcosa si stava muovendo, ansioso di acchiappare la sua preda. E quando quel qualcosa entrò in lei, svelto come un serpente marino, il suo petto si scontrò contro quello di Jon in un amplesso passionale. Daenerys reclinò la testa all'indietro gridando di piacere. Pur essendo quasi alla fine del settimo mese e mostrando al mondo una pancia enorme, piccoli e rapidissimi atti d'amore come questo erano ancora possibili e la deliziavano come nulla al mondo.
"Perché mai?" Mai l'accento nordico di Jon fu marcato come allora. "La mia regina mi sta forse nascondendo un segreto?"
"Una sorpresa." Dany cinse il suo collo con le proprie braccia e lo baciò sulla mascella. Presto Jon avrebbe dovuto radersi, la sua barba era ruvida come cotone grezzo. "Come la tua, ma per vederla devi fare il bravo e rimanere nella vasca fino a quando non ti farò chiamare."
"Con molto piacere." L'onda di un altro affondo la colse di sorpresa.
Dopo aver lavato Jon da capo a piedi con la spugna, Dany uscì nuda e gocciolante dalla vasca. Fuori era ormai calata la sera e presto sarebbe giunta l'ora di cena. I bambini avrebbero rivisto il loro papà, l'avrebbero soffocato di baci e si sarebbero arrampicati sul suo corpo come facevano sempre per giocare, pretendendo che Jon fosse un gigante. Di tutta risposta lui emetteva mugugni e versi incomprensibili solo per vederli ridere. Rhaella avrebbe di certo preteso la favola della buonanotte, appuntamento ormai quotidiano.
Chiamò Myanna e si fece spazzolare i capelli fino a che non divennero una scintillante fonte argentea e ordinò che le fosse spruzzato addosso del profumo di fiori delle pianure. Voleva apparire al meglio per Jon. Si profumò non solo sul volto e sulle braccia, ma anche sulle punte dei seni e sull'inguine. Smeraldi le cinsero la gola e le si appesero alle orecchie e, infine, scelse di indossare una abito di finissima seta viola, talmente fine da lasciar intravedere le sue forme. L'alto Septon e compagnia avrebbero di certo aborrito un abito del genere definendolo languido. Per cena domandò che fossero servito tutti i piatti preferiti di Jon: montone e pane abbrustolito, fiele e mirtilli freschi.
Quando mandò a chiamare Jon, lui uscì dal bagno con indosso soltanto una vestaglia. Dany lo accolse seduta sul letto, gli orecchini e il girocollo di smeraldo pulsanti come fiammelle alla luce delle candele e i seni ben visibili sotto i veli violacei. Gli sorrise seducente.
"Cosa posso fare dinanzi a una tale dea?" Chiese lui sedendole accanto. "La sua magnificenza è troppa per i miei poveri occhi."
La sua lingua sfregò contro il lobo dell'orecchio di Daenerys e lei non potè fare altro che emettere un sospiro compiaciuto. "Potresti donarle mille e mille baci."
"Accetto."
Ciò che seguì lo seppe solo quella stanza.
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