Capitolo 2

Osservava il fuoco.

Ormai le sue giornate erano fatte così: alzarsi, mangiare, stare lì seduto ore ed ore ad osservare le fiamme, mangiare qualcosa e poi andare a coricarsi. Perché il fuoco gli ricordava lei. Lei e i suoi meravigliosi occhi viola, lri e quei suoi morbidi e lunghi capelli argentei, lei ed il trillo della sua risata.

Il suo profumo. I suoi baci.

Ma quello era anche lo stesso elemento che aveva invaso le strade di Approdo del Re, che aveva bruciato uomini, donne e bambini, che aveva distrutto il Trono di Spade davanti ai suoi occhi. Che, come la vita, si era spento negli occhi di Daenerys Targaryen quando lui le aveva trafitto il cuore con un pugnale.

Già, con un fottutissimo pugnale.

Al ricordare ciò gli occhi di Aegon Targaryen, legittimo erede al Trono di Spade ma conosciuto da tutti come Jon Snow, si riempirono di lacrime. Ma le scacciò subito via.

Tutt'intorno a lui vi era neve, un bianco mantello che ricopriva le Terre Aldilà della Barriera, e un'unica, solitaria, tenda dei Bruti. Fin da quando erano giunti al Pugno dei Primi Uomini Jon aveva chiesto di stare da solo, lontano dagli altri, ed il suo nuovo popolo aveva accettato. Voleva restare da solo con i suoi tormenti, i suoi pensieri ed i suoi incubi. Solo Spettro, il suo fedele meta-lupo albino, e Tormund, che veniva a portargli il cibo, erano la sua unica compagnia.

Jon sospirò.

Era quello che si era meritato, lo sapeva. Era un regicida ed un traditore e la Barriera era un posto giusto per un regicida ed un traditore.

Uno sporco traditore.

Già, un sporco traditore di coloro che si erano fidati più di lui. Come Dany.

Ma lei era andata troppo oltre, lo sai che è così....

Era così? Era veramente così? Tyrion, Sansa, Arya e Sam glielo avevano detto e i cadaveri bruciati per le vie di Approdo del Re  glielo avevano confermato, eppure... eppure no, non era stata la cosa giusta. Jon lo sapeva, lo sentiva.

Aveva ucciso la persona che l'amava di più al mondo, che si fidava ciecamente di lui come nessun altro aveva mai fatto prima di allora, che aveva dato tutto, tutto, dal suo esercito ai suoi stessi figli, pur di aiutarlo contro quella gelida minaccia degli Estranei... E lui come l'aveva ricambiata?

Con un pugnale nel cuore, con un fottutissimo pugnale nel cuore.

Dany non era pazza, no, la sua bellissima Dany non era la degna erede di suo padre ma qualcuno che aveva perso le persone a lei più care nel giro di poco e si era ritrovata circondata da nemici. Era così. Doveva essere così.

Ogni notte lei veniva a fargli visita nel sonno. La rivedeva lì, nella sala del Trono imbiancata, che gli veniva incontro sorridente. Era così bella, così pura, come una bambina. Gli chiedeva di stare insieme a lei, di creare un mondo nuovo insieme, di spezzare la ruota insieme. Lui voleva dirle di sì, voleva stringerla a sé, baciarla con passione e mai più lasciarla andare. Voleva che quel pugnale nel cuore fosse solo un brutto sogno e sperava di svegliarsi accanto a lei nelle loro stanze sulla nave.

Invece lo sguardo di Daenerys lo perseguitava, così pieno di accusa e di sgomento e tutto diventava fuoco e sangue e neve e urla.

"Perché Jon?! Perché?! Perché mi hai ucciso?".

Già perché?! Perché glielo avevano detto gli altri che quella era la cosa giusta da fare?!

Allora Jon si svegliava di soprassalto e sudato nonostante le basse temperature, affondava il viso nel morbido pelo di Spettro ed aspettava l'alba, perché a quel punto il sonno l'aveva ormai abbandonato.

Oh Dany...io...io....

Un rumore. Dei passi in mezzo alla neve. Qualcuno stava scalando la collina che portava alla sua tenda.

Tormund.

Tormund con una sacca di cibo sulla spalla che lasciò cadere accanto al fuoco.

"Ancora qui eh?". Disse sorridendo.

Si sedette dall'altra parte del focolare. Jon continuava a guardare silenzioso la danza delle fiamme, ignorando lo sguardo del bruto su di lui.

"Non mangi abbastanza Piccolo Corvo".

"Mangio quanto basta".

"E non dormi a sufficienza".

"Dormo quanto basta".

Jon non voleva dirgli degli incubi, perciò si strinse ancora di più le ginocchia al petto.

"Vallo a dire a quel bel paio di occhiaie che hai sotto gli occhi".

Jon sospirò e non rispose, ma Tormund gli si avvicinò, si abbassò accanto a lui e gli mise una mano sulla spalla.

"Sono solo preoccupato per te, lo capisci?".

Gli scompigliò i capelli. Anche se era un gesto affettuoso a Jon non piacque. Perché mai qualcuno avrebbe mai dovuto fare qualcosa del genere ad un regicida ed un traditore?

Tormund si alzò mentre Jon rimaneva ancora immobile a fissare il fuoco.

"Ti voglio bene lo sai Piccolo Corvo, come ad un fratellino. Quindi vedi di smetterla di stare quassù a ghiacciarti le palle e vieni giù con noi. Sempre più gente continua ad arrivare e molti vogliono vederti".

Il bruto stava per andarsene ma Jon lo fermò. "Perché?".

"Cosa?". Tormund si girò.

"Perché qualcuno dovrebbe volermi bene? Tutte le persone che mi hanno voluto bene sono morte, andate lontano o mi hanno tradito. Ho amato i miei... cugini e loro sono morti o lontani a godersi le loro vittorie. Ho amato Dany....". Sentì un groppo alla gola e gli occhi gli divennero lucidi. "E l'ho uccisa solo perché era la cavolo di cosa giusta da fare secondo tutti".

Ora le lacrime rigavano il volto di Jon. Tormund gli si avvicinò e con una mano gli accarezzò la guancia.

"Senti ragazzino, non posso parlare per quelli del Sud, ma so di per certo che tutta quella gente laggiù". Ed indicò la discesa della collina. "È viva grazie a te. A te che hai dato tutto per loro, perfino la tua stessa vita. Sei caduto più volte e ti sei rialzato e hai volato su un fottuto drago. Hai salvato te più culi che tutti i tuoi fratellastri o cugini o chiamali come vuoi messi insieme. E non me ne frega un cazzo se tu non lo vuoi, ma io devo fare sapere a tutti che sei un fottuto eroe Jon".

E detto questo si rialzò e se ne andò.

Un fottuto eroe? Un eroe maledetto volevi dire.

Jon rimase lì a fissare il fuoco ancora per qualche attimo, poi si alzò, prese la sacca del cibo e la portò dentro la tenda. Mangiò qualche boccone di pane e poi si gettò sul letto di pelliccie vestito. Non avrebbe mai tolto l'abito nero dei Guardiani della Notte. Gli ricordava dove era il suo posto: lì, a Nord, da traditore e regicida quale era.

Il sonno venne presto e con lui gli ormai abituali incubi.

Quella notte sognò suo padre - no, suo zio - Eddard Stark. Se ne stava dinanzi a lui con Ghiaccio in pugno e lo guardava con uno sguardo carico di odio. Lord Eddard lo odiava per quello che aveva fatto, perché in ciò non c'era niente di onorevole.

"E così tutto ciò che ti ho insegnato sull'onore è stato inutile eh Jon?".

"N-no padre i-io...".

"Non sei mai stato uno Stark e non sei mai stato neanche un vero re Targaryen. Un vero re non compirebbe un atto simile!".

Negli occhi del Lord di Grande Inverno lampeggiava la collera. Alzò Ghiaccio in aria pronto a colpire Jon e lui cercò di ripararsi con le mani.

Ma il colpo che attendeva non venne.

Quando Jon riaprì gli occhi e vide le mani, se le ritrovò lorde di sangue. Il sangue di Dany. Dany che io ho ucciso. Davanti a lui stava il cadavere di Daenerys, della sua bellissima Daenerys, immerso in una pozza di sangue e con quel famigerato pugnale nel cuore.

Io l'ho pugnalata. Io.

Li circondavano tutti coloro che aveva aiutato, che aveva conosciuto, che erano stati suoi amici: Tyrion, Sansa, Arya, Bran, Sam, Verme Grigio, Varys.... E molte altre persone. Jon non ebbe il tempo di dire quante fossero ed identificarle tutte.

"Assassino!". Urlavano. "Traditore! Infame! Assassino! Traditore!".

"Ma siete stati VOI a dirmi che era la cosa giusta da fare! L'ho fatto per salvare VOI! VOI! VOI! TUTTI VOI!"

Tutti risero e ben presto cominciarono a sfumare. Divennero solo lievi ombre. Ma la loro risata continuava, malvagia, potente, dura.

Jon si svegliò con questa risata nelle orecchie e la conoscenza immediata che fuori era ancora buio. Uscì lo stesso. Spettro lo seguì, con i grandi occhi rossi che brillavano nella notte come due rubini.

Tuttavia, quando Jon uscì, vide una cosa che non gli piacque per niente.

Un corvo se ne stava appollaiato sul ramo di un tronco caduto che era vicino alla sua tenda. Lo fissava immobile e su una zampa aveva legata una lettera. Jon sapeva chi era o da chi provenisse quel corvo.

Bran.

Il suo caro fratellino - no, cuginetto - che si era ritrovato a governare i Sei Regni solo per una votazione. Non aveva voglia di vederlo.

"Vai via Bran". Gli disse. "Voglio restare da solo".

Il corvo non si mosse e gracchiò, sbattendo le ali insistentemente. Alla fine Jon si arrese e aprì la lettera.

La lesse.

Aegon della Casa Targaryen

Siamo stati recentemente informati della tua diserzione dai Guardiani della Notte per unirti ai Bruti.
Diserzione che non avrebbe mai dovuto avere luogo dal momento che entrare nei Guardiani della Notte era la punizione prevista da Sua Grazia Re Bran per il tuo crimine di regicidio.
Tuttavia Sua Grazia è clemente e ti chiede di rientrare a far parte dei Guardiani. Fai così e tutto sarà dimenticato.
Attua diversamente e sarai considerato un traditore della Corona e chiunque fedele a Sua Grazia  sarà libero di ucciderti se ti dovesse trovare.

Jon, ti prego, la Daenerys che entrambi conosciamo non avrebbe mai voluto questo per te. Ritorna ai Guardiani. Ti prego.

Tyrion Lannister. Primo Cavaliere del Re.

Quando ebbe finito di leggere Jon rise. Una risata beffarda, da presa in giro.

Sguainò lungo artiglio e la pose vicino al collo del corvo.

"Senti Vostra Grazia o come cazzo ti chiamano adesso. Io non ritornerò nei Guardiani della Notte. Sarò libero di scegliere dove trascorrere il resto della mia vita almeno?!".

La sua voce si incrinò leggermente. Lungo Artiglio tremava nella sua mano.

"Ho dato tutto, qualsiasi cosa pur di salvare il culo a voi bastardi ingrati. Ho dato la mia vita. Ho ucciso la persona che amavo. E ora mi ritrovo qui mentre voi tutti festeggiate dai vostri podi di vincitori. E va bene. Lo accetto. Ma non ordinarmi cosa fare della mia vita a questo punto. CHIARO?!".

Il corvo lo guardò girando un poco la testa. Poi gracchiò un ultima volta e spicco il volo verso Sud. Jon sospirò, rinfoderò Lungo Artiglio e ritornò alla sua abituale postazione accanto alle fiamme. Se lo volevano l'avrebbero trovato qui con Lungo Artiglio vicino.

Se ne stava lì ormai da una mezz'ora buona quando udì una voce.

Jon?

Era...era... La voce di Dany.

Jon si alzò immediatamente in piedi e si guardò intorno. Lei non c'era. Era solo una fantasia della sua mente. La voce che lo tormentava nel sonno ora l'avrebbe tormentato anche da sveglio.

Jon? Che succede amore?

"VAI VIA!". Urlò Jon mettendosi le ginocchia al petto e nascondendovi la testa.

Jon! Jon sto venendo da te!

Si mise le mani sulle orecchie. Non voleva sentirla. Era solo un'allucinazione dovuta alla mancanza di sonno adeguato. Non era la sua Dany.

Jon! Jon sono qui!

"NO NON LO SEI! Io ti ho...i-io ti ho....".

Grossi lacrimoni gli scesero lungo le guance e lui non oppose resistenza. La testa gli martellava dolorosamente, come un'incudine sbattuta da un fabbro.

"I-io t-ti ho....ucciso...".

Le parole di Maestro Aemon ora erano pienamente comprensibili.

"Un Targaryen solo al mondo è una cosa terribile".

Oh dei... quanto era vero.

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