Capitolo 19
*Jack's pov*
Passeggiavo per quella cazzo di fiera quando li ho visti. Sapevo che non dovevo andarci. Dovevo rimanere in casa come ho sempre fatto ultimamente. Non dovevo uscire. Non dovevo incontrare lei, e soprattutto lui. Mi sono nascosto dietro un paio di occhiali enormi che ho buttato in un cestino della spazzatura pochi minuti dopo il loro passaggio. Quando mi sono passati accanto, ho sentito la risata di lei. Non so se mi ha fatto più male il fatto che stesse ridendo o che non mi avesse notato. Una parte di me sperava disperatamente di essere notato da lei. Ho provato a nascondere quella parte di me a lungo, e l'unica volta che è venuta a galla ha causato dei guai. La odio. Mi odio.
E quindi, mentre adesso sono qui, chiuso in questa cazzo di camera, ripensando a ciò che è successo e che ho visto oggi pomeriggio, la ragazza che ha ammesso di amarmi se la sta spassando con quel bastardo perfettino. Non ho mai desiderato essere al posto di qualcun'altro così ardentemente come adesso. Tiro un calcio a quel maledetto comodino che ho sempre odiato e mi siedo sul letto, aspettando che il tempo passi e che porti via con sé questo sentimento di sconfitta, che brucia, brucia come l'inferno.
-Non ci credo... adesso?- La voce di Alexander mi giunge all'orecchio dal piano di sotto. Sembra stupito. Mi incuriosisco.
-Certo che ci sarò... con Rian e Karen... Ma Alex...
È al telefono con lei. Faccio scattare silenziosamente la serratura di camera mia e socchiudo la porta per sentire un po' di più.
-Sono contenta che gli voglia parlare, ma... non puoi chiedere a Jack una cosa simile. Non lo farebbe mai, soprattutto non in questo momento.
-Fare cosa?- chiedo scendendo le scale. Gaskarth sbarra gli occhi e mi fissa incredulo (e un po' spaventato, forse) fino alla fine della chiamata.
-No, non... no! No. Non sarebbe una buona idea. Devo... devo andare, Lex, ti richiamo più tardi stasera.
Il mio coinquilino mi guarda come se fossi un fantasma mentre mi siedo sulla poltrona.
-Fare cosa?- ripeto, più duramente di prima. -Cos'è che non farei mai?
-Io non... tu... non lo vorresti sapere davvero.- Inciampa sulle sue parole mentre con lo sguardo mi evita.
-Sì, invece.
-Non ti riguarda.
-Ah, e allora quello di cui stavi parlando sarebbe un altro Jack?
-Credimi se ti dico che non vorresti saperlo.
-E invece voglio saperlo, cazzo! Voglio sapere tutto quello che riguarda anche un po' me!
Alex prende un respiro per evitare di alzarsi e colpirmi con una sedia. In effetti lo farei anche io. Mi sto comportando da coglione.
-Vuoi davvero saperlo?
Sto zitto e lascio che il mio sguardo faccia intendere tutto.
-Non lamentarti con me, dopo, Barakat.- Alex sospira profondamente. -Josh partirà per l'Inghilterra martedì e ci starà due mesi, così Alex ha chiesto di andarlo a salutare in aeroporto dopodomani alle undici. Sai qual'è la cosa peggiore, almeno secondo il tuo punto di vista? Era in lacrime. Singhiozzava.- Lo dice nel modo più crudele possibile per ferirmi. Ci sta riuscendo anche troppo bene. -Però ha anche chiesto di te. Bello, no? Come l'eterno migliore amico, spalla della ragazza ferita d'amore. Com'è che si chiama..? Ah, friendzone. Per sempre.
Deglutisco e mi alzo, convinto di ciò che sto per fare. Vado verso la porta e esco di casa, ignorando i richiami di Alexander sul fatto che sono quasi le undici. So che è ancora sveglia. Lo so.
*Alexandra's pov*
Everything you say to me
Takes me one step closer to the edge
And I'm about to break.
I need a little room to breathe
'Cause I'm one step closer to the... -Alex!
"Lasciatemi in pace, cazzo. Chiedo tanto?"
-Alex- una voce affannata giunge alle mie orecchie. Spingo la testa più a fondo nel materasso.
-Kellin, esci da questa cazzo di...
-Sono Jack. Guardami, per favore.
Mentre il mio cuore perde un paio di battiti, alzo la testa incontrando lo sguardo di Jack. È tanto che non lo vedo...
-Cosa... Cosa ci fai qui?- chiedo, tirando su con il naso. Sento le lacrime salirmi di nuovo agli occhi mentre mi siedo accanto al mio... posso ancora definirlo migliore amico?
Si siede anche lui. -Mi sono comportato da coglione, e voglio chiederti scusa. So che non basterà, ma...
-Ti perdono- mormoro.
-Mi perdoni?- chiede attonito. Non se lo aspettava.
-Sono io che dovrei chiederti scusa... Sono scappata, non ho neanche cercato di ricontattarti... pensavo di stare bene, ma... al di là di tutto tu sei uno dei miei migliori amici e non riesco a stare senza di te tanto a lungo.
Mi asciugo gli occhi e dopo aver preso un paio di respiri profondi, sorrido.
-Grazie, Lex. Prometto di non essere più così stronzo- mi dice mentre mi stringe in un abbraccio spacca-ossa.
-Mi sei mancato, Jacko- sussurro ricambiando. Intanto mi concedo di pensare a una cosa. Dov'è quell'emozione di sottofondo che mi ha accompagnata tutti questi anni? Non la trovo. È come se fossi riuscita a rielaborare il 'ti amo' in un 'ti voglio un mondo di bene'. So che deve rimanere così. È sempre dovuto essere così. Non c'è quel battito frenetico del cuore quando sono così vicina a Jack, adesso. Va bene così, questo è il modo giusto.
-Anche tu, Lexie. E comunque...- Ci stacchiamo e subito pare a disagio. -Non voglio che tra noi ci sia quello strano imbarazzo... e se facessimo finta che... non fosse mai successo niente? Non mi sembra la cosa giusta per noi rimuginarci troppo... amici come prima?- Mi porge la mano. La stringo con calore e lo abbraccio un'altra volta.
-Ma tu... non hai detto nulla a Josh... giusto?- chiede, improvvisamente in panico. Spalanco gli occhi.
-No! Secondo te?- Mi fa male lo stomaco solo al pensiero. Non voglio coinvolgere una persona dolce come Josh in un conflitto (ormai passato, ma comunque) tra me e Jack. Non ce n'è motivo. -Ah, okay... e... martedì ci sarò anche io... undici, giusto?- mormora.
Il mio sorriso si fa ancora più largo. -Undici.
Jack mi sorride, e in quel momento sembra davvero felice.
*Jack's pov*
Se c'è una cosa che Alex però non sa, è che sono bravo a fingere sorrisi.
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