Solo para ti
"Mi piacerebbe essere l'aria che ti abita solo per un momento. Mi piacerebbe essere così inosservato e necessario"
[Margaret Atwood]
[Marc]
[Fine dicembre 2016]
Sono teso, come una corda di violino.
Io e Angel abbiamo passato tutta la serata a guardarci, e ogni volta che i nostri occhi si incrociavano, sulle sue labbra si disegnava quel sorriso che mi faceva letteralmente scoppiare il cuore.
Ma, ora che se n'è andata con gli altri, sento di aver perso un'occasione, e di aver sbagliato qualcosa. Avevo pensato all'organizzazione di questa giornata per tre giorni, e avevo fatto i salti mortali per riuscire a realizzare tutto quello che avevo in mente. Pensavo al suo compleanno da un mese, ma solo durante la vigilia di natale avevo avuto l'illuminazione. Volevo farle vivere un giorno pieno di felicità, riempirla di attenzioni e regali che l'avrebbero fatta distrarre dal fatto che si trattava del suo compleanno. Volevo solo farle arrivare tutto quello che provavo per lei, ringraziare l'universo per il regalo immenso che mi aveva fatto, creandola. Ringraziare lei perché esisteva.
Avevo acquistato i regali un poco alla volta, anche se all'inizio non avevo pensato minimamente a regalarle ventidue regali, uno per ogni anno, ma solo alcuni, quelli più difficili da trovare.
Al galà mi ero comportato come un idiota, perché per l'ennesima volta eravamo a un passo dall'annullare quei maledetti centimetri che ci dividevano ogni volta, e io, come al solito, per paura di perderla e per non ferire Alex, avevo fatto un passo indietro. Con quei regali, volevo farle capire che per me era importante, la creatura più importante assieme ad Alex.
Gli orecchini, l'album di fotografie e altre cose per cui non dovevo aspettare la consegna a casa, le avevo acquistate in quei tre giorni, così come quella specie di caccia al tesoro che terminava alla Sagrada Familia, mi era balenata in mente il giorno della vigilia. Volevo rendere quella giornata speciale, unica, indimenticabile.
E ora, sento che non può concludersi così.
Sento che manca qualcosa.
Non può terminare in questo modo, senza qualcosa di spettacolare e memorabile.
Ma lei ha raggiunto gli altri, come è giusto che sia, e io non so che fare. So che dovrei raggiungerli, ma non sarebbe la stessa cosa. Vorrei ballare da solo con Angel, io e lei, e nessun altro. Senza Javier e il suo mettersi in mezzo ad ogni occasione, senza Alex e il suo sguardo scrutatore e contrariato addosso.
Porto i regali che gli altri hanno fatto ad Angel nella mia stanza, mentre i camerieri iniziano a sgomberare la sala privata dove abbiamo cenato.
Quando ritorno al piano terra, attraverso il corridoio e passando accanto alla sala, noto una figura vestita di rosso, e sento una fitta alla bocca dello stomaco.
Mi fermo a pochi passi da lei, che mi da le spalle.
<<Non dovresti essere in sala a ballare?>>
È qui.
Sento il cuore aumentare drasticamente i battiti, mentre si volta verso di me, cercando di reprimere un sorriso.
<<Mi sono ricordata che mi devi ancora un regalo.>> soffia Angel, facendo un passo verso di me.
Sento la tensione crescere a dismisura nella mia cassa toracica. Non ho idea di quello che sta per succedere, ma non mi farò scappare questa occasione. Sorrido.
<<Curiosa?>>
<<Moltissimo.>>
<<L'ho lasciato in camera mia.>> ammetto, candidamente.
Attendo, con trepidazione, la sua reazione, scrutando il suo viso con attenzione.
O la va o la spacca.
Dio, non ho mai visto una creatura più bella in tutta la mia vita.
Socchiude gli occhi, poi inarca un sopracciglio.
<<Beh, che stiamo aspettando? Andiamo, allora.>> ribatte, annullando la distanza che ci divideva e piazzandosi davanti a me. Allunga una mano, accarezzandomi i capelli sulla fronte, e un brivido, lento, mi scorre lungo la schiena. I suoi occhi si sono fatti languidi e ardenti, e quando si morde il labbro inferiore, la vista mi si annebbia per un istante.
Ci fissiamo, per secondi che paiono un'eternità, e quegli occhi così profondi e innocenti, che ora mi stanno scrutando con passione e desiderio, mi tolgono letteralmente il fiato.
Intreccio le dita della mia mano con la sua, stringendola forte.
<<Andiamo.>>
Raggiungiamo la hall, e quando le porte dell'ascensore si chiudono alle nostre spalle, il silenzio ci avvolge. Continuo a guardarla, di sottecchi, e noto che lei sta facendo lo stesso.
Averla così vicina, il suo profumo, sento di essere sul punto di perdere il senno.
Quando arriviamo davanti alla porta della mia stanza, la guardo per un istante, poi apro la porta. Le faccio cenno di entrare, e quando accendo la luce, la sento sogghignare.
<Oh, Marquez...mancava questa, in effetti...>> al centro del letto vi è posato un mazzo di gigli bianchi e rose rosse. Li recupero e glieli porgo.
Ho paura che noti tutta la mia agitazione. Non mi sono mai sentito così prima, così poco sicuro di me, così paranoico, così tormentato dalla paura costante di sbagliare qualcosa e rovinare tutto.
Mi sento un imbranato.
Angel mi fa sentire un imbranato.
<<Sei il fiore più bello e candido di tutti, Angel, pura e innocente come un giglio ma impetuosa e passionale come una rosa rossa.>>
Angel affonda il viso nel mazzo di fiori, poi rialza lo sguardo verso di me, un sopracciglio inarcato.
<<Io passionale, Marquez? Mi sa che ti confondi con te stesso. Io sono l'esatto contrario.>>
<<Tu credi di esserlo, Angel. Non ti rendi nemmeno conto di quello che ti brucia nelle vene.>>
L'ho visto quel fuoco, nei suoi occhi. Il modo in cui si incendiano quando discutiamo, il modo in cui mi stanno fissando da tutta la sera. So che nell'anima di Angel vi è un vulcano pronto ad esplodere. Ora, bisogna solo accendere la miccia.
Mi da improvvisamente le spalle, e va a posare il mazzo di fiori sul comò.
<<Ti ringrazio Marc, per quest'ultimo regalo. È un mazzo di fiori bellissimo.>>
<<Non è quello l'ultimo regalo.>> cinguetto, dirigendomi verso la cassaforte. Recupero l'astuccio di velluto blu dalla forma quadrata, e torno verso di lei.
<<Aprilo.>> soffio, porgendoglielo. Mi osserva, gli occhi fuori dalle orbite.
<<Marc...tu ti sei bevuto il cervello.>> commenta, scuotendo il capo.
<<Non sono mai stato più cosciente di quello che sto facendo in vita mia.>>
"E voglio te a tal punto da impazzirne, come fai a non notarlo?"
Angel apre l'astuccio e resta letteralmente a bocca aperta.
Rialza gli occhi increduli su di me, che la starò sicuramente fissando in trepidante attesa.
Forse ho esagerato.
Non sono abituato a riempire qualcuno di regali, di attenzioni, forse è troppo, quello che ho fatto?
So già cosa starà pensando Angel. Io non sono il tipo che spende tutti questi soldi per qualcuno, non è da me. Eppure, se potessi, comprerei anche la luna, per donarla ad Angel.
<<Allora? Ti piace?>>
Scuote la testa, gli occhi lucidi.
<<Marc, tu...tu...io non...tu sei quello che prima di entrare in un negozio per comprarsi un paio di pantaloni ci pensa tre volte, e ora...mi regali...una collana del genere?>>
Il suo tono di voce è incredulo. Accenno un sorriso e prendo la collana tra le mani.
<<Sono così con me stesso, non con gli altri, lo sai. Non con te, a cui donerei la luna se potessi.>>
La guardo, e noto il modo in cui mi sta fissando. Come se non riuscisse a credere a quello che sta succedendo.
<<Posso aiutarti ad indossarla?>>
<<Certo.>> risponde, subito, la voce rotta dall'emozione.
Mi da le spalle, tirando su i capelli con un gesto delicato della mano e le faccio indossare la collana. Il suo profumo mi attira come una calamita e non resisto. Avvolgo le braccia intorno alla sua vita, abbracciandola e affondando il viso tra i suoi capelli.
<<Balla con me, Angel.>> mormoro, e lei si volta a guardarmi. Quegli occhi così profondi e limpidi, così innocenti, mi mandano letteralmente in fumo il cervello.
<<Balliamo...senza musica?>>
<<Oh, no.>> raggiungo il comò e aprendo le ante, rivelo un piccolo stereo. Schiaccio il pulsante di accensione e le note di quella che è una delle canzoni preferite di Angel si disperdono nell'aria.
<<Mi offre questo ballo,
signorina?>> le domando, rivolgendole un piccolo inchino.
<<Non c'è neanche bisogno di chiederlo.>> soffia, afferrando la mia mano.
La stringo subito a me, e iniziamo a volteggiare, sulle note di Can you feel the love tonight.
Siamo così vicini che avverto il suo calore, e il sangue mi si incendia nelle vene, come polvere da sparo.
Angel abbassa la testa, poggiando la fronte contro la mia guancia, e la sento sospirare. Ho il cuore che pompa come un pazzo nel mio petto e realizzo che vorrei starle ancora più vicino di così, ancora, ancora di più.
<<Angel, guardami.>> dico, ad un tratto, cercando di schiarirmi la voce, che in realtà esce dalla mia gola ancor più roca di quanto immaginassi. Angel alza lo sguardo su di me, e quegli occhi da cerbiatto mi trafiggono in pieno petto, come se attraverso le sue iridi scure, Cupido avesse scagliato una delle sue frecce, per colpirmi direttamente al cuore.
Mi lascio andare, completamente, relegando il pensiero di Alex e tutto il resto in un angolo della mia mente e le circondo la vita con un braccio, mentre vado a posare l'altra mano sulla sua guancia. La vedo chiudere gli occhi e sospirare e anche la mia ultima resistenza si sgretola come un castello di sabbia. Faccio scorrere le dita sotto il suo mento e lo sollevo appena, verso di me.
Fisso le sue labbra per un istante, poi, prendo finalmente coraggio.
Le sfioro con le mie, e mi ritrovo letteralmente a tremare, il cuore che mi balza in gola, lo stomaco che si contorce su se stesso, tutti i miei sensi concentrati su quel piccolo punto del mio corpo. Potrei cadere in ginocchio, ma resisto, perché ho bisogno di più, ora che so come mi fa sentire Angel.
Riapro gli occhi, giusto per osservare la sua reazione, e quando la vedo con le palpebre chiuse, tesa verso di me, la pelle d'oca sulle sue braccia, realizzo che mi vuole.
Mi vuole.
Esplodo, letteralmente, e poso nuovamente le labbra sulle sue, spingendo il mio viso contro il suo, tenendola stretta a me, con urgenza, perché ho bisogno di lei. Dio, non mi sono mai sentito in questo modo prima. Persino le dita dei piedi mi si arricciano.
Le sue labbra sono premute sulle mie.
Non sto sognando, sta succedendo davvero.
Le dita di Angel corrono ad arpionarmi i capelli, per tirarli appena e mugolo contro le sue labbra. Non me lo aspettavo minimamente questo suo farsi audace, dato che si sta muovendo su un terreno a lei fino a questo momento sconosciuto.
Ma sotto il ghiaccio brucia un incendio nel suo cuore e io non devo fare altro che scioglierlo.
Non posso più tirarmi indietro ora, e neppure lo voglio. Prendo coraggio e accarezzo lentamente il suo labbro inferiore con la punta della lingua. La sento irrigidirsi appena contro di me e penso che forse ho esagerato, non avrei dovuto farlo. So cosa starà pensando, ovvero, che non ha mai baciato qualcuno in questo modo, al contrario di me e teme di essere inadeguata.
Ho paura che possa far prevalere le sue paure e insicurezze e staccarsi da me, quindi, forse, è meglio che sia io a farlo.
Sto per allontanarmi da lei, quando la sento dischiudere le labbra e prima che possa anche solo realizzare la cosa, accarezzo la sua lingua, con timidezza.
Ho la costante paura di fare un errore, di farla allontanare, ma sono felice, così felice che mi viene da piangere.
Vorrei piangere e ridere, sorridere contro le sue labbra, perché non ho pensato ad altro che a questo negli ultimi mesi.
Il fatto che mi ricambi mi da sicurezza, e sento che è arrivato il momento di farle sentire quanto la voglio. Metto da parte la paura e la timidezza, e la bacio con tutto l'ardore e la passione che brucia nelle mie vene, per lei. La stringo a me, ma stringerla non è abbastanza, vorrei fondermi con lei, diventare parte di lei. La sento aggrapparsi alle mie spalle, e le farfalle mi bucano lo stomaco al pensiero che mi vuole, esattamente come la voglio io. È la sensazione più bella del mondo.
La spingo appena contro il muro, senza smettere un istante di baciarla, perché non riesco più a staccarmi dalle sue labbra, dal suo corpo, da lei.
Mi sembra di andare a fuoco.
La afferro per le cosce, tirandola su, e la sento avvolgermi subito i fianchi con le gambe, mentre allaccia le braccia intorno al mio collo. Sento le lacrime pungermi agli angoli degli occhi, a causa dell'intensità di ciò che sto provando. E non avrei mai pensato di provare delle simili emozioni, così forti e devastanti, a tal punto da portarmi allo stremo. Non riesco a stare fermo, continuo ad accarezzarle la schiena e le spalle con una mano, e le cosce con l'altra. Ho bisogno di sentirla, di toccare la sua pelle, di ricoprire ogni più piccolo punto di baci.
Le mie dita trovano la cerniera del suo vestito, e inizio a tirarla giù, molto lentamente. Proprio in quel momento, le mani di Angel mi afferrano il viso, e mi tengono vicino a lei, come se avesse paura che io possa allontanarmi. Cerco di trattenere un sorriso, e le accarezzo la pelle nuda della schiena con la punta delle dita. La sento gemere, e io rispondo, subito, il cuore che batte sempre più impazzito nel mio petto, perché sono stato io a farla gemere.
Sento le sue dita sfiorarmi il collo e iniziare a sbottonare i bottoni della mia camicia.
Allontano le labbra dalle sue solo per posarle sul suo collo, solo per assaggiare la sua pelle deliziosa.
<<Marc...>> la sento mugolare il mio nome, e mi vengono i brividi. Mai prima d'ora aveva mormorato il mio nome in quel modo, così appassionato. È l'ultima goccia, che fa andare letteralmente in fumo il mio cervello. Non avrei mai immaginato che un giorno sarei arrivato a baciarla, a stringerla, al sentirla dire il mio nome con così tanto desiderio.
Voglio stare con lei per sempre, voglio questo per tutti i giorni della mia vita, voglio lei e soltanto lei. Sento le mani di Angel scorrere sulle mie spalle e la camicia cade ai miei piedi.
Poso una mano sulla sua schiena e l'avvicino a me, portandola contro il mio petto, mentre lei scioglie la presa delle sue gambe intorno ai miei fianchi e riporta i piedi per terra. La sento posarmi una mano sul torace, per poi farla scorrere, lentamente e mi viene la pelle d'oca. Non posso non notare il sospiro che lascia le sue labbra, che riprendo a fissare, affamato. Non la bacio da troppo tempo, e ne ho bisogno, come di una droga. Sto per avventarmi nuovamente sulle sue labbra, quando lei preme una mano sul mio petto e mi allontana di poco, ma basta per farmi venire il panico. Ho esagerato, mi sono spinto troppo in là, e forse ha cambiato idea, non mi vuole più? I nostri occhi si incontrano e mi sciolgo come neve al sole sotto il suo sguardo di fuoco. Da dove arriva questa Angel priva di timidezza e dov'è stata fino adesso? È così bella, senza paure, paranoie, con le guance arrossate, le labbra gonfie, gli occhi pieni di un carezzevole ardore. È così bella quando si lascia andare.
Il suo vestito, però, scivola ai suoi piedi, e i miei occhi scorrono lungo il suo corpo.
La afferro per un braccio e la attiro nuovamente contro di me. La sento tremare, mentre avanziamo verso il letto. Del tutto inaspettatamente, Angel mi spinge sul letto, e mi osserva dall'alto, divorando il mio viso e il mio corpo con voracità, a tal punto che mi sento bruciare sotto il suo sguardo.
Mi mordo il labbro inferiore, mentre lei poggia le ginocchia sul letto, ai lati dei miei fianchi, e le mani ai lati della mia testa, posizionandosi sopra di me.
È la creatura più sexy su cui i miei occhi si siano mai posati. Non ho mai desiderato così tanto di far l'amore con qualcuno come lo desidero ora. Non ho mai desiderato di arrivare al momento con calma, godendomi ogni più piccola carezza, ogni sospiro. Avevo solo una cosa in mente, e ora è così...diverso per me. Voglio perdermi nei suoi occhi, intrecciare le dita con le sue mentre diventiamo una cosa sola.
Voglio riempire ogni più piccolo punto di questo corpo di baci e carezze, voglio fondermi con lei, voglio penetrarle sotto la pelle e arrivare al suo cuore.
Non mi sono mai sentito così prima, ed è una sensazione meravigliosa.
Una parte di me credeva che mi sarei potuto sentire in imbarazzo, avere la sensazione che non fosse una cosa giusta. È la mia migliore amica, ci siamo confidati tutto, o quasi, eppure, sento che è la cosa più naturale del mondo.
Angel si china su di me, e mi bacia, con una delicatezza e una lentezza tali da azzerare l'ossigeno nei miei polmoni. Sto tremando come una foglia al vento, per un semplice bacio. Ma non ero mai stato baciato così prima, ed è l'esperienza più sensuale che io abbia mai vissuto. Mi abbandono a lei completamente, può farmi tutto quello che vuole.
Mentre le sue mani scorrono sul mio petto, accarezzando con la punta delle dita ogni più piccola cicatrice, e inizia a ricoprire di piccoli baci le mie guance, la fronte, la linea della mandibola, realizzo che sono suo.
Sono profondamente, irrimediabilmente, disperatamente suo, con ogni frammento della mia anima e ogni fibra del mio cuore.
Sospiro e mi mordo le labbra, mentre la sento scendere lungo il mio collo, e quando mi sfiora la pelle con la punta della lingua, un gemito abbandona le mie labbra.
Il fatto che abbia preso il controllo, e che non si stia lasciando condizionare dal pensiero che lei non ha mai fatto niente del genere, mi fa venire le farfalle nello stomaco.
Un' Angel così selvaggia e passionale non sarei riuscito ad immaginarmela neppure nei miei sogni più proibiti.
Angel continua a percorrere la linea delle clavicole, fino a scendere sui pettorali, poi sugli addominali, e mi rendo conto che mi sto mordendo a sangue il labbro inferiore. Non resisto più sotto il tocco delle sue labbra.
<<Angel, ti prego...>> mugolo, la voce talmente roca e bassa da non sembrare più la mia. Le accarezzo la schiena, fino a raggiungere il gancetto del reggiseno, e quando Angel mi slaccia la cintura dei pantaloni, io le sfilo il reggiseno, con un gesto secco.
La vedo raddrizzarsi di scatto e coprirsi all'istante con le braccia, il viso paonazzo e gli occhi sgranati, pieni di imbarazzo e paure. L' Angel sicura di sé e spensierata è sparita nel giro di un istante. E capisco subito quale sia il problema.
Al contrario di lei, io ho già avuto le mie tante esperienze, e lei lo sa bene. Posso vedere i pensieri che le stanno attraversando la mente, i paragoni che sta facendo tra lei e tutte le altre, il fatto che lei non è all'altezza, perché è troppo minuta, troppo esile, "dal seno appena accennato", come ha sempre detto lei, mentre si guardava allo specchio.
Eppure, per me, è la creatura più bella dell'intero universo e vorrei soltanto che lei potesse vedersi attraverso i miei occhi.
Mi sollevo e le avvolgo i polsi con le mani.
<<Ti vergogni di me, amore?>>
La velocità con cui quella parola lascia le mie labbra non mi lascia per nulla sorpreso. Perché è così, chiaro, limpido, davanti ai miei occhi: lei è il mio amore.
<<Non devi, mai. Sei perfetta così come sei, un capolavoro di bellezza e delicatezza. Nessuno può reggere il tuo confronto, per me.>> sussurro, guardandola negli occhi, quegli occhi pieni di paure e insicurezze, quegli occhi di cui sono pazzamente innamorato. Le poso un bacio sulla fronte, e sciolgo delicatamente le sue braccia. La vedo chiudere gli occhi e tremare, mentre io accarezzo con lo sguardo il suo corpo, il suo seno piccolo e così elegante, così perfetto per lei.
<<Sei bellissima, Angel. Bella da farmi impazzire.>> sussurro, per poi baciarla, prendendo possesso della sua bocca. Sento il sangue ribollirmi nelle vene, perché ogni minuto che passa, la voglio un po' di più. La attiro a me e il contatto della sua pelle nuda contro la mia mi fa gemere nella sua bocca, fa saltare un battito al mio cuore.
Poso le mani sulla sua schiena e la porto sotto di me, sovrastandola.
Angel inizia ad accarezzarmi la schiena, sento il tocco delicato ma possessivo e pieno di desiderio delle sue mani sui miei muscoli, che guizzano sotto le sue carezze.
Mi allontano dalle sue labbra per scendere sul suo collo, poi sul suo seno.
La sento tremare, poi gemere, profondamente.
Il suono più bello del mondo, per me, unito a quello delle moto.
Ad un tratto, sento il cellulare di Angel iniziare a suonare, ma non mi fermo, e Angel sembra essere del mio stesso avviso.
Non esiste nient'altro oltre noi due, al mondo.
Mi libero dei pantaloni con un gesto secco, poi inizio ad accarezzare la stoffa dei suoi slip, il cuore che pompa come un pazzo nel mio petto.
Solo ora mi rendo conto di quello che stiamo per fare e sento tutta la tensione, tutta l'agitazione, investirmi come un'onda anomala.
Se mi avessero detto anche solo un anno fa che io e Angel ci saremmo ritrovati in questa situazione, non ci avrei mai creduto.
Ma forse, una piccola parte di me l'ha sempre saputo.
Ha sempre saputo che era lei.
La mia Angel.
Ci osserviamo per un istante, e i suoi occhi limpidi mi si imprimono dietro le palpebre. Torno a baciarla, e la sento accarezzarmi la nuca, con dolcezza, e una fitta mi colpisce allo stomaco.
Le sfilo gli slip, lentamente, e sento Angel rabbrividire.
Poso una serie di piccoli baci sul suo viso, sulle sue palpebre chiuse.
Può arrivarle il mio amore attraverso tutti questi baci? Voglio che lo capisca, e riempirla di baci è, in questo momento, il mio tacito modo per dirglielo.
Scendo nuovamente a percorrere il suo corpo con le labbra, sfiorandone ogni punto, amandolo e venerandolo perché questa splendida creatura esiste, ed è il centro dei miei pensieri, ciò a cui tutto mi porta. È parte attiva della mia felicità, dei miei sogni, del mio passato e presente e, spero, del mio futuro. È la mia ispirazione, il motivo che mi spinge a desiderare di essere una persona migliore.
Quando sfioro con le labbra il punto più sensibile del suo corpo, la sento tendersi sotto di me, ogni muscolo le si irrigidisce, e un profondo sospiro scivola dalle sue labbra. Afferro i suoi fianchi, stringendoli appena, e disegnando cerchi immaginari sulla sua pelle candida, di tanto in tanto.
Più aumento il ritmo, più il suo respiro si riempie di ansiti, gemiti, la sua schiena si inarca e le sue mani corrono ad arpionarmi i capelli per tirarli, mentre continua a sussurrare il mio nome, mandandomi letteralmente in estasi, e riempiendo il mio animo d'orgoglio.
Quando ritorno su di lei, mi lecco le labbra e vorrei baciarla, ma Angel invece mi prende una mano e inizia a posare un bacio su ogni polpastrello.
La osservo, il cuore che mi si allarga nel petto.
Mi sento così tanto desiderato, voluto, amato, come mai prima.
Quando alza lo sguardo su di me e i nostri occhi si incontrano, non posso fare a meno di ammirare ogni suo più piccolo particolare.
È questa la ragazza che amo.
La ragazza con cui voglio fare tutto, tutti i giorni.
Mi tendo verso il comodino e recupero una confezione argentata, che poi apro. Dopo averlo controllato, indosso il preservativo, poi torno a guardarla e intreccio le sue mani con le mie.
<<Sei sicura, pequeñita?>>
Mi perdo nel suo sguardo, ora così spaventato da farla sembrare un cucciolo spaurito, il suo respiro così veloce, e posso quasi sentire il battito impazzito del suo cuore che sbatte contro la cassa toracica.
<<Ho paura...>> soffia, con quel suo candore che mi ha reso dipendente da lei sin dal primo istante in cui l'ho vista. Mi chiedo improvvisamente, se si possa amare qualcuno più di così. Appoggio la fronte contro la sua, guardandola negli occhi. Non voglio che abbia paura, non deve, voglio che lo desideri con tutta se stessa, senza remore. Anche se comprendo benissimo la sua tensione.
<<Non voglio che tu abbia paura, né che tu soffra, Angel ->> Angel fa sfiorare le nostre labbra.
<<Ma voglio farlo, Marc. Lo voglio, ti voglio come non ho mai voluto nulla in vita mia.>> sussurra, interrompendomi.
Sentirglielo dire mi fa letteralmente impazzire. Mi par quasi di avere i fuochi d'artificio nel petto, nello stomaco, nelle viscere. Non riesco a crederci. Mi viene da piangere.
È una sensazione così dolcemente devastante, così deliziosa, così magica.
<<Ti voglio anch'io, Angel.>> mormoro in risposta, un largo sorriso che va a disegnarsi sulle mie labbra.
<<Farò piano, te lo assicuro, amore. Dimmelo se...insomma...>> la tensione inizia a prendere nuovamente anche me. Ho il terrore di non essere all'altezza, di farle male. Angel mi interrompe, baciandomi, e basta ad acquietare almeno un po' la mia agitazione.
È come se fosse anche la mia prima volta, e forse, è davvero così.
Entro in lei, con estrema lentezza e dolcezza e dopo un istante, Angel sgrana gli occhi e si porta una mano a coprirsi la bocca.
Mi fermo immediatamente, e la osservo, preoccupato. Non avrei voluto farle male, e mi sento un po' in colpa. Speravo che non sentisse dolore. Le poso dei baci leggeri sulle palpebre, sulle guance, su quel viso tanto bello. Non so quanto restiamo così, sarà Angel a dirmi quando si sentirà pronta, e se si sentirà pronta. Ad un tratto la sento muoversi lentamente sotto di me e riapre gli occhi. Ci guardiamo e lei annuisce, per poi posarmi un bacio sulla fronte. Inizio a muovermi molto lentamente dentro di lei, continuando a tenere lo sguardo fisso sul suo viso, per controllare le sue espressioni.
Quando la vedo mordersi il labbro inferiore e inarcarsi appena verso di me, capisco che il dolore è sparito, e inizio a muovermi mano a mano più velocemente.
Afferra i miei capelli scompigliati, intrecciandoli intorno alle sue dita, mentre io scendo a baciarle il collo.
Dio, è meraviglioso.
Non ha niente a che vedere con tutte le altre volte, per me.
Ho i sensi allo spasmo, stare dentro di lei è un'esperienza straordinaria. Sento la testa girarmi, come se fossi ubriaco, come se fossi completamente fatto.
Alzo lo sguardo su di lei, i nostri occhi che si scontrano, ed è la sensazione più intima che io abbia mai provato. La voglio così tanto, ancora di più, sempre di più.
Siamo un'unica cosa, perfettamente incastrati, eppure la vorrei ancora di più, vorrei toccarle l'anima, baciarla, avvinghiarmi a lei e non lasciarla più.
Quando raggiungiamo il culmine Angel mi morde letteralmente una spalla, nel silenzio di questa stanza spezzato solo dai nostri gemiti.
Non avevo idea che mi avrebbe fatto sentire in questo modo, che diventare una cosa sola con lei mi avrebbe fatto sentire così, completamente sballato, quasi come se avessi vissuto un'esperienza mistica.
È stato pazzesco, stupendo, sono in estasi.
Rovescio la testa sul suo petto, il respiro affannato, il cuore che mi batte nel petto e che mi fa sentire vivo come non mai.
Mi sento così felice e completo, soddisfatto e su di giri come dopo due birre.
Sento Angel stringermi a sé e accarezzarmi la nuca, il suo respiro affannoso proprio come il mio, il cuore che scoppia nel suo petto.
Esco da lei e raggiungo il bagno, dove getto il preservativo, dopo averlo controllato. Mi lavo le mani e torno da lei, che mi getta le braccia al collo. Poso le labbra sulle sue, in un bacio leggero. Mi gira la testa.
<<Angel...tu non hai idea, io...>>
Farfuglio, non riuscendo a formulare una frase di senso compiuto, dato che in questo momento ho il cervello completamente scollegato. Ma voglio che lei sappia ciò che provo. Non posso più tornare indietro, dopo quello che abbiamo fatto insieme, ora voglio che sappia che la amo con tutte le mie forze. Voglio stare con lei, perché siamo fatti per stare insieme. Siamo fatti l'uno per l'altro.
<<Sshh, non dire nulla.>> mormora lei, in risposta, posandomi un dito sulle labbra, che poi bacia. Mi prende la mano e posa un bacio sulla mia lunga cicatrice, quella che ho proprio sotto il mignolo, sul dorso.
La osservo, e penso che avrò tutto il tempo, per dirglielo.
Certo, sempre se non si pentirà di quello che è successo.
Scuoto la testa. Ora non voglio riempirmi la mente di brutti pensieri. Scivolo accanto a lei, porto un braccio sotto le sue spalle e la attiro a me.
Angel si accoccola contro il mio petto, le palpebre pesanti. Crolla addormentata nel giro di un minuto, mentre io mi perdo nel guardarla, riempiendola di carezze leggere. Sono sveglio come un grillo, e mi pare una follia dormire quando ho Angel qui, con me, nel mio letto. Sono ancora incredulo e non posso addormentarmi. Non voglio perdermi niente di lei. Il senso di totale e paradisiaco benessere che mi ha donato il fare l'amore con lei mi ammutolisce. Non avevo mai provato nulla di simile. Avrei voluto farlo ancora e ancora, per tutta la notte, ma il poterla ammirare mentre dorme, la sua pelle contro la mia, in tutta la sua bellezza, mi dona la stessa immensa gioia. Non riesco a smettere di sorridere mentre la guardo, mi sento un completo idiota.
Le porto una ciocca di capelli dietro l'orecchio, per poi posarvi sopra un piccolo bacio.
Non hai idea di quanto io ti ami, Angel.
E spero che questo sia l'inizio del nuovo capitolo della nostra storia.
~·~
<<Angel, avanti! Ce la fai a mangiare?>> le chiede Andrew, chinandosi di poco verso di lei.
Siamo seduti ad un tavolino di un bar poco distante dall'ospedale, sotto le fronde di una quercia.
<<Non ho molta fame, inoltre, non è propriamente comodo mangiare con un sacchetto colmo di ghiaccio premuto sulla gola.>> fa notare lei, con una smorfia.
Se non riesce a finire di mangiare neppure una brioche al cioccolato, significa che la cosa è seria.
Allungo una mano, e le accarezzo una guancia con il pollice, accennando un sorriso.
<<Non ti sforzare, Angel. Vorrà dire che mangerai di più a pranzo o a cena, o al limite, nei prossimi giorni.>> Angel mi lancia un'occhiata carezzevole, mentre curva di poco le labbra verso l'alto.
<<Quindi, se tu non la vuoi più, e tu non puoi mangiarla, per la tua dieta, immagino...tocca a me finirla.>> sentenzia Andrew, fissando quel poco che resta della brioche. Fa un sospiro drammatico, poi la divora in un boccone. Torno ad osservare Angel, il viso che le si distorce in una smorfia di dolore, e a quella vista sento una fitta al cuore.
<<Devo andare in farmacia a comprare del paracetamolo, non ce la faccio ad aspettare di tornare a casa.>> mormora, stringendo più forte il sacchetto del ghiaccio.
Vorrei poter fare qualcosa per alleviare il suo dolore. Odio vederla stare male, fa soffrire anche me.
Quando l'ho vista uscire dallo studio, così piccola e fragile, in lacrime, ho sentito come mille coltelli attraversarmi il torace.
È stato orribile.
La paura, il dolore, l'amore che provo per lei e il sollievo di vederla, mi hanno completamente annebbiato il cervello e ho finito per baciarla.
Ed era stato bellissimo.
So bene che si è trattato di una situazione particolare e non dovrei neppure stare a pensarci, ma non posso fare altrimenti. Una parte della mia mente che io sto cercando di ignorare, continua a pensare a che cosa avrà provato lei, se avrà provato qualcosa. L'ho presa alla sprovvista, e in un momento in cui era fragile e stremata, quindi, mi sento un po' in colpa per averla baciata quando lei magari non desiderava essere baciata da me.
<<Vado a prendertelo subito.>> esclamo, e senza attendere una risposta, raggiungo la farmacia più avanti, dall'altra parte della strada. Quando ritorno da Angel, le porgo subito una compressa, che lei butta giù con l'ultimo sorso di latte macchiato. Resto a fissarla, assorto nei miei pensieri, e quando Angel incrocia il mio sguardo, accenna un sorriso. Con la coda dell'occhio vedo Andrew guardare prima Angel, poi me, infine schiarirsi la voce e alzarsi.
<<Bene, penso di poter tornare a Barcellona.>> Angel si volta a guardarlo, gli occhi sgranati.
<<Te ne vai? Ma ->>
<<Non hai più bisogno di me, Angel, ti lascio in ottime mani.>> replica, guardandomi e sollevando un angolo delle labbra verso l'alto <<Ricorda che andrà tutto bene. Ti telefono più tardi, anzi, preparati a ricevere telefonate e assidui messaggi da parte del sottoscritto nei prossimi giorni. Ti voglio bene.>> aggiunge, per poi posarle un bacio sulla guancia. Dopo aver salutato anche me si allontana, lasciando me e Angel da soli. La noto premersi il sacchetto ancor più contro il collo.
<<Ti fa molto male?>> le chiedo, preoccupato, avvicinandomi ancor più a lei.
<<Un po'. È come avere ancora l'ago in gola.>> replica, socchiudendo gli occhi.
<<Torniamo a casa?>> Angel annuisce, e ci alziamo. Le poso una mano sulla vita e la attiro dolcemente a me, mentre lei posa la testa sulla mia spalla, e io ne approfitto per darle un bacio tra i capelli.
"Torniamo a casa."
Sento i brividi lungo la schiena per il significato che quella frase ha preso nella mia testa. Tornare insieme, in una casa tutta nostra. Quanto l'ho desiderato e quanto lo desidero ancora.
L'aiuto a salire in macchina, poi, parto alla volta di Cervera.
Restiamo in silenzio per minuti che paiono interminabili. Niente musica, oggi. Angel è spenta. La osservo spesso, per controllare come sta, anche se, dato che è rivolta verso il finestrino, tutto quello che riesco a vedere è la sua nuca. L'immagine del suo viso colmo di lacrime riappare davanti ai miei occhi e sento il cuore spezzarsi nel mio petto per l'ennesima volta. Non voglio guidare ora, tutto quello che vorrei è stringerla forte tra le mie braccia.
Allungo una mano e le accarezzo la nuca, e lei si volta, lentamente. Ha gli occhi rossi, e intuisco subito che ha pianto. Abbassa lo sguardo e allontana il ghiaccio dal collo.
<<Non me lo sento quasi più, a causa del ghiaccio.>> commenta, mentre io accosto, fermando l'auto in una piazzola di sosta. Angel si guarda intorno, poi posa gli occhi su di me.
<<Che succede?>>
Mi slaccio la cintura e mi volto verso di lei.
<<Perché stai piangendo?>> le chiedo, accarezzandole una guancia e asciugandole una lacrima.
<<Un'insieme di tutto. Il dolore, la tensione, e il pensiero dei risultati tra una settimana. Non lo so, io...vorrei solo poter fuggire un po' dalla mia testa.>> mormora, mentre sul suo viso si disegna una smorfia di rassegnazione.
Non posso vederla così, non ce la faccio.
La attiro a me, con delicatezza, stringendola in un abbraccio, e lei afferra il tessuto della mia maglietta, mentre preme la guancia contro la mia spalla.
<<Sei così forte, angelo, non riesci neppure a notare quanto lo sei.>> soffio, sentendo il cuore fare le capriole nel petto, per averla tra le mie braccia.
Se ripenso alla giornata di ieri, al modo in cui siamo stati sempre così vicini, sempre alla ricerca di un contatto fisico, lo stare praticamente incollati sulle rocce accanto alla spiaggia, mi gira la testa. Ho avuto il cuore in gola per tutto il giorno e la fonte di tutto ciò è stretta a me.
<<Andrà tutto bene, credimi.>>
<<Lo so che sia tu che Andrew me lo state ripetendo solo per farmi stare tranquilla. Ma...è un cinquanta percento, e io non posso non considerare anche...>> mi allontano di poco, per poterla guardare in viso. Angel alza appena il capo verso di me, quei due punti rossi all'altezza della tiroide catturano subito il mio sguardo.
Non può andare male.
Non può perché Angel deve ancora realizzare tutti i suoi sogni, deve trovare la sua strada, scoprire tutta la bellezza e il tesoro che ha in sé, deve spiccare il volo e realizzare quanto è bella.
Non può andare male perché dobbiamo tornare insieme e fare ancora tantissime cose insieme, condividere ancora tantissimi sogni.
<<Lo so.>> soffio, mentre sento gli occhi farsi lucidi <<ma so che comunque andranno le cose, tu riuscirai ad affrontarle, perché sei forte. Ed io sarò con te, a darti tutta la forza possibile. Ma ora, non focalizzarti sulla percentuale negativa. C'è anche un altro cinquanta percento, ed è giusto considerare anche quello. Questa settimana cerca di distrarti il più possibile, non riempirti la testa con un solo pensiero, perché ti farai solo del male ulteriore ed eccessivo.>> Angel continua a fissarmi, sbattendo velocemente le palpebre, per poi accarezzarmi una guancia, facendomi venire la pelle d'oca.
<<Grazie, Marc. Davvero, io non so...cosa avrei fatto senza di te in questi giorni.>>
Il modo in cui mi guarda, così carezzevole e addolorato, mi fa sciogliere il cuore. La stringo più forte a me.
È ora di dirglielo.
<<Senti...mi dispiace per...per averti baciato.>>
"Ti dispiace!? Ma fammi il piacere!" mi rimprovera la solita vocina nella mia mente. Cerco di ignorarla. Angel mi guarda poco convinta.
<<Davvero ti dispiace?>> chiede, inarcando un sopracciglio.
<<Non mi dispiace in quel senso>> mi affretto a spiegare <<intendevo che...mi dispiace di averti baciato in un momento così delicato e per te difficile, ti chiedo scusa. Non voglio che pensi che volessi approfittarne per strapparti un bacio, è stato solo...il sollievo di vederti, e tutta la tensione e la paura di...di perderti.>> Angel mi osserva con così tanta dolcezza che sento il cuore traboccare d'amore nel mio petto. Porta anche l'altra mano sul mio viso e un gran calore si sprigiona dalla mia cassa toracica.
<<È stata la cosa più bella della mattinata, Márquez. Non solo, anche degli ultimi giorni. Dopo quel dolore, un tuo bacio...non devi chiedermi scusa. Ne avevo bisogno.>>
Il cuore mi fa le capriole nel petto, lo stomaco si contorce in una morsa, mi viene voglia di ricoprirla di baci per la felicità.
Non riesco a dire nulla, ma penso che mi si legga in faccia la felicità che sto provando. Sto cercando a fatica di reprimere un sorriso, ma mi è quasi impossibile riuscirci. Dopo che mi ha detto queste parole, come faccio a resistere al desiderio di baciarla?
<<Dici davvero?>> le chiedo, con un filo di voce, e mi sento un idiota. Angel sorride, accarezzandomi le guance.
<<Assolutamente sì.>> la stringo a me, sorridendo, e inizio a riempirle le guance di baci. Sono troppo felice, troppo. Anche se so che non significa niente, per le circostante in cui è avvenuto, quel bacio. Ma le sue parole mi hanno riempito il cuore e mi viene difficile reprimere ciò che provo per lei.
<<Sei bellissima.>> soffio, guardando il suo viso con voracità, infilando una mano tra i suoi capelli. Angel socchiude gli occhi, sorridendo.
<<Solo nel weekend me lo avrai ripetuto cinquanta volte, lo sai?>>
<<Sono sempre troppo poche.>> replico, per poi posare un bacio sulla sua fronte. Sta per dire qualcosa, ma la vedo fare una smorfia, e recuperare il sacchetto del ghiaccio per portarlo sul collo. Si allontana da me, e torna al suo posto.
<<Il paracetamolo ci mette sempre un'eternità a fare effetto, con me.>> commenta, scrollando le spalle.
Maledetto dolore, era riuscita a distrarsi, per qualche minuto.
<<Ti urta se metto un po' di musica?>> lei scuote la testa, allora io tiro fuori il telefono dalla tasca e lo collego all'auto. Dopo qualche minuto I feel it coming dei Daft Punk & The Weeknd riempie l'abitacolo e lei apre gli occhi per guardarmi.
<<Ho creato una playlist con sole canzoni di The Weeknd, nel caso ci fossero state altre occasioni per cui tu saresti venuta in macchina con me e non volessi usare il tuo telefono.>> la vedo sorridere.
<<Così inizi farti una cultura musicale, bravo Márquez.>>
Allaccio la cintura di sicurezza, sorridendo, poi rimetto in moto l'auto, e partiamo nuovamente.
Siamo ormai alle porte di Cervera, quando Angel riapre gli occhi e inizia a cercare qualcosa con lo sguardo fuori dal finestrino aperto.
<<Tutto bene?>>
<<Sì, cioè...mi era parso di sentire profumo di piadina prosciutto crudo e squacquerone. È assurdo, lo so, ma ti giuro che l'ho sentito. Non la mangio da mesi, e ora ne vorrei così tanto una...>>
<<Hai fame?>> le getto un'occhiata, felice. Mi preoccupo sempre quando Angel non mangia.
<<Sì, cioè, non ho proprio fame, vorrei solo una piadina, ma la vedo dura, almeno fino a quando non tornerò in Italia, ancora meglio, in Romagna...è così buona...>>
<<Davvero?>> Angel mi lancia un'occhiataccia.
<<Marquez, l'hai mangiata a settembre, non dirmi che non lo ricordi...>> sbatto le palpebre.
<<Oh sì, ora ricordo. Era buona, sì.>>
<<Era più che buona. Quello è uno dei cibi degli dei.>> mi fermo sotto casa sua, e sospira.
<<Con mamma sarà dura, oggi, nascondere la cosa. Per fortuna ora è al bar e non dovrò spiegare il motivo per cui ho del ghiaccio premuto sul collo.>>
<<Posso chiamarti più tardi? Ti da fastidio se faccio un salto non appena avrò finito di allenarmi?>> si volta a guardarmi.
<<Come preferisci, Marc. Oggi non sarò molto attiva, certo, non lo sono mai, ma oggi men che meno.>> mi prende una mano e alza lo sguardo su di me.
<<Gracias por venir.>> mormora, guardandomi negli occhi, e un brivido scorre lungo la mia schiena. Sentirla parlare in spagnolo, cosa che avviene solo quando siamo in pubblico, mi fa sempre salire la pressione a tremila. Quando siamo insieme parliamo quasi sempre in italiano, quindi, sentirla parlare nella mia lingua è sempre un'emozione. Scende dall'auto prima che possa rispondere, e raggiunge il portone. Non vorrei lasciarla sola, in questo momento la solitudine non le fa bene.
Ma ho delle priorità e non posso metterle da parte. Torno a casa, e mi preparo per salire in bici. Alex ha ormai quasi terminato di vestirsi quando mi vede.
<<Ma buongiorno, fratello! Dove sei andato questa mattina, così presto?>> decido di dire la verità, o meglio, una parte della verità. Angel non vuole che si sappia.
<<Da Angel. Non è stata molto bene stanotte e...mi ha chiesto di raggiungerla.>>
<<Come? Cosa le è successo? E ora come sta?>> chiede subito, alzandosi, la preoccupazione nei suoi occhi.
Forse avrei dovuto inventare un'altra scusa, perché ora ho fatto preoccupare anche lui.
<<Ehm...vertigini. Ha avuto delle vertigini molto forti per tutta la notte. Ora sta un po' meglio.>>
<<Avrei dovuto venire anche io! Insomma ->> lo vedo mordersi le labbra <<magari posso passare da lei quando avremo finito l'allenamento in bici.>>
<<Direi di sì.>> mi limito a dire, mostrandogli un sorriso comprensivo. So quello che prova ancora per Angel e so quanto sia comunque molto legato a lei.
Si è fatto da parte nonostante l'amicizia che li ha sempre legati e so che non è giusto.
Recuperiamo le nostre biciclette, e ci addentriamo nella campagna di Cervera. Ogni volta che ci fermiamo per dissetarci, mando un messaggio ad Angel, giusto per farle sentire la mia presenza, e che la penso, sempre. Spero che non finisca per bloccarmi nuovamente.
Alla fine, Alex ha deciso di andare da Angel dopo essere tornato a casa per farsi una doccia. A causa dei doppi allenamenti, siamo ormai abituati a farci almeno due docce al giorno. Quando ritorna, noto il suo sguardo preoccupato. Ha risposto a monosillabi ai miei messaggi e penso di non aver mai detestato la mia routine e i miei allenamenti in vita mia come invece li sto detestando ora.
Mentre faccio sollevamento pesi la mia mente vaga. Vorrei fare qualcosa per lei, per rallegrarla un po', pur restando a casa. Ma non ho idea di che fare, e detesto sentirmi inutile. Poi, ad un certo punto ho un'illuminazione. Decido di finire gli allenamenti una mezz'oretta prima e dopo essermi fatto una doccia, salto in macchina.
[Angel]
Ho trascorso la maggior parte della giornata stesa sul mio letto, dividendomi tra il fissare il soffitto, leggere e ascoltare la musica. Mi sento letteralmente esausta e priva di forze, come se quell'ago avesse aspirato, oltre alle mie cellule, quel poco di energia che ho solitamente. Ho cercato di non pensare, ma stando sola è difficile non cedere. Quando poi nel pomeriggio è arrivata mia madre, ho iniziato a sentire la mancanza del mio stare da sola. Perché ha iniziato a riempirmi di domande su cosa fosse successo, dove fossi andata quella mattina così presto, cosa avessi e cose simili. Mi sentivo sotto attacco, quando io invece volevo solo riposare.
Alex era passato a trovarmi ed ero stata felicissima di rivederlo. A quanto pare Marc, per giustificare la sua uscita di questa mattina, gli aveva detto che ero stata poco bene, cosa che in fondo, non si discostava molto dalla realtà.
Una delle cose a cui mi ero aggrappata per tutta la mattinata e parte del pomeriggio per cercare di non pensare, era stato il bacio di Marc. Continuavo a pensare al modo in cui mi aveva stretta, al sollievo che mi aveva trasmesso, unito a tutto l'amore e la paura. Mi era arrivato tutto questo, ma continuavo ad essere bloccata. Avevo troppa paura di soffrire ed essere ferita, ingannata, tradita.
Joan mi ha chiamato, subito dopo pranzo, e sentirlo mi aveva fatto venire le farfalle nello stomaco.
Mi mancava, non potevo negarlo. E in fondo, non potevo neppure avercela con lui più di tanto. Le sue paranoie erano giustificate, il legame che avevamo io e Marc non si era spezzato, anzi, ora si era nuovamente intensificato, e per giunta, quei giorni li avevo trascorsi quasi interamente con lui.
Mercoledì ci saremmo incontrati a Barcellona per chiarirci, ma io sentivo di non essere pronta. Era tutto un volere, seguito ogni volta da un "ma". Un "ma" che non riuscivo a capire da cosa nascesse.
Verso le sei del pomeriggio il dolore si ripresenta, e prendo un'altra compressa di paracetamolo. Ho così tanto sonno che dormirei per un secolo. Questa notte in fondo non ho chiuso occhio, e neppure quella precedente ho dormito chissà quanto, nonostante la presenza di Marc. Una fitta fortissima alla gola mi toglie il respiro, e per poco non cado dal letto. È come se l'ennesimo ago mi avesse infilzata. Resto immobile, senza respirare, esattamente come questa mattina, per poi iniziare a prendere piccoli respiri graduali, fino a quando noto che il dolore è passato. Mi lascio andare sul letto e chiudo gli occhi, mentre una lacrima mi scorre lungo la guancia. Do le spalle alla finestra, e chiudo gli occhi. Ho bisogno di staccare almeno per qualche ora.
[Marc]
Quando arrivo davanti alla porta di casa di Angel, prendo un respiro, per poi bussare, piano. Sono passate le nove di sera, ma ho cercato di fare il prima possibile. Ho provato a telefonarle, ma non mi ha risposto, così, preso dal panico che stesse male, ho chiamato sua madre per valutare la situazione in casa. Quando mi ha risposto con tranquillità ho capito che non era successo nulla di grave, e quando le ho chiesto di Angel mi ha detto che stava dormendo.
Ho pensato allora, di farle una vera e propria piccola sorpresa, con l'aiuto di sua madre.
Tempo qualche secondo e la figura di Dina appare ai miei occhi, i lunghi capelli biondo ramati acconciati in due trecce.
<<Oh, eccoti Marc, vieni avanti, Angel sta ancora dormendo.>> esclama, facendomi cenno di entrare. <<hai trovato molto traffico?>>
<<Il solito di Barcellona, niente di più, niente di meno.>> replico, entrando in casa, e posando le buste della spesa in cucina, sulla sedia all'angolo della credenza. Tiro fuori tutto quello che ho comprato in negozio, sotto lo sguardo dolce e carezzevole di Dina.
<<Sei così caro, Marc. Non dovevi, davvero.>> la sento darmi una carezza sulla testa, e mi volto, leggermente imbarazzato.
<<Farei qualsiasi cosa per Angel. Non è mai un sacrificio o una fatica, se riguarda lei. O uno spreco.>>
<<Hai preso tutto quello di cui va pazza! Ma lo sai, vero, che lei poi tornerà...in Italia?>> sento una fitta al cuore.
<<Sì, ma...ho pensato anche a te. So che non puoi andare a Barcellona spesso, e il negozio di prodotti italiani di Lleida non è fornito come quelli di Barcellona, quindi...>>
Dina mi abbraccia, e io penso a come potrebbe essere tutto così facile. Invece, a quanto pare, niente tra me e Angel è facile.
<<Posso prepararla io, la piadina?>> sento Dina sogghignare.
<<Forse, prima di prepararla con le tue mani, dovresti vedere come si fa.>>
<<Ma non basta cuocerla?>> chiedo, inarcando un sopracciglio.
<<Sì, ma basta poco per bruciarla. Guarda me, poi, un giorno, sarai tu a preparare la piadina ad Angel.>> tiro su un angolo delle labbra, mentre un senso di rassegnazione mi prende.
<<Dubito fortemente che sarò io a preparargliele. Forse lo farà qualcuno di più alto, più "di testa", come lei.>> replico, tenendo lo sguardo fisso sulla piadina che la madre di Angel ha posato sul testo, una specie di teglia in ghisa dalla forma circolare.
Dina mi lancia un'occhiata.
<<Joan mi piace. Si vede che vuole davvero bene ad Angel, ed è un bravo ragazzo. Ma sei tu quello giusto per lei. Lo sei sempre stato.>> la guardo, non sapendo cosa dire. Il modo semplice con cui lo ha detto mi ha prosciugato. <<Angel non cambierà mai idea, ma spero solo che le cose prima o poi si sistemino, in un modo o nell'altro. Due che si amano come voi non possono stare separati. Io non ho avuto la fortuna di trovare un amore così, anzi...>> la sua voce si incrina, e le poso una mano sulla spalla, stringendola appena.
<<Ma vedere come gli eventi abbiano fatto separare due come voi è ingiusto.>> scuote poi la testa e stende la piada sulla tovaglia accanto ai fornelli.
<<Ecco, ora basta farcirla. Ed è fatta.>>
<<Beh, è semplice, sono in grado anche io di farlo senza procurarmi qualche scottatura.>> replico, sogghignando.
<<Ne vuoi una anche tu?>>
<<Sì, grazie. Domani farò doppio allenamento, oggi ho troppa voglia di mangiarne una. La vorrei come quella di Angel.>>
<<Va bene, io te la preparo, ma tu vai ad apparecchiare di là, altrimenti si raffredda tutto e dobbiamo ancora svegliare Angel!>>
<<Sì, certo.>> apparecchio sul tavolino davanti al divano, e dopo qualche minuto, Dina mi fa cenno di recuperare le piadine, mentre lei va svegliare Angel. Mi siedo sul divano, agitato. E se non avesse fame, o voglia di piadina? E se volesse restare da sola e io la stessi importunando con la mia presenza? E se sta male?
Il modo in cui mi fa sentire Angel mi spaventa e mi elettrizza allo stesso tempo. E io ne ho bisogno, ne ho più bisogno che mai.
[Angel]
<<Angel, tesoro? Svegliati, avanti...>> la voce di mia madre giunge alle mie orecchie come se fosse lontanissima, poi, sempre più vicina.
Non voglio svegliarmi, voglio dormire, lasciatemi in pace!
Porto subito una mano al collo, poi, quando riapro gli occhi, noto mia madre chinata verso di me, i colori del tramonto che giocano con i suoi capelli, facendoli sembrare di fuoco.
<<È pronta la cena, avanti.>> continua, tendendomi una mano.
<<Arrivo, mamma.>> mormoro, soffocando uno sbadiglio. Mi metto a sedere e lei inizia a sistemarmi i capelli.
<<Che stai facendo?>> le chiedo, strofinandomi un occhio.
<<Ti sistemo i capelli.>> mi risponde, come se fosse una cosa ovvia.
<<Mamma, non ho bisogno di sistemarmi i capelli, per andare a mangiare!>> replico, alzandomi, e lei mi sistema la lunga maglietta con sopra disegnata una mezza luna. Sbuffo e lei mi posa un bacio sulla fronte per poi uscire dalla mia stanza. Io entro in bagno per lavarmi le mani e sciacquarmi il viso, poi attraverso il corridoio e i miei piedi si piantano sul pavimento quando noto Marc seduto sul mio divano, il tavolino apparecchiato per la cena.
<<Marc!>> esclamo, piena di sorpresa, mentre mia madre sbuca dalle mie spalle, il telefono stretto in una mano.
<<Beh, io vado, raggiungo tua zia al piano di sopra. Buon appetito!>>
<<Ma...>> mia madre si chiude la porta alle spalle prima che io possa finire la frase. Mi volto verso Marc, in piedi e a quanto pare estremamente agitato. Me ne sono accorta perché continua a mordicchiarsi le labbra nervosamente.
<<Ciao.>> soffia, mostrandomi un sorriso.
Quanto è bello.
Mi incanto a guardarlo, per un istante, poi, sbatto le palpebre e mi risveglio.
<<Ciao.>> lo imito e il suo sorriso si allarga ancora di più.
<<Come stai? Ti disturbo?>> viene verso di me, e il suo sguardo carezzevole mi fa desiderare di affondare tra le sue braccia.
<<Ho avuto giornate migliori fisicamente e no, non mi disturbi.>>
<<Ti fa male?>> chiede, indicando con un cenno del capo il mio collo.
<<Ho preso il paracetamolo qualche ora fa, quindi, ora no.>>
Getto un'occhiata alle sue spalle, e lui si scuote.
<<Oh sì...la cena è in tavola.>> annuncia, facendosi da parte per farmi avanzare verso il tavolino. Due piadine farcite con prosciutto crudo e squacquerone ci stanno aspettando.
<<Marc! Sei andato a Barcellona?>> lo vedo sollevare le spalle, un tenero sorriso disegnato sulle labbra.
<<Volevi una piadina, ed eccola qui, non ho fatto niente. Mi è piaciuto molto fare acquisti. In frigorifero c'è anche il tuo formaggio preferito, della mortadella, e ->> lo interrompo, posandogli una mano sulla bocca. Lui mi guarda, gli occhi sgranati.
<<Tu sei pazzo. Non dovevi. Davvero. Chissà quanti soldi avrai speso in questi giorni e ->> Marc prende la mano che avevo posata sulla sua bocca e la fa intrecciare alla sua.
<<Non devi pensare costantemente ai soldi che ho piacere di spendere per te. Posso farlo, voglio farlo, e tu non devi sentirti obbligata in niente, Angel. Non lo faccio per ottenere qualcosa. O meglio, sì, lo faccio perché voglio vederti felice.>> lo osservo, non sapendo cosa dire. Il fatto che spenda dei soldi per me mi mette estremamente a disagio, ma alla fine, i soldi sono suoi e può farci quello che vuole.
<<Ora, mangiamo o la cena si raffredda.>> continua, con un sorriso. Ci sediamo l'uno accanto all'altro, e non resisto alla tentazione di posargli un bacio sulla guancia. Lo sento chinarsi verso di me e posarmi una mano alla base della schiena per avvicinarmi a lui e mi allontano dalla sua pelle controvoglia.
<<Grazie. È un pensiero dolcissimo.>> Marc sorride, e fa sfiorare le punte dei nostri nasi, senza smettere di sorridere, gli occhi chiusi.
<<Tutto per te, Angel.>>
Poi iniziamo a mangiare.
<<Oddio, è deliziosa!>> esclamo, leccandomi le labbra.
<<Molto buona, sì.>> conferma Marc, mentre un lampo attraversa il suo sguardo.
Non appena terminiamo di mangiare, Marc sparecchia e lava i piatti, per poi raggiungermi nuovamente sul divano.
Mi abbraccia, e io poso la testa sul suo petto. Mi sento così bene.
<<Sai cosa manca in questo momento?>> esclama ad un tratto.
<<Cosa?>>
<<Duchessa.>>
<<Oh sì...la mia Duchessa...la sto vedendo così raramente...>>
<<Manca molto anche a me.>>
<<Tu le piacevi molto.>>
<<Ovviamente! Sono stato io a portarla da te, a sceglierla. Non poteva non adorarmi.>>
<<Cretino.>> gli tiro un cuscino sulla testa e lui scoppia a ridere.
Dio, la sua risata.
È la cosa più bella che io abbia mai sentito in vita mia, in grado di alleviare momentaneamente le mie paranoie e le mie paure.
Mi posa un bacio tra i capelli, e io mi stringo più forte a lui.
<<Vuoi vedere un film?>> mi chiede, e io scuoto la testa. Voglio continuare a parlare con lui, ad ascoltare il suono della sua voce mentre la mia mano riposa sul suo petto, per sentire battere il suo cuore.
<<Possiamo restare qui a parlare, se ti va.>> propongo, e lo sento accarezzarmi una guancia.
<<Eccome se mi va. Mi piace ascoltarti, e stringerti forte.>> lo sento poi schiarirsi la voce.
<<Angel, senti...posso accompagnarti lunedì prossimo a Lleida? Insomma, intendo per...per i risultati.>> mi stacco da lui per poterlo guardare in viso, dato che mi riesce difficile sollevare il capo a causa del collo.
Mi sta letteralmente pregando con lo sguardo e non posso dirgli di no.
<<Va bene.>>
Marc sorride e mi prende il viso tra le mani.
<<Grazie.>>
I miei occhi vanno a posarsi sulle sue labbra, attirati come una falena dalla luce. Sento il cuore sprofondare giù nel mio petto, la pelle d'oca sulle braccia, mentre osservo quelle labbra così belle, così magistralmente disegnate, così piene e carnose, quelle labbra che vanno a comporre quel viso meraviglioso. Sono letteralmente ipnotizzata, e se una parte della mia mente mi urla sonoramente di scostare lo sguardo, l'altra non riesce né vuole farlo. Lo vedo mordersi il labbro inferiore e accarezzarlo con la punta della lingua, mentre la presa sul mio viso si fa più possessiva.
Lo vedo farsi più vicino, fino a che la punta del suo naso non sfiora la mia, e i miei occhi sentono l'impulso di chiudersi.
Dopo tutti quei mesi lontani, quel bacio di questa mattina sembra aver scatenato in me un estremo bisogno di sentirlo ancora, il bisogno di quella droga di cui ho sentito la necessità per più di un mese. Lo sento sorridere, poi si allontana da me e dopo qualche secondo le sue labbra si posano sul mio collo, prima su uno, poi sul secondo punto dove l'ago è penetrato.
Se da una parte i brividi mi scuotono, dall'altra quel gesto così dolce e delicato mi fa venire da piangere. È come se volesse lenire il mio dolore, mettere un sigillo sulle mie cicatrici, curarle e venerarle.
Quel gesto mi scioglie, completamente. Gli getto le braccia al collo e lo stringo, e lui mi stringe a sé a sua volta, mentre lo sento ripetere il mio nome con voce roca e appassionata. Accarezza i miei capelli con tocchi leggeri e sento un piacere immenso sprigionarsi dalla mia nuca e irradiarsi in tutto il mio corpo. È uno dei miei punti sensibili, ma lui molto probabilmente non lo sa perché non gliel'ho mai detto.
Non so per quanto tempo restiamo così, so solo che quando mia madre ritorna e Marc se ne va, sento un vuoto al centro del petto.
Non vorrei che se ne andasse, non vorrei dovermi separare da lui.
E mi ritrovo poi, anche a causa del fatto di non avere sonno, a fissare il soffitto con gli occhi spalancati nella penombra della mia stanza.
Come ho potuto anche solamente pensare di averlo superato, di averlo dimenticato?
Sono stata così stupida a credere che sarebbe servito così poco.
Ma è stata colpa mia.
Non avrei dovuto accettare l'invito di José e Nuria al loro matrimonio, perché da quel momento, da quando l'ho rivisto, la mia mente è andata in confusione, e le sensazioni che provavo per lui sono tornate a travolgermi come un'onda anomala. Joan e la lontananza lo avevano reso meno presente nella mia mente e mi ero illusa di essere sulla buona strada per dimenticarlo.
Ma erano bastati pochi minuti in sua presenza per capire che non era così e più passo del tempo con lui più noi torniamo ad essere quello che eravamo.
Girata su un fianco, gli occhi che scrutano la parete, i pensieri si susseguono l'uno all'altro.
Forse ho sbagliato.
La mia furiosa paura di essere ingannata, usata e tradita può avermi annebbiato la mente?
So quello che ho visto, lo hanno visto tutti, ma può essere che sia davvero come dice lui?
Se avesse davvero voluto baciarla e avesse avuto davvero ancora una relazione con lei non l'avrebbe portata in un luogo appartato, all'interno del motorhome della Repsol, o nel box? Lontano dalle telecamere e da me?
Una persona che ti ama in maniera così sconfinata e premurosa, con una tale devozione, può davvero colpirti alle spalle in questo modo?
A volte sì.
Scuoto la testa, perché l'unico dettaglio a cui mi sto aggrappando è quello del dove è avvenuto quel bacio.
Marc sa bene dove nascondersi per non essere visto.
Avrebbe potuto farlo benissimo con Linda, eppure, è rimasto lì, nel bel mezzo del paddock, sotto gli occhi di tutti.
E se forse Linda fosse all'oscuro di quello che era successo tra noi? Probabilmente Marc non l'aveva lasciata, lei era stata semplicemente molto impegnata e per quello non si erano più visti.
Forse Linda voleva fargli una sorpresa presentandosi a Valencia, ma così facendo gli aveva rovinato il castello di sabbia che stava costruendo con me.
Ma Marc avrebbe dovuto sapere che sarebbe potuto accadere, e io lo avrei inevitabilmente scoperto.
E in fondo Linda sapeva benissimo che ero andata in Asia con lui, lo aveva notato sicuramente, anche grazie al fatto che ero stata sempre presente in griglia di partenza.
Mi porto le mani alla testa, soffocando un urlo. Non ne posso più. Sto impazzendo. Tra tutte queste ipotesi, la testa è sul punto di scoppiarmi. Come sapere quale sia effettivamente la realtà? Io so quale sia la realtà, ma alla fine devo ammettere che in quelle foto Marc non mi sembra perso in un bacio appassionato, né voluto o desiderato.
Può essere che sia stato davvero preso alla sprovvista?
Affondo il viso nel cuscino e mi impongo di smettere di pensare. Probabilmente non avrò mai nessuna certezza di quale sia la verità, e senza sicurezza, io non posso, né riesco a fidarmi.
La mattina seguente quando mi sveglio, la prima cosa che vedo, oltre alla luce del sole che filtra dalle serrande, è il messaggio del buongiorno di Marc. Non gli rispondo, ancora reduce dai rimasugli dei pensieri di questa notte. Inizio a pulire casa, per cercare di distrarmi.
Sento che la scelta migliore al momento sia quella di allontanarmi sia da Joan che da Marc.
Ho bisogno di schiarirmi le idee, di prendere del tempo solo per me stessa.
Dopo pranzo, sento bussare alla porta, e quando la apro, la figura di Marc appare alla mia vista. Faccio un passo indietro, il cuore che inizia a battere più velocemente all'istante.
<<Ciao.>> esordisce, guardandomi attentamente.
<<Ciao.>> replico io, sbattendo le palpebre. Restiamo a guardarci per qualche istante, poi scuoto il capo, e mi sposto di lato per farlo entrare, nonostante non impazzisca all'idea.
<<Ti disturbo?>> chiede, non appena mi chiudo la porta alle spalle.
<<No, tranquillo.>>
<<Sono solo passato per sapere come stavi.>>
<<Un po' meglio, grazie. Il dolore è quasi sparito.>> lo vedo sorridere e fare un passo verso di me.
<<Ne sono felice.>>
Si ferma, davanti a me, inarcando le sopracciglia e guardandomi con fare confuso. Probabilmente ha colto la mia freddezza.
<<Va tutto bene?>>
<<Sì, sì. È che oggi...sono un po' così. Pensierosa.>>
<<Posso fare qualcosa per te?>>
<<No, Marc. Hai già fatto troppo, davvero.>>
<<Te echado de menos esta mañana.>> soffia, guardandomi con quegli occhi limpidi e profondi.
Sospiro, chiudendo gli occhi.
Non ce la faccio più, con lui.
Mi sento con le spalle al muro, perché gli basta rivolgermi la parola nella sua lingua, con quella voce che ho sempre amato, per farmi sciogliere la spina dorsale.
<<Non dovresti essere in palestra?>> Marc scuote la testa, come un bambino piccolo.
<<Oggi andiamo a fare quattro salti con la moto da enduro e mi chiedevo se ti andasse di venire con noi.>>
<<Con voi?>>
<<Sì, ecco, non abbiamo posto sul furgone, ma verrà anche Rafi e potete venire insieme se ti va...>>
<<Io...non lo so...>> voglio vederlo in moto ma sono combattuta. Voglio prendere le distanze da entrambi, ma come faccio se continuo a vedere sia l'uno che l'altro?
<<Se ne hai voglia basta che fai uno squillo a Rafi e ti passerà a prendere.>> sto per rispondere quando il suono del citofono si propaga nella stanza. Chi può essere? Gli rivolgo un'occhiata confusa, poi vado a rispondere.
<<Sì?>>
Tramite lo schermo del videocitofono noto che si tratta del fattorino di uno dei negozi di fiori di Cervera.
<<Buon pomeriggio, è lei la signorina Angel? Avrei un mazzo di fiori da consegnarle.>>
Joan.
Non può essere altri che lui.
<<Oh...certo, salga. Primo piano.>>
Mi volto e colgo subito lo sguardo confuso di Marc. Vorrei dirgli qualcosa ma il suono del campanello me lo impedisce.
Vorrei che non fosse qui in questo momento.
Apro la porta e il fattorino mi consegna un mazzo di splendidi tulipani rossi.
I primi fiori che Joan mi ha regalato.
C'è un biglietto appuntato al nastro di velluto rosso che tiene uniti i fiori.
Lo prendo e lo leggo.
"Sei sempre nei miei pensieri, scricciolo. E so che questi fiori ti ricorderanno qualcosa.
A presto,
J."
Osservo i fiori, con un sorriso quasi rassegnato, e mi volto verso Marc, e lo trovo fermo, immobile, rigido, con gli occhi puntati sul mazzo di fiori che tengo tra le braccia.
<<Joan perfezione Mir e i suoi tulipani rossi.>> dice, lentamente, per poi alzare gli occhi su di me.
Stringe le labbra, per poi raddrizzare le spalle.
<<Ora devo andare. Se ti va, sai dove trovarmi.>> taglia corto, per poi superarmi e uscire dal mio appartamento.
~·~
[Marc]
Probabilmente sono il più grande sciocco che si sia mai visto sulla faccia della terra.
Come ho potuto pensare anche solo per un istante che potevo avere una possibilità di tornare con lei?
Sapevo come sarebbe finita.
Avevo passato la notte a fissare il soffitto, perché, nonostante i giorni che avevamo passato insieme, una parte di me sapeva che lei sarebbe tornata da Joan.
Era la scelta più logica, più giusta.
Una scelta da Angel.
Conoscevo la sua mente, le sue paure, le sue convinzioni e sapevo che, concretamente, non sarebbe mai tornata con me.
Le era impossibile anche solo contemplare l'idea, perché non avrebbe avuto pace.
Non si fidava di me.
E nella sua mente, i dubbi e le paure non le avrebbero mai permesso di stare tranquilla, ogni volta che mi allontanavo anche solo di un passo da lei, o che prendevo il telefono.
Non avevo concretamente speranze.
E non me lo meritavo.
Perché nessuno, nessuno al mondo, avrebbe potuto amarla anche solo un briciolo di quanto l'amavo io.
Con la stessa forza, la stessa intensità, lo stesso ardore, la stessa dedizione, la stessa devozione.
Conoscevo ogni sua paura, ogni suo tormento, ogni sua passione, ogni pensiero che le attraversava la mente, sapevo cosa le avrebbe fatto illuminare gli occhi, cosa l'avrebbe ferita.
Io volevo soltanto amarla.
Volevo soltanto renderla felice in tutti i modi in cui potevo renderla felice, esaudire ogni suo desiderio, assistere ad ogni passo in avanti alla scoperta di chi fosse e di quale fosse la sua strada, e anche di ogni caduta, passare le dita tra i suoi capelli e stringerla tra le mie braccia, proteggerla, baciarla, fare l'amore con lei, vederla ogni mattina, volevo tutto, ogni cosa.
Invece non potevo avere niente.
In quei giorni mi ero chiesto spesso cosa fossimo ora io e lei. Non eravamo amici, non stavamo insieme, allora, cosa eravamo?
Non ne avevo idea, e sapevo che sarei finito per starci male per l'ennesima volta.
Mi ero ripromesso spesso di starle lontano e puntualmente non ci ero riuscito. Ora, non tenevo la cosa neppure in considerazione. Non potevo starle lontano, dovevo starle vicino, perché ne avevo bisogno.
Ero terrorizzato all'idea di perderla, all'idea che potesse stare seriamente male. Dovevo starle vicino.
Ma non potevo fingere che vederla con quei fiori tra le braccia, fiori che le aveva regalato Joan, non mi facesse male.
È solo l'ennesima conferma che mi viene sbattuta in faccia.
Salgo in macchina, per tornare a casa e raggiungere Alex per andare in circuito, ma mi fermo per un istante, per cercare di calmarmi.
Il cellulare suona nella mia tasca, e lo recupero distrattamente.
<<Pronto?>>
<<Ehi, cugino! Allora, sei passato da Angel?>>
È Rafi, ovviamente.
<<Sì, ed era meglio se non ci andavo.>> replico, senza pensare.
<<Perché?>> risponde subito lei, curiosa.
<<Perché...perchè Joan le ha mandato dei fiori. Gli stessi fiori che le ha mandato la prima volta, per l'esattezza.>>
<<I tulipani rossi.>>
<<Esatto. E...non è stato bello. Sono furioso con me stesso, perché non riesco a mettermi l'anima in pace, perché se ci riuscissi, smetterei di stare male per ogni cosa. Ormai avrei dovuto farci l'abitudine, eppure ogni volta che vedo qualcosa che lo riguarda, che vedo quel sorriso disegnarsi sulle labbra di Angel, sento quel dolore che ormai conosco molto bene riempirmi il cuore e togliermi il respiro.>>
<<Che situazione del cazzo.>> commenta lei. Poi dopo un istante di pausa riprende a parlare. <<andiamo a cena tutti insieme, stasera?>>
Il suo cambiamento di tono mi sorprende.
<<Cosa?>>
<<Stasera, a cena fuori, tutti insieme, che dici? Ah, premetto, vengo solo se tu e Angel non iniziate a guardarvi in quel modo.>>
Sono alquanto confuso.
<<Quale modo?>>
<<Quello di sempre. Come se voleste saltarvi addosso a vicenda. Quando sto in vostra presenza mi sento sempre di troppo, la tensione sessuale è palpabile Marquez, non te ne sei mai accorto?>>
Per la sorpresa, non so cosa rispondere.
<<Io...no. Mi dispiace se ti sei sentita in imbarazzo...>> la sento ridere. <<Davvero Angel mi guarda così?>> chiedo, mentre cerco di trattenere un sorriso.
La mia parte più razionale cerca di ricordarmi che non ho possibilità e che Angel tornerà da Joan, ma al momento non mi interessa. Sento Rafi sospirare.
<<Sì Marc, sì. Allora, tieniti libero per stasera. Avverto io Angel. A dopo.>>
Rafi chiude la chiamata, e io realizzo che mi è bastato parlare con lei per sentirmi un po' meglio.
Metto in moto, e torno a casa.
Quella sera, io e Alex raggiungiamo il ristorante alle porte di Cervera che Rafi ha scelto.
Ha invitato anche José e Nuria e ha confermato che Angel è con lei.
Quando arrivano, non riesco a staccare gli occhi da Angel.
È uno schianto.
Indossa un abitino blu scuro, dallo scollo a barchetta, e che segue il suo corpo come una seconda pelle. I suoi orecchini preferiti, a cerchio, le illuminano il volto, e le sue ciglia lunghe e incurvate sono messe ancor più in risalto dal mascara.
Se fosse possibile, mi ritroverei la mandibola ai miei piedi, invece, Alex mi chiude la bocca con un dito.
<<Non così evidente fratellone, andiamo...>> sussurra, accanto a me, mentre Angel e Rafi ci raggiungono.
<<Buonasera ragazzi, ci aspettate da molto?>> chiede subito Rafi, guardandoci, i capelli biondi acconciati in un elegante chignon.
<<No, siamo arrivati ora.>> sento rispondere da Alex, mentre io continuo a fissare Angel, che alza quasi con imbarazzo lo sguardo su di me, mentre con un gesto elegante si porta una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
Dio, è come se non riuscissi a staccare gli occhi da lei. Come se le si fossero incollati addosso.
I suoi grandi occhi limpidi e profondi sono fissi nei miei, e mi rivolge un timido sorriso.
Cielo, potrebbero raccogliermi col cucchiaino.
<<Ciao.>> riesco solo a dire, la voce che quasi mi trema.
<<Ciao.>> ripete lei, socchiudendo gli occhi. <<mi hai detto più ciao nell'ultima settimana e mezzo che in sette anni.>> aggiunge, ironica.
<<Perché mi togli sempre le parole, Angel.>> replico, mentre sento di essere sul punto di tremare impercettibilmente. Continuiamo a fissarci e sento Rafi a pochi passi da lei schiarirsi la voce e gettarci un'occhiata.
Capisco subito a cosa si sta riferendo e raddrizzo la schiena.
La macchina di José appare in fondo al vialetto che porta al ristorante, e, dopo che lui e Nuria ci hanno raggiunto, entriamo nel ristorante. È un localino rustico, e l'attenzione viene catturata da un grande camino in fondo alla sala principale. Decidiamo di sederci all'aperto, sotto il portico, e noto che Angel si guarda intorno spesso, ammirando i dettagli e i particolari del ristorante. So che apprezza questo genere di locali.
<<È incantevole qui, Rafi.>> esclama poi, voltandosi a guardarla, mentre le si siede accanto.
<<Sapevo che ti sarebbe piaciuto. È elegante e fine pur restando rustico e casereccio.>>
Il giardino è incantevole. Alberi da frutto, fiori rampicanti, siepi rigogliose e perfettamente potate.
Angel socchiude gli occhi e lascia andare un profondo respiro, mentre accenna un sorriso. È così bello vederla così, vorrei vederla sempre così spensierata.
Passiamo la serata mangiando e chiacchierando animatamente, e io e Angel in particolare, a scambiarci lunghe occhiate. In quei secondi, è come se ci fossimo solo noi e nessun altro.
Alla fine, penso di aver bevuto un po' troppo vino. Io e Alex eravamo d'accordo che sarebbe stato lui a guidare anche al ritorno, quindi io ho potuto bere il vino, lui, acqua come Rafi e José. Angel, come al solito, ha spaziato dall'uno all'altra.
Sento la testa leggera e inizio a fissare Angel con un sorriso da ebete sulla faccia, posando il viso contro il pugno chiuso.
[Angel]
<<Marquez, ti sei incantato?>> gli domando ad un tratto, sporgendomi verso di lui per farmi sentire sopra le voci degli altri. È da quasi cinque minuti buoni che mi fissa e vorrei sapere a che diavolo sta pensando.
<<Le probabilità sono molto alte, sì.>> replica sogghignando e senza smettere di guardarmi.
Che idiota.
<<Anche le probabilità che tu abbia un tantino esagerato con il vino.>> ribatto, scuotendo la testa, per poi alzarmi e allontanarmi. Ho bisogno di restare un po' da sola. Raggiungo un parapetto in legno che dà su un piccolo stagno poco lontano, ai limiti del giardino di questo locale.
Osservo i pesci che si intravedono attraverso lo specchio d'acqua, la testa inclinata.
Qualcuno mi finisce quasi addosso, e capisco subito di chi si tratta, perché riconoscerei il rumore dei suoi passi tra milioni.
Lo afferro per le spalle, guardandolo con un sopracciglio inarcato e le labbra incurvate in un sorriso ironico.
<<Attento a dove vai, campione.>> sogghigno. Ha lo sguardo luminoso e languido, le guance spruzzate di un lieve rossore, un tenero sorriso dipinto sulle labbra.
Ed è così bello.
<<Mi gira la testa.>> ammette, guardandomi candidamente.
<<Non sono sorpresa. Hai bevuto troppo, e domani devi partire.>>
<<Sarò in formissima domani, non ti preoccupare.>> replica, rivolgendomi il saluto militare senza nessun motivo.
<<Ti ricordi quando ti ho insegnato a guidare?>> domanda, subito dopo, un largo sorriso sulle labbra.
<<Come dimenticare. Quell'ora libera che avevi al giorno era dedicata all'insegnarmi a guidare.>>
<<"Ti trovi bene? Arrivi ai pedali? Altrimenti avvicino ancora un po' il sedile...">> inizia, ricordando le sue parole per filo e per segno.
<<No, no, ci arrivo benissimo, grazie.>> continua, cambiando tono di voce per imitare la mia, peccato che esca fuori qualcosa di stridulo
<<Ottimo, perché il sedile non si muove più di così.>> conclude, e scoppia in una fragorosa risata per quella che è stata la sua risposta.
Scuoto la testa, dandogli un pugno sulla spalla, poi un secondo e un terzo, mentre lui continua a ridere imperterrito.
E finisco per innamorarmi per l'ennesima volta della sua risata.
<<Ha parlato il tappo!>> replico, fingendomi offesa.
<<Ma a te piace questo tappo.>> ribatte, inarcando un sopracciglio, e rivolgendomi un sorriso incantatore.
"Purtroppo." penso, per poi mordermi le labbra.
<<Convinto tu.>> sogghigno, e quando riapro gli occhi, lo ritrovo ad osservarmi con la testa inclinata, le mani posate sul parapetto dietro di me, ai lati dei miei fianchi.
<<Sei così bella, Angel, come fai ad essere così bella?>> piagnucola, ed io non riesco a trattenermi dall'alzare gli occhi al cielo.
Me lo avrà detto come minimo cento volte, in questi giorni.
Sento però qualcosa di dolcissimo riempirmi la cassa toracica, qualcosa di così forte e bello, da farmi sentire quasi debole.
<<È il vino che ti fa vedere cose che non ci sono, Marquez.>> Marc sbuffa, scuotendo la testa.
<<Non so più come fare, con te. Vorrei che potessi guardarti attraverso i miei occhi, così da vedere quanto sei bella, un capolavoro, una divinità. Non hai idea di quanto io sia grato della tua esistenza, senza di te la mia vita non sarebbe la stessa, Angel. Toglimi la moto, e sono perso. Toglimi la tua presenza, e...mi sento vuoto.>> conclude, in un sussurro. Ha le sopracciglia aggrottate, come se si fosse appena reso conto di qualcosa.
Ho il cuore in tumulto, ciò che ha detto, mi fa venire le lacrime agli occhi.
Sta dicendo tutto questo a me, con quella sua voce che mi scalda l'anima.
E anche se è brillo, non posso non tenere a mente che ha ancora meno filtri del solito.
Mi rendo conto che mi manca quello che avevamo, che mi manca stare con lui, con quella naturalezza con cui il nostro rapporto si è sviluppato, in quel mese e mezzo.
Mi manca condividere tutto, ridere, giocare e il volersi in tutti i modi in cui due persone possano volersi. Mi manca dormire con lui e passare il tempo a fissare lo splendido insieme che la natura ha creato.
Allungo una mano e gli accarezzo una guancia, e Marc solleva immediatamente lo sguardo su di me, la sorpresa nei suoi occhi.
<<Mi manchi, Angel.>> soffia, così vicino. Ho lo stomaco che si contorce a tal punto da farmi male.
<<Sono qui.>>
<<No...sai cosa intendo, lo sai...>> replica, affranto, scuotendo il capo.
Si tende verso di me e mi sfiora la guancia con la punta del naso.
<<E io? Ti manco almeno un po'? Mi pensi almeno un quarto di quanto ti penso io?>> chiede, in un sussurro, e le sue labbra mi sfiorano la pelle. Faccio uno sforzo estremo per impedire al mio corpo di tremare, ad occhi chiusi.
Poi, improvvisamente, sento di non riuscire a respirare, il cuore aumentare drasticamente i battiti. Riesco a staccare una delle mani di Marc dal parapetto, e mi allontano, una mano al petto e l'altra davanti al viso, per cercare di farmi aria.
Mi viene da piangere, mentre cerco di riprendere il controllo.
<<Angel, ehi, guardami, sono qui, non sei sola.>> sento distrattamente la voce di Marc, poi lo vedo apparire davanti a me, ma a circa un metro di distanza. Sa che deve lasciarmi spazio, farmi respirare.
Mi prende una mano, mentre io sbatto velocemente le ciglia, le lacrime che spuntano agli angoli degli occhi, mentre il terrore di non riuscire più a respirare mi invade sempre di più.
<<Va tutto bene, Angel, va tutto bene. Fai profondi respiri, chiudi gli occhi, e vedrai che passa, vedrai.>> chiudo gli occhi e mi sforzo di riprendere il controllo di me stessa, imponendomi di inspirare ed espirare profondamente. Sento la sua mano stringere la mia, mentre una lacrima mi riga la guancia e a poco a poco, torno a respirare regolarmente.
Sento le ginocchia molli, la testa che gira.
Il modo in cui mi sento vulnerabile durante un attacco di panico mi fa infuriare e il fatto che possa arrivare da un momento all'altro mi spaventa.
Sento Marc scostarmi le ciocche di capelli ai lati del viso con delicatezza, e sollevo la testa verso di lui.
Non sembra più essere così brillo.
<<Mi hai fatto spaventare. Stai meglio?>> mi chiede, prendendomi il viso tra le sue mani.
<<Sì, sì...ora sì.>> soffio, poi Marc mi attira a sé, e io afferro la stoffa della sua maglietta. Ho bisogno di sentirmi al sicuro, a casa, al riparo da ogni cosa e tutto questo posso trovarlo solo tra le sue braccia.
<<La mia piccola, meravigliosa Angel.>> lo sento sussurrare, mentre mi stringe. Mi posa dei baci tra i capelli e a poco a poco, la calma scende sul mio cuore.
<<Vorrei poterti aiutare, fare qualcosa di concreto per te, qualsiasi cosa, per te. C'è qualcosa che posso fare, Angel?>> chiede, mentre continua a stringermi.
<<Abbracciarmi.>> mormoro, e lui mi posa un bacio sulla fronte.
<<Allora sappi che posso anche stringerti fino alla fine dei miei giorni.>> sollevo la testa verso di lui, continuando a stringere la stoffa della sua maglietta.
<<Esagerato, come sempre.>> soffio, con un sorriso.
Marc accenna un sorriso, mentre mi sfiora la tempia con la punta delle dita. China di poco la testa verso di me e mi posa un bacio delicato e leggero come una piuma sulle labbra. Mi si azzera completamente il respiro, ma questa volta, non è a causa del panico. È una sensazione che mi fa sentire così viva, che potrei piangere per l'intensità.
<<Echo de menos besarte.>>
Sussurra, sulle mie labbra e le mie ginocchia sono sul punto di cedere, ma riesco a restare in piedi grazie alla sua stretta.
<<Mi...mi hai baciato ieri.>> gli ricordo, incapace quasi di formulare una frase di senso compiuto.
Mi fa paura il modo in cui mi fa sentire, come se gli bastasse un bacio a fior di labbra per farmi smettere di pensare o di farmi stare con i piedi ben piantati per terra.
<<Non è la stessa cosa, lo sai.>> replica, muovendo le labbra sulle mie.
Mi sta facendo letteralmente impazzire, torturandomi lentamente, e io glielo sto lasciando fare.
Mi rendo conto che voglio che mi baci, e so che lui desidera che io lo preghi.
Ma cedere in questo modo non è da me e non posso farlo, il mio orgoglio non può tollerarlo.
Marc fa sfiorare la punta dei nostri nasi, un largo sorriso dipinto sulle labbra.
<<Sei la cosa che più desidero al mondo, Angel.>> sto per ribattere, quando lui riprende a parlare, come se mi avesse letto nel pensiero <<oltre al voler continuare a vincere mondiali, mondiali e mondiali...>> le sue parole terminano ancora una volta sulle mie labbra, nell'ennesimo bacio delicato, e io sciolgo la presa sulla sua maglietta e risalgo fino a quando la mia mano non incontra la pelle calda del suo collo.
<<Tu devi continuare a vincere mondiali su mondiali.>> replico, risoluta, e sulle labbra di Marc si disegna un sorriso raggiante, mentre inarca le sopracciglia.
<<Vieni ad Assen.>> mi prega, per l'ennesima volta.
<<Non me lo hai mai chiesto in questi giorni, sai?>> lo vedo arrossire. <<Ci tieni tanto a quanto vedo.>>
<<Sai cosa vorrei, Angel. Lo sai.>> dice, fissandomi negli occhi. <<ma, per la prossima gara, ecco...vorrei vincere, dopo una gara strepitosa, davanti a te, lì, in circuito.>> sento il cuore battere nel petto come un pazzo. Marc sorride, mordendosi il labbro inferiore.
<<Vedo che il tuo cuore batte molto forte.>> arrossisco e lo guardo male, e lui sogghigna. Abbasso lo sguardo.
<<Vorrei, Marc, ma...non penso che potrò.>>
Ne avrei così bisogno, anche solo per sgombrare la mente dal pensiero dei risultati di lunedì, ma non saprei come andare.
<<Ven conmigo.>> sussurra, e io mi irrigidisco.
<<No, Marc...non posso.>> ribatto, sollevando la testa dalla sua spalla e posando le mani sul suo petto. Marc lascia andare la presa sulla mia vita, sbattendo le palpebre.
<<Oh beh. Joan, non è così?>>
<<Beh, sì. Non posso presentarmi in Olanda con te dopo quello che è successo tra noi sabato. Il modo in cui me ne sono andata, mollandolo in quel modo, non è giusto, non lo merita e io...io e lui...>>
<<Ho capito, Angel.>> esclama, la voce piatta. <<Anzi, lo sapevo già. È colpa mia, tu non c'entri nulla. Ho fatto tutto da solo, come al solito. Ti chiedo scusa.>> fa un passo indietro, ed io uno verso di lui.
<<Marc ->>
<<Spero di poter ancora accompagnarti lunedì, in ospedale. E...spero di vederti ad Assen. Anche con Joan.>> conclude, deglutendo a fatica.
Mi guarda ancora per qualche istante, come se fosse sul punto di piangere, poi mi supera e si allontana.
Passo l'ennesima notte in bianco, tra il pensiero di Marc e quello di Joan, oltre a tutto il resto.
Penso a quanto entrambi starebbero decisamente meglio se io sparissi dalle loro vite. A quanti problemi abbia causato ad entrambi pur non avendone l'intenzione, a quanto debbano avere seri problemi per volere una come me nella loro vita quanto potrebbero avere qualsiasi altra ragazza con cui sia più facile avere a che fare.
Non voglio affrontare Joan.
Non me la sento, vorrei solo stare sola.
Onestamente non ho neppure intenzione di andare a Barcellona. Dovrei prendere il treno e oggi ho zero voglia di alzarmi dal letto.
Il dolore al collo sta progressivamente diminuendo, ma sono stanca.
Sono sempre stanca, sin da quando apro gli occhi al mattino.
Poco fa mi è arrivata la notifica di un messaggio di Migno, ma penso che gli risponderò quando sarò dell'umore giusto.
Quando suona il campanello dell'appartamento, immagino si tratti di Marc, nonostante non si faccia sentire da ieri sera.
Non riesco a smettere di pensare al suo sguardo prima di andarsene.
Mi dispiace vederlo così, sapere che spera ancora che tra noi tutto possa tornare come prima.
Quando apro la porta però, resto di sale.
<<Joan!>> mormoro, piena di sorpresa di trovarlo lì, sul mio pianerottolo. Lo vedo stringersi nelle spalle, mentre mi rivolge un timido sorriso. <<entra pure.>> aggiungo, facendomi da parte per farlo passare.
<<Sono così felice di rivederti, Angel.>> esordisce, non appena mi chiudo la porta alle spalle.
<<Anch'io.>> soffio, accennando un sorriso. <<Ma non eravamo rimasti d'accordo che ci saremmo visti a Barcellona?>>
<<Ho avuto la netta sensazione che non saresti voluta venire fin lì, quindi, ho deciso di venire io da te.>>
<<Beh...avevi ragione.>> ammetto, e lui si gratta la nuca.
<<Come stai?>>
<<Bene.>> rispondo, subito. <<tu?>>
<<Ora bene.>> dice, in un sussurro. <<mi sei mancata.>> continua, inclinando il capo. Lo osservo. Quel viso così dolce, con quegli occhi grandi e scuri, quel nasino all'insù e le labbra piene. È così carino. Sospiro. Penso sia meglio arrivare al dunque.
<<Senti, Joan ->>
<<No, aspetta Angel, perdonami, ma lascia che ti dica quello che voglio dirti da giorni.>> mi interrompe, portando le mani avanti. <<ho pensato di lasciarti in pace in questi giorni, di non mostrarmi troppo appiccicoso. Volevo lasciarti il tempo di pensare, come ci siamo detti domenica. Ma...ho pensato molto in questi giorni e devo riconoscere che ho esagerato. Mi sono comportato come un bambino, e ti chiedo scusa. Ho solo...paura. Paura di perderti. Perché so bene che tra te e...Marc c'è un legame molto forte. Vederlo girarti sempre intorno però, mi ha fatto letteralmente infuriare e diventare paranoico. E il sapere che lui sarà sempre quello per cui farai il tifo anche quando io il prossimo anno arriverò in MotoGP, ha peggiorato il tutto. So che le corse e la vita sono due cose diverse, ed io ho cercato di capire perché non puoi cancellare tutto per me, ma...ci sono rimasto male, questo sì.
Io ora, ti prometto che non accadrà più. Mi fido di te, davvero, e so che mi diresti sempre la verità, cosa che farò sempre anche io.
Questo per me significa vivere un rapporto maturo.
Se mi vorrai ancora, insomma.
Perché sappi che io non ho smesso di volerti, anzi.
In questi giorni passati lontani l'uno dall'altro, mi sono accorto ancora di più di quanto tu riempia il mio cuore e i miei pensieri.>>
Non so più cosa fare.
Non è possibile.
Deve essere tutto frutto di un sogno, starò sicuramente dormendo, e tra poco finirò per svegliarmi.
Questi due ragazzi non possono volere stare con me.
Non può essere così, perché io, io non so che cosa fare.
Vorrei allontanarmi da entrambi, perché tutta questa confusione non mi fa ragionare come dovrei, e, invece, una piccola parte di me, pensa a quanto ci sono cose di entrambi che apprezzo e che, se fosse possibile, non sarebbe male avere entrambi.
Santo cielo, deve essere uno scherzo. Sono passata dal volere stare alla larga dai sentimenti, dalle relazioni romantiche con l'altro sesso a provare emozioni per due ragazzi.
Vorrei solo fuggire via, ma soprattutto, fuggire via da me stessa.
Non sarei dovuta andare al matrimonio di Nuria e José, lo sapevo, eppure, ho scelto di andarci comunque.
È colpa mia.
Non avrei mai dovuto rivedere Marc.
Andava tutto bene prima.
<<Joan, io...sto benissimo con te, mi fai stare bene. Sei un ragazzo fantastico, dolce, premuroso, per cui ho provato un'istintiva fiducia, cosa assurda per una come me. Io provo qualcosa per te ->> vedo il suo sguardo illuminarsi mentre fa un passo verso di me. <<ma ora, io...sento di dovermi prima schiarire le idee.>>
La delusione si dipinge sul suo viso.
<<Non posso tornare con te in questo momento, ho troppe...cose per la testa, sono troppo confusa. Ho bisogno di tempo.>> Joan annuisce, abbassando il capo.
<<Certo. Hai ragione. Prenditi il tuo tempo, Angel. È giusto.>> replica, cercando di mascherare la delusione.
<<Mi dispiace.>>
Joan scuote la testa, per poi inclinarla mentre mi guarda.
<<Speravo venissi con me ad Assen.>>
<<Anche io avrei voluto venire, ma...non sarebbe giusto.>>
<<Ma invece è giustissimo, davvero. Non vorrai stare nel mio motorhome in questo momento, è ovvio, ma ci sono degli hotel e potrei prenotare una stanza tutta per te.>>
cerca di convincermi, venendo verso di me e prendendomi le mani.
<<Ma sarei tua ospite, saresti tu a pagare la maggior parte delle spese e non è giusto.>> replico.
<<E ora tu non vuoi nulla da me, giusto?>>
<<Non è questo Joan, non è che non voglio niente da te. Non mi fa sentire a mio agio il fatto che tu pagheresti la maggior parte delle spese quando al momento non stiamo insieme. Non è giusto. Mi fa sentire come se stessi approfittando della situazione e di te.>>
Joan annuisce.
<<Posso chiederti una cosa?>>
<<Certo.>>
<<Hai...hai visto Marc in questi giorni?>> lo guardo dritto in faccia.
<<Sì.>> ammetto, secca.
Joan stringe le labbra.
<<E...ed è successo qualcosa tra di voi?>> continua e io cerco di mantenere la calma.
<<Come sai, ti dirò sempre la verità. Quindi...>> sospiro <<lunedì non sono stata bene e ->>
<<Cosa ti è successo?>> mi chiede, preoccupato.
<<Sono svenuta.>> rispondo.
<<E ora stai meglio?>>
<<Sì, un po' meglio.>> accenno un sorriso.
<<Perché non me lo hai detto?>>
<<Non volevo farti preoccupare.>> ci guardiamo per qualche istante, poi riprendo il discorso. <<stavo dicendo...non sono stata bene, e con me c'era Andrew in quel momento. Poi è sopraggiunto Marc, e quando mi ha vista, quando ha visto come stavo...mi ha baciato.>> Joan spalanca gli occhi.
<<Ti ha baciato?>>
<<Sì, ma era una situazione particolare, Joan. Era spaventato, e al tempo stesso sollevato di vedermi. Ma sicuramente, non succederà mai più.>>
Joan continua a fissarmi e pare essere furioso.
Ha tutte le ragioni, perché in fondo era quello che temeva e ciò che è successo conferma i suoi sospetti, ma, tecnicamente, ora ci siamo presi una pausa. E il bacio in questione, è avvenuto in una situazione particolare.
<<Va bene. Io...ora devo tornare a Barcellona. Ho il volo per l'Olanda oggi pomeriggio.>> fa un passo indietro e io gli poso una mano sul braccio.
<<Joan, non ce l'hai con me, vero?>> Joan mi guarda per qualche istante, poi sorride e mi posa un bacio sulla fronte.
<<Mai, Angel. Ci sentiamo, va bene? Posso chiamarti?>>
<<Certo. Vedi di fare una bella gara, domenica.>>
<<Lo farò.>>
Quando se ne va, mi sento improvvisamente più leggera, come se un peso mi avesse abbandonata.
Raggiungo il letto e affondo il viso nel cuscino. Il telefono inizia a suonare e un lamento lascia le mie labbra.
Non voglio parlare con nessuno, fatemi fare l'asociale in pace!
Afferro il telefono, e rispondo.
<<Pronto?>>
<<Che allegria, fiorellino!>>
<<Mig!>> sollevo di scatto la testa dal cuscino.
<<Guarda come è cambiato il tono della tua voce, io già so che mi ami, devi solo capirlo tu.>> sogghigno.
<<Come stai?>>
<<Bene, benissimo, oggi si parte! Tu?>>
<<Insomma...non è un bel periodo.>>
<<Che succede?>>
<<Sono un po' giù fisicamente e io e Joan ci siamo presi una pausa.>>
<<Mi dispiace che tu stia poco bene, Angel. Ma sei seria su te e Joan?>>
<<Serissima.>>
<<Te l'ho detto che gli spagnoli non vanno bene per te, dovresti puntare a quelli di un'altra nazionalità, tipo gli italiani. Oh ma guarda, io sono italiano. Coincidenze? Non credo.>> scoppio a ridere.
<<Oh Mig, sei fantastico!>>
<<Guarda che io sono serio!>> protesta, mentre io continuo a ridere. <<Quindi non verrai ad Assen?>>
<<Purtroppo no.>>
<<Ma non è giusto! Ti invito io. Ne hai bisogno.>>
<<Sei gentilissimo Andrea, ma davvero, non ->>
<<Avanti Angel, non accetto un no come risposta. Però mi devi promettere che passerai a trovarmi al box e se arrivo sul podio devi venire al parco chiuso.>>
<<Sì, ma ormai ->>
<<Non ti devi preoccupare. Devi solo dirmi di sì, dai!>>
Ci penso ancora per qualche istante, poi mi viene in mente come passerò questo weekend se resterò da sola con i miei pensieri.
<<Va bene.>>
<<Grande! Immagino già come rosicherà Miraculous quando vedrà che sei lì per me!>> sogghigna e io sollevo gli occhi al cielo.
<<Sei mai stata ad Assen?>>
<<No.>>
<<Allora devo avvertirti che il clima è un po' pazzo. Secondo le previsioni dovrebbe esserci il sole tutto il weekend, ma non è certo, quindi, porta oltre a degli indumenti estivi, qualcosa di caldo, delle felpe e cose del genere. Ci vediamo questo weekend, mio amore!>> scoppio a ridere per l'ennesima volta e dopo aver riempito di "grazie" Mig, chiudo la chiamata.
Sembra proprio che sarò in circuito questo fine settimana.
Il circuito di Assen, situato nei Paesi Bassi, è uno dei circuiti storici del mondiale. Chiamato "l'università della moto", almeno fino al 2006, anno in cui il circuito è stato largamente modificato, perdendo molte delle sue vecchie caratteristiche.
Raggiungo il circuito venerdì pomeriggio, dopo le ultime prove libere.
Riesco a fare la mia solita passeggiata lungo il circuito solo al tramonto, avvolta nella mia felpa. È una giornata piuttosto fresca nonostante il sole.
Incontro Domizia ad un certo punto, e ci abbracciamo. Quando le dico di me e Joan ci rimane male, ma poi, riprende subito il suo buonumore, facendomi l'occhiolino e dicendomi che riuscirò a schiarirmi le idee e che presto torneremo insieme.
Non ho mai incontrato né Marc né Joan e sono sollevata. Ho bisogno di stare sola e di cercare di pensare alla situazione, anche se in questi giorni è l'ultima cosa che sto facendo.
Domenica la giornata è limpida e tersa e il clima mite mi convince ad indossare una maglietta a vita dalle maniche corte con su scritto, in piccolo, al centro, "Angel". Ho sempre trovato ironica la cosa, un modo per presentarmi senza dover aprire bocca.
Assisto alla gara di Moto3 dal box di Andrea, che chiude in ventiseiesima posizione. Quando ritorna alla sua postazione, la delusione è dipinta sul suo viso.
Per la gara di Moto2 raggiungo l'hospitality. Assisto alla vittoria di Pecco mentre Alex chiude terzo. Gli mando un messaggio oltre che una foto per fargli capire che sono in circuito.
Mi preparo alla gara della MotoGP con la solita agitazione.
Marc partirà dalla pole, e quando lo vedo raggiungere la sua posizione in griglia di partenza, sento una fitta allo stomaco. Sento che mi manca stare lì, al suo fianco, prima che scateni il suo lato da predatore.
Quando partono, non ho idea di quale meravigliosa gara ci aspetta.
Ma mentre ammiro ogni sorpasso, ogni quasi caduta, ogni bagarre con gli occhi spalancati e le emozioni allo spasmo, mi rendo conto che questo è lo sport più bello del mondo.
Nessuno dei presenti riesce a staccare gli occhi dallo schermo, le carte vengono rimescolare ad ogni curva, ad ogni metro. Ho il cuore che sbatte contro le costole a tal punto che temo che stia per uscirmi dal petto.
I miei occhi seguono costantemente la moto arancione con il numero 93, e quando taglia il traguardo per primo, scoppio in lacrime per la gioia.
Una delle gare più belle che io abbia mai visto, se non la più bella.
Ed è stato Marc a vincerla.
È questo lo sport che amo. Sono queste le gare che mi fanno ricordare perché per me questo sport è al di sopra di tutti gli altri.
Questi ragazzi, sono strepitosi.
Quello che ci hanno regalato oggi resterà nella storia.
E il fatto che sia stato Marc a vincere questa gara per me è la ciliegina sulla torta.
Lo osservo, sul gradino più alto del podio, mentre la marcia reale risuona nel circuito, e i suoi soliti tre saltelli finali, mi rincuorano.
Sono esausta, come se avessi corso anche io insieme a loro, ma sono felice per avere assistito ad un simile spettacolo. Mi sento fortunata, nonostante tutto il resto.
Dopo una mezz'oretta decido di pranzare, poi, esco dall'hospitality e inizio a gironzolare per il paddock strapieno di gente.
Quasi due ore dopo la fine della gara, raggiungo il box di Marc, o meglio, mi fermo poco distante, dato che non posso entrare.
Quando lo vedo uscire, così felice, zuppo dalla testa ai piedi di champagne, sorrido istintivamente. È così bello vederlo felice in questo modo. I suoi occhi si posano su di me, ferma a debita distanza dai camion, e il suo sorriso si allarga ancora di più mentre mi viene incontro, felice come non mai.
<<Angel, sapevo che eri qui! Alex mi ha fatto vedere il messaggio che gli hai mandato. Con te qui con me ora, è tutto perfetto!>> esclama, prendendomi per mano e portandomi vicino a lui, tra lo spazio lasciato libero dai due camion della Honda. Cerco di controllare la mia paura, ma tra le braccia di Marc è tutto più facile.
Mi stringe forte, e l'odore di champagne mi si appiccica addosso. Passo le dita tra i suoi capelli bagnati mentre lo stringo, gli occhi chiusi per assaporare ancora di più questo momento.
<<Non hai idea di quanto io sia felice, Angel, non ne hai idea! Volevo così tanto che tu fossi qui, e ci sei!>>
<<Sono venuta con Mig. Lo devo ringraziare: questo weekend è stato magico, questa gara è stata magica, tu sei stato magico, un dio, Marc non ho mai visto niente al mondo di più bello di te.>>
Il modo in cui Marc mi guarda si imprime dietro le mie palpebre, il suo sorriso esprime la più pura gioia e felicità. Mi stringe nuovamente a sé e avvicina le labbra al mio orecchio.
<<L'ho voluta ancora di più del solito, Angel. Te l'ho detto, volevo vincere davanti a te, volevo vincere una gara spettacolare, strepitosa, da brividi. Volevo vincere e avere i tuoi occhi solo per me, per poterti dire che è tutta per te, questa gara. La dedico a te e solo a te, è tua.>>
I brividi mi scuotono letteralmente da capo a piedi, sento le lacrime scorrere lungo le mie guance.
Non mi sono mai sentita così prima. Dedicarmi una gara del genere.
È pazzo, non c'è altra spiegazione.
<<Solo para ti.>>
Ripete, asciugandomi le lacrime e posandomi un bacio sulla fronte.
E mi chiedo d'improvviso se io stia sognando o se questa sia effettivamente la realtà.
[Spazio Autrice]
Vi chiedo umilmente perdono!
Vi ho fatto attendere un'eternità per questo capitolo ma nell'ultimo mese per me è stato estremamente difficile scrivere. Non sto molto bene, persino scrivere mi sta diventando di peso. Mentalmente sono a pezzi, quindi vi chiedo scusa per questo capitolo che probabilmente non sarà il massimo, nonostante mi sia sforzata moltissimo per ogni più piccola frase.
Ora, smetto di parlare di me e torno a concentrarmi su quei due (tre in realtà, ma dettagli).
Vorrei che mi faceste sapere tutti i vostri pensieri, le vostre sensazioni, scleri, e così via.
Mi siete mancate e potete dirmi letteralmente qualsiasi cosa vi passi per la testa.
Spero che in fin dei conti il capitolo vi sia piaciuto.
Vi voglio bene, alla prossima ❤
(Non ho riletto il capitolo quindi vi chiedo scusa per eventuali errori)
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