Capitolo 35
*Alexandra's pov*
Dopo aver deciso di indossare un paio di pantaloncini rossi e una camicia bianca, mi infilo i mocassini rossi (esatto, mi piacciono tanto i mocassini) e sistemo i capelli, legandoli in una coda alta. Mi reputo pronta solo dopo aver passato un velo di fondotinta sul mio viso, dato che la mia pelle non è proprio perfetta di natura. Deprimente.
-Lex!- urla mio padre. -Il campanello!
Il cuore mi balza in gola, mentre di tutta fretta mi precipito giù per le scale.
-A dopo, pa'- urlo aprendo la porta di casa, senza attendere risposta. Dopodiché la richiudo. Girandomi, incontro lo sguardo color blu brillante di Josh.
-Ehi!- mi saluta con un sorriso raggiante. Per poco non rimango a bocca aperta. È abbastanza diverso dall'ultima volta.
-Ma tu.- Lo indico confusa. -I capelli. La barba.- Piego la testa di lato, socchiudendo gli occhi.
-Sì, mi dicono che sembro più vecchio.- Si guarda le scarpe, sospirando.
-Non esattamente. Però stai bene.- Proprio proprio bene.
-Grazie.- Prolunga la 'a' producendo un'adorabile cantilena. -Ora posso avere un abbraccio?
-Nah. Mi ricordi tanto uno di quei cattivi nei film polizieschi- scherzo.
-Josh no cattivo, Josh coccoloso- mormora facendo il broncio, il che mi fa scoppiare a ridere. Ciò mi ricorda... quella volta, tipo due settimane fa. Quando io e Jack siamo usciti per la pizza. Mi ha fatto un broncio e io ho iniziato a ridere. Ma... in qualche strano senso, è stato diverso.
No. Mi schiaffeggio mentalmente per poi accorgermi che Josh mi ha appena chiesto se va tutto bene. Devo aver smesso di sorridere di punto in bianco.
Maledetti pensieri inopportuni.
-No, sì, non ti preoccupare.- Scuoto la testa e sorrido, in modo poco convincente anche per me stessa, ma questa smorfia tirata sembra tranquillizzare abbastanza Josh, il quale ricambia e mi abbraccia.
Mi rendo conto di essere rigida come un palo e rapidamente mi rilasso, scacciando tutti i pensieri inutili che mi corrono in testa al momento. Che motivo c'è di affannarsi per trovare una soluzione al caso, dato che un vero e proprio caso non c'è? Mi godrò la serata senza tante preoccupazioni. Tutto come una volta. Cioè, tipo come due mesi fa. Esatto. Dio, il mio concetto di 'una volta' è cambiato così tanto negli ultimi tempi.
-Mi mancavi, in quel paese piovoso- si lamenta mentre mi accarezza la schiena. Un gesto calmante. Mi ci voleva.
-Secondo me avevi solo bisogno di un ombrello.- Sollevo la testa per dargli un bacio semplice.
-Tutto qui?- domanda altezzoso e deluso allo stesso tempo.
-Sai, c'è mio padre che potrebbe uscire di casa da un momento all'altro.
-Uh, allora l'antichità è una cosa ereditaria- mi prende in giro, ridendo.
-Ti prendo a pugni.
-Provaci, nonnina.
-Okay.- Alzo le mani in segno di resa. -Tanto, mi stai sfottendo su una cosa che alla fine va solo a tuo sfavore, se ci pensi.
Ammutolisce. Apre la bocca per dire qualcosa, e poi la richiude. "Avrei dovuto filmarlo, questo momento."
-Più un punto per la nonnina, giovanotto.- Sorrido con rinnovata gioia maligna e candore allo stesso tempo, piegando la testa di lato.
-Io ti... sei davvero...
-Sì, certo, giovincello.- Con un gesto lo zittisco. Ridiamo entrambi, ma noto che continua a tenere le mani in tasca, come se fosse in qualche modo nervoso.
-Che c'è? Hai paura che ti stacchi le dita? Dammi la mano, scemo.
-No.- Mi fa la linguaccia, cercando di scherzare, ma non ci casco. C'è qualcosa sotto. Glielo leggo negli occhi. Quindi, gli prendo il braccio destro e gli sfilo la mano dalla tasca, vedendo le nocche rosse e scorticate in alcuni punti.
Ha fatto a botte.
Ci rimango talmente male che non parlo per un minuto buono. Poi, con tono grave, chiedo: -Come mai?
Josh sospira. -Ho avuto un problema, ieri, con un ubriaco. Nulla di cui preoccuparsi.
-Perché me le volevi nascondere, allora?
-Proprio perché non volevo che te ne preoccupassi.- Nonostante il suo tono dolce, un velo di delusione mi attraversa lo sguardo, e sono sicura che può notarlo anche lui. Sembra leggermi nel pensiero, perchè dice: -No, non ho mai fatto del male di proposito a nessuno, dovevo solo difendermi.
-Io... non mi piacciono le persone violente- mormoro ancora leggermente scioccata.
-Ma cosa... non ti farei mai del male, Alex! Come ti salta in mente?
-Non parlo di me... parlo degli altri. Solo... Promettimi che lo farai solo se strettamente necessario- sussurro. Se c'era una cosa che non mi aspettavo da Josh, era questa. Non voglio che vada in giro a picchiare gente.
-Te lo prometto, Lex. Te lo prometto.
*Jack's pov*
-Lurido figlio di puttana- mormoro mentre mi lavo il sangue secco dalla faccia. Mi guardo allo specchio. Per fortuna il naso non si è rotto. Cerco di ignorare il bruciore del taglio sull'avambraccio e mi concentro sulla mia immagine riflessa nello specchio. Mi guardo negli occhi fino a quando le pupille non mi si restringono, pensando agli eventi di quel pomeriggio.
*Flashback ~ tre ore prima*
Getto l'immondizia nel bidone di fronte a casa, e potrei anche tornarmene dentro, se non fosse per una persona che cattura la mia attenzione. Anche se si è tagliato i capelli e si è fatto crescere la barba, lo riconosco. In effetti, oggi è il 29 agosto, il giorno in cui doveva tornare dall'Inghilterra.
-...non sta funzionando- confabula al telefono. -Non dovevo rimanerci coinvolto.
Mi nascondo dietro un cespuglio fitto, allungando l'orecchio. Potrebbe sembrare disonesto, ma andiamo... chissenefrega. Non lo verrà a sapere nessuno. E di certo non mi rimarrà sulla coscienza.
-No, non fa lo stesso. Senti, proprio non capisci... mi sto innamorando di lei... non era previsto. No... non sto bluffando. Tappati quella bocca e ascolta!... non so più che cazzo fare...
Mmh, interessante. Sta tradendo Alexandra? Perché questa cosa mi suscita uno strano benessere?
-Com'è messo lui...? Oh, dovresti vederlo.- Scoppia a ridere. -Sì, proprio come volevo. Però so che c'è qualcosa tra quei due. Ah, vorrei tanto rompergli quel bel faccino... mi sta rovinando i piani... ma certo, cosa credi? Si vede lontano quindici miglia che lei gli corre ancora dietro... sinceramente mi infastidisce. Mi sta usando. Certo, ora siamo pari, ma... per vedere soffrire quel bastardo potrei continuare a sopportare ancora a lungo. Chi lo sa, magari un giorno riuscirò a strappargliela del tutto, come ha fatto lui con Harley, quella volta.
Tutto il sangue che ho in corpo si congela nell'istante esatto in cui pronuncia quel nome. Harley. Harley Thompson. Milioni di ricordi troppo vividi mi offuscano la vista.
Josh... Josh... Ma certo! Quel Josh! Lui si ricorda di me! Come ho potuto dimenticarmene? Come ho potuto cancellarlo completamente dalla mia memoria?
Sei anni fa, quando ne avevo dodici, i miei genitori mi hanno trascinato con loro a visitare mia zia Kate, residente ad Hampstead, nobile quartiere di Londra. Zia aveva iscritto Mike, mio cugino, al campeggio estivo, che durava due mesi, così, lei e mamma ebbero l'ottima idea di mandarci ad esplorare il Galles insieme ad altri ragazzi e ragazze.
C'era un ragazzo, di probabilmente qualche anno più grande di me, dall'aria dolce e gentile, che stava continuamente attaccato a questa bellissima ragazza dagli occhi verdi e i capelli biondi, il cui nome (lo scoprii più tardi durante il viaggio in pulmino) era Harley. Durante le prime sette settimane, io, Harley, Mike e Josh passammo tempo a socializzare. Notavo le occhiate eloquenti che mi lanciava la biondina, e non potevo fare a meno di ricambiare, nonostante lei stessa sostenesse che Josh fosse il suo uomo (a tredici anni si sparano continuamente cazzate, no?).
Gli ultimi sette giorni furono una specie di disastro. Una sera, a cena, Harley annunciò a gran voce che voleva lasciare Josh per mettersi con me. Hah, le piccole cazzate che ti fanno sentire potente.
Ovviamente non ne uscì nulla di valido: insomma, io dovevo tornare in America. Ma ho come il sospetto che Harley non si interessò più a Josh.
È la storia più stupida del mondo... è incredibile che ce l'abbia ancora con me. Per non parlare di ciò che stava dicendo al telefono... è raccapricciante. E così tutto questo era solo una farsa per vendicarsi di me? Accidenti. Che bella recita. Riusciva persino a far finta di arrossire nei momenti giusti. Vorrei fargli i complimenti.
Senza pensarci, mi alzo dalla mia posizione, uscendo allo scoperto, battendo le mani.
Josh mi guarda, impassibile, e mormora un -Ti richiamo- prima di mettere via il telefono.
-Bravo. Ti merireresti un premio Oscar per il miglior attore dell'anno.
-Scommetto che adesso correrai a dirlo alla tua piccola, indifesa, affascinante Lexie, vero?- dice con acidità.
Lo farei? Non ne sono convinto. Una parte di me dice che sarebbe la cosa giusta da fare, dirlo. Così che Josh possa risultare il cattivo e io il detective buono. La seconda parte mi dice che se parlo, Alex mi prenderebbe per ficcanaso, probabilmente. La mia esitazione nel rispondere a Josh mi danno probabilmente un'aria da coglione che lui non ha proprio in simpatia. Forse è per questo che mi colpisce con violenza al naso.
-Ma che cazzo fai?- grido, tenendomi la parte sanguinante della faccia con la mano. Come se non fosse abbastanza, Josh mi prende per il collo della maglietta e mi avvicina alla sua faccia. -Tu non parlerai. O ti verrò a cercare.- Mi dá un pugno nello stomaco. -Intesi?
Con il ginocchio riesco a colpirlo nel ventre. Ottimo, perché si piega in avanti. -Ma chi cazzo ti credi di essere?- domando, tirandogli un calcio ben assestato nello stinco.
-Vaffanculo, Jack. Sei tale e quale a quello di una volta.- Alza una mano per tirarmi un pugno, ma riesco a fermarlo.
-Da che pulpito!- grido con ironia, alzando le braccia verso il cielo. Nel farlo, mi accorgo di uno strano bruciore al braccio. Devo essermi tagliato mentre ero tra i cespugli.
-Tu non ne parlerai con lei, vero?- Nonostante il suo sguardo ostile, riesco a sentire un briciolo di timore nella sua voce. Forse, dopotutto, è davvero innamorato di lei, adesso. "Beh, è difficile non innamorarsene".
-Bene. Ma gira alla larga da me.- Con questo, me ne torno a casa.
*Fine flashback*
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