A HALLOWEEN TAIL
"Mamma? Mamma, mi senti?"
Accidenti a questo appartamento di merda. Come sempre il cellulare prende per miracolo, e solo in certe zone della casa. D'altronde si tratta di un appartamento per studenti fuori sede, non mi dovrebbe sorprendere che faccia schifo.
"Si...si. Prendo il treno." Parlo al cellulare, incastrandolo nell'incavo del collo, mentre le mani sono occupate a infilare una felpa nello zaino già strapieno. "Parto alle ventidue, dovrei essere a casa per mezzanotte. No. Mangerò qualcosa quando arrivo."
Mi guardo attorno, cercando in giro per la stanza qualcosa che potrei aver dimenticato. Carica batterie... vestiti...portafoglio...chiavi...telefono. Dovrei avere tutto. Forse dovrei portarmi una confezione di salviette disinfettanti? Il treno è un posto così pieno di germi, se non fossi costretto a prenderlo per tornare a casa non lo farei mai e poi mai.
"Allora ci vediamo in stazione? Si, si, ti voglio bene anch'io. Sarò a casa tra...." Guardo l'orologio da polso. sono davvero molto in anticipo, ma a me va bene così, ultimamente mi sento un po' affaticato ed è meglio prenderla con più calma. "..tre ore e mezza. Ora parto da casa, devo ancora comperare il biglietto. Ciao."
Chiudo la chiamata. Mia madre è sempre la solita, si preoccupa per nulla. Torno a casa tardi, questo è vero, ma sono un uomo non una verginella indifesa; in più sono solo le otto e mezza, sarà pieno di gente a passeggio per la strada principale, la notte di Halloween...
Metto la giacca ed infilo il cellulare in tasca. Appoggiato allo stipite della porta, un omone biondo dal taglio di capelli così ordinato da sembrare artificiale mi guarda con aria paterna.
"Levi..."
Lo guardo. Il mio compagno di stanza è una montagna di muscoli, soprattutto rispetto a me, ma riesce difficile prenderlo seriamente, con addosso quel pigiamone decorato a porcelli. Lui ricambia il mio sguardo, prendendo un sorso di bevanda fumante dalla tazza di Capitan America che tiene in mano.
"Cosa vuoi?"
"Sei sicuro di voler andare? È tardi. E' già buio fuori."
Sussulto, senza darlo a vedere."Tsk. Per chi mi hai preso? Non ho paura del buio."
Carico lo zaino in spalla, e mi dirigo alla porta, passandogli davanti.
"Ci vediamo tra qualche giorno. Se quando torno trovo un solo granello di polvere in giro, pulirai tutto sotto la mia supervisione." Lo minaccio con lo sguardo.
"Certo, come sempre." Sorride lui. "Buon viaggio."
Certo che Erwin sa certamente essere un tipo strano, quando vuole. Lo saluto on un cenno del capo ed esco, lasciandomi alle spalle il calore della casa.
***
Ecco, forse non sono stato del tutto sincero con Erwin.
La notte mi accoglie tra le sue braccia gelide, provocandomi i brividi. Per un attimo, sono tentato dall'idea di ritornare in casa, al calduccio, e di versarmi una tazza di quell' ottimo tè nero che so esserci in dispensa.
Non posso farlo.
Scaccio l'idea dalla mia testa. No, non posso rientrare e darla vinta ad Erwin. Inoltre c'è gente che mi aspetta a casa...
Lancio un rapido sguardo alla via, la luce gialla di qualche lampione squarcia l'oscurità; per terra, alcune foglie secche danzano mosse dal vento, frusciando contro al lastricato. Prendo un ultimo respiro prima di iniziare a percorrere a grandi falcate la strada. Il mio obbiettivo è uno soltanto: raggiungere la via principale nel minor tempo possibile.
Svolto l'angolo. È ancora buio, troppo buio per i miei gusti, ma almeno qualcosa è cambiato. Un uomo ed una donna mi passano accanto ridendo e scherzando tra loro. Laggiù, verso la fine della strada, vedo altre siluette umane venirmi incontro. La presenza umana mi rassicura, ma non riesce a scacciare via la brutta sensazione che provo alla bocca dello stomaco: sento d'essere invisibile, come se tra me e le persone vestite in maschera ci fosse una barriera impalpabile e ci trovassimo in realtà in due dimensioni diverse che si possono vedere, ma a cui non è concesso entrare in contatto.
Cammino.
La luce gialla dell'ospedale illumina la strada a giorno. Ogni finestra è come uno schermo, ogni schermo racconta una storia diversa. Si vede un medico togliersi il camice e riporlo nella armadietto, in un corridoio una coppia di infermieri cammina chiacchierando. Al piano di sotto una sotto una donna a letto legge, una quantità di cuscini le tiene alzata la testa rasata. Mi sorge spontaneo chiedermi se non le diano fastidio tutti quei tubicini attaccati al braccio.
Un'infermiera entra nella stanza e tira la tenda, della donna non rimane che un ombra indistinta.
Non mi piacciono gli ospedali, mi fanno provare uno strano senso di inquietudine. Non so spiegarmelo, forse per i colori spenti, per le stanze tutte uguali o per la puzza di disinfettante che aleggia al loro interno; o forse sarà perché ho dovuto passarci un lungo periodo.. probabilmente è la somma di tutto questo che me li fa odiare tanto.Riporto lo sguardo a terra, continuando il viaggio verso la mia meta. Cammino dritto e poi svolto, ancora ed ancora, addentrandomi nei vicoli, le case si addossano l'una all'altra e bloccano anche il lieve chiarore lunare che altrimenti avrebbe potuto illuminarmi la via. Sento rumori metallici, come di un mazzo di chiavi che viene scosso, poi dei fruscii... alzo lo sguardo, non ben sicuro di voler sapere davanti a cosa mi trovo.
E' solo una ragazza.
Appoggiandosi all'unica vetrina illuminata dell'intero vicolo, tiene la borsetta al livello del petto. Sembra occupata a rimestare al suo interno alla ricerca di chissà cosa. Mi avvicino, nonostante avverta una sensazione sgradevole che non capisco, dopotutto è solo una ragazzina pronta per la discoteca. Ora posso vederla meglio. I capelli corvini le ricadono sul viso in una maniera alquanto inquietante. E' vestita bene, con un top di pailette, una giacca bianca ed un paio di pantaloni eleganti, ai piedi porta un paio di scarpe con il tacco. Perché mi sento in pericolo?
Qualcosa scivola fuori dalla borsa, cadendo a terra. Lei non sembra nemmeno accorgersene.
Ignorando il mio istinto di sopravvivenza che mi urla di non farlo, mi avvicino e raccolgo da terra una carta di credito rosso vermiglio, porgendogliela.
"...Grazie."
Le nostre mani si sfiorano, le sue sono gelide e bianche come la neve.
"..Non c'è di che.."
Mi congedo con un gesto del capo e proseguo. Non è accaduto nulla. Non era una strega, o un morto vivente, forse sono semplicemente le strade buie o il fatto che sia Halloween a influenzarmi,e mi fanno vedere pericoli inesistenti dietro ad ogni angolo.
Nemmeno mi rendo conto di essere arrivato alla strada principale fino a quando un ragazzino vestito da scheletro non mi travolge, mozzandomi il fiato. Si scosta subito e corre via senza scusarsi, proseguendo lungo alla strada con i suoi amichetti in maschera alle calcagna. Tsk, mocciosi. Mi aggiusto la giacca e alzo lo sguardo.
Non sono mai stato così felice di vedere le luci dei locali agghindati a festa, e la folla, proprio io che solitamente odio la compagnia umana.
***
Ecco la stazione, finalmente. Appare di colpo di fronte ai miei occhi, imponente e luminosa come non mai. Maledetta, di giorno sembravi più vicina..
Mi sento un po' debole, forse in fin dei conti avrei dovuto mangiare qualcosa prima di uscire. Mi ci vuole un attimo prima di sentirmi pronto a salire le scale. Non vedo l'ora di rifugiarmi al suo interno così ben illuminato e sono tanto di fretta che per poco non inciampo in una figura stesa di traverso sullo scalino. Cos'è, un senzatetto?
E' accoccolato in una posizione fetale che sembra parecchio scomoda, non riesco a vedere bene cosa indossi, ma sono sicuro che in testa abbia un berretto. E' un uomo. Mi fermo ad osservarlo, insicuro sul da farsi. E se invece fosse una persona che si è sentita male?
"Va.. tutto bene?" Chiedo titubante.
Lui alza lo sguardo, e mi sorride.
Orrore.
Un urlo mi si mozza in gola, non ci penso due volte a lasciar perdere e letteralmente volare su per gli scalini, fino alla hall ben illuminata della stazione.
Quella persona, il suo volto! Ne mancava quasi metà!!
Mi ricompongo, tornando ad indossare la mia solita poker face; devo fare il biglietto alla macchinetta, ma è difficile premere i tasti tremando. Devo essermi sbagliato, magari ho visto male. Non esistono zombie, streghe e fantasmi. Sono solo favole per bambini. Sento la presenza di qualcuno in fila alle mie spalle, meglio che mi sbrighi. Pago, e recupero il biglietto. Si, si. Devo aver visto male.
Mi giro, trovandomi a un centimetri da un uomo con la testa da cavallo. Questa volta urlo davvero.
"Hey, hey!" L'uomo-cavallo si porta le mani sul muso, afferrandosi la testa. "Si può sapere che cazzo hai a urlare?" Alza le braccia, e con esse la testa si stacca.
" Non hai mai visto una maschera?"
***
Se dentro alla stazione c'è un po' di vita, il binario è deserto. le luci sfumano con l'oscurità dei binari che si perdono in lontananza. All'improvviso sento la mancanza di una qualche presenza umana, fosse anche l'uomo-cavallo che mi ha fatto prendere un infarto o il suo amico, quello che avevo scambiato per uno zombie e che invece era solo un ragazzo ricoperto di make up e sangue finto. Che razza i idioti, giocare così con la sensibilità delle persone.
Il treno è già pronto sui binari, nonostante manchi ancora un'ora alla partenza. Le luci sono spente, i vagoni completamente vuoti. Potrei entrare, dal momento che le porte sono aperte, ma decido di prendermi un attimo e fumarmi una sigaretta. Faccio scattare lo zippo, la fiamma dell'accendino brilla nella semi- oscurità. Danza attorno all'estremità della sigaretta e sembra quasi viva, in confronto all'immobilità delle rotaie, sembra accogliente, rispetto alla luce fredda delle macchinette degli snack. Fa un po' freddo. Sopporto il silenzio, l'unica mia compagnia sono le nuvolette di fumo che soffio fuori dalla bocca, ma che presto svaniscono nel nulla.
Sospiro.
"...Non ti sembra sia tutto troppo calmo?"
Per la terza volta, e a distanza di una manciata di minuti, salto per lo spavento.
"Hanji!!"
La ragazza se ne sta in piedi di fianco a me, come se nulla fosse.
"Che ci fai qui a quest'ora?"
"Sono solo passata per salutarti. Stai bene?"
"Bene? Bene! Certo! Fino a quando non mi fate prendere un attacco di cuore!" Mi sfogo, mentre lei si limita ad osservarmi sbraitare.
"Sai, non dovresti essere qui. E' pericoloso stare da soli in una stazione deserta."
"Che stai dicendo? Pensi che mi piaccia prendere il treno a quest'ora? Me lo ha chiesto mia madre."
"...Capisco."
"E poi, cosa vuoi che ci sia di tanto pericoloso?"
Hanji si illuminò. "Potresti incontrare il teke-teke."
"Il chi?"
"la ragazza che un giorno cadde sui binari, e venne tranciata a metà dal treno. Si sposta trascinandosi sui gomiti, e per questo viene chiamata "teke teke", dal rumore che fanno. Si dice che chi la incontri venga falciato a metà, e diventi come lei."
Rabbrividisco. "Tu...non dovevi dirmi questa cosa." Spengo la sigaretta per terra, e la butto in un cestino.
"Grazie tante Hanji, ora si che sono tranquillo."
Lei sorride. "Non ti preoccupare! Ora devo andare ma non ti lascerò da solo."
"Si, ci sarà il teke-teke." Rispondo sarcastico.
"Non intendevo questo. Vedi? E' il turno di pulizie del signor Hannes! Deve aver appena finito di lavare i bagni." Dice, salutano con un cenno l'uomo che ha appena svoltato l'angolo trascinandosi dietro il carrello delle pulizie. Seguo il suo esempio. Non mi dispiace, il signor Hannes. E' un ubriacone, ma almeno con lui posso discutere di prodotti per l'igiene, è raro al giorno d'oggi trovare qualcuno che se ne intenda.
"Ci vediamo, Levi." Mi saluta Hanji. Anche lei mi rivolge lo stesso sorriso malinconico. "Buon viaggio."
Rimango lì, impalato. E' strano e al contempo triste osservare qualcuno che si allontana da te, mi fa sentire quasi abbandonato. Fisso il treno. La possibilità di entrare e prendere posto mi alletta, mi sento così stanco.. Alle mie spalle il signor Hannes pulisce per terra, in silenzio. Non è nulla di speciale ma almeno la sua presenza mi da un po' di conforto.
"Signor Hannes, ha mai sentito storie di fantasmi riguardo a questa stazione?"
Lui scuote il capo. "No, Levi. Certo che no. Questo posto è pieno i storie strane, ma io di fantasmi non ne ho mai visti."
Lo sapevo. Hanji me la pagherà, un giorno o l'altro.
Decido di salire sul treno. Prendo posto vicino al finestrino, e presto mi incanto a guardare il signor Hannes lavare a terra, sotto alle luci gialle dei lampioni. Quell'uomo ha tecnica, devo ammetterlo, ma potrei dargli comunque un paio di consigli. Mi sistemo meglio sul sedile e cerco a tentoni nella tasca dello zaino, controllando se per caso non ho portato via qualcosa da mangiare. Ho detto a mia madre che avrei cenato a casa ma sto morendo di fame.. per fortuna sul treno hanno lasciato il riscaldamento acceso, almeno non morirò di freddo.
[...]
Il signor Hannes mi ha augurato buon viaggio, prima di andarsene. Sono di nuovo solo, e non hanno ancora acceso le luci dello scompartimento, quei bastardi. Mi guardo attorno. Sembra d'essere su di un treno fantasma, mette i brividi. Cerco di rilassarmi e chiudo gli occhi, ma un rumore mi fa scattare sull'attenti. Cosa è stato? Sembrano.... O mio Dio...sono passi, quelli che sento?
Silenzio.
Qualcosa si muove, dietro a quella porta.
Il terrore mi paralizza. Osservo la maniglia della porta abbassarsi. Vorrei ma non posso muovermi..
"Sorry? Do you speak English?"
Turisti. Anche nella penombra, basta che aprano bocca per riconoscerli.
"...Fuck you!" rispondo al gruppetto di ragazzi che mi trovo davanti. Il biondino con i capelli a fungo che mi ha posto la domanda mi guarda sorpreso, ma poi sorride. "non volevamo spaventarti, scusaci. Puoi dici dove è diretto questo treno?" domanda con un forte accento straniero.
Lo fulmino con lo sguardo ma gli rispondo comunque. Qualcuno prima o poi mi farà morire, questa notte.
Il biondino mi ringrazia. Dietro di lui scorgo nella semi-oscurità quelli che sembrano essere altri due ragazzi ed una ragazza con la coda da cavallo. Per quanto riguarda i primi, riesco a capire solo che uno dei due è quasi pelato, mentre l'altro ha dei capelli disordinati.
Ora se ne andranno. Come tutte le persone che ho incontrato questa notte, sono solo delle fugaci apparizioni; rimarrò di nuovo solo, nel buio, a cercare di combattere incubi popolati di zombie, fantasmi di ragazzine senza gambe e uomini mezzo animali che la mia fantasia mi sta partorendo.
Non voglio. Non voglio rimanere solo.
Il biondino mi sorpassa, cammina verso il prossimo vagone; il pelato mi lancia uno sguardo e lo segue a ruota. La ragazza è troppo occupata a mangiare qualcosa da incrociare il mio sguardo. Come avevo previsto, se ne stanno andando tutti.
"Are you all right?"
Alzo lo sguardo sull'ultimo ragazzo.
"You are shaking - .stai tremando.."
Sposto lo sguardo sulla mia mano. In effetti è così. Il ragazzo si rivolge ai suoi amici." gehen Sie vor, ich bin sein Unternehmen. er ist ein Freund von mir.."
Non so cosa abbia detto, ma il biondino fa un cenno di assenso ed esce dallo scompartimento assieme agli altri due, lasciandoci soli.
"..Cosa gli hai detto?"
Il ragazzo mi rivolge la sua attenzione, si avvicina e si lascia cadere sul sedile di fronte al mio. "Gli ho detto che ti tengo compagnia. A nessuno piace essere lasciati soli al buio." Mi sorride.
Di colpo sento d'aver perso il dono della parola.
Non ho mai visto un ragazzo tanto bello in vita mia. Un fascio di luce artificiale gli raggiunge il viso, illuminandolo parzialmente. I suoi occhi dal raro color oceano spiccano sul volto. Starei a guardarli per sempre se potessi, è perfetto.
Sento il viso andarmi a fuoco, grazie al cielo lui non mi può vedere così bene.
"Nessuno ti costringe.. "ribatto.
Lui sorride di nuovo. "Allora mettiamola così: voglio tenerti compagnia. Posso?"
"Almeno presentati."
Si schiarisce la gola."Mi chiamo Eren Jeager, Ho ventidue anni. Vengo dalla Germania."
Lo guardo di sottecchi. E' ovvio che non lo caccerei via per nulla al mondo, ma non voglio sembrare troppo entusiasta della cosa. Sarebbe bello mantenere almeno un minimo di dignità.
"Levi. Mi chiamo Levi Ackerman. Ti concederò di farmi compagnia, per oggi."
Lui ridacchia, e io lo fulmino con lo sguardo. "L'onore è mio." Si affretta a dire. Sento il suo sguardo bruciare sulla mia pelle, e la temperatura nello scompartimento sembra salita di colpo. Parliamo del più e del meno; di come sia andata la giornata, dei miei studi... è difficile che io mi apra con le persone, ma per qualche motivo, con lui riesco a farlo. Non riesco a staccare lo sguardo da quelle labbra, da quegli occhi.. hanno un aria familiare, che lo abbia già visto prima?
"Che lavoro fai?" chiedo senza esitazione.
"Faccio il modello."
Ecco la spiegazione. Lo avrò visto su qualche rivista, di sicuro. Un ragazzo così bello non passa inosservato.
"Eren.." provo a pronunciare il suo nome, sembra essere fatto apposta per essere scandito dalla mia voce.
"Si?"
"N-niente."
Ci osserviamo in silenzio. Non è un silenzio imbarazzante, è quel genere di silenzio che condividi con gli amici intimi, o con la tua famiglia. Uno di quei silenzi in cui non serve parlare, per capirsi.
"Levi... te lo hanno mai detto che hai degli occhi stupendi?"
Sento di essere diventato rosso fino alla punta delle orecchie. "T-tu mi vedi?"
"Certo che ti vedo."
Vorrei morire. Come ho fatto ad essere così stupido da credere che non potesse farlo? Lui mi guarda intensamente.
"Levi, posso baciarti?"
"Cosa?"
E' una questione di un attimo, subito sento le sue labbra che si muovono sulle mie. Sono spiazzato, non ho la forza di reagire; mi ci vuole un po' per comprendere quello che sta succedendo. Non mi capacito, ma so che è quello che voglio, perciò socchiudo la bocca e rispondo al bacio, mettendoci tutta la passione di cui sono capace.. voglio un bacio caldo, bagnato, voglio sentire le la sua lingua intrecciarsi alla mia, le sue mani accarezzarmi le guance...come faccia a desiderarlo così intensamente è un mistero anche per me, ma lo so, non è solo per la bellezza. Sento che è giusto farlo, sento che non mi pentirò di nulla.
Voglio essere suo.
Le luci del treno si accendono di colpo. Eren mi si stacca da me, senza smettere di accarezzarmi le guance. Mi guarda negli occhi.
"Sono riuscito a distrarti come si deve?"
Il treno parte, scorgo con la coda dell'occhio il paesaggio scorrere fuori dal finestrino. Non so cosa rispondere, sono troppo perso ad osservare la sua figura. E' ancora più bello di quanto non mi fosse sembrato prima.
"Abbastanza."Lo stuzzico.
Si avvicina e mi bacia ancora, questa volta mancando le labbra di un paio di centimetri, procede lungo il collo. Chiudo gli occhi, lasciandomi coccolare, mi lascio trasportare dalle sensazioni.
"Levi.."
Ho perso il controllo della situazione, lo sento. Le bocche si cercano, le dita si intrecciano, i respiri si fanno affannati. Ci siamo solo noi, il resto non ha importanza.
"Eren.."
***
Il signor Hannes ripose lo spazzolone nello sgabuzzino, prima di chiuderlo a chiave. Anche per quella sera, il lavoro era terminato.
Tolse la divisa da addetto alle pulizie. La osservò, prima di infilarla nello stesso posto. Per gli altri era solo una semplice divisa ma per lui era molto di più: era l'immagine di un uomo che nella sua vita ne aveva viste tante, nonostante facesse un lavoro umile come quello di pulire i pavimenti. In stazione le persone vanno e vengono, i destini si intrecciano, le storie si susseguono e si rincorrono. Aveva assistito ad eventi di ogni genere; tristi, felici, commuoventi. ..ma ancora non riusciva ad abituarsi all'idea che ci sarebbe sempre stato qualcosa di nuovo, pronto a sorprenderlo. Per i più, il signor Hannes non era altri che un vecchio ubriacone. Quanto si sbagliavano.
Anche oggi i due ragazzi si erano incontrati. Era una storia che andava avanti già da un mese, ed anche se oggi non era stato lì a far da testimone, era certo che fosse accaduta la stessa cosa. Conosceva bene Levi, sapeva quel che stava passando e ciò che aveva passato, sapeva anche che quella storia aveva un che di troppo intimo per essere raccontata. Avrebbe protetto entrambi i ragazzi, e quella sarebbe stata solo una tra le tanti racconti che si sarebbe portato nella tomba.
Sospirò, facendo finta di non accorgersi della presenza alle sue spalle.
"...Continua a prendere quel treno.."
L'uomo non si voltò. Sapeva bene a chi apparteneva quella voce. "Pensavo fossi andata a casa."
" Era mia intenzione, ma poi ho cambiato idea."
L'uomo chiuse l'armadietto a chiave, prima di guardare finalmente in faccia la ragazza. "Hanji. Non possiamo fare nulla per lui, se non lasciarlo fare. I medici sono stati chiari. Lascia che Levi prenda quel treno, tanto lo sai, tornerà domani mattina."
"Dovrebbe essere nel suo letto all'ospedale, non a spasso per la stazione a tarda sera."
L'uomo scosse la testa. "Lo sai perché i medici gli hanno concesso di tornare a casa?"
Hanji tentò di parlare, senza riuscirci. Si portò invece una mano alla bocca , soffocando umana smorfia di dolore.
"Esatto." L'uomo la guardò comprensivo. "Non gli rimane molto da vivere. Quell'incidente ferroviario è stato terribile, ha procurato danni cerebrali troppo gravi. E' un miracolo il fatto che possa camminare e che sia sopravvissuto fino ad adesso." Le mise una mano sulla spalla. "L'uomo non è ancora in grado di curare ogni male."
Le lacrime vinsero sulla forza di volontà, scorrendo libere sul volto di Hanji. "Erwin ha detto che ha chiamato a casa anche stasera. Parla dal solo, non ci sono altre spiegazioni; sua madre era in stazione quando il treno è deragliato. E' morta... è morta! Come può non rendersene conto?"
"Lo sai, è meglio cosí. Tutta questa situazione deve essere una speciale di protezione che lui si è costruito per non impazzire, rivivere ogni sera i suoi ultimi momenti di normalità per lui è sempre meglio che affrontare la realtà. Ha subito una perdita troppo grande, non riesce a accettarla. Ma non sarà per molto. Lasciamo che spenda i suoi ultimi giorni di vita come meglio crede."
Hannes abbracciò la ragazza. Non c'era altro che potesse dirle, dopotutto per Levi questo sarebbe stato davvero l'ultimo giorno di vita. Avrebbe voluto consolarla, ma dopotutto un segreto è un segreto, solo a pochi è concesso di sapere la verità.
***
Dicono che la morte sia l'unica vera soluzione ai problemi della vita. Nessuno può sapere cosa vi sia dall'altra parte, tutti però sono pronti a giocare all'indovino. Paradiso, inferno, anime bloccate in questo mondo o pronte a reincarnarsi, forse il nulla.. un mucchio i belle teorie, ma nessuna può dirsi vera.
Non so chi tra loro abbia ragione, sempre che qualcuno abbia indovinato. Non lo scoprirò mai. Io conosco un'unica realtà, la mia.
La morte non è la fine, è solo l'inizio. Per chi è come me, è rinascita.
Vecchie ferite, traumi ed emozioni svaniscono, di loro non resta che un ricordo offuscato, il corpo si risana. Non è brutto come sembra, se la tua vita è sempre stata piena di dolore: morire è stata la mia salvezza.
Ho capito fin da subito che eravamo destinati l'uno all'altro, fin dal primo momento quando ci siamo incontrati su questo treno un mese fa; ho sentito che aveva bisogno di me quanto io avevo bisogno di lui.. Ho aspettato che il suo tempo giungesse al termine.
Questa è la notte in cui il velo tra il mondo dei vivi e quello dei morti si assottiglia fino a svanire, questo è la notte in cui accade l'impossibile, questa è la notte in cui è difficile distinguere tra le due cose.
Lo amo, so solo questo. Lui è tutto ciò che voglio. Osservo la sua espressione dormiente. Lo stringo a me, e scosto alcune ciocche di capelli dal suo bel viso. Gli Sfioro la guancia con le dita, assaporando un'ultima volta quel calore umano che presto sarà scomparso.
Saró io ad ucciderlo. Saró io a salvarlo.
Lo bacio dolcemente sotto il mento, poi sul collo. Sarà breve ed indolore. Lecco la pelle candida. I miei canini affondano nella carne senza incontrare resistenza.
***
"Lo hai fatto diventare uno di noi."
Mikasa a mi lancia sguardi contrariati, ma ormai è troppo tardi per tornare indietro.
"Si..."
"Come fai a sapere che è questo ciò che voleva? Magari avrebbe preferito morire da umano."
Stringo a me il corpo esanime del mio amante. Sussurra qualcosa nel sonno. "Hai ragione. Sono stato un egoista. Ma non posso lasciarlo andare, ora che l'ho trovato."
Lei mi si avvicina, e ci guarda ancora con occhio critico. "Ti prenderai cura tu di lui. Non ho intenzione di fare da balia a un novellino. Quando l'ho incontrato prima ho capito che c'era qualcosa di strano. Sapeva di carne morta, ed aveva addosso una traccia del tuo odore." La guardo aggiustarsi la giacca bianca addosso, cercando di nascondere delle macchie di sangue sul top elegante. "Non l'ho ucciso solo per questo."dice, voltandomi le spalle.
Se ne va così come era venuta, volatizzandosi nel nulla.
Imparerà ad accettarlo.
Sono così felice. L'unica mia paura è che Levi non si ricordi di me, una volta sveglio, così come si dimenticava di me ogni giorno nella sua vita da umano, nonostante ogni sera gli tenessi compagnia su questo treno. Ricordo il secondo giorno in cui ci incontrammo, e lui non mi riconobbe. All'inizio non seppi cosa pensare, e se il signor Hannes non mi avesse raccontato di quel che gli era capitato probabilmente non lo avrei mai capito..
"Levi..."
Lo bacio sulle labbra. Sono più fredde ma morbide. Si muove, e farfuglia qualcosa.
"..Svegliati.."
Sento come il cuore mi stesse battendo all'impazzata, anche se di fatto è fermo. Il ragazzo porta le mani agli occhi, strofinandoseli.
Aspetto con il fiato sospeso.
Ora le sue iridi colo tempesta mi fissano, confuse.
Ricorda.
Ti prego, devi ricordare!
"E-Eren? Perchè stai piangendo?"
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