Need you tonight
[Oh, let's go back to the start
Running in circles, coming up tails
Heads on a science apart
Nobody said it was easy
It's such a shame for us to part
Nobody said it was easy
No one ever said it would be this hard
Oh take me back to the start]
[Angel]
Non mi piace l'attesa che precede un volo.
Non mi piace stare in quella sconfinata sala d'attesa ad attendere di volare su uno di quegli enormi affari che chiamano aerei.
Odio non avere i piedi ben piantati sul terreno.
Volare al di sopra delle nuvole o salire su una barca o cose simili quindi, mi provoca un'agitazione non indifferente.
Certo, ora che il volo è terminato dovrei sentirmi più leggera, quella morsa allo stomaco dovrebbe abbandonarmi, invece è ancora lì, perché so che dopodomani, se tutto va bene, dovrò prendere un altro aereo per andare a Maiorca.
Mi guardo intorno, scrutando la sala d'attesa dell'aeroporto di Barcellona. Quanti ricordi, legati a questo posto.
Il mio arrivo in Spagna, il mio attendere l'arrivo di Marc dopo lo sciagurato tour in Asia nel 2011, il mio accompagnarlo all'aeroporto per lo stesso tour l'anno seguente, piena di paura che potesse capitargli nuovamente qualcosa.
Come faccio a dimenticarlo se è in ogni mio ricordo?
Non ho idea di cosa mi stia succedendo da domenica.
Mi sembra di essere sull'orlo della pazzia.
<<Angel, guarda che puoi andare, se vuoi. Non devi aspettare con me.>> la voce di Joan mi riporta alla realtà. Tra pochi minuti dovrebbero chiamare il suo volo per Palma di Maiorca, mentre io, per tornare a Cervera, dovrò prendere il treno, poco distante da qui.
<<Assolutamente no, voglio stare con te fino all'ultimo minuto.>> replico, morbida, circondandogli la vita con le braccia. Joan sorride, portandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
<<Ti aspetterò impaziente.>> sussurra, chinandosi verso di me.
<<E io non vedo l'ora di raggiungerti.>> mi osserva ancora per qualche istante, poi abbassa lo sguardo, mordendosi il labbro inferiore.
<<Joan, cosa c'è?>> gli chiedo, notando il suo cambiamento d'umore.
<<È che...saperti a Cervera, per l'ennesima volta...sapendo che anche lui è lì...>> capisco subito a cosa sta pensando, e lo comprendo. Non potrei fare a meno di provare e pensare lo stesso a parti invertite.
<<Vuoi venire con me, Joan? Così potrai vedere con i tuoi occhi che sono sincera, accompagnandomi all'ospedale.>> gli propongo, incrociando il suo sguardo, e accennando un sorriso.
Non ho niente da nascondere, anzi.
Joan mi osserva per qualche istante, poi sospira, scuotendo il capo.
<<Sono un idiota Angel, perdonami. Non volevo che pensassi che non mi fido di te. Mi fido, eccome, anzi. Io e Dakota ti aspetteremo a casa, ho notato che si è molto affezionata a te.>> conclude, con un sorriso.
<<È impossibile non affezionarsi alla sottoscritta.>> replico, ironica, inarcando un sopracciglio. Una voce agli altoparlanti chiama il volo di Joan, e ci alziamo in sincrono.
<<Mi mancherai, scricciolo. Torna presto.>> mormora, sulle mie labbra.
<<Mi mancherai anche tu, Joan.>> gli lascio un bacio leggero, poi ci separiamo. Ho chiesto ad Andrew un passaggio, perché non me la sentivo di raggiungere la stazione da sola, con tutta quella confusione. Esco dall'aeroporto, e i miei occhi lo individuano subito. I suoi capelli dorati, legati in un codino alto, brillano sotto questo sole catalano di inizio giugno. La sua figura elegante e slanciata lo fa distinguere da tutti gli altri. Indossa una camicia azzurro chiaro, e dei pantaloni neri. Con quegli abiti indosso, non sembra minimamente l'artista dedito al rock che è in realtà, ma il rampollo di una nobile famiglia catalana. Mi dirigo a passo sicuro verso di lui, che continua a tenere lo sguardo fisso sul suo cellulare.
<<Aspetta qualcuno?>> esordisco, fermandomi davanti a lui, che solleva il capo di scatto.
<<Bellezza!>> esclama, mentre un ampio sorriso si apre sulle sue labbra.
<<Tu sei cieco.>> replico subito, mentre mi abbraccia.
<<Oh, smettila, avanti!>> sbuffa, afferrando la mia valigia. Perché hanno tutti questo vizio di prendere le mie valigie senza che nessuno glielo abbia chiesto? Lo osservo mentre la carica nel portabagagli, per poi salire in auto.
<<Allora, com'è andato il viaggio?>> mi chiede, non appena mi raggiunge, sedendosi accanto a me.
<<L'ho affrontato con l'ansia, come al solito.>>
<<E i tre giorni a Venezia?>>
<<Benissimo, sono stata davvero nolto bene. Ne avevo bisogno.>> Andrew annuisce, mentre posa una mano sulla mia, poi, mette in moto e parte.
<<L'ecografia è per domani?>> chiede, e questa volta il tono della sua voce è più serio. Mi limito ad annuire e sento il cuore riprendere a battere come un tamburo nel mio petto per l'agitazione.
<<Sei davvero sicura di voler andare da sola? Io posso accompagnarti, lo sai...>>
<<Davvero, Andrew, grazie. Sono pronta. No, scherzo, non lo sono. Ma...ora voglio affrontare questa cosa da sola. Magari non è nulla, e comunque non ho voglia di parlarne con nessuno. So che sarà un po' difficile per me, perché è la prima volta che faccio una visita, un'ecografia, da sola. Mamma veniva sempre con me, anche dalla mia dottoressa, facevamo tutto assieme. Ma ora, sento di voler provare ad affrontare le cose da sola, tocca farlo prima o poi.>>
<<Comprendo il voler iniziare a crearti un tuo spazio, da tua madre, intendo. Prima o poi lo proviamo tutti. Ma...andare lì, completamente sola...>> il tono affranto di Andrew mi fa stringere il cuore <<permettimi di accompagnarti, Angel.>> continua, senza staccare lo sguardo dalla strada.
<<Andrew, non voglio che tu faccia cento chilometri all'andata e cento chilometri al ritorno solo per me. Tra l'altro, cento chilometri solo tra Barcellona e Cervera, perché Lleida è distante altri sessanta chilometri. Non preoccuparti, davvero. Tra l'altro, ho già trovato qualcuno che mi porterà a Lleida.>>
<<Chi?>>
<<Rafi, te la ricordi?>> Andrew sorride, annuendo.
<<Ma certo, è stata lei a presentarci!>>
<<Quando le ho chiesto se le dava fastidio aspettarmi fuori dall'ospedale durante la mia visita ha detto che non c'era problema, perché lì vicino c'è un piccolo bar dove la potrò raggiungere una volta finito. Meglio così.>>
<<Beh, allora mi sento un po' più leggero nel sapere che almeno durante il tragitto ci sarà qualcuno con te. Ma promettimi che mi chiamerai una volta finito.>> mi porto una mano sul cuore.
<<Prometto.>> Andrew mi lancia un'occhiata e annuisce appena. <<Ora però parliamo di altro.>>
<<Tipo? Di quanto sono bello?>> ne approfitta subito lui, mostrandomi un sorrisetto sornione.
<<Quello già lo sai, non è una scoperta.>> replico, liquidandolo con un gesto della mano. <<Citando il boss Bruce Springsteen in quella che è una delle mie canzoni preferite, ho voglia di cambiare i miei vestiti, i miei capelli e la mia faccia.>> concludo, voltandomi verso di lui, per andare ad appoggiarmi contro la portiera dell'auto.
<<Qualcosa di semplice insomma.>> commenta lui, inarcando un sopracciglio. <<Complimenti comunque, hai scelto la canzone dove il boss urla tutta la sua depressione su un ritmo a cui è impossibile resistere.>> nota, lanciandomi un'occhiata di traverso.
<<Vuoi mettere ballare con tutto il fiato che hai in corpo mentre urli quanto vorresti morire? Non è da tutti, e nessuno ci fa caso. Sono tutti troppo impegnati a ballare.>>
<<Io ci farei caso.>> replica, guardandomi, e accenno un sorriso, ma persino io mi rendo conto che ciò che si è dipinto sulle mie labbra è più simile ad una smorfia piena di tristezza.
<<Comunque, sono seria. Faccio sempre più fatica a guardarmi allo specchio, soprattutto dopo aver visto certe ragazze che ci sono in giro. Vorrei mettermi un sacchetto sulla testa e non farmi vedere da nessuno. Anche se in realtà detesto anche il mio corpo, ma diciamo che fa troppo caldo per quello.>> noto, aprendo il finestrino.
<<Ma se sei bellissima!>> commenta Andrew, ridendo.
<<Più continuate a dirmelo e più credo che mi stiate prendendo in giro. Come se non mi vedessi allo specchio.>>
<<Hai mai pensato che la tua miopia possa essere peggiorata? I segnali ci sono tutti.>>
<<Oh, Andrew!>> lo riprendo, e lui scoppia a ridere. <<Una cosa che devo fare al più presto>> annuncio, con enfasi, e lui mi lancia uno sguardo interessato. <<Il naso. Devo sistemarlo al più presto perché mi rovina il profilo, e non dire che non è così, perché è evidente! Sai quante volte ci ho sbattuto da piccola? Me lo sono rovinata e devo sistemarlo. Mi mancano solo i soldi.>>
<<Dettaglio trascurabile.>> si limita a dire Andrew, ironico, e io lo guardo male.
<<Non importa, quando li troverò dovrò rimediare, perché davvero, Andrew, non scherzo...non mi piace. È una delle cose che più odio di me e mi fanno soffrire. Facci caso. Non mi urta più indossare scarpe rasoterra o cose simili. Certo, odio il fatto di essere alta un metro e un tappo, ma sono fatta così e non posso farci niente. Vado benissimo anche così, almeno fino a quando non vedo la top model di turno che mi passa davanti. Ma questo...>> e passo la punta dell'indice sul mio naso <<No. Non puoi non aver notato che cerco sempre di non mostrarmi agli altri di profilo, perché non voglio che lo notino, ed è quasi una missione impossibile. Non posso e non riesco ad accettarlo, è oggettivamente brutto.>> sospiro.
È triste non amare il proprio corpo, non sentirsi bene nella propria pelle, odiare parti di sé, sentirsi a disagio, insicuri a causa di esse. È devastante.
Nell'ultima settimana i miei pensieri in merito al mio corpo sono diventati ancora più cupi. Vedere splendide ragazze, in particolare una, e fare il paragone con la sottoscritta, anche se non avrei dovuto farlo, perché era un qualcosa che non andava fatto, mi aveva fatto sentire uno schifo, un piccolo mostriciattolo che evidentemente non aveva meritato di essere di una bellezza così esplosiva, di essere alta e formosa come loro.
Sento Andrew prendermi una mano e mi risveglio dai miei tristi pensieri.
<<Mi dispiace che ti senta così. Allora è diverso, ti capisco. Svaligeremo una banca, non c'è problema.>> non riesco a trattenere un sorriso e gli stringo la mano. <<Finito, dunque?>>
<<Oh, certo che no.>>
<<Lo immaginavo, infatti stavo aspettando il seguito.>>
<<Vorrei mezza taglia in più di seno. Lo scorso mese, per la prima volta, mi si è gonfiato un po' per il preciclo, e mi vedevo perfetta. Forse perché notavo qualcosa, invece della solita pianura Padana che mi ritrovo.>> sbuffo, e Andrew inclina la testa di lato.
Il nostro rapporto è qualcosa di incredibile. Mi sento completamente a mio agio con lui, esattamente come mi sentivo con Marc durante la nostra amicizia. Sono senza filtri, e sento che non mi giudicherà mai.
<<Penso che sia inutile dirti che secondo me sei assolutamente perfetta così come sei per quanto riguarda il tuo fisico, perché è armonioso e proporzionato in ogni suo aspetto. Devi essere tu a piacerti, gli altri non contano. Però mi fa piacere sentire che non vorresti farti una settima, ma guadagnare solo mezza taglia in più.>> sogghigna lui, e io lo guardo male.
<<Guarda che so anche essere equilibrata, nel mio piccolo. Ma dato che è impossibile guadagnare mezza taglia resterò così per sempre e...>> scuoto la testa, incapace di concludere la frase.
Continuerò a sentirmi inadeguata, brutta, poco femminile e troppo bambina. A pensare che gli altri mi mentano, che mi dicano di trovarmi bella per non ferirmi, e a pensare di vedere la delusione nei loro occhi.
Solo che negli occhi di Marc non ho mai visto delusione.
Ho solo visto il desiderio, la passione, il fuoco, la tenerezza.
Ma...perchè diavolo sto pensando a lui?
Appartiene al passato, non è mai esistito.
Ora c'è Joan, ci sono i suoi occhi.
I suoi occhi che mi guardano ogni volta come se fossi qualcosa di bello, pieni d'amore.
Mi fa sentire amata.
Il problema è che sono io a non amare questo corpo, e probabilmente non ci riuscirò mai.
<<Angel?>> mi richiama Andrew, lanciandomi un'occhiata <<ti sei bloccata?>>
<<Sì, scusa...è che...vorrei essere di una bellezza esplosiva, o almeno sentirmici. Vorrei essere mozzafiato, e non...scatenare solo tenerezza, negli altri. Invece, sono sempre stata Angel, la ragazzina a cui tutti danno quattordici anni, di cui l'ultima ieri.>> ricordo, scuotendo il capo.
<<Oddio, all'evento ad agosto hai scatenato tutto, tranne tenerezza nei presenti.>> replica Andrew, sogghignando, ed io sento di essere sul punto di arrossire. <<Ma credimi, non hai neppure idea del potere che hai.>> mi volto a guardarlo, confusa.
<<Scusami?>>
<<Scatenare tenerezza negli altri, Angel, è un potere molto grande. Non ti rendi conto che puoi far fare loro quello che vuoi? Ti guardano e pensano di trovarsi davanti una creatura celestiale, squisitamente dolce, ed ecco che riesci ad abbattere le loro difese. Scateni negli altri l'istinto di proteggerti, il fatto è che però, tu non sei squisitamente dolce e malleabile come si potrebbe erroneamente pensare, semmai il contrario. Certo, sai anche essere dolce, con le persone che ami, ma non è questo il punto. Riesci a farti obbedire e neppure te ne accorgi. Guardati. Con quegli occhi che paiono due stelle, faresti capitolare chiunque.>> nota, prendendomi il mento con due dita e sollevandomelo appena verso di lui, approfittando della lunga fila al semaforo.
<<Io non so se preferirei avere una "bellezza esplosiva" o "il fascino sottile della tenerezza" che corrode i ponti. Di persone che hanno la prima opzione ce ne sono molte, di quelle che hanno la seconda, molto meno. Ti insinui nei cuori e nelle menti, non è quello che vorremmo tutti? In più, ripeto, tu sei un capolavoro, Angel, sei bellissima, e unica a modo tuo. Coltiva il tuo essere unica. Potresti fare grandi cose.>>
Sorrido, commossa. Non so se Andrew abbia semplicemente detto tutto questo solo per risollevarmi il morale, ma sento il cuore stringersi in una morsa nel mio petto, e mi sporgo verso di lui, per andare a posare un bacio sulla sua guancia.
<<Ti ho già detto che ti voglio bene?>>
<<Penso di no, ma era solo questione di tempo. È impossibile non volermi bene.>> replica, inarcando un sopracciglio.
<<E per concludere, vorrei ricordarti il giorno in cui siamo andati al matrimonio di quei tuoi amici, a Cervera. Sorvoliamo sul fatto che ci guardavano tutti, e questo qualcosa vorrà dire, ragazza, ma penso che non riuscirò mai a dimenticare il modo in cui ti guardava quel tizio.>>
<<Quale tizio?>>
<<Quello non troppo alto, amico dello sposo, che pensavo di dover picchiare!>>
Un brivido mi scorre lungo la schiena.
<<Oh.>>
<<Ecco, quello ti guardava come se non avesse mai visto una creatura più bella al mondo. Ti guardava come un assetato in mezzo al deserto osserva un'oasi, con gli occhi in fiamme. Ti scrutava così avidamente che ho sentito di dover scostare lo sguardo, perché mi sentivo come se l'avessi beccato in un momento di intimità.>>
Sento il cuore sbattere contro le costole, mentre Andrew continua a parlare di Marc e del modo in cui mi guardava. Il problema è che il suo sguardo è rimasto scolpito nella mia mente e mi risulta impossibile dimenticarlo. Ricordo come mi sentivo e come continuo a sentirmi sotto il suo sguardo, nonostamte cerchi di combattere contro quelle emozioni che ora sono più che sbagliate. E ciò che è peggio e che sembra che ora io avverta nuovamente il bisogno di sentire quello sguardo su di me.
<<È quel Marc, vero? Il tuo migliore amico?>>
<<Lo era, sì.>> soffio, in un sussurro, annuendo appena <<Ma ora non ci sentiamo più.>>
<<Mi dispiace.>> lo sento dire, e io mi limito ad alzare le spalle.
<<Prima o poi doveva capitare.>>
Sento lo sguardo di Andrew su di me, mentre vedo il profilo della stazione apparire all'orizzonte.
<<E Joan>> riprende, all'improvviso <<anche lui ti guarda come un qualcosa di unico e speciale, perché è quello che sei.>> accenno un sorriso, mentre abbasso lo sguardo.
Si ferma davanti alla stazione, e si slaccia la cintura.
<<Non occorre che mi accompagni, Andrew.>>
<<Oh sì invece, ti porto il trolley.>>
Mentre entriamo, cerco di non pensare alle ultime parole di Andrew su Marc. Pensavo che dopo mesi lontani, sarebbe stato più facile. Pensavo che lo avrei dimenticato definitivamente. Invece, più passano i giorni, le settimane, più mi manca, più sento il bisogno di rivederlo e stare con lui. Ci sediamo, in attesa del treno che mi porterà a Cervera, e sento le lacrime pungermi agli angoli degli occhi. Non so cosa fare di più per distruggere questi sentimenti che continuo a provare, nonostante io odi provarli. Mi sento indifesa e fragile.
<<I tuoi nonni? Come stanno?>> ringrazio mentalmente Andrew per avermi richiamato all'attenzione. Più penso a lui e a quello che provo e più mi sento in trappola. Non devo pensarci. Non posso pensarci.
<<Bene. Ma ormai li vedo così poco...sto trascorrendo sempre meno tempo a casa, e Duchessa sta iniziando ad odiarmi. Sente che sto passando più tempo con Dakota, il cane di Joan, che con lei, e giustamente, è furiosa.>>
<<Come darle torto, in effetti.>> sogghigna Andrew, e io scuoto la testa.
<<In più>> mi blocco, perché le parole mi restano incastrate in gola. È questo ciò a cui devo pensare. La situazione in cui mi trovo. Non a stupidi e inutili sentimenti. <<l'ho visto di nuovo.>> Andrew si volta a guardarmi.
<<Intendi...>> annuisco subito, tornando a guardare davanti a me, scrutando l'orizzonte, le nuvole candide che costellano il cielo come ciuffi di panna montata.
<<Angel, io penso che tua nonna abbia ragione, dovresti tornare definitivamente in Spagna. È chiaro che stia cercando te e non vedo perché devi continuare a restare lì, quando hai la possibilità di andartene.>>
<<Perché non tocca a me andarmene, non è giusto!>> esclamo, mentre sento la disperazione farsi largo dentro di me.
<<Lo so Angel, hai ragione. Ma purtroppo, devi agire, anche se non è giusto vivere in questo modo. Io penso che dovresti andartene, perché temo che, col tempo, non si limiterà più solo a infastidirti con la sua presenza da lontano, ma cercherà di avere un contatto con te.>>
Sentire qualcun altro dare voce alla mia paura mi fa impallidire. È quello che temevo, quello che pensavo, perché è evidente. Ma è ingiusto che sia io a dovermi allontanare. È ingiusto che sia io a dover prendere provvedimenti. Non tocca a me. O almeno, non dovrebbe toccare a me.
<<Non voglio lasciare nuovamente i miei nonni lì, da soli. E io non voglio tornare a Cervera.>>
Una voce dagli altoparlanti annuncia l'arrivo del mio treno, e mi alzo, afferrando il mio trolley.
<<Una soluzione ci sarebbe, Angel. Ma forse, non riesci ancora a vederla.>> replica Andrew, alzandosi anche lui. Mi volto a guardarlo, confusa, mentre lui si china a posarmi un bacio sulla guancia.
<<Chiamami quando arrivi, mi raccomando. E stai tranquilla.>> annuisco, e salgo sul treno. Vedo Andrew restare lì, in piedi, fino a che il treno non parte, e lui sparisce dal mio campo visivo.
Sono tranquilla.
Andrà tutto bene.
~·~
Da quando ho dormito per la prima volta, dopo mesi, nella mia stanza, a Cervera, ossia in occasione del matrimonio di José e Nuria, mia madre ha iniziato nuovamente a riempire la mia stanza, come se fossi tornata a vivere qui. Sulle pareti aveva appeso dei poster e dei quadri che aveva acquistato negli ultimi mesi e che pensava potessero piacermi, dato che gli altri li avevo portati con me in Italia. Sul letto, ora, troneggia il poster di Daenerys che Marc mi aveva regalato nel 2014.
So che Marc non ha voluto niente indietro dei regali che mi ha fatto durante gli anni della nostra amicizia, neppure il poster di Daenerys, che mia madre ha pensato bene di riappendere nella mia stanza.
Dopo essermi fatta una doccia veloce torno in camera mia e mi fermo davanti allo scomparto sinistro dell'armadio, che non sono ancora riuscita ad aprire da quando sono tornata a dormire nella mia stanza. Prendo un profondo respiro e apro le ante. Tutte le cose che ho restituito a Marc sono ancora lì. I miei occhi vengono subito attratti dalla felpa di Sherlock e dalla maglia di Dybala con la sua dedica. Poso una mano sulla stoffa di quest'ultima, e la stringo tra le dita.
Ricordo ancora il momento in cui ho alzato gli occhi pieni di incredulità verso di lui, quando me la sono ritrovata tra le mani, il suo meraviglioso sorriso dipinto sulle labbra, in risposta alla mia reazione.
Noto poi, accanto alla felpa, due biglietti.
I biglietti per il Sudafrica.
Sento una lacrima scorrermi lungo la guancia.
Andare in Sudafrica con lui...
Era sempre stato uno dei miei sogni andare in quei luoghi con lui, anche se non lo avevo mai ammesso neppure a me stessa.
Io e lui, insieme, da soli, nell'emisfero opposto...
Chiudo l'armadio, e vi appoggio contro la schiena, mentre un'altra lacrima mi riga la guancia.
Cosa darei per tornare indietro nel tempo e rivivere quello che abbiamo vissuto in quel mese e mezzo insieme. Anche se è stato tutto solo un illusione, è stato meraviglioso.
Dio, ma perché continuo a fare questi pensieri?
Ora ho accanto a me un ragazzo incantevole che mi ama veramente e che ogni ragazza vorrebbe avere al proprio fianco, e io mi ritrovo a pensare a quanto, ad una parte di me, manchi svegliarsi accanto a Marc la mattina, al dormire tra le sue braccia la notte, al posare le mie labbra sulle sue, allo stare semplicemente con lui.
Mi sembra di impazzire.
Dopo cena, il suono del citofono riempie l'appartamento, e io corro ad aprire il portone a Rafi. Questo pomeriggio, mi ha chiesto se poteva raggiungermi a casa, perché voleva assolutamente farmi vedere un film. Mentre mia madre raggiunge mia zia al piano di sopra, io chiudo le serrande, per poi andare ad aprire la porta.
<<Pequenita!>> esclama, abbracciandomi.
Sento il cuore accartocciarsi nel mio petto quando la sento chiamarmi in quel modo. Mi ricorda Marc, anche se ormai ogni cosa me lo ricorda.
<<Sono contenta che sei qui.>> dico, mentre mi chiudo la porta alle spalle.
<<Anche io sono contenta di essere qui e soprattutto, che tu sei qui, anche se solo per pochi giorni. È come illudersi che ogni tassello sia tornato al proprio posto.>> replica, inclinando appena il capo. La osservo, non sapendo cosa dire, e lei china il capo, verso la borsa a tracolla ancora appesa alla sua spalla.
<<Oh sì, ho portato il pc, per vedere il film!>> e tira fuori il computer portatile, sorridendo. <<scommetto che ti piacerà! Io personalmente lo adoro.>>
<<Di che film si tratta?>> le chiedo, mentre vado a sedermi sul divano e lei mi raggiunge.
<<Orgoglio e Pregiudizio.>> annuncia, con tono solenne <<qualche settimana fa ho visto una tua storia su instagram dove dicevi che avevi appena finito di leggerlo, e dato che so che non ti piace vedere i film tratti dai libri prima di aver letto quest'ultimi, ho pensato che, ora che lo hai letto, avessi voglia di vedere il film migliore tratto dal romanzo!>>
<<È una bellissima idea! Certo che voglio vederlo. Il libro mi è piaciuto, mi è servito molto per distrarmi un po'.>>
<<Allora sono sicura che ti innamorerai di questo film.>> inarca le sopracciglia e sorride, con l'aria di chi la sa lunga.
Dopo aver cliccato su play, il film inizia.
Passo le seguenti due ore con gli occhi incollati allo schermo, senza riuscire a staccarli neppure per un secondo.
Io e Rafi non ci scambiamo neppure una parola, le uniche voci che riempiono il salotto sono quelle degli attori.
E, come una stupida, mi ritrovo a piangere, a causa di una delle melodie più belle che abbia mai sentito in vita mia.
Quando il film si conclude, sento il cuore in pezzi.
<<Non può essere finito...>> farfuglio, a bassa voce, mentre vedo i titoli di coda scorrere sullo schermo.
<<Purtroppo è finito, invece.>> sospira Rafi, facendo per chiudere il pc, ma io la blocco.
<<Guardiamolo da capo, ti prego!>> la imploro, e lei sogghigna.
<<Non mi dire...ti è piaciuto?>>
<<La colonna sonora, quella melodia da brividi con l'unione perfetta del pianoforte e dei violini, non riesco più a togliermela dalla testa. Penso di essermi perdutamente innamorata.>> ammetto, e Rafi sorride, inarcando un sopracciglio.
<<Penso che questa sarà la prima e unica volta che ti sentirò dire queste parole.>>
<<Lo penso anch'io.>> confermo, annuendo <<ma è tutto così...così magico, e meraviglioso. Le musiche, la fotografia, i dialoghi, gli attori, è tutto perfetto, mi sento drogata. Ora non riuscirò a pensare ad altro che a questo film ed è colpa tua.>> Rafi scoppia a ridere, scuotendo la testa.
<<Ti capisco benissimo, ma non dirmi che non ho fatto bene.>>
<<Hai fatto benissimo, altroché! Mi hai fatto innamorare dell'ennesimo personaggio immaginario, come se non avessi già una lunga lista...>>
<<Mr. Darcy?>>
<<Esatto. Dio, un uomo così non esiste. Un uomo che dopo essere stato rifiutato riflette su dove ha sbagliato, ti rispetta lo stesso e anzi cerca di dimostrare il suo miglioramento, cerca di migliorarsi per diventare una versione migliore di se stesso. Impossibile, non esiste. Ed è per questo che amo leggere questi romanzi ma non mi illudo, so che non è la realtà. Se gli uomini fossero stati scritti dalle donne allora sarebbe stato possibile.>>
<<Amo le tue analisi, Angel. Sei sempre così impeccabile.>> replica Rafi, poggiando la testa contro il pugno chiuso della mano.
<<Dico sempre quello che penso, non posso farci niente. Comunque, ti ringrazio per avermi fatto scoprire questo film. Si piazza di diritto tra i miei film preferiti e, non credevo che lo avrei mai detto, ma quasi lo preferisco al libro. Mi è entrato nel cuore e nella testa e il libro, nonostante mi sia piaciuto tanto, non ci è riuscito.>>
Rafi si tira su, la bocca spalancata.
<<Non ci credo!>>
<<Neppure io, ma è così!>> sogghigno.
Restiamo a parlare ancora un po', poi Rafi decide che è ora di tornare a casa.
<<A che ora devo passarti a prendere domani?>>
<<Verso le quattro andrà benissimo, grazie Rafi.>>
<<E di cosa? Allora a domani, tesoro, buonanotte.>>
<<Buonanotte Rafi, stai attenta e scrivimi quando arrivi a casa!>>
<<Lo farò!>> replica, mentre scende le scale e solleva la mano a mo' di saluto. Chiudo la porta e resto ad ascoltare il silenzio assordante che mi circonda.
So cosa potrebbero pensare gli altri per il fatto che, nonostante io abbia ancora una macchina dato che Marc non l'ha rivoluta indietro, io mi faccia accompagnare a destra e a manca per quella che è soprattutto una questione di principio. Ma ora si aggiunge il fatto che non ho aggiornato l'assicurazione, e sarebbe stupido aggiornarla per pochi giorni.
Dopo aver spento le luci, mi infilo a letto. Resto a fissare il soffitto, mentre quella melodia paradisiaca continua a riempire le mie orecchie.
Mi sollevo di scatto e recupero il telefono posato sul comodino accanto a me.
"Dobbiamo iniziare al più presto le lezioni di piano."
Osservo il messaggio che ho appena mandato ad Andrew, poi, dopo diversi minuti, arriva la sua risposta.
Andrew >> "Così, di botto alle 00:25? Possiamo iniziare quando vuoi, ragazza. Ti voglio bene. Buonanotte."
Sorrido, e mi stendo nuovamente sul letto. Ma il pensiero dell'ecografia a cui dovrò sottopormi domani pomeriggio torna prepotentemente nella mia testa e sento un nodo in gola, serrarsi sempre di più.
Devo stare tranquilla perché non sarà niente.
Andrà tutto bene.
~·~
Il giorno dopo passo la mattinata con mia madre, per Cervera. Andiamo al parco pubblico e restiamo lì per un po'. Mi siedo sull'erba e sollevo il viso verso l'alto, verso i raggi del sole che filtrano tra le fronde degli alberi. Ascolto il canto degli uccellini, l'abbaiare dei cani in lontananza, le voci dei bambini che giocano. Cerco di calmarmi, di tranquillizzarmi, di sentirmi più leggera, di non pensare a niente, ma è un qualcosa di impossibile per me. La mia mente non si ferma mai.
Dopo pranzo, mia madre inizia il turno al bar e la mia agitazione inizia a crescere. Nonostante la musica, che ho messo ad alto volume nella mia stanza, non riesco a riprendere il controllo delle mie emozioni. Affondo il viso tra le ginocchia, dopo essermele portate al petto, e inspiro ed espiro profondamente. Poi, quando manca un quarto d'ora all'arrivo di Rafi, mi vesto e mi pettino i capelli. Avevo pensato in un primo momento di legarli sulla testa dato che forse potrebbero essere d'impiccio durante l'ecografia al collo, ma ci ho ripensato subito. Neppure questo riesce a farmi cambiare idea sul fatto che sto malissimo con i capelli lontani dal viso.
Apro la porta e inizio a scendere le scale, quando il cellulare inizia a suonare nella borsa.
<<Pronto Rafi? Sto scendendo, sono ->>
<<Angel, mi dispiace, ti ho telefonato per avvisarti che non posso venire, ho avuto un contrattempo, ma ho mandato un valido sostituto.>> la sento dire, mentre io esco dal palazzo e i miei occhi scorgono subito la carrozzeria bianca di un auto, parcheggiata proprio davanti al portone.
Una Honda, per la precisione.
<<Rafi, no.>> sibilo, a denti stretti.
<<È già arrivato? Che velocità. Era l'unico disponibile, mi dispiace Angel. Ti voglio bene!>> Rafi chiude la chiamata prima che io possa ribattere.
Quando i miei occhi incrociano quelli di Marc sento il mio cuore mancare un battito. Non ci vediamo da domenica sera, dopo il mio attacco di panico, ma in realtà non ho smesso di pensare a lui neppure per un istante, per quanto volessi.
<<Io...Rafi mi ha detto che si trattava di qualcosa di importante, altrimenti non sarei venuto, te lo assicuro.>> esordisce, le mani infilate nelle tasche dei jeans scuri, lo sguardo rivolto verso il marciapiede.
Sentire la sua voce mi fa venire la pelle d'oca.
<<Sicuramente. Non importa, va bene. Devo andare a Lleida, in ospedale, devo fare una visita.>> spiego, senza guardarlo, passandogli accanto.
<<Una visita?>>
<<Sì, una visita dermatologica di controllo.>> continuo, incrociando le braccia sotto il seno e fissando la punta dei miei sandali.
<<D'accordo, allora...andiamo.>>
Saliamo in macchina e mette in moto. Il fatto di dover restare in macchina con lui per quasi tre quarti d'ora mi fa venire i brividi. Nell'ultima settimana non ha fatto altro che stare nella mia mente, quel suo sguardo così sofferente mi ha fatto letteralmente impazzire e l'unica soluzione che ero riuscita a trovare in quei giorni era cercare di vederlo il meno possibile.
Ma, a quanto pare, sembra essere impossibile. Se io cerco di evitarlo, le persone che mi circondano fanno in modo di farmelo trovare davanti.
È una dannata congiura.
<<Non sapevo che eri a Cervera.>> lo sento dire, dopo diversi minuti di silenzio.
<<Sono venuta solo per la visita.>> mi limito a dire, senza staccare lo sguardo dai campi di grano che scorrono oltre il finestrino.
<<Quindi...domani partirai?>> continua e mi accorgo che la sua voce è come una carezza per la mia anima.
<<Sì.>> confermo, portandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
Il silenzio scende nuovamente nell'abitacolo e mentre ci allontaniamo sempre di più da Cervera, capisco che non posso restare a guardare fuori dal finestrino per tutto quel tempo o finirò per restare bloccata con il collo.
Mi volto lentamente, e con la coda dell'occhio, la figura di Marc appare nel mio campo visivo.
Come può essere più bello ogni volta che lo vedo?
Sento che, se potessi, finirei per sospirare, invece mi limito a mordermi il labbro inferiore. I miei occhi scorrono sulle sue braccia dorate, sulle sue mani, così virili e sexy, per poi arrivare al suo viso, così fanciullesco ma al tempo stesso dai tratti decisi. Vedo il suo pomo d'Adamo fare su e giù, i suoi denti tormentare il labbro inferiore, le sopracciglia incurvate verso il basso. Sembra pensieroso, agitato, come se fosse combattuto nel fare o non fare qualcosa.
Mi porto una mano al viso e mi sento in colpa. Non dovrei più guardare Marc in quel modo. Non dovrei neppure più pensare a lui in quel modo. Ma sembra essere impossibile. Ogni volta che lo guardo finisco per incantarmi, perché per me non esiste niente di più bello di lui.
Non posso negarlo, è così.
<<Come stai?>> gli chiedo, voltandomi a guardarlo, cercando di non far trasparire la mia agitazione.
<<Bene. Tu?>>
<<Sto bene, sì.>> rispondo, di getto.
<<Sono contento, davvero.>> accenno un sorriso <<E...sei stata bene a Venezia? Ti è piaciuta?>>
<<Molto, è meravigliosa! Certo, ho avuto un po' di problemi con l'acqua appena arrivata, non ne ho solo paura, ho scoperto di soffrire anche il mal di mare. Sono andata in farmacia poi, per comprare delle pastiglie che risolvessero il problema.>>
<<Mi fa piacere.>> si limita a dire, tenendo lo sguardo davanti a sé <<ti va di mettere un po' di musica...?>>
<<Oh sì, eccome!>> esclamo, tirando fuori il telefono dalla borsa e collegandolo all'auto.
<<Ti ringrazio per essere venuto. Davvero, grazie per accompagnarmi...>>
<<Non devi ringraziarmi Angel, non sto facendo niente.>>
Sentirlo dire il mio nome è una sensazione indescrivibile. Non so cosa sia, ma vorrei provarla in continuazione.
<<Ma...dovevi allenarti...>>
<<Ho finito un'oretta fa, davvero, non devi preoccuparti.>> mi rassicura, con un sorriso.
Sacrifice di Elton John riempie l'abitacolo e una fitta mi colpisce al cuore. Questa canzone è così struggente, così bella. Non a caso è una delle mie preferite.
Lo guardo, e scopro che i suoi occhi erano già su di me, in una rapida occhiata.
Sembra quasi che il mio cuore sia sul punto di esplodere.
<<Angel, cosa ->> esclama ad un tratto, il tono di voce più alto e preoccupato <<cosa hai fatto alla mano sinistra?>>
Lancio un'occhiata alla mia mano, e la ritraggo subito, come a volerla nascondere.
<<Nulla. Si...si sono aperte alcune cicatrici, niente di che. Può capitare.>>
<<Lo so.>> replica subito, con un'occhiata severa <<so quando capita, Angel. Cosa ->> si interrompe, mordendosi il labbro inferiore, come se non sapesse che parole usare <<so che non vorresti mai parlarne con me, ma non posso non chiedermi che cosa ti turba.>>
Sento il cuore sprofondare giù, mentre un calore intenso lo avvolge, come una morbida coperta.
<<Io voglio solo che tu sia felice, Angel.>> continua, e incrocio i suoi occhi così belli, così caldi e profondi.
Mi perdo, in quegli occhi che per me sono sempre stati un porto sicuro, la mia ancora, la roccia a cui mi aggrappo quando sentivo di essere sul punto di mollare, perché Marc, al contrario di me, non si è mai arreso una singola volta. Troppo ardente quel fuoco che ha bruciato dentro di lui da sempre, per provare anche solamente a sfiorare il pensiero di mollare. Forse io non saprò mai cosa significa provare una passione così forte.
Marc è tornato a guardare la strada, ma io non me ne sono neppure accorta, persa come sono nei miei pensieri. E non mi accorgo nemmeno che la musica si è interrotta, per essere sostituita da una melodia ripetitiva.
<<Angel, penso che ti stia suonando il telefono.>> sento dire da Marc, e mi scuoto. Afferro il telefono e rispondo.
<<Pronto?>>
<<Scricciolo, ti disturbo?>>
<<Joan!>> esclamo, e stranamente, la voce esce dalla mia gola più alta del normale <<no, ma cosa dici, tu non disturbi mai.>> continuo, con tono carezzevole.
<<Pensavo fossi già in ospedale, per questo ho chiesto se ti disturbavo.>>
<<No tranquillo, sto andando in ospedale, ho la visita fra mezz'oretta.>>
Marc mi aveva letteralmente fatto estraniare dal mondo che mi circondava. Avevo persino rimosso il motivo per cui sto andando a Lleida, e ora, il pensiero è tornato prepotentemente nella mia testa.
Joan deve aver colto l'agitazione nella mia voce perché cerca di calmarmi.
<<Stai tranquilla scricciolo, è solo una visita di controllo, no?>>
<<Sì, solo una visita.>> ripeto, annuendo e abbassando il capo.
<<Pensa che domani tornerai qui e saremo di nuovo insieme.>>
<<Non vedo l'ora, tesoro.>> sorrido, gettando un'occhiata fuori dal finestrino <<che stai facendo?>>
<<Ho fatto un po' di dirt track, sono stanchissimo. Mi manchi tantissimo, mi luz.>>
<<Anche tu biondino.>>
<<Scommetto che tra un anno continuerai a chiamarmi biondino, imperterrita!>> piagnucola, e io sogghigno.
<<Confermo, ma sai che ti donavano quando eri biondo solo sulle punte, avevi un certo non so che...>>
<<Ora sono ancora meglio, però.>>
<<Se lo dici tu.>>
<<Grazie, scricciolo, sono pazzo di te anch'io.>>
<<Dai Joan, lo sai che per me sei sempre divino. Ora però devo andare, non manca molto.>>
<<Va bene Belle, ci sentiamo più tardi.>>
<<Sì, a dopo.>> chiudo la chiamata e resto a fissare lo schermo del telefono per non so quanto tempo.
Marc accanto a me sembra quasi non esistere più. Se non fosse per il fatto che lo vedo con la coda dell'occhio, penserei che la macchina stia proseguendo da sola. È come se fosse intenzionato a non fare il minimo rumore, neppure a respirare. I miei occhi si posano nuovamente sulle sue mani e noto il modo in cui sta stringendo il volante, temo quasi che possa staccarsi da un momento all'altro.
Non dice più una parola, e io inizio a pensare che è meglio così.
Quando arriviamo a Lleida sento l'agitazione farsi sempre più forte. Ho lo stomaco in subbuglio, il cuore che batte impazzito e la testa che pulsa. Marc parcheggia l'auto a due passi dall'ospedale, per poi spegnere il motore. È estremamente difficile non far trapelare il mio stato d'animo, soprattutto a Marc, a cui basta uno sguardo per capire come sto.
<<Vuoi che ti accompagni?>>
<<No!>> esclamo subito e incrocio il suo sguardo perplesso <<Non serve, davvero. Anzi, mi dispiace che tu debba restare qui ad aspettarmi.>>
<<Tranquilla, farò una passeggiata nel parco qui vicino. Mi servirà.>>
Annuisco, e resto ad osservarlo per un istante. È come se guardarlo mi infondesse coraggio e tranquillità allo stesso tempo. In realtà, vorrei che venisse con me, perché so che non appena staccherò gli occhi da lui, l'agitazione e la paura torneranno ad avvolgermi con le loro spire. So che se venisse con me, mi sentirei più forte, perché mi basterebbe posare gli occhi su di lui per sentirmi meglio.
Ma questa è debolezza. Questo è un grande potere che ha un'altra persona su di me ed è sbagliato. Cosa farei se lui non ci fosse? Devo trovarlo da sola il coraggio, dentro di me.
Gli do le spalle e raggiungo l'ospedale. Salgo al primo piano, e mi siedo accanto alla finestra, in sala d'attesa.
Quando poso una mano sul mio petto, e chiudo gli occhi per cercare di calmarmi, il sorriso di Marc è la prima cosa che vedo.
~·~
[Marc]
Quando Rafi mi aveva chiamato, chiedendomi se potevo accompagnare Angel al posto suo, in un primo momento avevo rifiutato. Mi ero ripromesso di starle alla larga, di non provare più a cercare un contatto con lei, perché era quello che desiderava, quello che voleva. Ma quando Rafi mi aveva ripetuto che si trattava di un appuntamento all'ospedale, non avevo potuto rifiutare. Si trattava di qualcosa di importante, e non ho neppure pensato di proporle di chiederlo a qualcun altro.
Quando i miei occhi si sono posati nuovamente su Angel, dopo neppure una settimana, avevo sentito il cuore esplodere nel mio petto.
Mi è sempre impossibile quantificare quanto Angel mi manchi. Ma mi manca sempre, ogni istante, anche se ora riesco a convivere con la sua assenza. I primi mesi era un dolore disperato, e anche se ora mi manca esattamente come all'inizio, probabilmente, sono riuscito ad adattarmi al dolore. Mi ci sono abituato. Solo che ogni volta che la vedo, il vuoto creato dalla sua assenza mi travolge come un'onda anomala. Mi impedisce quasi di respirare.
Ed è stato così difficile restare con lei per più di tre quarti d'ora in uno spazio ristretto come l'abitacolo della mia auto. Avrei voluto stringerla in un abbraccio e riempirla di baci. Ogni volta che incrocio i suoi occhi, le mie già deboli difese, che cerco di innalzare per proteggermi almeno un po' dal dolore, si sgretolano ai miei piedi come cocci di un vaso andato in frantumi. Quei suoi occhioni da cerbiatto annullano ogni mio possibile risentimento. Ad Angel basta uno sguardo per sciogliermi, per farmi cadere ai suoi piedi, anche se io sono già ai suoi piedi sin dalla prima volta in cui l'ho vista. La tenerezza che provoca nel mio cuore e che mi riempie in ogni angolo, mi rende debole e dipendente da ogni suo gesto, da ogni suo sguardo o parola. Potrei fare qualsiasi cosa per lei.
Ho notato subito la sua agitazione, e mi sono chiesto se era dovuta alla mia presenza. Vedere però che non aveva più così tanti problemi a rivolgermi la parola mi confondeva: riusciva a parlarmi perché si era sciolta almeno un po' nei miei confronti o perché non provava più niente per me e ora le ero totalmente indifferente? Ho capito che non ero io la causa della sua agitazione quando siamo arrivati a Lleida. Sembrava più in preda all'ansia man mano che ci avvicinavamo all'ospedale. Sentivo che c'era qualcosa di strano.
Mentre si allontanava per raggiungere l'ospedale sentivo un peso sul cuore. Avrei voluto andare con lei. Invece dopo un'ora sono ancora qui a girare per uno dei parchi di Lleida. Non ho idea di quando Angel avesse l'appuntamento ma è là dentro da troppo tempo per i miei gusti. Sono preoccupato. Infilo il cellulare in tasca, quando vedo una figura esile e minuta uscire dall'ospedale. Senza rendermene conto, un sospiro lascia le mie labbra, e mi dirigo verso di lei. Ma mi blocco quando noto che sembra avere lo sguardo perso, mentre resta lì, in piedi, sulle scale.
Dopo qualche secondo riprendo a camminare, aumentando il passo e mi fermo a qualche metro da lei, mentre chino di poco il capo per cercare il suo sguardo.
<<Angel, tutto bene?>>
Ma lei inizialmente sembra non sentirmi. Dopo qualche istante alza lo sguardo su di me, gli occhi spalancati come due fanali.
<<Marc.>> dice, semplicemente, e il modo in cui pronuncia il mio nome mi fa tremare il cuore. Come se fossi l'unica cosa di cui ha bisogno. Faccio un passo verso di lei e noto che ha gli occhi lucidi, come se fosse sull'orlo del pianto.
<<Sono qui, Angel.>> allungo una mano verso di lei, come uno stupido, perché so che non la afferrerà e farà finta di niente.
Invece, dopo qualche istante, sento il calore della sua mano sulla mia.
Trattengo il respiro per quel gesto così semplice in apparenza, ma in realtà così intimo.
Cerco di non far trasparire quanto quel contatto mi abbia mandato in subbuglio, e accenno un sorriso, mentre lei scende gli ultimi scalini che ci dividevano.
Angel continua a guardarmi come se mi stesse vedendo per la prima volta, e forse dovrei allontanare la mano dalla sua, ma non ci riesco. Tutto questo mi è mancato come l'aria, e ora che lei tiene di nuovo la mia mano, ogni cosa sembra essere tornata al proprio posto.
<<Angel, stai bene?>> le chiedo, e lei scuote il capo. Allontana la mano dalla mia, le palpebre che sbattono velocemente.
<<Sì. Sì, certo. Grazie per avermi aspettato.>>
<<È tutto a posto, quindi?>> continuo.
<<Assolutamente sì!>> dice, accennando una risatina nervosa.
Eppure, sento che c'è qualcosa che non va, che non mi sta dicendo la verità. Vedo una busta bianca spuntare dalla sua borsa, una busta che prima non c'era.
<<Possiamo andare, se vuoi.>> la sento dire, e annuisco.
<<Certo.>> ci avviamo per raggiungere l'auto, ma con la coda dell'occhio continuo ad osservarla. È come se stesse cercando di non piangere in mia presenza, e io vorrei solo sapere che cosa la sta affliggendo.
Quando saliamo in macchina, Angel collega subito il suo telefono all'auto, e si lascia andare contro il sedile, osservando fuori dal finestrino. Sembra lontana migliaia di chilometri. Penso che non stia neppure ascoltando la musica.
<<Il mare.>> dice, all'improvviso <<A te non manca il mare, Marc?>> mi chiede, senza guardarmi <<In questo momento è l'unica cosa che vorrei vedere.>> sento la sua voce spezzarsi mentre chiude gli occhi e so bene cosa devo fare.
Controllo lo specchietto retrovisore, e cambio strada. Angel non sembra accorgersene, perché rimane lì, con gli occhi chiusi. Solo dopo un quarto d'ora, si solleva dal sedile e si guarda intorno.
<<Marc, dove stai andando?>>
<<Al mare.>>
Con la coda dell'occhio la vedo voltarsi con tutto il corpo verso di me, gli occhi sgranati e la bocca spalancata.
<<Sei impazzito, per caso? È a più di cento chilometri da qui!>>
<<Ottanta, adesso!>> replico, con un sorrisetto.
<<Marc, ma...non devi, per favore, torniamo a Cervera...>> le lancio un'occhiata e noto i suoi occhi lucidi, mentre mi osserva.
<<No, Angel, lo voglio anch'io, davvero.>>
Per il resto del viaggio non parliamo, e la musica a farla da padrona. Raggiungiamo Cambrils, una piccola cittadina a pochi chilometri da Tarragona, a sud di Barcellona, verso le sei e trenta del pomeriggio.
Quando fermo l'auto, Angel scende di corsa dalla macchina e si ferma davanti alla spiaggia. Il sorriso che si apre sulle sue labbra, in netto contrasto con gli occhi velati di una profonda tristezza, mi scalda il cuore. Pensare che sono anche io la causa di quel piccolo sorriso mi rende immensamente felice.
Il mare è calmo sotto la luce dorata del sole ancora alto nel cielo, e Angel chiude gli occhi, mentre ascolta la voce delle onde che si infrangono sulla battigia. Poi, ad un tratto, si toglie i sandali e corre sulla spiaggia, girando su se stessa. Rido a quella vista, fino a che non la vedo tornare verso di me, i capelli che le accarezzano il viso spruzzato di rosso.
Tende una mano verso di me, guardandomi negli occhi.
<<Vieni, Marc.>> la sento dire e mentre il cuore mi scoppia nel petto, afferro la sua mano. Angel mi tira verso di sé, e quando mi getta le braccia al collo, per poco non mi cedono le ginocchia.
Resto per un istante immobile, poi le circondo la vita con le braccia e la stringo forte a me. Non vorrei mai, mai che questa sensazione finisse. Vorrei viverla per sempre, imbottigliarla in un'ampolla per poterla poi vivere ogni volta che ne avrò bisogno.
Angel mi stringe ancora più forte a sé, e sento che mi sta per venire da piangere. Vorrei che non mi lasciasse mai.
Si allontana da me e corre verso la battigia, raggiungendo l'acqua. Inizia a correre, le onde che accarezzano le sue caviglie, e la sento ridere. Mi tolgo le scarpe e la raggiungo.
<<Non è bellissimo? Quando guardo la distesa infinita del mare, l'orizzonte, sento...sento il desiderio di fuggire via. Fuggire via da me stessa. Fuggire via...>> la vedo portarsi una mano al collo <<da tutto.>> poi si guarda intorno.
La spiaggia a quest'ora è quasi vuota e le poche persone ancora presenti sono distanti da noi. Angel arretra di qualche passo per poi sedersi sulla sabbia. La raggiungo, cercando di mettere diversi centimetri tra di noi, ma ci pensa Angel ad annullarli.
<<Sono felice di essere qui con te, Marc.>> mi volto a guardarla, il cuore che mi balza in gola. Non avrei mai pensato di sentirle dire nuovamente queste parole. Scruto il suo viso con avidità e penso a quanto è bella. Per me Angel è sempre stata un angelo caduto dal cielo, una di quelle creature arrivate chissà dove di cui parlano nelle canzoni. O nelle poesie, aggiungerebbe Angel.
<<Anche io, Angel, non sai quanto.>> riesco solo a dire, in un soffio. La vedo sorridere, e sento salirmi alle labbra quelle parole che ho promesso di non dirle più.
Ho promesso a me stesso che non le avrei più detto che l'amo e non devo cedere. A lei non interessa, rovinerei ogni cosa. Finirei per rovinare quel fragile equilibrio che lei sembra aver momentaneamente instaurato con me. Però, dentro di me, posso pensarlo tutte le volte che voglio. Perché sembra quasi che dalla prima volta che gliel'ho detto, io ora non riesca più a trattenermi.
<<Grazie per avermi portato qui, Marc. Sei stato...>>
"Non dire tesoro. Non dire tesoro, ti prego."
Ormai quella parola non fa che ricordarmi Joan. So che è una cosa stupida, ma sapere che chiama anche lui in quel modo non mi piace per niente.
<<Sei stato adorabile. Grazie, davvero. Era ciò di cui avevo bisogno.>> vedo quel briciolo di leggerezza che aveva colorato i suoi occhi, abbandonarli e tornare a riempirsi di tristezza e paura.
<<Angel, sei sicura che è tutto a posto?>> le chiedo nuovamente e lei allontana lo sguardo dal mio.
<<Ma certo, sono solo stanca.>> restiamo ad osservare il mare, e restiamo lì per un tempo indefinito mentre il cielo si incendia e il sole inizia ad inabissarsi nel mare, all'orizzonte.
<<Hai mai visto qualcosa di più bello?>> la sento chiedermi, gli occhi che osservano incantati quello spettacolo della natura.
<<No, ma ho visto qualcos'altro che può essergli facilmente paragonato, per me.>> replico, e si volta a guardarmi. Affondiamo l'uno negli occhi dell'altro e neppure il suono del suo cellulare riesce a spezzarlo.
Questa volta non cerco di richiamarla all'attenzione. Potrebbe essere letteralmente chiunque a chiamarla dato che a quest'ora avremmo dovuto essere entrambi a casa.
<<Forse sarà meglio andare.>> dice Angel, ad un tratto, staccando lo sguardo da me.
<<Hai ragione.>> concordo, mentre mi alzo. Il sole si è ormai tuffato in mare, ed è sparito all'orizzonte. <<hai fame?>> le chiedo, mentre ci puliamo i piedi dalla sabbia ad una fonte d'acqua lì vicino.
<<Direi di sì.>> ammette Angel, e si infila nuovamente i sandali.
<<Anna mi ha parlato di un ristorantino qui vicino, ti andrebbe di provarlo?>> propongo, titubante.
<<Dato che siamo qui, perché no? Prima che arriveremo a Cervera sarà molto tardi, immagino.>>
Non dovrei esultare per una simile sciocchezza, eppure, dentro di me non riesco a non farlo. Tutto questo tempo che sto passando con lei mi sembra un sogno. Non riesco a crederci. Raggiungiamo il locale di cui mi ha parlato Anna. È in tipico stile marinaresco, e le ampie vetrate danno sul mare. Ci sediamo l'uno di fronte all'altro e mi rendo conto che non riesco a staccarle gli occhi di dosso. Angel si stringe nelle spalle, mentre si guarda intorno, poi incrocia il mio sguardo. Accenna un sorriso, poi si ricorda della chiamata a cui non ha risposto poco fa. Tira fuori il telefono, ma viene interrotta dal cameriere, che ci serve i menù.
<<Io vorrei il filetto di salmone, Marc, e dell'acqua naturale. Puoi ordinare tu per me, mentre io vado un attimo in bagno?>> mi chiede, mentre si alza.
<<Certo.>>
La osservo mentre si allontana e tiro fuori il telefono dalla tasca dei jeans. Devo assolutamente dire ad Alex dove mi trovo, e con chi.
[Angel]
Raggiungo il bagno, e resto per un istante immobile ad ascoltare il silenzio. Poi, nelle mie orecchie, tornano le parole della dottoressa che oggi pomeriggio mi ha fatto l'ecografia.
<<Il linfonodo in questione non sembra presentare problemi, cara, ma qui, vicino alla tiroide è presente una formazione nodulare iso-ipoecogena, con modesta vascolarizzazione sia periferica che intranodale...>>
<<Cosa vorrebbe dire, in parole povere?>>
<<Che dovrai sottoporti ad altri esami, per accertare la natura di questa formazione nodulare, che, al contrario del linfonodo per cui sei venuta a fare l'ecografia, presenta...una modesta attività. Non posso dire altro, ma non devi preoccuparti. La tua dottoressa ti prescriverà l'esame a cui dovrai sottoporti il prima possibile.>>
"Appurarne la natura...significa che dall'ecografia sono emersi dei movimenti sospetti." penso. Ho intuito subito che la dottoressa ha cercato in tutti i modi di non farmi preoccupare, ma è impossibile. Se devo fare altri esami significa che potrebbe essere tutto.
Tutto.
E non posso impedire a me stessa di non provare paura.
Osservo il mio riflesso allo specchio, le lacrime che ho cercato per tutto il pomeriggio di trattenere. Ora che sono sola, una sfugge al mio controllo e mi scorre lungo la guancia. Se non fosse stato per Marc sarei crollata. Un gran calore si posa sul mio cuore quando penso a lui, alla dolcezza del suo gesto. Ha fatto tutti questi chilometri solo per me, solo per portarmi a vedere il mare.
Dio, Marc, perché mi stai mandando in confusione in questo modo?
Scuoto la testa, e mi ricordo che ho portato il telefono con me. Chiamo mia madre e l'avverto che sono rimasta a cena fuori, senza dirle che c'è Marc al posto di Rafi. Non ho voglia di rispondere a tutte le sue domande. Rispondo al messaggio di Rafi e ne invio uno a Joan. Non so come dirgli che non posso raggiungerlo a Maiorca. Lunedì devo andare dalla dottoressa per farmi prescrivere gli esami, ma non so che scusa usare. Ho paura che pensi che non lo raggiunga per restare a Cervera per Marc.
Marc, che è l'unico di cui ora ho bisogno, anche se non è giusto nei suoi confronti. Non voglio che si illuda di un mio ripensamento, ed io non intendo usarlo. Oggi è stato semplicemente un caso, un caso che Rafi ha archittettato alla perfezione.
Esco dal bagno e cerco di sembrare più serena, ma so che in fondo per Marc, sono un libro aperto. Ceniamo con il suono delle onde in sottofondo, mentre lui mi racconta di quella volta in cui Anna gli ha vomitato sulle scarpe quando avevano entrambi quindici anni. E per un momento, non penso neppure a quali siano quegli esami che mi aspettano. Dopo cena, propongo una passeggiata sul lungomare. Dato che siamo qui, vediamo di concluderla bene questa serata.
<<Se domani devi partire forse sarebbe meglio tornare a Cervera.>> lo sento dire ad un tratto.
<<Non andrò a Maiorca.>> replico, guardando i miei sandali. Lo vedo fermarsi, di colpo.
<<Perché?>>
<<Perché lunedì devo portare il referto della visita che ho fatto oggi alla dottoressa, per cui, non posso andarmene. Devo ancora dirlo a Joan, ma ho paura che non mi creda.>>
<<Perché non dovrebbe?>>
<<Perché a Cervera ci sei tu, forse?>> replico, senza pensare, e quando alzo gli occhi su di lui noto il suo sguardo puntato dritto nei miei occhi.
<<A Cervera c'è anche Alex...perchè dovrei essere io, il problema?>> chiede, facendo un passo verso di me. Apro la bocca, per dire qualcosa, ma la realtà è che non so cosa dire. Ma lo vedo quel sorriso sulle sue labbra, mentre si avvicina ancora di più a me. <<quindi il caro Joan mi vede davvero come una minaccia?>> soffia, e avvicina il viso al mio a tal punto che il suo naso finisce per sfiorare il mio. Odio il fatto di non sapere cosa ribattere, perché, alla fine, cosa posso dire?
<<Teme solo...che possiamo riallacciare i rapporti e che io decida di restare a Cervera.>>
<<Non vedo perché dovresti. Fai già la spola tra l'Italia e Maiorca, e lui è il tuo ragazzo, no? Neppure io, il tuo migliore amico, potrei convincerti a restare a Cervera, non è così?>>
I suoi occhi cercano i miei, mentre si accarezza le labbra con la punta della lingua. Sento una fitta colpirmi al basso ventre. Era andato tutto troppo bene nelle ore precedenti, in effetti. Eppure, ora che è così vicino a me, che sento i brividi ricoprire la mia pelle, il cuore battere come impazzito nel mio petto, vorrei che mi baciasse lasciandomi senza fiato, mentre le mie mani affondano tra i suoi capelli. Quel pensiero mi risveglia improvvisamente, e mi stacco da lui, scuotendo il capo.
<<Io...io penso che sia meglio tornare a Cervera o faremo troppo tardi.>> Marc resta a fissarmi per diversi istanti, lo sguardo un po' perso e confuso.
<<Certo. Sì, hai ragione.>>
Non ce la faccio più, mi sembra di impazzire. Più mi addentro in questa situazione, più ci resto avviluppata, come nella tela di un ragno. Ogni movimento, ogni passo che faccio, sembra complicare ancora di più le cose e non so più cosa fare.
Non so davvero più cosa fare.
[Spazio autrice]
Ragazze mie, finalmente 😭✨
Quanto mi siete mancate, non avete idea! Era da troppo tempo che volevo pubblicare ma non riuscivo mai a trovare un momento libero per terminare il capitolo. Spero che, dopo tutte queste settimane di attesa, vi sia piaciuto. La situazione si sta facendo ingarbugliata, in più, c'è anche questo problema di Angel...ma basta parlare: ora voglio sapere cosa ne pensate voi. Dopo queste settimane di assenza, vorrei che vi scateniaste. Detto questo, vi ricordo che vi voglio bene ❤
Un bacio, alla prossima ✨
(Vi chiedo scusa per eventuali errori, non ho riletto il capitolo)
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