Make you feel my love
[My heart is full and my door's always open, you come anytime you want, yeah
I don't mind spending every day
Out on your corner in the pouring rain
Look for the girl with the broken smile
Ask her if she wants to stay a while
I know where you hide, alone in your car
Know all of the things that make you who you are
I know that goodbye means nothing at all
Comes back and begs me to catch her every time she falls, yeah]
[Marc]
[Maggio 2014]
<<Marc, tu pensi mai alla morte?>>
<<Angel, hai bevuto per caso?>> le chiedo, voltandomi di scatto a guardarla, sorpreso da quella domanda.
<<No, perché?>> mi domanda lei di rimando, confusa. È seduta sul mio letto, un libro posato sulle gambe, mentre io sono seduto per terra ai piedi del letto con il joystick tra le mani.
<<Ti sembrano domande normali queste?>>
<<Uhm...sì.>> risponde lei, come se fosse una cosa ovvia, sbattendo le palpebre.
<<Angel! Certo che non ci penso alla morte! Perché dovrei farlo? Avanti, sono un pilota, mi rifiuto di pensarci. So che accadrà prima o poi ma evito di pensarci!>> replico, lasciando perdere il joystick e andandomi a sedere accanto a lei. <<Perché...tu ci pensi?!>> lei solleva le spalle, inarcando un sopracciglio.
<<Beh, ogni tanto. Cioè, più che altro sono arrivata alla conclusione che non ho paura della morte in sé. Spesso può essere una liberazione. Ho paura del come. Capisci cosa intendo? Ho paura del modo in cui morirò. Ho paura del dolore, dell'agonia che potrebbe precederla. Di questo ho paura.>>
La osservo, non sapendo cosa dire. Non riesco a credere che stiamo davvero affrontando questo discorso.
A volte mi chiedo come diavolo facciamo io e lei ad essere amici. Siamo così diversi, e lei è così diversa da tutti i miei amici. Io sono un festaiolo, ogni occasione è buona per fare casino, per bere una birra e passare del tempo in compagnia. Lei invece è l'esatto contrario. Solitaria, introversa, fredda, sempre così riflessiva e che ama passare il proprio tempo con la testa immersa tra le pagine di un libro. Però l'ho vista, come si lascia andare quando si sente a suo agio e parte la musica giusta. Il fatto è che non so spiegare come mai andiamo così d'accordo e ci incastriamo così bene nonostante le nostre differenze. Forse, perché amo tutte quelle cose che la rendono diversa da me. Mi piace il fatto che mostri il suo lato più dolce e fragile solo con me o Alex, mi fa sentire un privilegiato. Mi piace il suo rifuggire la confusione, il suo amore per l'antico Egitto, il modo in cui il suo viso si illumina quando parla di qualcosa che ama, che le fa bruciare il cuore. Mi piacciono i suoi silenzi e i suoi sorrisi, amo i suoi occhi e quel velo di nostalgia che li caratterizza. È come se vedesse sempre oltre ciò che sta guardando. Amo quel suo essere così altera e orgogliosa, come se fosse fatta di ghiaccio, ma allo stesso tempo fragile e priva di malizia.
<<Ti ho lasciato senza parole, Marquez? Strano, sei sempre così loquace.>> la sento dire, sogghignando. Scuoto la testa, e mi risveglio dai miei pensieri. La guardo male.
<<Non dovresti pensare a queste cose, Angel.>>
<<Ma fanno parte della vita, Marquez. Non sto neppure a pensarci, non ho elaborato questo pensiero dopo giorni o settimane di riflessione. Fa semplicemente parte di me, del mio modo di essere. Come il fatto che se morissi vorrei donare gli organi e non vorrei finire sotto terra. Voglio disperdermi tra le onde del mare, nell'aria, arrivando fino alle nuvole.>> spiega, con naturalezza, chiudendo gli occhi e accennando un sorriso. Continuo a fissarla, sconvolto. <<L'ho già detto anche a mia madre. Perché tengo al fatto che le persone a cui voglio bene sappino quali siano i miei desideri.>>
Il modo in cui parla di una cosa del genere mi sorprende. "Angel" e "morte" nella stessa frase è un qualcosa di inconcepibile per me. Scuoto la testa e le poso una mano sulla bocca. Lei spalanca gli occhi.
<<Ora basta, non voglio più sentirti parlare di queste cose!>> esclamo, e lei sogghigna <<mi fa male, non voglio pensarci, okay? Pensare a te e...no, va bene?>> Angel socchiude dolcemente gli occhi e sento che sta sorridendo.
<<Va bene, Marquez. Come vuoi.>> cede, per la prima volta. <<ma hai recepito quello che ho detto, vero?>>
Sembra essere molto importante, per lei. Sospiro e tolgo la mano dalla sua bocca.
<<Sì.>> Angel sorride e mi getta le braccia al collo.
<<Grazie, Marc.>> soffia, stringendomi forte.
~·~
Mi sciacquo il viso, l'acqua contro la mia pelle è fredda e gelida. Ma neppure l'acqua riesce a lavare via quella sensazione di paura e angoscia che mi si è incollata alla pelle. Nella penombra del bagno del motorhome, osservo il mio riflesso allo specchio. Sento come se mi stessero rubando qualcosa, come se mi stessero rubando il tempo che io e Angel avremmo potuto passare insieme. Vorrei poterle stare accanto e prendermi cura di lei, invece, non posso. Non posso stare con lei, non posso amarla e proteggerla, non posso fare letteralmente niente. Urlo, in preda alla rabbia.
Urlo, e provo le stesse, devastanti sensazioni che ho provato nel sogno che ho fatto l'altra notte.
Mi fa impazzire il non poterle stare accanto, mi fa impazzire il fatto che sembra che ogni cosa stia precipitando, e io non possa fare altro che assistere agli eventi da spettatore. Sento la porta del motorhome aprirsi, e Alex chiamare il mio nome.
<<Sì, sono qui.>> esclamo, cercando di non far tremare la voce. Alex mi raggiunge in bagno e accende la luce.
<<Marc, ti stiamo aspettando da più di mezz'ora! Si può sapere che diavolo è successo? Sei bianco come un lenzuolo!>>
<<Io...non mi sento molto bene.>> borbotto, e lui mi si avvicina. <<Non ho molta voglia di uscire, penso che mi metterò direttamente a letto.>> Alex strabuzza gli occhi.
<<Tu che non hai voglia di uscire?! Allora stai malissimo!>> Alex mi prende il viso tra le mani e mi fissa negli occhi con fare esperto <<hai vomitato, per caso?>>
<<Ehm...sì.>> mento, scostando il viso dalla sua presa. <<Ma voi andate però. Berrò un bicchiere di latte e andrò a letto.>>
<<Marc, mi sembri sconvolto. Cos'è successo?>> continua Alex, incrociando le braccia al petto.
<<Nulla, davvero, te l'ho detto, non mi sento molto bene.>>
<<Ti devo ricordare che stai parlando con qualcuno che ti conosce come le sue tasche? Sembra che tu abbia visto un fantasma.>>
<<Io...ho...ho visto quei due baciarsi.>> borbotto, facendo un cenno nella direzione del motorhome accanto al nostro, quello di Mir.
<<Dalla faccia che hai pensavo li avessi beccati a scopare, o come minimo, che avessi scoperto che stanno per sposarsi o cose del genere.>>
Non mi piace non dire la verità a mio fratello. Sento che sarebbe giusto che anche lui sapesse, ma la decisione non spetta a me, ma ad Angel, e lei voleva che nessuno, a parte Andrew, lo sapesse. Persino io l'ho saputo per caso, da lui. Non posso dirlo neppure ad Alex.
<<Mi fa sempre male, Alex. Alcune volte riesco a non darlo a vedere, altre invece, non ci riesco.>> ed è vero, è esattamente così. Anche se fa sempre male, sempre. Ogni volta più della precedente. Entro in camera mia e mi sfilo la maglietta e i jeans, per poi versarmi del latte freddo in un bicchiere. <<Ma ora vai, non preoccuparti per me. Davvero.>> Alex mi posa una mano sulla spalla e la stringe.
<<Lo sai che su di me puoi sempre contare, vero?>> mi guarda negli occhi, chinandosi di poco verso di me, e annuisco, accennando un sorriso.
<<Certo che lo so, fratello. E io sono qui per te, non dimenticarlo mai.>> Alex mi guarda ancora per qualche istante, poi si allontana ed esce dal motorhome. Io spengo subito la luce e mi infilo a letto. Osservo subito il lato vuoto accanto a me, immaginandomi come sarebbe avere Angel qui accanto a me. Ricordo ancora quando ho deciso di cambiare motorhome. L'idea mi girava in testa già da un po', ma quando ci sono entrato dopo quello che era successo a Valencia, mi sono reso conto subito che era arrivato il momento di sbarazzarsene. Ogni angolo mi ricordava Angel, persino il letto, anche se ci aveva dormito solo poche ore. Ma, nonostante su questo nuovo motorhome lei non ci abbia mai messo piede, non riesco a non immaginarmela davanti all'armadio, intenta nel decidere cosa indossare, o stesa accanto a me. Invece, ora, è nel motorhome accanto. Sono io quello che dovrebbe stringerla tra le braccia, baciarla, rassicurarla. È quello che vorrei fare ora. Solo il pensiero che possa accaderle qualcosa mi toglie letteralmente il respiro, non avrei più senso di esistere se lei non ci fosse più.
Sento il cellulare vibrare sul comodino, e lo afferro. Quando leggo di chi si tratta, il cuore mi fa le capriole nel petto.
Angel > "Sei contento adesso? Ora non ti allargare però.>>
Salto a sedere sul letto e sento le farfalle nello stomaco. Mi sento così felice che mi viene voglia di ballare. Scorgo tutti i messaggi che le ho mandato quando ero ancora bloccato, messaggi che non riceverà mai, ma ora non voglio pensarci. Ora vorrei solo raggiungerla e stringerla tra le braccia.
"Temi che ora io ti riempia di messaggi?"
"È esattamente quello che vorrei fare", penso, mordendomi il labbro inferiore, mentre aspetto la sua risposta. Vorrei parlare con lei per tutta la notte, anche se non attraverso un telefono. Amo guardarla mentre parla, amo vedere quanti sentimenti ed emozioni si dipingono su quel viso che per me è un libro aperto, in quegli occhi sempre così sinceri. Non pensavo che avrei mai potuto amare qualcuno in questo modo, ma è bellissimo e straziante allo stesso tempo. Non pensavo che sarei mai stato in grado di provare qualcosa di così sconfinato e incrollabile, ma è così, e spesso, stento ancora a crederci.
Angel > "Non ne saresti capace?"
Marc > "Beccato. Ma cercherò di non farlo."
Ho bisogno di sentire la sua voce.
"Ti scoccia se ti chiamo?"
Attendo la sua risposta con trepidazione. Forse ho esagerato. Adesso mi bloccherà di nuovo. Sono un cretino.
Angel > "No, anzi."
Sorrido, e inizio a temere di restare con una paresi facciale a vita. Quell' "anzi" mi fa sognare. Se penso che fino ad un mese fa neppure ci parlavamo e faceva finta che io non esistessi. Forse ho ancora una speranza. Forse possiamo riavere indietro quello che avevamo. Non desidero altro.
<<Visto? L'ho detto che non ci avresti messo molto!>> esordisce Angel, non appena risponde. Sentire la sua voce procura una specie di carezza al mio cuore. Mi porto un braccio dietro la testa, e mi mordo il labbro inferiore mentre socchiudo gli occhi, cercando di non sorridere per la decima volta nel giro di cinque minuti.
<<Ti disturbo? Posso sempre ->>
<<No, Marc, tranquillo, te lo avrei detto altrimenti. Stavo guardando Braccialetti Rossi, te l'ho detto prima.>>
<<Dovresti guardare qualcosa di più allegro.>> borbotto. Temo che vedere una serie del genere possa riempirle la mente di ulteriori pensieri negativi, in questo momento. Sento il panico farsi nuovamente largo nel mio cuore a quel pensiero.
Perché non me ne ha parlato?
<<Ci ho pensato, ma volevo finire di recuperare questa serie. E poi volevo ammirare la mia ultima cotta.>>
Inarco un sopracciglio.
<<Ultima cotta?>>
<<Sì, il protagonista.>>
<<Interessante. E che tipo è?>>
<<Coraggioso come pochi, maturo, forte come un leone, e non a caso questo è anche il suo nome, ma allo stesso tempo dolce, sensibile, che sa amare profondamente. Chi non vorrebbe un ragazzo del genere al proprio fianco? Insomma, o così o niente per me, sai che sto comunque bene da sola, anzi. Certo, senza nulla togliere a...>> si interrompe, ma so che stava per dire il nome di Joan, è ovvio. <<Poi, amo la storia, e le canzoni. Una in particolare, ultimamente la ascolto spesso.>>
<<Quale?>>
<<Il bene si avvera. Trovo che sia toccante e bellissima, mi commuovo ascoltandola. Se vuoi te la mando.>>
<<Certo, mi piacerebbe tantissimo.>>
<<Le altre sono Simili e Io non ho finito. Bellissime anche queste due.>> restiamo per qualche secondo ad ascoltare il respiro l'uno dell'altro, e, ad occhi chiusi, immagino di averla qui al mio fianco. Poi, la sento parlare.
<<Non sei in giro con gli altri?>>
<<No, sono a letto in realtà.>> sogghigno.
<<A letto? Marquez, non sono neppure le dieci!>>
<<Lo so, ma ero stanco e domani ho i test.>>
<<Anche io sono un po' stanca. Ma non voglio andare a dormire, è così presto! E poi...Joan non è ancora tornato, volevo aspettarlo.>>
<<Resti per i test, domani?>> le chiedo, dopo diversi istanti.
<<Sì, poi tornerò a casa per qualche giorno. Ho bisogno...di stare un po' da sola. Voglio stare con Duchessa e i miei nonni.>> annuisco, anche se lei non può vedermi. Vorrei poter andare con lei.
<<Non pensare troppo, ti prego. Cerca di staccare, semmai. Leggi, fai delle passeggiate nei boschi, guarda uno dei tuoi film preferiti, ma non addentrarti nei tuoi pensieri, per favore.>>
<<Non lo farò, Marc. O almeno, cercherò di non farlo.>> replica, in un sospiro.
<<Senti, dato che domani sarai qui per i test...potresti fare un salto da Alex. A lui farebbe tanto piacere. Inoltre divide il box con...>> mi schiarisco la voce <<con Joan, quindi...>>
<<Non so, Marc...vedrò. Certo, farebbe piacere anche a me, in realtà.>> in quel momento la sento trattenere il respiro <<Joan è arrivato, devo andare. Buonanotte Marc, e mi raccomando, niente brutti sogni.>>
<<Buonanotte, Angel.>> chiude la chiamata e resto a fissare l'immagine del suo profilo. È inginocchiata accanto ad un cane scuro, che le lecca la guancia. So che è il cane di Mir. Vedere come si è integrata nella sua vita, e totalmente allontanata dalla mia, mi spezza il cuore. Il cellulare mi vibra tra le mani e noto che è un messaggio di Angel.
<<Ecco la canzone di cui ti ho parlato. Ora però vai a dormire. Buonanotte.>>
Mi mordo le labbra, e afferro le cuffie posate sul comodino lì accanto. Dopo averle collegate al telefono, faccio partire la canzone. Ogni parola mi colpisce in pieno petto. Il modo delicato, ma allo stesso tempo forte, in cui parla della sofferenza, mi fa quasi male. Il problema è che so bene che Angel avverte questo stesso dolore il doppio di quanto lo avverto io. Quante volte avrà pianto ed io non ero lì per aiutarla, confortarla? Mi uccide pensare a quante volte sia crollata ed io non c'ero. Mi accorgo dopo minuti che la canzone è finita e mi sfilo le cuffie, per poi entrare su instagram. Che Angel mi abbia sbloccato anche lì? Digito il suo nome nella barra di ricerca e ci clicco sopra. Riesco a trovare il suo profilo, ma essendo privato, dovrei inviarle una nuova richiesta di follow e penso che il fatto che io sia tornato a seguire Angel non sfuggirebbe al caro Joan.
In fondo, cosa mi perdo?
I commenti di Mir sotto ogni suo post probabilmente, e farebbe male, perché ogni volta che mi dimentico per cinque minuti del fatto che lei sta con lui, l'universo fa in modo che io me lo ricordi, inesorabilmente.
Chiudo instagram e apro la galleria, alla ricerca delle foto che io e Angel abbiamo scattato insieme ad ottobre.
Non riesco ancora a credere che in quel periodo stavamo insieme.
Io stavo con lei.
Lei stava con me.
A volte mi sembra che sia stato tutto solo un sogno. Mi sembra quasi di essermi sognato ogni momento. Le notti passate a dormire stretti l'uno all'altro, i suoi sguardi ardenti e pieni di dolcezza mentre mi guardava, le sue carezze, le nostre discussioni, che finivano ogni volta in un abbraccio e in un bacio pieno di passione.
Impazzisco solo al pensiero.
Avevo tutto questo, e mi è stato portato via.
All'improvviso, mi ricordo che avevo in mente di fare una cosa. Ritorno su instagram e apro il profilo di Joan. Cerco tra i suoi seguiti, sperando che segua la persona che sto cercando e scorro la lista fino a quando non la trovo.
Apro il suo profilo, poi la sezione dei messaggi.
Riscrivo più volte il messaggio, poi, prima di inviarlo, lo rileggo.
"Ciao Andrew, sono io, Marc. Quando dovrà sottoporsi Angel all'esame?"
Attendo la risposta con impazienza.
Dovrebbe essere tornato al motorhome ormai.
Dopo una decina di minuti il cellulare vibra sul letto al mio fianco.
Andrew > "Lunedì prossimo alle 9:00, all'ospedale di Lleida."
Marc > "Grazie mille, e scusami per il disturbo."
Andrew > "Marquez, l'importante è che tu mi garantisca che non le dirai che me lo sono lasciato sfuggire come un idiota. Glielo dirò io stesso, ma voglio che lo sappia dopo l'esame. Voglio accompagnarla come mi ha chiesto, immaginarla da sola per quei corridoi con quel peso sul cuore mi fa male. Non ha voluto dirlo a nessun altro, non voglio che mi odi e decida che non vuole che neppure io l'accompagni, capisci che intendo? Saprai meglio di chiunque com'è fatta Angel."
Mi si stringe il cuore.
Perché vuole sempre tenersi tutto dentro?
Non lo ha detto neppure a sua madre, colei a cui ha sempre detto tutto. Andavano insieme ovunque, e ora, per la prima volta, decide di affrontare una cosa così seria da sola. Vorrei rimproverarla, ma allo stesso tempo stringerla forte.
Marc > "Non dirò niente, non preoccuparti. E grazie per starle accanto."
Mi mordo le labbra e azzardo un'altra domanda.
Marc > "Posso chiederti quando lo ha scoperto? Quando ha...quando ha scoperto di avere questi noduli?"
Faccio persino fatica a scrivere quelle parole.
Andrew > "Ha scoperto di avere un linfonodo ingrossato sul lato sinistro del collo i primi di maggio. E lo scorso sabato è andata a Lleida per l'ecografia dove le hanno trovato questa formazione nodulare intorno alla tiroide."
I primi di maggio...quindi quando è venuta al matrimonio aveva già scoperto del linfonodo ingrossato! Ed è per questo che toccava ripetutamente quella zona del collo.
E quando la scorsa settimana l'ho accompagnata a Lleida, all'ospedale, non era per una visita dermatologica di controllo, ma per l'ecografia. Ed io sono rimasto fuori ad aspettarla, come un idiota! Sapevo che c'era qualcosa di strano, me lo sentivo. Mi bastava guardare Angel per avvertire quella sensazione, ma credevo di sbagliarmi.
Perché non me lo ha detto?
Domanda stupida.
Non ci parlavamo neppure fino a qualche settimana fa.
Non posso credere che per colpa di quella serpe io e Angel siamo ridotti a questo. Ma sono stato io l'idiota, in realtà. Io l'ho fatta entrare nelle nostre vite, per uno stupido capriccio.
Marc > "Ultima domanda, poi smetto di infastidirti. Anche se penso che non mi risponderai. Quali altri pensieri ha per la testa...?"
Andrew > "Hai detto giusto Marquez, non posso risponderti, per quanto vorrei. Mi dispiace."
Chiudo gli occhi, sospirando.
Marc > "Certo, lo immaginavo. Ti chiedo scusa per il disturbo e grazie per avermi risposto. Buonanotte."
Poso il cellulare sul comodino, ma so bene che farò fatica a prendere sonno. Altri pensieri...quali? Non riesco a pensare ad altro che a lei, mi sento letteralmente travolto dal suo pensiero.
Dio, è così vicina...
Sento che la mia rabbia sta per trasformarsi nuovamente in lacrime, per cui, spengo la luce, e resto lì, sul mio letto, immobile, a rimirare il buio.
Il mattino seguente mi sveglio molto presto, anche se in realtà, l'uso del verbo "svegliarsi" è piuttosto errato. Ho dormito poco e male, e ho finito per sognare sempre e solo Angel. Una parte di me teme quello che potrà succedere, soprattutto dopo aver ricordato il sogno che ho fatto l'altro giorno. Non mi sembra di buon auspicio. Cerco di sforzarmi di non pensarci, ma è dura. Mi vesto in fretta e vedo Alex entrare nella sua stanza, nascondendo uno sbadiglio. Quando sento bussare alla porta del motorhome sollevo la testa, confuso. Chi diavolo può essere?
Recupero il cappellino ed apro la porta.
<<Finalmente riesco a beccarti!>> esordisce Paola, acida, inarcando un sopracciglio e portando le mani sui fianchi.
<<Avrei da fare, Paola, mi dispiace.>> mi limito a dire, asciutto, superandola e scendendo i gradini.
<<No campione, un minuto devo rubartelo, dato che l'unico momento in cui sono riuscita a vederti, dopo giovedì mattina, è stato ieri in griglia di partenza!>> replica lei, decisa, venendomi dietro.
Non ho minimamente voglia di stare ad ascoltarla, né di parlarle.
<<Sono stato molto indaffarato.>> replico, con un sorrisetto strafottente.
<<Anche giovedì sera eri indaffarato? Perché hai annullato la nostra cena all'ultimo minuto?>>
<<Te l'ho detto nel messaggio che ti ho inviato. Ero stanco e volevo prepararmi al meglio per il weekend.>> spiego, con noncuranza, sollevando le spalle.
<<E io ti ho risposto proponendoti di uscire domenica sera, ma tu non mi hai degnato di risposta!>> sbotta, furiosa, sbattendo le mani sul mio motorino.
Inarco un sopracciglio.
<<Non hai capito, Paola?>> le chiedo, secco. Lei mi guarda confusa, sbattendo le palpebre, le sopracciglia biondo scuro aggrottate. <<Non voglio più avere niente a che fare con te.>> dico, lentamente. Paola spalanca gli occhi, facendo un passo indietro.
<<Vorrai scherzare!>> esclama, la voce stridula.
<<Non vedo perché dovrei.>>
<<E quale sarebbe il motivo di questo tuo cambiamento improvviso?>>
<<Scommetto che se ci pensi ci arrivi da sola.>> Paola incrocia le braccia sotto il seno, inarcando le sopracciglia.
<<Non dirmi che c'entra l'angioletto di Mir!>> serro la presa sul mio ginocchio.
<<No, semplicemente, non mi piace che tu vada a raccontare in giro fatti che appartengono al mio passato, fatti miei, Paola.>>
<<O in realtà ti da fastidio che io li abbia raccontati a lei?>> sibila, di rimando, un sorrisetto compiaciuto sulle labbra.
<<Mettiamola così, sì, mi manda su tutte le furie il fatto che tu l'abbia invitata a bere qualcosa con te solo per raccontarle i fatti miei e dimostrarle quanto io sia un poco di buono che ha solo una cosa in testa.>>
<<E non è forse vero, Marc?>> cinguetta, Paola, sorridendo <<non ho inventato nulla, le ho solo raccontato la verità. Deve sapere che tipo è quello che le ha messo gli occhi addosso, per non cadere nella tua rete e non buttare al vento il suo rapporto con un ragazzo serio come Joan, per uno come te. Potrà anche conoscerti, ma queste cose di te non le sa, Marc, ed è giusto che le sappia.>> continua, un sorrisetto diabolico sulle labbra <<è una creatura adorabile, so che lo pensi anche tu e una così non potrebbe mai mischiarsi con uno come te. Lo sai anche tu in fondo.>>
Trattengo la rabbia che mi infiamma il sangue e mi annebbia la vista per un istante e sollevo un angolo delle labbra.
<<Quindi lo avresti fatto per semplice solidarietà femminile? Chissà perché io invece ho la netta sensazione che tu l'abbia fatto per tenerla eventualmente alla larga da me, per far sì che lei mi detesti, mi consideri, guarda caso, un poco di buono su cui non si può fare affidamento.>>
Il sorriso dalle labbra di Paola scompare. Riduce gli occhi ad una fessura, e si sporge verso di me.
<<Ho rovinato il tuo piano di conquista, campione? Ma scommetto che tempo una settimana, e il tuo bersaglio sarà un'altra più adatta a te. Già il fatto che hai puntato la ragazza di un collega fa capire che tipo sei e ora ti brucia solo per una questione di orgoglio.>>
<<Angel sarà sempre il mio unico e solo bersaglio perché io voglio solo e soltanto lei. >> replico, a denti stretti, senza pensare. Paola sembra quasi diventare di pietra, mentre pianta gli occhi nei miei. Tutta la sua spavalderia sparisce in un istante, si sgretola, e il suo viso diventa una maschera di stupore.
<<Tu...tu cosa?!>> soffia, scioccata.
Non so cosa dire. Non posso rimangiarmi ciò che ho appena detto. Non avrei dovuto lasciarmelo sfuggire, sapere che ora lei è a conoscenza dei miei sentimenti nei confronti di quella che in fondo, è la ragazza di un collega, mi fa quasi girare la testa.
<<Devo andare.>> taglio corto, sedendomi sul mio motorino.
<<Sei innamorato...sei innamorato...di lei?! >> chiede, incredula.
Odio il fatto che ragazze come lei o Irina, sottovalutino una come Angel.
Eppure, anche loro hanno notato la sua grazia, la sua delicatezza, il suo fascino. Ma pensano sempre, che la bellezza esplosiva possa sbaragliare qualsiasi cosa.
Peccato che dallo sguardo limpido e profondo di Angel e dal suo essere irresistibilmente adorabile, sia impossibile fuggire.
Guardo Paola, penso ad Irina, Victoria, e mi rendo conto di quanto ciò che ho detto ad Angel giovedì, sia più vero che mai, ogni istante di più in cui lo realizzo.
Nessuna di loro è Angel.
E io la voglio, la voglio un po' di più ogni minuto che passa.
<<Ne sei sorpresa? Eppure è la creatura più divina che abbia mai messo piede sulla terra. Lo hai detto anche tu. È fottutamente adorabile, sempre, qualsiasi cosa faccia, e proprio per questo per me è la ragazza più sexy, più bella che io abbia mai visto.>>
Gli occhi verdi di Paola sembrano mandare lampi.
<<O forse ti piace solo perché non ti sovrasta con i tacchi come la sottoscritta o tutte le altre?>> domanda, crudele. La guardo, furioso. Poi si avvicina, un sopracciglio inarcato.
<<Potrai continuare a sognartela, perché una così non ti vorrà mai. Non tutto si ottiene con la fama e i soldi, Marquez e sai benissimo che se non fossi quello che sei, nessuna qui dentro ti degnerebbe di uno sguardo. Il tuo bel faccino conta fino a un certo punto.>> sibila, piena di rabbia.
Non posso fare a meno di sorridere.
Non ho mai avuto il minimo dubbio di questo, ma so bene che sta dicendo tutto questo solo perché è furiosa con me.
E in fondo, non posso non notare il complimento che, indirettamente, ha rivolto ad Angel.
<<Oh, ma io l'ho sempre saputo, Paola. E hai proprio ragione su Angel. A lei non è mai interessata la mia fama, né i miei soldi. Anzi.>> sottolineo, sbattendo le palpebre <<Ho già chiesto di fare cambio con l'ombrellina di Dani, tranquilla. Non avrai problemi con lui. Addio.>> metto in moto il motorino e parto, lasciandola in piedi, davanti al mio motorhome.
~·~
[Angel]
Quando mi sveglio, la voce delle moto riempie già il paddock. Dopo che Joan se n'è andato, devo essermi addormentata nuovamente. Ho faticato a prendere sonno stanotte, e sono crollata definitivamente alle prime luci dell'alba. Non riuscivo a smettere di pensare a Marc, al modo in cui si era precipitato nel motorhome, pallido come un lenzuolo, gli occhi pieni di paura e terrore. Continuavo a pensare al modo in cui mi aveva stretto a lui, in cui mi aveva letteralmente preso tra le braccia, come se avesse paura di perdermi. Ero rimasta quasi senza parole quando lo avevo visto in lacrime. Non riuscivo a capire cosa potesse essere successo per ridurlo così. Mi aveva fatto davvero preoccupare e alla fine, non avevo potuto fare altro che accettare di sbloccarlo su whatsapp.
Non significava cedere, alla fine. Avrei potuto bloccarlo benissimo un'altra volta, se volevo. Ma di fronte a quel Marc così disperato, non avevo potuto fare altro che sentire qualcosa.
Così vero, così sincero.
Conoscevo ogni linea del suo viso, ogni sua più piccola espressione. Conoscevo quel viso meglio del palmo della mia mano e avevo letto tutto il dolore, la paura, la disperazione che stava provando. Avrei voluto fare qualcosa per farlo stare meglio, e forse, sbloccarlo su whatsapp e instagram, poteva essere qualcosa per lui, dato che me lo aveva chiesto.
Ed era stato bellissimo tornare a scrivergli, chiamarlo, sentire la sua voce all'altro capo del telefono.
Mi era quasi sembrato che non fossero passati mesi dalla nostra ultima telefonata, ma solo poche ore.
Non solo Marc comunque era parso strano. Anche Andrew, una volta tornato al motorhome con il gelato, era sembrato pensieroso, nervoso come non lo avevo mai visto. Quando gli avevo chiesto cosa avesse, aveva risposto semplicemente che era stanco e che doveva tornare assolutamente a casa per accordare una delle sue chitarre.
Questa mattina c'è un sole pazzesco.
Dopo aver fatto colazione ed essermi preparata, raggiungo il paddock. Mi fermo davanti all'entrata del box dell'Estrella Galicia. Non entro in un box da novembre e onestamente, mi manca. Mi manca poter osservare ogni cosa da vicino, respirare l'adrenalina, la voglia di migliorarsi, di vincere. Inizio a giocherellare con il pass che ho al collo, poi, decido di entrare. Avevo deciso di non venire al box di Joan per evitare di incontrare Alex, di farmi vedere da lui. Ma ora che siamo riusciti a creare un nostro equilibrio, non ho più nessun timore. Spero solo che Joan sia al box, perché se è in pista mi sentirò tremendamente a disagio. L'interno del box appare alla mia vista e lo vedo, scendere dalla moto e avviarsi verso la sua postazione. Solo che quando mi vede, si ferma di colpo in mezzo al box, lo sguardo nascosto dietro la visiera del casco. Gli faccio un cenno di saluto con la mano, in imbarazzo, mentre i meccanici si voltano nella mia direzione.
Voglio sparire ora, subito.
Joan solleva la visiera del casco e non mi stacca gli occhi di dosso mentre torna a sedersi alla sua postazione. Si confronta con il suo team e io resto in disparte, fino a quando non lo vedo sfilarsi il casco e venire verso di me.
<<Scricciolo, sei venuta! Non posso crederci.>> esclama, prendendomi il viso tra le mani, gli occhi pieni di gioiosa incredulità.
<<Ho deciso di farti una sorpresa.>> replico, posando le mani sulla sua tuta. È calda, proprio come lui.
<<Una bellissima sopresa. Sono così felice di vederti finalmente al box. Dopo la gara disastrosa di ieri, il fatto che tu sia qui...per me è importante.>> sorrido e gli accarezzo i capelli sulla fronte, sollevandomi sulle punte per stargli più vicino.
<<Sono qui per te, tesoro.>> soffio e lui mi osserva per qualche istante negli occhi, per poi chinarsi verso di me e baciarmi.
<<Resti qui?>> mi chiede, e io mi limito ad annuire. Lo osservo, mentre torna in sella, e nello stesso momento, Alex torna al box. Approfitto del fatto che non mi ha visto per guardarlo, mentre va a sedersi accanto al suo capotecnico. Poi, dopo diversi minuti, si alza, tirando giù la zip della tuta e si dirige verso il retro del box. E quando solleva lo sguardo, i suoi occhi si posano su di me.
<<Angel!>> esclama, sorridendo.
<<Ciao Alexito.>> lo saluto, sorridendo. Con una falcata, annulla la distanza che ci divideva, e si china verso di me per abbracciarmi. Accidenti, sono circondata da ragazzi che mi sovrastano, e la cosa non mi piace.
<<Sei qui per Joan, vero?>> mi chiede, ma so che è una domanda retorica.
<<Speravo di vedere anche te, in realtà.>> lo sento sorridere, e scioglie l'abbraccio.
<<È bello rivederti qui. Mi sei mancata. Anche se non sei qui per me, però...è sempre bello vederti, Angel.>> gli accarezzo una guancia, mentre sento gli occhi pungermi per le lacrime. È sempre così dolce con me, il mio Alex.
<<Anche a me è mancato il box. È tutta un'altra cosa vivere le gare, l'intero weekend, da qui.>>
<<Beh, allora spero di vederti molto più spesso qui.>> continua, sorridendo. Mi lascia un bacio sulla guancia, poi sparisce nel retro box. Dopo circa un'ora inizia la pausa per il pranzo. I test riprenderanno tra due ore.
Avrei preferito pranzare per conto mio, ma Joan mi ha espressamente chiesto di pranzare con lui e il resto del team, e non ho potuto dirgli di no. Li ascolto mentre discorrono di cose relative alle corse, punti deboli degli avversari e cosa provare nel pomeriggio sulla moto.
Dopo aver fatto una capatina al motorhome torno al box. Joan è già sceso in pista.
<<Ciao.>>
Sento il cuore palpitarmi nel petto e fare una capriola al suono di quella voce. Mi volto, cercando di nascondere il sorriso spontaneo che vorrebbe disegnarsi sulle mie labbra.
<<Ciao.>> soffio, e quando i miei occhi incrociano i suoi, mi vengono i brividi. I brividi, con trenta gradi, percepiti duecento in realtà, in questo momento. Ha un sorriso luminoso dipinto su quelle labbra piene, mentre tiene gli occhi fissi su di me, e sento che le mie ginocchia sono sul punto di cedere.
<<Allora è vero che sei tornata a mettere piede nel box.>>
<<Te lo ha detto Alex, vero?>> gli chiedo, inarcando un sopracciglio. Ci spostiamo a piccoli passi nel retro box. Il sorriso sulle sue labbra si allarga ancora di più.
<<Beccato. Ma sono venuto qui solo perché avevo ancora un quarto d'ora libero e volevo stare vicino ad Alex.>> fa un passo verso di me, mentre infila le mani nelle tasche dei jeans <<Come stai?>> chiede e noto che il suo viso si è fatto improvvisamente serio, quel luccichio perenne che abita nel suo sguardo sembra essere sparito.
<<Bene!>> mi limito a rispondere e i suoi occhi sembrano tremare sotto le ciglia. Vedo i muscoli delle sue braccia contrarsi e la sua mascella indurirsi. Mi chiedo il motivo di quel suo cambiamento così repentino. Di solito non è un tipo lunatico, quella sono io. Non sembra adirato. Sembra sofferente, come se riuscisse a trattenere a stento ciò che sta provando. Mi schiarisco la voce.
<<E tu? Hai dormito dopo...il tuo brutto sogno di ieri sera?>> Marc sbatte le palpebre, guardandomi con un'intensità tale da togliermi il respiro. Pare quasi volermi leggere dentro, entrarmi dentro, nel profondo dell'anima. Eppure, non riesco a distogliere lo sguardo dal suo.
<<No, in verità. Ho dormito malissimo, anzi, non ho quasi dormito.>> replica, lentamente, le sopracciglia che si incurvano verso il basso.
<<Mi dispiace Marc. Ma avanti, era solo un sogno. È finito, ora sei sveglio.>> esclamo, cercando di farlo stare un po' meglio, posandogli una mano sull'avambraccio e stringendolo dolcemente. Una piccola scossa parte dalla mia mano per attraversarmi il braccio e raggiungere il cuore e infine, propagarsi nella mia cassa toracica. Ogni volta che provo cose del genere resto sempre senza parole, oltre al provare sempre un leggero timore.
Non ne uscirò mai.
Non mi passerà mai.
È così che andrà a finire, non è vero?
Stacco la mano dal suo braccio e solo in quel momento alzo lo sguardo su di lui e noto che mi sta guardando come se fosse sul punto di piangere.
<<Marc, ti senti bene? Mi sembri così strano.>>
Faccio un passo verso di lui, senza staccare gli occhi dai suoi. Mi sta facendo preoccupare. Sento che c'è qualcosa che lo tormenta.
<<Cosa c'è che non va?>> continuo e lui si morde il labbro inferiore, per poi allungare una mano verso di me e fermarsi bruscamente quando mancano pochi centimetri dalla mia guancia. Ritrae la mano e lancia un rapido sguardo intorno a sé. Si è fermato perché si è reso conto di dove ci troviamo. Ma non mi ha ancora risposto.
<<Nulla Angel, non preoccuparti.>> si limita a dire, scrollando le spalle e stirando le labbra.
<<Angel!>> mi volto di scatto e Joan è in piedi a pochi metri da noi, la tuta aperta sul davanti a mostrare la maglia termica che indossa e il cappellino calcato sul capo.
<<Tesoro! Stavamo facendo due chiacchiere.>> dico, rivolgendogli un sorriso. Lo vedo sollevare un angolo delle labbra e venire verso di me, ma non posso non notare il modo in cui fulmina letteralmente Marc con lo sguardo, di sottecchi. Mi prende per mano e mi tira dolcemente ma con fermezza vicino a lui.
<<Marquez, non hai i test anche tu?>> gli chiede, il tono di voce privo di espressione, un sopracciglio inarcato.
<<Stavo giusto andando. Ero venuto solo per sapere come stava andando Alex.>> mi lancia uno sguardo, per poi uscire dal box.
<<Joan davvero, mi ha solo chiesto come stavo e io l'ho chiesto a lui.>> spiego, guardandolo. Joan mi osserva e annuisce, accennando un sorriso.
<<Lo so, scricciolo.>> replica, per poi posarmi un bacio sul capo.
<<Sai cosa? Ora vado un po' in tribuna. È da troppo tempo che non ci vado e mi manca. Vedrò anche di farti qualche foto, così dopo ci facciamo quattro risate.>> Joan scoppia a ridere e mi avvolge le spalle con un braccio per attirarmi a sé.
<<Ho già iniziato a ridere, luz.>> replica, e io lo guardo male. <<Scusa.>> fa una piccola pausa, poi mi accarezza la guancia. <<Non puoi neppure immaginare quanto io sia innamorato di te.>> soffia, sulle mie labbra, per poi baciarmi con dolcezza. Sorrido, posando le mani sul suo petto, poi mi allontano da lui.
<<A dopo.>> lo saluto, ed esco dal box. Il paddock è pressoché vuoto durante i test, rispetto ai weekend di gara. Mi tengo piuttosto lontana dai camion che stazionano davanti ai box, come al mio solito. Ho paura delle cose grandi in movimento, anche quando sono ferme. Ho sempre paura che possano iniziare a muoversi all'improvviso. Mi blocco però, quando vedo Marc, seduto sul suo motorino dai colori della Honda, tra i due camion della casa dell'ala dorata.
Non so perché, ma mi avvicino a lui, restando comunque distante diversi passi dai camion.
<<Marc, ti senti bene?>>
Non so perché mi sto preoccupando così tanto per lui. Forse perché non l'ho mai visto così. Lui si volta di scatto verso di me e i suoi occhi si addolciscono all'istante, mentre accenna un sorriso.
<<Sì, Angel. Non preoccuparti.>> poi scende dal motorino e viene verso di me, tendendo una mano.
<<Ancora paura dei camion, vero?>>
<<Sempre.>> replico, afferrando la sua mano. Mi porta vicino a lui e noto che i suoi occhi sono lucidi mentre scruta il mio viso con voracità, quasi come se questa fosse l'ultima volta in cui mi vedrà. Gli poso una mano sulla guancia, e lui socchiude gli occhi.
<<Sono solo pensieri, Angel.>> mormora, come se mi avesse letto nel pensiero. <<piuttosto, mi è piaciuto tantissimo parlare con te ieri sera. Grazie per avermi sbloccato.>> continua, guardandomi con quei suoi occhi limpidi.
<<Vedi di meritarlo.>> replico, con un sorriso sulle labbra.
<<Lo meriterò, Angel.>> dice <<oh, ho ascoltato la canzone che mi hai mandato.>>
<<Allora? Ti piace?>> gli chiedo, sorridendo.
<<Molto bella, sì. Solo un po' triste.>>
<<Ma descrive il dolore con una delicatezza e un candore unici, non credi?
"E non sai quanta bellezza
Sta negli occhi disperati
Stropicciati come te
Ci sono anch'io
In questo concerto di spine e di perle
Tu ridi per quanto hai tenuto la faccia composta davanti alle sberle.">>
Canticchio, per poi guardarlo, stringendomi nelle spalle.
<<La trovo molto dolce e mi commuove, anche per il fatto che ovviamente la associo a Braccialetti Rossi.>> spiego, per poi fissare i miei occhi nei suoi. Continua a guardarmi in quel modo e nonostante sappia che mi sta ascoltando, una parte di me non può fare a meno di notare che è perso nei suoi pensieri.
<<Perché mi guardi così?>> gli chiedo, inarcando un sopracciglio.
Lui spalanca gli occhi, e scuote appena il capo.
<<Perché sei bellissima.>> replica, portandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Tiro un angolo delle labbra verso l'alto, guardandolo poco convinta.
<<Anche con il nuovissimo brufolo che mi è uscito sulla guancia stanotte?>> e lo indico con un dito.
<<Anche, anzi, lo sei ancora di più.>> gli do una leggera spinta, sogghignando.
<<Aspetta che ci credo, Marquez.>> replico, scuotendo la testa <<Avanti, torna in pista. Io vado un po' sugli spalti. Non vedo l'ora di vederti sulla tua moto.>> gli faccio l'occhiolino, per poi dargli le spalle e raggiungere gli spalti.
Solo che non riesco a smettere di pensare a Marc e al modo in cui mi guarda ogni volta che mi dice che sono bellissima. Il suo sguardo è così carezzevole, vellutato e appassionato che mi fa girare la testa. Ogni volta che me lo dice mi fa sentire così bene, mi fa sentire come se il mio sangue fosse attraversato da tante piccole scosse elettriche. Mi sento davvero bella sotto il suo sguardo. Sono così persa in questi pensieri, che persino la voce delle moto è passata in secondo piano. Scuoto la testa e proprio in quel momento Joan passa davanti alla tribuna dove sono seduta. Scaccio via l'immagine degli occhi di Marc e tiro fuori il telefono dalla borsa per scattare diverse foto a Joan. Ma, come ogni volta, rimango letteralmente incantata a guardare Marc. Potrei passare il resto della mia vita a guardarlo sulla sua moto. Scatto anche a lui alcune foto e gli invio quella che mi sembra essere venuta meglio. Poi torno nel paddock.
[Marc]
<<Bene ragazzi, abbiamo finito. Ci vediamo mercoledì prossimo ad Assen.>> annuncia Santi, e al suono della sua voce ci alziamo tutti dai nostri posti. I test sono andati alla grande. Ora non vedo l'ora di tornare a casa. Mi sfilo la tuta e indosso maglietta e cappellino e recupero il cellulare. Sblocco lo schermo e la notifica della presenza di un messaggio di Angel appare ai miei occhi. Il cuore inizia a battermi come un pazzo nel petto e mi sento un idiota. Mi ha solo scritto un messaggio, avanti.
Angel > "Il mio punto di vista. Ps: non è vero, dal vivo è molto più bello."
Mi ha scattato una foto mentre ero in pista. Beh, in fondo non dovrei restarne sorpreso. Sono o non sono il suo pilota preferito? E questo è qualcosa che il caro Joan non potrà mai togliermi.
Marc > "Ma chi è quel pilota estremamente talentuoso e affascinante che hai fotografato?"
Mi incammino verso l'area privata, quando il telefono vibra nuovamente. Lo recupero e leggo la risposta di Angel.
Angel > "Sicuramente la modestia non gli appartiene, questo no, anzi. Poi, affascinante...mi sembra un po' troppo."
Inarco un sopracciglio.
Marc > "Hai ragione, avrei dovuto dire bellissimo."
Osservo il messaggio che le ho appena inviato, poi riprendo a scrivere, senza fermarmi.
Marc > "Non voglio parlarti così, tramite un telefono, voglio parlarti mentre ti stringo tra le braccia, mentre ti accarezzo i capelli, scruto il tuo viso, mentre ti riempio le guance di baci. Voglio stare con te Angel, cristo, mi manchi, mi manchi, mi manca dormire con te!"
Sospiro, e cancello ogni parola prima che possa fare l'errore di mandargli quel messaggio.
<<Marquez?>> sollevo la testa, lentamente, perché so già a chi appartiene la voce che mi ha chiamato <<posso parlarti un attimo?>>
Non attende neppure una mia risposta, mi fa un cenno col capo e si incammina verso lo spazio ridotto tra i due camion dell'Estrella Galicia posti all'entrata del suo box e di quello di Alex.
Mir si appoggia contro la parete alle sue spalle, incrociando le braccia, non appena mi piazzo davanti a lui.
<<Arriverò dritto al punto. Non voglio che tu giri intorno ad Angel. Voglio che le stai lontano, il più lontano possibile. È chiaro?>>
Poggio la testa contro la parete, socchiudendo gli occhi e sorridendo. Sapevo che questo momento sarebbe arrivato. E in realtà, non vedevo l'ora che arrivasse.
<<Quindi non ti fidi di Angel?>> noto la confusione sul suo viso, le sopracciglia aggrottate, il modo in cui sbatte le palpebre.
<<Certo che mi fido di Angel! Non mi fido di te, è diverso.>>
<<Se ti fidi di lei allora, non vedo perché dovresti temere qualcosa.>>
<<Mi urta semplicemente il fatto che le stai sempre intorno. Sempre. È così difficile da capire?>>
<<Certo che no, capisco...ma se fossi sicuro di te non saresti qui a farmi questa richiesta. Posso girare quanto voglio intorno ad Angel, se lei ti ama e vuole te non correrai nessun rischio. Angel non è una persona che fa le cose alle spalle, parla sempre chiaro, e se non dice ciò che pensa o prova a voce, è il suo corpo a parlare per lei. Se ti fidi di lei ma ti da fastidio vedermi vicino a lei...significa semplicemente che mi temi.>> assottiglio lo sguardo e cerco di trattenere un sorrisino compiaciuto. <<Sbaglio forse?>>
Vedo la rabbia infiammare lo sguardo di Mir. Serra la mascella e stringe le mani intorno alle braccia.
Fa un sorrisino tirato e un passo verso di me.
<<Ha scelto me, Marquez. Io ho vinto e tu hai perso. Capita, nella vita. Arrenditi. Non tornerà mai più da te, lo sai. Lasciala in pace.>>
Inarco un sopracciglio, cercando di non far trapelare la mia rabbia.
<<Quindi, sai che Angel non tornerà mai più da me ma mi chiedi di starle lontano comunque...non ha molto senso. E deve essere lei nel caso, a dirmelo, Mir. Non tu. Forse non hai ancora idea di quanto sia diretta e senza filtri Angel, quando qualcosa non le piace o la infastidisce. Eppure hai intravisto il suo caratterino, a Cervera, la scorsa settimana. E ripeto, se mi chiedi di starle lontano è perché temi che possa tornare da me. Come si dice, lontano dagli occhi, lontano dal cuore, no? Se non mi vede più, si dimenticherà una volta per tutte di me, è questo che pensi, non è così? Mi dispiace, Joan, un rapporto come quello mio e di Angel è difficile da cancellare. Puoi tenerci lontani quanto vuoi, ma è inutile se viviamo l'uno nella mente dell'altro. E fino a quando non sarà lei a dirmi che non vuole più avermi intorno, io continuerò a starle vicino.>>
Joan mi guarda, furibondo. Penso che abbia una gran voglia di tirarmi un pugno in faccia.
<<Perché pensi di avere ancora una possibilità con lei, è solo questo il motivo. Ma lei mi ha detto chiaramente che anche se riesce a parlarti ora, non significa niente, Marquez. Niente. Perché sta con me, ed è me che vuole, ora.>>
Sento una fitta al cuore. So bene che non avrei potuto aspettarmi niente di diverso, potevo forse aspettarmi che Angel gli dicesse che mi ama alla follia e vuole tornare con me? Certo che no. In fondo, in quel brevissimo tempo che abbiamo passato insieme, non ha mai detto di amarmi. Sapevo e so tuttora che Angel ha bisogno di molto tempo per aprirsi, e non ho mai preteso che lei mi dicesse simili parole, ma sentire la sua voce dirmi che mi amava era un desiderio che bruciava e continua a bruciare ardentemente nel mio cuore.
<<Sei ancora pazzo di lei, non è vero? È comprensibile, in fondo. Una come lei è speciale. È come una droga, ti intossica il sangue e manda in fumo il tuo cervello. Ha una personalità che ti strega, persino con le sue paure. E forse, la cosa che la rende ancora più affascinante è che ne è del tutto inconsapevole. Ha quel modo così lento di baciarti che ti fa letteralmente impazzire, quel modo limpido, innocente e profondo di guardarti negli occhi e quel modo di sorriderti che ti annienta.>> solleva gli occhi su di me e sorride <<ti manca, vero Marquez? Ti manca da impazzire, non è così?>> continua, avvicinandosi a me con quel sorriso trionfante sulle labbra, quei dieci centimetri e passa di altezza con cui mi sovrasta, con cui probabilmente pensa di intimidirmi. Eppure dovrebbe sapere che io non mi faccio intimidire da nessuno.
<<Un giorno mancherà a te, Mir.>> sibilo, a pochi centimetri dal suo viso, per poi allontanarmi da lui, il cuore che pulsa nelle mie tempie a causa dell'adrenalina e della tensione. Vuole che stia lontano da Angel? Bene. In un momento del genere, non voglio altro che starle vicino il più possibile. Ed è quello che farò.
[Angel]
Amo stare seduta accanto alla finestra aperta d'estate, godere delle mille voci della natura che vive il suo massimo splendore, della brezza leggera che increspa la mia pelle e del cielo di un azzurro intenso. Per essere precisi, mancano due giorni al solstizio d'estate, ma ormai è qui. È arrivata.
Duchessa è acciambellata ai miei piedi. Abbiamo fatto stranamente pace in fretta, probabilmente sentiva la mia mancanza almeno quanto io sentivo la sua.
Avevo bisogno di tornare a casa. Avevo bisogno del verde intenso dei prati di montagna e del risuonare in lontananza dei campanacci delle mucche al pascolo. Anche se ultimamente, non provo più la stessa sensazione, quando ritorno a casa. Nonostante respiri questa aria fresca, nonostante i miei occhi si posino sulle cime delle montagne in lontananza, mi sento distante centinaia di chilometri da qui. È come se non mi sentissi più parte di questo luogo, come se il mio cuore non riconoscesse più queste strade, questi prati. Come se volesse andare altrove. Come se sentisse di non appartenere più a questi luoghi.
E se non appartengo al luogo in cui sono cresciuta, allora qual è casa mia?
Non sono mai stata più confusa e preda dell'incertezza come in questo momento.
Getto un'occhiata al cellulare posato sul comodino e sospiro. Io e Joan ci siamo sentiti un'oretta fa e non mi è parso così strano come ieri sera. Probabilmente ha smaltito la rabbia. Non so ancora che cosa sia successo da renderlo così nervoso e scuro in volto. Non lo avevo mai visto così prima, neppure dopo la caduta di domenica. Sembrava furioso e contrariato. Nel corso della serata si è poi sciolto un po', anche se, quando gli ho chiesto che cosa ci fosse che non andava, mi ha semplicemente risposto che aveva discusso con un collega e non dovevo preoccuparmi. Sbuffo e mi getto come un sacco di patate sul letto.
Onestamente, vorrei scappare via da tutto e tutti. Mi sembra di essere finita in un frullatore e di vedere vorticare Joan, Marc, me stessa e tutte le mie paure, l'angoscia, l'ansia e quegli occhi...sento di star per crollare. Sono al limite, non ce la faccio più. Sento Duchessa saltare sul letto con la sua solita grazia e delicatezza e sento il suo musetto sfiorarmi i capelli. Penso di aver bisogno di dormire. Non farei altro ultimamente. Dormirei sempre, perché quando dormo fuggo via.
Il cellulare vibra, e allungo una mano per controllare di chi si tratta. Joan mi ha mandato un messaggio, ma penso che gli risponderò più tardi. Ora ho bisogno di stare da sola.
<<Angel?>> mia nonna bussa contro la porta, per poi aprirla. <<piccolo fiore, stai bene?>>
Non rispondo e lei viene a sedersi sul letto, accanto a me.
<<Sì, nonna.>>
<<Mmh...guarda che io ti conosco. Cosa c'è che non va?>>
<<Nulla...pensieri.>>
<<Tu pensi sempre, piccola mia. Che tipo di pensieri sono questi?>>
<<Confusi, nonna. Mi manca quella che ero. Mi manca l'Angel che non si lasciava neppure toccare dai sentimenti. Era tutto più facile.>> sospiro.
<<Ci sono problemi con Joan?>>
<<No! Cioè...Joan non c'entra niente. Lui è perfetto. Davvero perfetto. Sono io che...sono confusa. Voglio stare con Joan, ma...>>
Non posso dirle di Marc. Non posso dirle che è anche a causa sua se sono confusa. Rivederlo e passare del tempo con lui mi ha letteralmente mandato in tilt. C'è sempre lui di mezzo, per quanto abbia provato a stargli lontano.
<<A volte, anzi, molto spesso, mi manca l'Angel che se ne stava per i fatti suoi, a cui le relazioni non interessavano minimamente e aveva il suo cuore di ghiaccio intatto. Sapevo che instaurare relazioni avrebbe portato problemi e ne stavo alla larga. Vorrei tornare ad essere quella Angel. Non ho cambiato idea, una relazione per me non è un bisogno, ma...mi manca semplicemente quel periodo. Quel periodo in cui ero certa che non mi sarei mai innamorata. Ho già i miei problemi e le mie ansie, aggiungerci anche quelle legate ad una relazione non era un qualcosa di cui avevo bisogno. Inoltre, mi sentivo più forte, prima. Quasi intoccabile.>>
"E la gelosia per Paola gambe lunghe?"
Stringo le labbra per quella vocina interiore che continua a mormorarmi nell'orecchio.
<<Sei davvero sicura che non ci siano problemi con Joan, tesoro?>> mi chiede nuovamente mia nonna.
<<Sì nonna, sì. Te l'ho detto, lui è fantastico.>>
<<Ma il problema non è lui.>> replica, con un sorriso. <<Dopo quello che hai detto, il problema è qui>> mi posa l'indice sulla fronte <<e soprattutto, qui.>> e indica il cuore, con un sorriso. <<Non cambierai mai totalmente Angel, sarai sempre un po' rigida e votata più alla ragione, ma una relazione deve farti stare bene. Se inizi ad avere dubbi o a rimpiangere il periodo in cui non provavi nulla per nessuno...forse devi fare chiarezza dentro di te.>>
<<Io...io penso che avrò sempre questo rimpianto, ogni volta che avrò un problema.>> sogghigno, nervosamente.
<<Lo avevi, quando stavi con Marc?>> mi chiede, prendendomi alla sprovvista.
<<Sono stata un mese e mezzo con Marc. Dubito che conti qualcosa. Non posso fare paragoni. La mia relazione con Joan è già durata il doppio rispetto a quella con Marc.>> borbotto.
<<Non è il tempo che conta, Angel, ma quello che provi.>> replica, portandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. <<che tu rimpianga il periodo in cui rifuggevi dai sentimenti e stavi per conto tuo dopo una discussione o durante, è comprensibile. Provarla quando invece va tutto bene, come dici tu...è un'altra, capisci cosa intendo?>>
Non so che cosa dire, per cui, resto zitta.
Forse avrei fatto meglio a tenermi tutto per me. In fondo sono solo un po' confusa, ma riuscirò a schiarirmi le idee. Devo riuscire a liberarmi dal pensiero onnipresente di Marc, altrimenti rischierò di esplodere. Sto trascurando il mio rapporto con Joan a causa sua e non voglio rovinare tutto. Sulla mia strada è arrivato un ragazzo di cui mi fido e che ha tutto ciò che cercavo, nel caso, in una persona e non intendo perderlo per uno come Marc.
Io lo so che lui non va bene per me. L'ho sempre saputo.
Siamo troppo diversi, troppo lontani l'uno dall'altro. È ancora quel ragazzo nato e cresciuto in una cittadina di campagna, ma una parte di lui ora è abituata a lussi e compagnie che sono troppo lontane da me. Apparteniamo per certi versi, a mondi lontani che non hanno nulla in comune tra di loro.
<<Riposa, ora. Mi sembri molto stanca.>> mormora mia nonna, posandomi un bacio sulla fronte, per poi uscire dalla mia stanza. Sento Duchessa miagolare e leccarmi l'interno del polso con la sua linguetta ruvida.
Voglio liberarmi dal pensiero di Marc, eppure l'ho sbloccato su whatsapp e instagram. Non avrei dovuto farlo. Ora è come se avessi fatto un passo ulteriore verso di lui ed è sbagliato. Non avrei dovuto cedere domenica sera. Vederlo così sconvolto mi ha smosso qualcosa al centro del petto, e non sono riuscita a dirgli di no, ma ora me ne sto pentendo.
Stupida, stupida, stupida.
Sbuffo, mentre affondo il viso nel cuscino.
Cosa devo fare per farlo uscire una volta per tutte dalla mia testa?
~·~
[Marc]
<<Sono arrivato!>> esclamo, a gran voce, varcando la soglia della casa dove vivono i miei nonni paterni.
Sono andato a fare la spesa per loro, e ora, io e mio nonno faremo la nostra solita passeggiata per le strade lastricate della città.
<<Oh, eccoti tesoro, hai preso tutto?>> esordisce mia nonna Soledad, mentre scende l'ultimo scalino.
<<Tutto.>> mi limito a dire, annuendo. Mia nonna sorride, e mi posa un bacio sulla guancia.
<<Grazie, tesoro.>>
<<Il nonno?>>
<<Ora arriva, è di sopra.>> replica mia nonna, facendo un cenno col capo verso il piano superiore.
<<Eccomi, ragazzo, sei pronto?>> mio nonno Ramon appare sulla cima delle scale, una camicia bianca a maniche corte di cotone e un cappellino calcato sulla testa per proteggersi dal sole.
<<Eccome, andiamo!>> non appena mi raggiunge, salutiamo mia nonna e usciamo. È una giornata calda ma ventosa, e si sta particolarmente bene. Dopo un centinaio di metri svoltiamo l'angolo e ci incamminiamo verso il centro di Cervera.
<<Marc, vorrei chiederti una cosa, ma temo di ferirti se lo farò.>> mi volto a guardarlo, confuso.
<<Come potresti ferirmi? Chiedi pure, avanti!>>
<<È vero che Angel è tornata a Cervera?>> scosto lo sguardo, per riportarlo sulla strada davanti a noi.
<<No. È solo tornata per qualche giorno, a fasi alterne nelle scorse settimane e tornerà anche questo fine settimana. Ma poi se ne andrà di nuovo.>> spiego, cercando di non far trasparire la minima emozione dalla mia voce.
<<Oh.>> intuisco la delusione nel suo tono. Angel gli è sempre piaciuta, sin dal primo istante in cui gliel'ho presentata. <<Da quel che ho sentito in giro, pensavo fosse tornata per restare. Peccato.>>
<<No, lei...non tornerà mai più.>> soffio, scrollando le spalle. Non ribatte, non dice cose come "non essere così pessimista, nipote!". Sa di chi stiamo parlando, conosce Angel e sa quanto sia irremovibile nelle sue decisioni.
<<Quindi è decisa a restare in Italia per sempre.>>
<<Se non sarà l'Italia sarà Maiorca.>> replico, sogghignando con amarezza, e scrollando le spalle.
<<Maiorca? Perché Maiorca?>>
Accidenti.
Ho parlato troppo.
Infilo le mani nelle tasche dei jeans.
<<Perché il suo attuale...ragazzo...>> faccio persino fatica a dire quella parola.
Il suo ragazzo.
E non sono io.
<<...Vive lì.>>
Con la coda dell'occhio vedo mio nonno fermarsi.
<<Non capisco, Angel ora non vive in Italia?>>
<<Vive tra l'Italia e Maiorca. Anche se non penso che potrà fare in eterno la spola tra i due paesi...>>
<<Non sapevo avesse un nuovo fidanzato. Come lo avrà conosciuto?>> sospiro.
<<Lo conosceva già da prima, nonno. E lui le andava dietro dallo scorso anno.>>
<<Come dargli torto.>> commenta mio nonno, e io non posso fare a meno di sorridere e scuotere il capo.
Nonostante l'età, mio nonno è ancora parecchio sveglio, spesso anche più di me.
<<La maggior parte della gente che Angel conosceva era di Cervera, al massimo Barcellona. E l'unico posto che frequentava, fuori da Cervera, era il paddock. Maiorca...non dirmi che si tratta di Lorenzo.>>
<<No, no.>>
<<Allora è quello che ha vinto il mondiale in Moto3 l'anno scorso.>> continua, sicuro.
<<Bravo.>> mi fermo, abbassando lo sguardo e fissando le mie scarpe. <<è successo proprio quello che ho sempre temuto. Che arrivasse qualcuno di perfetto per lei e...la portasse via da me. Sì, nonno, è un modo di dire, so benissimo che Angel non è un pacco.>> mi affretto a precisare, sapendo benissimo quello che stava per dire. <<So anche che Mir non c'entra nulla con il fatto che lei sia tornata in Italia, ma...una parte di me sapeva che sarebbe successo. Ed io non ero preparato, non ero pronto. Anche se non sarei mai stato pronto.>>
Sogghigno nervosamente e mi siedo su una panchina posta davanti al parapetto in pietra da cui si gode la vista delle colline che circondano Cervera.
<<E questo ragazzo è perfetto per lei, secondo te?>> chiede mio nonno, raggiungendomi.
<<Sì.>> ammetto, con un filo di voce. <<spesso, più che altro per stuzzicarla, io o Alex chiedevamo ad Angel se avesse mai pensato alle caratteristiche della sua persona ideale. E Mir, tolto il fatto che non è un'artista, un violinista o un genio...le ha praticamente tutte, o quasi. È serio, non ha grilli per la testa, predilige lo stesso tipo di divertimento di Angel, è umile, "di testa", esattamente come lei. Immagino già come deve essersi sentita, quando lui le ha detto che non gli piace andare in discoteca. Lo avrà guardato e avrà pensato: "è perfetto per me". Invece io...io...>>
"Sei tutto quello che io non voglio."
Me lo ha ripetuto così tante volte, anche se lo sapevo già.
Lo avevo sempre saputo, in fondo.
<<Tu sei stato l'unico a cui ha aperto il suo cuore.>> mio nonno finisce la frase per me, ed io mi volto a guardarlo, non sapendo cosa dire. Mi sento così perso, negli ultimi giorni. Vorrei correre da lei, stringerla forte, non lasciarla più. Ma al tempo stesso, una parte di me sa che niente potrà mai essere come prima, se lei continua a credere che io l'abbia tradita. Avevo pensato persino di contattare Linda e chiederle di dire la verità ad Angel, ma sono arrivato alla conclusione che se l'avessi chiamata, ne avrebbe approfittato per tornare a parlare di me sui giornali, cosa che aveva fatto per i tre mesi seguenti alla nostra rottura ufficiale.
<<Marc, ti rendi conto di cosa significa per una come Angel?>>
<<Che si fidava abbastanza di me per farlo. Ma ora non si fida più di me, nonno...>> sento che sta per venirmi da piangere, e cerco di ricacciare indietro le lacrime.
<<Non so come andrà tra di voi, ma lasciami dire che non ti sei mai reso conto di niente in merito a quella ragazza, Marc!>> sogghigna, e lo guardo di traverso.
<<Mi ricordo ancora quando me l'hai presentata, a quel pranzo della domenica di sei anni e mezzo fa. Mi ha conquistato subito, con uno sguardo. Quel misto di riservatezza, timidezza e sicurezza nelle proprie convinzioni mi ha ricordato qualcuno.>> lo guardo, incuriosito. <<tua nonna Soledad, Marc. È una donna di polso, lo sai. E quello sguardo negli occhi di Angel mi ha riportato al momento in cui ho visto tua nonna per la prima volta e me ne sono innamorato all'istante. Adoravo il fatto che ad Angel non servissero le parole per esprimere il suo disappunto o la sua disapprovazione, bastava guardarla in faccia. Guardavo lei e poi guardavo te. Il modo in cui la guardavi, Marc...ho capito subito che la parte più profonda di te era già innamorata di lei.>> sento una fitta al cuore. Mi sento come se mi avessero tirato uno schiaffo in pieno viso.
<<Cosa...perchè...perchè non me lo hai detto?!>> gli chiedo, sconvolto.
<<Sarebbe servito a qualcosa, Marc?>> mi guarda, inarcando le sopracciglia e rivolgendomi quel sorriso di chi sa già la risposta. Chiudo la bocca, abbassando lo sguardo.
<<Dovevi capirlo da solo. Avresti negato, perché non eri ancora pronto per realizzarlo. Avevi altri desideri, Marc, come ad esempio, goderti il tuo status da pilota. Sarebbe stato inutile.>>
<<E lei?>>
<<Vuoi sapere se anche per lei è stato lo stesso sin dall'inizio?>> lo guardo, titubante.
<<Angel è diversa da te, Marc. Molto diversa. Venite da due storie di vita diverse, avete vissuto due percorsi diametralmente opposti. Tu sei cresciuto protetto dal tuo nucleo familiare, amato, coccolato, abbiamo cercato tutti quanti di darti tutto l'amore possibile e abbiamo cercato di evitarti ogni sofferenza, per quanto possibile. Sei cresciuto con spontaneità, pieno di gioia e fiducia nel futuro. Sei stato un bambino felice. Per Angel è stato diverso. Lei ha visto crollare tutto il suo mondo a sei anni, e da quel che mi hai detto poi, quello che ha scoperto e che era nascosto in un angolo della sua mente, era anche peggio dell'abbandono. Il suo essere bambina è finito troppo presto. E si è rinchiusa nel dolore, allontanando e rifiutando ogni tipo di emozione e sentimento perché ritenuto sintomo di debolezza. Era più complicata di te, molto più complicata. Se con te mi basta uno sguardo, anche grazie al fatto che sei mio nipote e mi basta guardarti per capire quello che pensi, con Angel serviva tempo. Non bastava uno sguardo. Ciò che Angel prova si nasconde nei gesti leggeri, nel riuscire a non aver paura di aprire il proprio cuore, nelle frasi sussurrate e nei sorrisi. Se a te sono bastati dieci minuti per essere conquistato da lei a lei è servito molto, molto più tempo. Tu ci sei arrivato prima, anche se neppure te ne rendevi conto, lei dopo. Una come lei non ti dirà mai il classico "ti amo", Marc, forse lo dirà solo quando sentirà il cuore scoppiare nel petto perché non riesce più a trattenere quelle parole. Lei invece ti guarderà mentre dirai una sciocchezza, scuoterà la testa e sogghignando dirà: "sei un idiota". E in quel momento, ti avrà detto ti amo. O quando si sentirà insicura e ti prenderà per mano e ti guarderà chiedendo una parola di conforto. Ti avrà detto ti amo, Marc. O quando ti mostrerà tutto il suo sostegno prima di una gara o soffrirà con te o si preoccuperà per la tua salute e ti dirà che gli manchi.>>
<<Ma Angel queste cose le ha fatte...tutte.>> mormoro, e lui mi osserva come se sapesse ogni cosa.
Me lo ha detto, me lo ha detto decine di volte anche quando eravamo in Asia. Come posso dimenticare il modo disarmante in cui mi ha detto che le mancavo quando io ero in Indonesia e lei in Australia? O quando mi ha detto che se mi avesse perso sarebbe stato devastante, per lei.
<<Vedi, Marc?>>
<<Sì, ma...una parte di me avrebbe voluto sentirle dire un giorno, queste parole, ben sapendo quanto sarebbe stato difficile per lei dirle, e se si sentiva pronta significava solo che era letteralmente persa per me, almeno quanto io lo ero di lei.>> riesco solo a dire, con la voce strozzata. <<comunque, ora tutto questo appartiene al passato. Lei non mi vuole più, ora vuole...il ragazzo perfetto che è capitato sulla sua strada.>>
<<Hai detto che questo weekend tornerà a Cervera.>> annuisco.
<<Vai da lei. O pensi di rischiare la vita?>> sogghigno.
<<La tensione tra me e Angel si è allentata notevolmente, per fortuna.>>
<<Allora cerca di passare del tempo con lei, Marc. È tutto quello che puoi fare, ora. Spero davvero che tutto finisca per il meglio, tra voi.>> mi limito ad alzare le spalle, non sapendo cosa dire. Vorrei passare tutto il mio tempo libero con lei, se fosse per me, trascorreremmo tutto il weekend senza staccarci mai l'uno dall'altro.
Se fosse stato per me, non ci saremmo mai separati l'uno dall'altro.
~·~
[Angel]
Mi era mancata Maiorca.
Ormai le strade, i negozi, i bar, mi erano familiari.
Non avevo mai vissuto l'estate in un luogo di mare. Ero cresciuta in montagna e Cervera distava più di cento chilometri da Barcellona, e, nonostante amassi quella città, ci ero stata relativamente poche volte. Inoltre, non nutrivo tutto questo bisogno di stare vicino al mare come adesso.
Questa mattina Joan si è svegliato presto come ogni giorno per raggiungere un circuito di motocross non molto distante dalla città. Io ho portato Dakota a spasso, e le ho scattato non so quante fotografie. Al contrario di me, lei veniva benissimo in tutte. Sono andata a sedermi vicino alla spiaggia e Dakota, sedendosi accanto a me, ha posato il muso nero come la notte sulle mie gambe. Ho sentito il bisogno di immortalare quel momento così tenero. Mi sono affezionata molto a questo cane. Poso una mano sul cappello che ho in testa, per evitare che una folata di vento me lo porti via. Dakota accanto a me, zampetta allegramente. Poi mi viene un'idea.
<<Dakota, ti va di andare a trovare il tuo padrone?>>
Sono già andata al circuito di motocross con Joan, quindi ricordo la strada.
Esco fuori città, e raggiungo il circuito. Mi fermo a bordo pista, aspettando di vedere Joan apparire. Dakota abbaia subito quando lo vedo e le lascio una carezza tra le orecchie.
<<Mi luz! Sei qui!>> esclama subito, non appena mi raggiunge, fermando la moto davanti a me.
<<Ho deciso di farti una sorpresa!>> esordisco, mentre lui si toglie il casco e si china verso di me per baciarmi. Dakota abbaia nuovamente, e Joan sogghigna, dandole una carezza.
<<Le due ragazze che amo di più qui con me, ti ho già detto di quanto mi sento fortunato?>> mormora, posandomi un bacio sulla guancia.
<<Mmh...giusto due o tre volte.>> replico, abbracciandolo.
<<Faccio un'altra mezz'oretta, poi andiamo, va bene?>> annuisco, e io e Dakota andiamo a sederci su una delle balle di fieno poste a bordo pista, all'ombra.
Lo osservo, e una parte di me torna indietro al tempo in cui passavo anche interi pomeriggi ad osservare Marc mentre sfrecciava sulla terra battuta. Mi sono resa conto molto più tardi, che adoravo guardarlo qualsiasi cosa facesse. Fondamentalmente, mi bastava avere gli occhi posati su di lui, per sentirmi in pace con il mondo, cosa molto difficile per una come me.
Sento sempre nostalgia del passato, di quello che avevamo. Fa così male che spesso mi viene da piangere. Alla fine, Marc non ha "approfittato" del mio averlo sbloccato, e lo apprezzo. Mi ha scritto per l'ultima volta l'altro ieri, per chiedermi come stavo. Penso che non me lo abbia mai chiesto così tanto spesso come negli ultimi giorni e la cosa mi confonde.
Ultimamente per distrarmi guardavo Braccialetti Rossi, ma dopo l'inizio dell'episodio che stavo guardando l'altro giorno, ho spento tutto e ho deciso di aspettare. Il fatto che uno dei coprotagonisti avesse scoperto la presenza di un nuovo linfonodo ingrossato mi aveva rovesciato addosso un agitazione tale da togliermi il respiro.
Ho paura.
E non posso nasconderlo.
Quando scende la sera, dopo cena, io e Joan usciamo per una passeggiata. È così bella Palma di Maiorca, non credevo che mi sarei trovata così bene qui. È una città di mare piena di vita proprio come Barcellona, ma al tempo stesso è diversa. Stringo la mano di Joan e poggio la testa sul suo braccio. Nonostante io abbia i tacchi è ancora troppo alto, per me.
<<Il mio scricciolo adorabile.>> lo sento mormorare, prima di posarmi un bacio tra i capelli. Sorrido. Se faccio fuori Marc dai miei pensieri, o almeno ci provo, non ho problemi. Io e Joan andiamo alla grande.
<<Stavo pensando ad una cosa>> dice, dopo qualche secondo. <<E se...venissi con te a Cervera?>> mi volto a guardarlo. Mi farebbe piacere se venisse, anche se non saprei come giustificare il mio andarmene di mattina presto lunedì, con Andrew. Con mia madre è più facile, con Joan è una situazione diversa. Si domanderà perché non voglio che venga e penserà sicuramente male.
<<Sarebbe fantastico, tesoro, ma...non hai quell'evento con i bambini, nel weekend?>> Joan sbuffa, gettando la testa all'indietro. <<me ne ero completamente dimenticato. Potrei sempre rimandarlo...>> sogghigno, scuotendo la testa.
<<Dubito che tu possa farlo.>> Joan stringe più forte la mia mano e io mi fermo, prendendogli il viso tra le mani.
<<Tornerò presto, tesoro. Non devi preoccuparti. Anzi, promettimi che domani sera, e anche domenica, vedremo un film insieme. Faccio scegliere a te, va bene?>> Joan annuisce, ma sembra poco convinto. Poi riprendiamo la nostra passeggiata.
Come ho sempre detto, detesto svegliarmi presto, ma farlo d'estate è decisamente meglio che farlo d'inverno. Dopo aver fatto colazione, ed essermi preparata, controllo di aver messo tutto in valigia per l'ultima volta. Mi vesto, e sento lo sguardo di Joan su di me, appoggiato con una spalla allo stipite della porta.
<<Tutto bene?>> gli chiedo, anche se conosco benissimo la risposta. Basta guardarlo in faccia. È scuro in volto.
<<Angel, a me non piace il fatto che tu vada a Cervera.>> dice, arrivando dritto al punto. Chiudo la valigia, con un sospiro e mi volto verso di lui.
<<E come ti ho detto, lo capisco benissimo, ma voglio ricordarti che a Cervera non c'è solo Marc, ma anche mia madre, mia zia, parte della mia vita, e la mia fottutissima dottoressa!>> esclamo, allargando le braccia. <<Io non vado a Cervera per Marc, Joan, lo capisci? Non avrebbe il minimo senso stare con te, se poi vado da lui. Queste cose non mi appartengono, non potrei mai farlo, e nel remoto caso in cui dovesse accadere qualcosa con qualcun altro, credimi, non riuscirei a continuare a stare con te.>>
So che se avessi detto sin da subito a Joan del problema ora non sarebbe qui a pensare costantemente a Marc e al motivo per cui vado a Cervera, ma non volevo che si preoccupasse prima del tempo. Deve essere concentrato solo sulla moto e, a quanto pare, su Marc. Non volevo che nessuno si preoccupasse, per questo ho preferito tenere la cosa per me e parlarne solo con Andrew. Avevo bisogno di qualcuno a cui aggrapparmi, e lui, con la sua leggerezza e il suo costante buon umore, era la persona giusta. La persona di cui avevo bisogno.
<<Angel, nell'ultimo mese sei sempre con la testa da un'altra parte, assorta costantemente nei tuoi pensieri, ti sento distante. C'è qualcosa che non va, lo so, e il fatto che puntualmente torni a Cervera mi insospettisce.>>
<<Quindi pensi che io abbia una relazione con Marc? È questo quello che pensi?>>
<<No, non penso questo, ma so quello che lui ha significato per te, so quanto era importante per te e il fatto che ti giri sempre intorno mi fa impazzire!>>
<<E dato che mi gira sempre intorno pensi che io possa cedere, lasciarmi andare tra le sue braccia e dimenticare ogni cosa, dimenticare soprattutto che sto con te, è questo dunque, non è così?>>
Joan stringe le labbra e abbassa lo sguardo. Sento la rabbia riempirmi la cassa toracica come un fiume in piena.
<<Bene. Allora non vedo il senso di portare avanti questa storia.>> il tono della mia voce è secco e glaciale, mentre afferro la mia valigia e lo sorpasso, entrando nel corridoio.
<<Angel, che diavolo vuoi dire?>>
<<Quello che ho appena detto Joan, non posso essere più chiara di così!>> esclamo, voltandomi a guardarlo <<non ti fidi di me, allora spiegami qual è il senso di stare insieme!>>
<<Io mi fido di te Angel, davvero! È solo ->>
<<Se ti fidassi davvero non temeresti che io finisca tra le braccia di un altro. Anche se dovessi ritrovarmelo davanti 24 ore su 24!>>
<<Stiamo parlando di colui per cui tiferesti anche se stesse battagliando con me per la vittoria!>>
<<In effetti, Joan, tifare per qualcuno e scoparselo è la stessa cosa. Scema io che credevo fossero due cose completamente diverse!>> esclamo, alzando la voce.
<<Dovresti tifare per me, Angel, non per lui! O almeno, essere un po' indecisa, non sapere di chi prendere le parti, invece tu non batteresti ciglio!>>
<<L'affetto che provo per Marc non finirà mai, lo capisci?>> esplodo <<è stato troppo importante per me, troppo, per cancellarlo completamente dai miei ricordi! È stato per anni l'unico con cui non avevo paura di entrare in contatto e tu invece vorresti che io continuassi ad odiarlo, a detestarlo, per il resto dei miei giorni! Credimi, se io mi scotto una volta non permetto che accada una seconda, con la stessa persona per giunta. Io e Marc non potremo più avere quello che abbiamo avuto, ma non posso neanche dimenticare tutto quello che ha fatto per me. Arrivare ad avere un rapporto cordiale e di reciproco sostegno è quello che voglio. Ma tu credi che io prenda l'aereo e me ne vada a Cervera per sollazzarmi con il mio "altro ragazzo", allora sai che ti dico? Che non voglio averne neppure uno, di ragazzo.>>
Apro la porta, ed entro nell'ascensore, mentre vedo Joan sobbalzare e lanciarsi verso l'ascensore, ma le porte si chiudono prima che possa entrare.
<<Angel, aspetta! Non andartene così!>> lo sento dire, per le scale, ma io non mi fermo. Raggiungo l'auto di Joan e parto, e tempo dieci minuti, raggiungo l'aeroporto.
Sento le lacrime rigarmi le guance e durante il check-in, ignoro le chiamate di Joan.
Probabilmente non avrei dovuto scappare così, ma non riuscivo più a sostenere quella discussione. Joan tra l'altro, aveva avuto un tempismo fantastico. Avevo un aereo da prendere. E avevamo avuto tutto il tempo per affrontare quel discorso.
Durante il volo, cerco di capire quello che provo. E mi sento vuota, come se non riuscissi a provare nulla. Come se fosse avvenuto tutto troppo in fretta e non avessi ancora realizzato. In realtà, faccio persino fatica a capire cosa sia successo. Cosa siamo ora io e Joan?
Quando esco dall'aeroporto, lo stesso sole accecante di Maiorca mi investe. Solo che questa è la mia Barcellona. Ad aspettarmi c'è Rafi, raggiante e luminosa in un abitino bianco.
<<Bentornata, tesoro! È andato bene il volo?>> esordisce, abbracciandomi.
<<Sì, grazie.>> soffio, con un sorriso tirato.
<<Ehi, cos'è quella faccia?>> mi chiede, non appena saliamo in macchina.
<<Io e Joan abbiamo litigato.>> mi limito a dire, appoggiando il capo contro il pugno chiuso della mano.
<<Tu e tesorino? Non ci credo. Perché?>> il tono della sua voce è incredulo.
<<Perché non gli piaceva l'idea che io andassi a Cervera.>>
<<Mmh, chissà come mai...>> accenna in risposta, e io le lancio un'occhiata. <<Ha un nome e un cognome il motivo?>> annuisco con un sospiro.
<<Io posso capirlo fino ad un certo punto. Gli ho anche detto che mi sarebbe piaciuto averlo con me a Cervera, ma questo weekend ha degli impegni, quindi non poteva. Ma come può pensare che io abbia un'altra relazione alle sue spalle? Quale sarebbe il senso di stare con lui, allora?>>
<<È geloso, Angel. Ha paura di perderti. Diciamo che ritrovarsi dall'altra parte uno come Marc preoccupa parecchio. Soprattutto se avete avuto un rapporto molto stretto.>>
<<E lo capisco, ma io ho un cervello e sono capace di decidere se voglio o non voglio fare una cosa. Ho rispetto per lui e non potrei mai fare nulla alle sue spalle. Nessuno ti obbliga a tradire. Scegli di farlo perché non te ne frega niente dell'altra persona, semplice.>>
<<Il problema è che ha visto che avete ricominciato a parlare e teme che tra una chiacchiera e l'altra...la fiamma possa riaccendersi.>> mi mordo le labbra.
<<Mi ha deluso il fatto che pensi che io venga a Cervera per Marc. Mi ha davvero deluso.>> soffio, scuotendo il capo, mentre sento gli occhi pungermi per le lacrime. Osservo il telefono che vibra per l'ennesima volta tra le mie mani. Non ho intenzione di rispondere ai messaggi di Joan, ora come ora non saprei cosa dirgli. Ma sento la sua mancanza, il suo modo di chiamarmi così dolce e che mi faceva venire le farfalle nello stomaco.
Osservo Barcellona che scorre fuori dal finestrino eppure è come se non la vedessi.
Quando ci fermiamo ad un semaforo noto Rafi prendere il suo telefono e scrivere qualcosa.
Non vedo l'ora di arrivare a casa. Ho intenzione di passare il weekend chiusa nella mia stanza a fissare il soffitto.
[Marc]
Ultimi cento metri.
Cento metri e anche per oggi ho finito.
Fermo la bicicletta davanti al garage di casa nostra e mi piego verso il manubrio, mentre cerco di riprendere fiato. Alex mi raggiunge e dopo qualche minuto, portiamo le bici in garage per poi entrare in casa. Raggiungo il bagno e dopo essermi cambiato, mi infilo sotto il getto dell'acqua calda. Quando esco dal box doccia, recupero l'asciugamano e dopo essermi asciugato, lo avvolgo intorno ai fianchi. Noto che ci sono delle notifiche sul cellulare e dopo averlo afferrato, sblocco lo schermo. È un messaggio di Rafi.
"Problemi in paradiso tra l'angioletto e tesorino."
Poi, più sotto aggiunge, pensando che io possa non aver capito:
"Angel e Joan hanno litigato."
Spalanco gli occhi. Mia cugina è incredibile. Il fatto che abbiano litigato non significa niente, alla fine della fiera. Ciò che davvero stravolgerebbe ogni cosa, sarebbe che lei scoprisse che io le ho detto la verità.
Scuoto il capo e scendo al piano di sotto.
Dopo pranzo io e Alex andiamo in palestra.
Non riesco a smettere di pensare che Angel è qui, a Cervera.
È di nuovo così vicina, anche se per pochi giorni.
Voglio andare da lei, ho bisogno di vederla, un bisogno disperato.
Quando terminiamo la nostra sessione di allenamento corro a farmi l'ennesima doccia della giornata. Non appena mi asciugo, sento la pelle iniziare a tirare in certi punti e mi rendo conto che Angel aveva ragione. Devo curare la mia pelle e forse comprare anche una crema per il corpo oltre che per il viso. Come vorrei poterlo fare con lei, ascoltare i suoi commenti e le sue opinioni in merito ai prodotti.
Mi vesto indossando i vestiti puliti che avevo portato con me e in quel momento Alex mi raggiunge.
<<Sei già pronto? Che succede?>>
<<Stavo pensando di portare Stich a fare una passeggiata, che dici?>> replico, osservando il mio riflesso nello specchio, per poi applicare un po' di acqua di colonia alla base del collo, dietro le orecchie e sui polsi. Sento lo sguardo di mio fratello addosso e quando mi volto, lo trovo ad osservarmi con fare divertito.
<<Non sapevo che avessi un appuntamento galante con il mio cane.>> sghignazza, scuotendo la testa. Lo guardo male, ma sento di essere sul punto di arrossire.
<<Per caso è tornata una certa ragazza? Una il cui nome inizia per A e finisce per ngel?>> continua, avvicinandosi a me e guardandomi con fare ambiguo.
<<Cosa te lo fa pensare?>>
<<Il fatto che da quando sono entrato hai preso la residenza davanti allo specchio e ti stai facendo il bagno nell'acqua di colonia. E Stich è solo una scusa per fare una passeggiata e vedere se riesci a beccarla.>>
<<Complimenti Sherlock, dovresti fare il detective.>>
<< Quindi devo dedurre che questo weekend non andremo insieme a Lloret de Mar.>> lo guardo, con aria colpevole.
<<Ma tu e Miguel vi divertirete anche senza di me.>> accenno, e lui sogghigna scuotendo la testa.
<<Avanti, staccati dallo specchio e vai a prendere Stich. Io torno a casa con José.>> sorrido, recuperando il borsone.
<<Grazie fratello.>>
<<Sì lo so, sono il migliore.>>
Esco dalla palestra e torno a casa giusto per prendere Stich. Penso di dover passare per prima cosa a casa sua. Potrei scriverle, ma a giudicare dal fatto che non entra su Whatsapp da ieri sera, dubito che mi risponderà.
Quando raggiungo il suo palazzo noto che il portone è aperto ed entro, salendo al primo piano. Sua madre non c'è al bar, quindi è probabile che sarà proprio Dina ad aprirmi.
<<Ciao, Marc! Che fai qui?>> mi chiede Dina, con aria sorpresa non appena apre il portone. Sono passato spesso a trovarla quando non era di turno al bar giusto per fare due chiacchiere. In fondo, questo appartamento per me è come una sorta di seconda casa.
<<Ecco, mi chiedevo se...se Angel...>> accenno, ma improvvisamente ho la gola secca.
<<È andata al canile.>> mi risponde subito Dina <<ha detto che sentiva il bisogno di stare un po' in mezzo agli animali.>>
<<Grazie Dina.>> scendo giù dalle scale di corsa, mentre valuto quanto dista il canile da qui, a piedi. In fondo anche Angel pare essere andata a piedi. Guardo Stich, che pare contento di questa uscita fuori programma. Inizio ad avviarmi, e non posso fare a meno di notare come mi sento solo al pensiero di poterla incontrare. Ho le palpitazioni, qualcosa di delicato che mi fa il solletico alla bocca dello stomaco, i brividi lungo la spina dorsale.
Ed è una sensazione bellissima.
Quando raggiungo il canile realizzo che forse non è il massimo entrare con Stich in un posto pieno di cani. Non vorrei si scatenasse un casino. Inizio a camminare avanti e indietro non sapendo cosa fare, e sentendomi un idiota. Avrei dovuto pensarci. Il canile è delimitato da un'alta siepe quindi è impossibile constatare se Angel è ancora dentro o meno.
Sbuffo, scuotendo la testa e inizio a tornare sui miei passi. Fino a quando non sento il cancello aprirsi e la vedo uscire. I miei occhi si piantano su di lei, così incantevole, così irresistibilmente adorabile. Indossa un top bianco smanicato che lascia scoperta la pelle dell'addome e la sua gonna a pantaloncino preferita, trapunta di fiori colorati su sfondo nero. Non posso fare a meno di notare che ha gli occhi rossi. Sapere che ha pianto mi spezza il cuore. La vedo attraversare la strada, poi alza gli occhi e li posa su di me e si ferma, sul marciapiede opposto al mio.
Restiamo a fissarci per un tempo indefinito, fino a quando Stich, approfittando del fatto che ho allentato la presa sul guinzaglio, scappa, per raggiungere Angel.
Dio, per fortuna è andato da lei. Il cuore mi era già balzato in gola.
Angel si inginocchia, accarezzandolo.
<<Non dovresti scappare così, potresti far venire un colpo al tuo vice - padrone!>> esclama, sogghignando, prendendo il guinzaglio e sollevando poi lo sguardo su di me. La raggiungo e lei si alza.
<<A quanto pare piaci molto a Stich!>> esordisco e lei solleva le spalle, sogghignando.
<<Forse sente che anche me piace lui.>> replica, portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
<<Ti va di...proseguire con noi?>> le chiedo, infilando le mani nelle tasche dei jeans. Mi sento sempre stralunato quando sto con lei.
<<Va bene.>> si limita a dire e ci avviamo.
Quanto sono cambiate le cose rispetto all'ultima volta che abbiamo percorso questa strada, sette mesi fa. Ora le colline in lontananza sono ricoperte dall'oro del grano, questa volta sono io ad avere un cane al guinzaglio, e ogni cosa tra me e Angel è andata in frantumi. Come dimenticare quello che mi aveva detto proprio mentre percorrevano questa strada?
"Cervera non è poi così male. Potrei anche pensare di poter mettere radici qui, che ne pensi?"
Sentirle dire quelle parole mi aveva reso così felice, come solo la vittoria di un mondiale poteva farmi sentire. Ed invece, ogni cosa è andata distrutta. Una fitta fortissima al cuore mi toglie il respiro per un istante.
<<Che ci fai da queste parti?>> mi domanda, dopo qualche istante.
<<Nulla, stavo...stavo portando a spasso Stich.>>
<<Beh, non è esattamente sotto casa tua, Marquez, e se non ricordo male, alla fine della strada c'è il parco.>>
<<Ecco...a Stich piace molto esplorare. L'altra volta eravamo vicino ai campi, non ti ricordi?>> Angel non risponde, ma si limita ad inclinare il capo.
<<Come stai?>> le chiedo, e mi rendo conto di non averglielo mai chiesto così spesso come nell'ultima settimana. Lei scrolla le spalle.
<<Così. Tu?>>
Per la prima volta non ha risposto il classico "bene".
<<Bene, grazie. Sono felice di vederti.>> ammetto, guardandola di sottecchi. Angel si stringe nelle spalle e si volta a guardarmi.
<<Anche io.>> soffia e sento lo stomaco attorcigliarsi su se stesso.
Non riesco a resisterle.
Potrebbe letteralmente fare tutto ciò che vuole di me, rendermi come creta nelle sue mani, avvolgermi intorno alle sue dita.
<<Alex?>> chiede, all'improvviso.
<<Alex a quest'ora sarà partito. Andrà a Lloret de Mar, per il weekend.>>
<<E tu non andrai con lui?>> mi guarda con aria stupita.
<<No, ho preferito fare il vice - padrone!>> Angel sogghigna, scuotendo il capo.
<<Marc, ti conosco. Non rinunceresti per nulla al mondo ad un weekend al mare quando non ci sono le corse. Cosa c'è di meglio per te, questo weekend, a Cervera?>>
<<Tu.>>
Quelle due, semplici lettere, hanno lasciato le mie labbra prima ancora che io potessi rendermene conto. Resto lì, con gli occhi spalancati, così come Angel, che abbassa il capo e si schiarisce la voce.
<<Allora ti consiglio di raggiungere Alex, Marc. Mi hai visto, ora puoi pure andare. Io...io ho intenzione di passare il weekend a casa mia, leggendo o guardando film, da sola, e poi, lunedì...>> si blocca e si porta una mano al collo. Sento il cuore accartocciarsi nel mio petto. La paura, il terrore di perderla per sempre che mi lacera letteralmente l'anima. Non posso andarmene.
<<Ho la testa piena di pensieri, non sono in vena di parlare o interagire con nessuno. Davvero, vai. Divertiti.>>
<<Peccato. Pensavo che ti avrebbe fatto piacere dividere con me una pizza hawaiana.>> Angel inarca un sopracciglio e incrocia le braccia al petto.
<<Marquez attento, stai rischiando grosso.>>
<<Ho sempre avuto un debole per il rischio, dovresti saperlo.>> replico, con un largo sorriso dipinto sulle labbra. Angel accenna un sorriso, scuotendo il capo.
<<Sei un idiota.>> dice, socchiudendo gli occhi e sento il cuore mancare un battito nel mio petto.
Il modo in cui lo ha detto, in cui sulle sue labbra si è dipinto quel suo tenero sorriso, mi riporta a quello che mi ha detto mio nonno.
<<Sì, lo so.>> mi limito a dire, ma mi rendo conto di avere uno stupido sorriso disegnato sulle labbra.
<<Comunque, a te non basta metà pizza. Al contrario di me, tu riesci a divorartene una intera.>>
<<Allora vorrà dire che oltre all'hawaiana, prenderemo anche la tua preferita. E una birra magari.>>
"Ti prego, dí di sì, ti prego" continuo a pensare, mentre la guardo pieno di attesa. Voglio passare l'intera serata con lei, voglio passare tutto il resto del weekend con lei, tutto il mese, tutta la vita con lei. Sembra combattuta e so bene a cosa sta pensando. So a chi sta pensando. Al caro Joan non piace che io giri intorno ad Angel, è stata lei per prima a farmelo sapere. È piuttosto scontato che preferirà non trascorrere la serata con me. Sento già quel barlume di speranza iniziare a spegnersi, quando la sento parlare.
<<E va bene. Però pago io, Marquez.>>
Cerco di trattenere la mia felicità e di limitarmi ad un largo sorriso.
<<Affare fatto.>>
<<Ti dispiace se restiamo a casa...? Non vorrei che...>>
Non vuole che qualcuno possa vederci insieme. Siamo a Cervera, tempo mezza giornata e tutti saprebbero che siamo stati insieme in un locale e che tra noi due è tornato il sereno.
<<Va benissimo.>> non mi interessa, mi basta stare con lei.
<<Bene, allora porta questo birbante a casa>> e dona una carezza a Stich <<io ordinerò le pizze a domicilio. Ci vediamo tra un'oretta, okay?>> annuisco, stringendomi nelle spalle, ma in realtà vorrei mettermi a ballare per la gioia. Angel sparisce dietro l'angolo e prendo Stich tra le braccia iniziando a ricoprirgli le orecchie di baci.
Dopo essere tornato a casa e aver chiamato Alex, mi sciacquo il viso e applico qualche altra goccia di acqua di colonia. Avverto i miei genitori che cenerò fuori casa e raggiungo il palazzo di Angel, parcheggiando l'auto poco più avanti. Il portone è ancora aperto, e quando raggiungo il pianerottolo, non faccio in tempo a suonare al campanello che la porta si apre e Dina appare alla mia vista.
<<Oh Marc, sei già qui!>> il largo sorriso che mi rivolge mi fa capire che è molto felice di sapere che io e Angel ceneremo insieme. Immagino che sarà felice almeno quanto me. <<io sarò di sopra, se hai bisogno, Angel ->>
<<Sì, mamma, non preoccuparti.>> la interrompe Angel, all'interno dell'appartamento. Sua madre ci saluta, poi inizia a salire le scale, mentre io ed Angel restiamo lì, a fissarci, quasi in imbarazzo.
<<Entra, avanti.>> esclama ad un tratto lei, prendendomi per mano e tirandomi dentro casa. Sento un brivido lungo la schiena quando le nostre mani si incontrano. Angel non sembra averci fatto caso, come se questo ormai, fosse un gesto naturale, all'ordine del giorno. Chiude la porta, girando la chiave, e io non resisto dall'intrecciare le mie dita con le sue.
Noto subito che la pelle d'oca ricopre il suo braccio, e stacca la sua mano dalla mia come se non fosse successo nulla.
<<Ho già ordinato le pizze, dovrebbero arrivare tra poco. Questa è la prima e ultima volta che ordino un insulto di pizza come quella Márquez, te lo dico.>> inclino la testa di lato, mostrandole uno sguardo pieno di innocenza.
<<Immagino il sacrificio Angel, ti ringrazio tanto.>>
È assolutamente incantevole con quella maglietta lunga con sopra disegnata una mezzaluna tra le nuvole. Amo il fatto che Angel si sia sempre sentita a suo agio con me. Ad un tratto la vedo aggrottare le sopracciglia e guardarsi intorno.
<<Da dove arriva questo profumo?>>
<<Profumo? Che genere di profumo?>> fa un passo verso di me e inala forte.
<<Marc, quanto profumo ti sei messo?>> domanda, e capisco che è sul punto di ridere. Sento di essere arrossito, mentre lei sogghigna, scuotendo la testa e andandosi a sedere sul divano.
<<Ehm...forse ho esagerato un po'.>> ammetto, grattandomi la nuca.
<<Forse.>> concorda Angel, facendomi cenno di raggiungerla.
<<Stavi leggendo?>> le chiedo, notando un libro posato accanto a lei.
<<Sì, mi sentivo particolarmente adatto per rileggere quello che è uno dei miei libri preferiti.>> prende il libro dalla copertina nera e che rappresenta un paesaggio cupo e tempestoso attraverso cui si intravede una figura spettrale. <<A volte ripenso al fatto che Alex ha letto questo libro per me e...>> sorride <<è una cosa così dolce e che mi fa sentire amata, soprattutto perché so che lui non impazzisce per i libri, esattamente come qualcuno qui presente.>>
Fischietto, iniziando a guardarmi intorno e Angel sogghigna.
<<E ripenso a quanto è stato bello parlarne con lui e aiutarlo a capire e notare dettagli che da solo non aveva notato. Molti, senza averne letto neppure una pagina, lo bollano come un romanzo d'amore, banale per giunta, e provo imbarazzo per questi individui che sbandierano ai quattro venti la loro ignoranza.>>
Per quanto purtroppo io non impazzisca per i libri, adoro ascoltare Angel mentre ne parla. Adoro vedere il modo in cui i suoi occhi brillano e le sue guance si colorano mentre parla di qualcosa che ama.
<<Più che un romanzo d'amore è un romanzo d'odio, di vendetta, di dolore. Ogni sentimento in questo romanzo, viene portato allo stremo. E sì, ogni cosa nasce da questo amore che si rivela essere incrollabile e impossibile da realizzare in vita. Un amore a tratti oscuro e ancestrale. È un capolavoro, anzi, è molto di più.>> la osservo, mentre se lo stringe al petto. Poi riapre gli occhi e mi guarda.
<<Ma a te queste cose non interessano...scusami se ti ho annoiato.>>
<<No Angel, non mi hai assolutamente annoiato, anzi!>> esclamo subito, scuotendo il capo <<amo vederti mentre parli di ciò che ami.>> allungo una mano per accarezzarle una ciocca di capelli, e la vedo sbattere le palpebre. In quel momento suona il campanello e Angel si scuote, per poi alzarsi e andare ad aprire il portone. Devono essere arrivate le pizze. Mentre aspetta che il fattorino raggiunga il primo piano, recupera il portafogli, poi, apre la porta.
<<Buonasera, Angel!>>
<<Ciao, Jordi!>>
<<Ma hai davvero ordinato una pizza hawaiana? Non è stato un errore? Ti senti bene, per caso?>>
La pizzeria a cui Angel si rivolge per le consegne a domicilio conosce benissimo i suoi gusti, ed era piuttosto ovvio che avrebbero notato una cosa simile, soprattutto perché per lei, la pizza hawaiana, non è una pizza.
<<Benissimo Jordi, purtroppo ho perso una scommessa e devo mangiarla.>>
<<Un genio chi ti ha proposto la scommessa! Buon appetito e grazie!>>
<<Grazie, Jordi!>> Angel chiude la porta e riappare in salotto posando le pizze sul tavolino posto davanti al divano.
<<Guarda cosa mi costringi a dire, Marquez.>> mi rimprovera, guardandomi male, per poi sparire nel corridoio. Io sogghigno e vado a lavarmi le mani, per poi recuperare i bicchieri in cucina e portarli in salotto.
<<Stiamo qui, vero?>> le chiedo, non appena riappare alla mia vista e lei si limita ad annuire.
Se mi avessero detto solo un mese fa che non solo ci saremmo rivolti la parola, ma avremmo cenato insieme, seduti sul divano di casa sua a mangiare una pizza, non ci avrei mai creduto. Invece è vero. Sono qui, con lei.
<<Marquez, guardiamo Mamma mia?>> propone ad un tratto, balzando in piedi dopo essersi appena seduta.
<<Il film con le canzoni dei...di...>> diavolo, come si chiamano?!
<<Ma dove cazzo vivi, Marc, santo cielo! Gli Abba, e hanno fatto la storia della musica.>>
<<Sì, ecco, non ricordavo il loro nome.>> lei mi guarda poco convinta, poi riprende a sorridere.
<<Allora? Ti va di guardarlo con me? È un film meraviglioso, riesce sempre a farmi spensierare!>> mi basta quella parola per convincermi. Voglio vederla senza pensieri per un po', e sarei disposto a seguire con (quasi) interesse anche un documentario di tre ore sulle piramidi egizie. In più, mi sembra incredibile il fatto che stiamo interagendo come se non fosse mai successo nulla, come se il fatto di non esserci né visti né sentiti per sei mesi fosse stato solo un brutto sogno.
<<Ma certo che mi va!>> Angel si alza e accende il televisore e tempo cinque minuti, veniamo catapultati su un'isola greca.
Non fa commentini sulla mia pizza, ma si concentra solo e unicamente sul film, commenta le scene, canta le canzoni e le balla, il tutto mentre tiene in una mano una fetta di pizza e nell'altra il bicchiere con il suo solito sorso di birra, totalmente inutile per lei quando è presente la musica giusta.
E mi perdo nel guardarla, nel realizzare per l'ennesima volta che è questa la ragazza che amo e che voglio stare con lei fino alla fine dei miei giorni.
<<Don't go wasting your emotion
Lay all your love on me
Don't go sharing your devotion
Lay all your love on me.>>
Canta, agitando la testa, per poi prendere un sorso di birra e scoppiare a ridere. Mentre lei continua a cantare e ballare, io getto via i cartoni delle pizze. Ha mangiato tutta la sua pizza, e questo mi fa davvero piacere. È riuscita a distrarsi ed è meraviglioso.
<<Marquez?>> la sento chiamarmi e torno in sala. Tende una mano verso di me, un sorriso a colorarle le labbra <<balla con me, avanti.>> dice, mentre parte l'ennesima canzone. La riconosco subito. È la canzone che lei, Anna e Rafi hanno cantato alla festa di fidanzamento di José e Nuria, la stessa sera in cui tra me e lei è cominciato tutto. Prendo la sua mano, con il cuore in tumulto, e lei mi avvicina a sé, guardandomi dritto negli occhi.
Quanto vorrei che Angel fosse sempre così.
Dovrebbe vivere con la musica in sottofondo ventiquattro ore su ventiquattro.
<<Gimme! Gimme! Gimme!
A man after midnight
won't somebody help me
chase the shadows away
Gimme! Gimme! Gimme!
A man after midnight
take me through the darkness
to the break of the day.>>
Canta, mentre intreccia le dita con le mie e io realizzo quanto rivoglio indietro tutto questo.
Balliamo insieme e la sento ridere, la sento viva.
<<Vedo che migliori ogni giorno di più nel ballo.>> mi canzona, per poi scoppiare a ridere e abbracciarmi. La tiro subito su, stringendola forte, e girando su me stesso.
Oh Angel, non hai neppure idea di quanto io ti ami.
Se solo potessi guardarmi dentro, scoprire tutto l'amore sconfinato che provo per te, capire che farei qualsiasi cosa per te, che sei la mia persona, l'unica e sola da cui desidero essere amato.
Il profumo di cocco della sua pelle mi fa girare la testa e finisco sul divano, mentre la sento ridere nuovamente.
<<Accidenti, mi sembra di essere finita su una giostra!>> esclama, l'ombra della risata ancora sul suo viso.
<<Scusami, è colpa mia.>> replico, mentre le scosta il viso dalla mia spalla. Scuote il capo, poi pare ricordarsi di qualcosa.
<<Oh cielo, quasi dimenticavo...la tua spalla come sta? Ti ho fatto male?>> chiede, posando una mano sulla mia spalla sinistra. Inclino la testa verso la sua mano.
<<Non mi hai fatto male Angel, tranquilla.>>
<<Ti è uscita ancora...?>>
<<Ieri.>> Angel fa una smorfia di dolore, e accarezza impercettibilmente la mia spalla.
<<Mi dispiace. Non deve essere facile.>>
<<Rischi del mestiere. E ho avuto dolori peggiori.>> Angel annuisce, accennando un sorriso. La avvicino piano a me, e mi viene la pelle d'oca. Da quanto tempo non stavamo in questa posizione, con lei sopra di me, le gambe ai lati delle mie e le braccia intorno al mio collo. Sento che la velocità del mio respiro sta iniziando ad aumentare, il cuore nel mio petto a correre più veloce, e i gradi nel mio corpo salire vertiginosamente. Più la guardo, più affondo in quegli occhi profondi e innocenti, più davanti ai miei appaiono le immagini di lei sotto di me, con le guance rosse, i capelli arruffati e quel sorriso felice e un po' perso che mi faceva impazzire. Più la sento contro di me più la mia mente si affolla dei ricordi di come mi sentivo quando eravamo letteralmente intrecciati l'uno all'altro, di quando ci scambiavamo quei baci che parevano non poter finire mai, di come sentire la sua pelle nuda contro la mia mi mandasse letteralmente fuori di testa.
Di come dormire con lei fosse il mio paradiso personale.
Da quanto non sento le sue dita tra i miei capelli? Ogni giorno trascorso lontani è stata una tortura per me.
<<Sarà meglio spegnere il televisore.>> dice, ad un tratto, risvegliandomi dai miei pensieri. Si alza per recuperare il telecomando e dopo aver spento la tv, la stanza resta immersa nella penombra. L'unica fonte di luce è quella che proviene dal lampione che filtra dalle serrande abbassate.
<<Accendo la luce ->>
<<No, per me va benissimo così.>> la sento dire.
<<Sicura?>>
Annuisce e torna a sedersi accanto a me, prendendo la birra.
<<La finiamo?>>
<<Ovviamente!>> la vedo prenderne un sorso, poi porgermi la bottiglia. Non condividiamo la stessa bottiglia da mesi e mi sembra un gesto così intimo che sento il cuore traboccarmi di gioia.
<<Va tutto bene?>> le chiedo, notandola pensierosa. Ha già cambiato umore. L'effetto benefico della musica è terminato. Angel annuisce e si porta la mano al collo. Quanto è difficile dover far finta di non sapere nulla, quando tutto quello che vorrei fare è stringerla forte e dirle che ci sarò sempre per lei, sempre, che non deve dubitare di questo, che sarei pronto a tutto pur di vederla felice. E che l'amo, e il mio cuore le appartiene.
Vorrei proteggerla da tutto, da ogni piccola cosa.
<<Sì. Tutto bene.>> soffia, accennando un sorriso tirato. <<ho solo la testa piena di pensieri ultimamente. Quello di cui ti ho parlato due settimane fa è solo uno dei tanti. A volte sento di essere sul punto di crollare su me stessa. Non ce la faccio più.>>
Quali pensieri ti tormentano, Angel? Uno lo conosco, ma gli altri, quali sono? Parlami, sono qui, sono qui per te! Sono sempre io, Marc, il tuo Marc!
Le prendo una mano e la stringo forte.
<<Andrà tutto bene, Angel. Vedrai. Anche se sembrerà difficile, impossibile, tutto si concluderà per il meglio. Sappi però che io sono qui e sarò sempre qui per te, se avrai bisogno, per qualsiasi cosa. Non dubitare mai di questo, ti prego.>> sento gli occhi pungermi per le lacrime nel realizzare quanto Angel abbia cambiato idea su di me, arrivando a non fidarsi più. E mi prende la disperazione, perché so che per quanto io continuerò a provarci, non riuscirò mai a riconquistare la sua fiducia.
Tutte le cose che avevo in mente di fare con lei, quel desiderio di vivere e fare parte dei suoi sogni, tutto è andato in pezzi, così come quella casa che vive nella sua testa e in cui un giorno andrà a vivere con Joan.
Non con me, con lui.
Ora però questo conta poco. La sua salute è la cosa più importante. Con Joan o meno, lei deve stare bene ed essere felice.
Ma sono certo che andrà tutto bene.
Deve andare tutto bene.
L'ho detto a lei, ma in realtà è anche un modo per convincere me stesso che andrà così.
Angel sta bene.
Starà bene.
La sento stringere più forte la mia mano, per poi poggiare la testa sulla mia spalla. E sento un'improvvisa calma scendere sul mio cuore.
<<Sono contenta che tu sia qui con me stasera, Marc. Davvero.>> mi mordo il labbro inferiore e socchiudo gli occhi, per poi posare la testa sulla sua.
<<Non hai idea di quanto sia felice io, Angel.>> soffio, e intreccio le mie dita alle sue.
Quanto tempo è passato dall'ultima volta che abbiamo passato una sera insieme, a parlare, avvolti dalla penombra e da quel silenzio che sa di eternità che solo la notte è capace di creare.
La sento voltarsi completamente verso di me e avvolgere un braccio intorno alla mia vita, per poi spostare il capo sul mio petto e stringermi, forte.
La stringo ancora più forte a me, se possibile, iniziando a posare una serie di baci tra i suoi capelli.
Non potrei avere il cuore più colmo di gioia di così, perché niente può essere paragonato all'averla tra le braccia. È parte di me, e da quando ci siamo separati è come se vivessi a metà.
<<Il tuo cuore batte fortissimo.>> la sento dire, e non riesco a trattenere un sorriso, prima di posare l'ennesimo bacio sulla sua testa.
<<Solo perché ora è tornato a sentirsi un po' più completo.>> ammetto, stringendola forte. Angel afferra la stoffa della mia maglietta per poi sollevare lo sguardo su di me. Il cuore mi trema letteralmente nel petto quando i suoi occhi si piantano nei miei, e realizzo quanto sia dura non dirle che la amo perdutamente, che ogni frammento della mia anima e del mio cuore le appartiene.
Sono sempre stato suo e sempre lo sarò.
Il desiderio di baciarla si fa quasi insopportabile e sono costretto a mordermi le labbra per resistere.
<<Senza di te tutto ha un altro sapore, Angel. Anche a Cervera manca il suo raggio di sole, o forse, dato il tuo amore per la luna, il suo chiaro di luna. Ogni volta che torni, anche Cervera diventa più bella.>>
Vedo i suoi occhi tremare sotto quelle lunghe ciglia nere e farsi lucidi. Come vorrei sapere quello che sta pensando, quello che sta provando. Come vorrei che si allungasse verso di me e mi baciasse. La sento solo sussurrare il mio nome quasi con disperazione per poi abbassare nuovamente lo sguardo.
La birra è finita, ma non è servita a lavare via tutto il mio dolore e i miei ricordi.
Tiro fuori il telefono dalla tasca dei jeans e cerco una canzone, che poi lascio partire. Angel mi guarda con aria sorpresa.
<<Se non erro, un anno fa abbiamo ballato questa canzone nel mio motorhome, e mi chiedevo se ti andasse di ballarla ora, qui, con me.>>
<<Un giorno mi spiegherai come fai a scegliere sempre le canzoni che mi rendono più debole.>> replica, un sorriso ironico disegnato sulle mie labbra. Ci tiriamo su e poso una mano alla base della sua schiena, mentre l'altra va ad intrecciarsi alla sua. Ci muoviamo lentamente, senza staccare mai gli occhi l'uno da quelli dell'altro. Ad un tratto Angel fa scorrere la mano che aveva posata sulla mia spalla, sulla mia guancia, accarezzandola appena e la mia pelle si riempie di brividi. Sposto la mano dalla sua schiena e le circondo la vita con il braccio, stringendola ancora più forte a me. Siamo letteralmente spalmati l'uno contro l'altro e Angel accenna un sorriso.
<<È una prerogativa dunque, ballare così stretti, per te.>> mormora, socchiudendo gli occhi.
<<Sempre, ma solo perché l'unica con cui io abbia mai ballato un lento, sei tu.>> Angel scuote il capo, sorridendo, per poi posare la testa sulla mia spalla.
<<Sei proprio fatto a mia misura.>> la sento dire e sorrido, per poi chinarmi verso di lei e posarle un bacio sulla fronte.
Quando riapro gli occhi, la stanza è ancora avvolta dalla penombra. Io e Angel dobbiamo esserci addormentati ad un certo punto. Mi strofino gli occhi, soffocando uno sbadiglio e controllo l'ora sul cellulare. Sono le tre del mattino. Ma Angel sembra essere sparita. Che abbia preferito andarsene a dormire nel suo letto? Mi alzo, e ad un tratto sento un singhiozzo. Proveniva dalla sua stanza. A piedi nudi, cercando di fare il minor rumore possibile, attraverso il corridoio. La porta della sua camera è aperta, e piano, sporgo il capo per guardare all'interno e la vedo, seduta sulla sua poltrona, ad osservare la luna.
Le ginocchia strette al petto e il mento posato su di esse, intuisco subito che sta piangendo.
Dio, mi sento morire a vederla così e il non poter fare niente di concreto per lei mi uccide. Nonostante mi faccia male, capisco che in questo momento vuole restare sola. E raggiungerla la manderebbe su tutte le furie in questo momento, e non voglio rovinare il precario equilibrio che siamo riusciti a costruire.
Avrei preferito non svegliarmi e non averla scoperta in lacrime, perché il restare lì, a guardarla, è terribile. E fa venire da piangere anche a me. Con la coda dell'occhio, la vedo muoversi e noto che si sta alzando. Ritorno sui miei passi e mi butto sul divano, chiudendo gli occhi e fingendo di dormire, cosicché non si accorga che l'ho sentita piangere. Sento i suoi passi leggeri sul pavimento, il suo sospirare piano, poi, le sue dita mi sfiorano la guancia e faccio uno sforzo immane per trattenermi dal sussultare per la sorpresa. Le sue dita risalgono fino ai miei capelli, dove si fermano. Si è seduta accanto a me e continua ad accarezzarli, piano, e la pelle d'oca ricopre le mie braccia. Non sentivo le sue dita tra i miei capelli da novembre, ed è una sensazione così bella che mi fa ribollire il sangue nelle vene.
Posa poi le sue labbra sulla mia fronte e trattengo un sospiro.
Non avevo le sue labbra su di me da mesi.
<<Meno male che sei qui, Marc.>> la sento dire e mentalmente inizio a fare i salti di gioia.
Si stende nuovamente accanto a me, e non resisto. Mi giro, approfittando del fatto che pensa che io stia dormendo e avvolgo un braccio intorno alla sua vita. La attiro piano a me e affondo il viso tra i suoi capelli, non riuscendo a trattenere un largo sorriso.
Non sono mai stato fiducioso come lo sono ora del fatto che possiamo ricominciare.
~·~
[Angel]
Dopo mesi, ho dormito stretta a Marc. Letteralmente, l'ultima cosa che avrei dovuto fare in questo momento in cui sono più che confusa, completamente in tilt. Eppure, quando mi sono svegliata, alle prime luci dell'alba, sentire il suo respiro tranquillo tra i miei capelli, il suo petto contro la mia schiena, il suo braccio stringermi a lui, mi ha fatto sentire in paradiso.
Mi pareva così giusto, anche se non c'era niente di giusto.
Avevo deciso che quei due giorni trascorsi a Cervera, lontana da Joan e possibilmente anche da Marc, mi sarebbero serviti per schiarirmi un po' le idee. Dopo la discussione tra me e Joan ero furiosa con lui, ora invece, mi sento in colpa. Perché ha ragione a temere la vicinanza di Marc, anche se non farei mai niente di compromettente alle sue spalle.
Ieri ho sentito semplicemente il bisogno di un sostegno, di avere accanto qualcuno che mi aiutasse a non pensare, che mi distraesse, che mi aiutasse, e Marc, nonostante tutto, per me è una sorta di roccia a cui aggrapparmi quando sto per annegare. Passare la serata con lui è stato bellissimo, e purtroppo, è stato bellissimo anche dormire con lui.
Osservo il mio riflesso allo specchio e mi sciacquo il viso.
Il cellulare vibra per la millesima volta da ieri, e sento una fitta al cuore. Forse dovrei rispondere a Joan. Chiarire prima di partire era la cosa migliore da fare, semplicemente, non me la sentivo. Avevo preferito mettere un punto, dettato dalla rabbia. Ma sento la sua mancanza, mi manca il suo modo di chiamarmi, quella faccia da schiaffi che tira fuori quando continua a ribattere alle mie battute, mi mancano le sue premure e la sua delicatezza.
Penso onestamente che finirò per impazzire.
Perché da una parte c'è Joan e dall'altra c'è Marc e se con uno mi sento bene, in sintonia, e so di potermi fidare, con l'altro ogni pensiero razionale si annulla completamente. Qualcosa mi trascina verso di lui e io non riesco a combatterlo. Mi sento sopraffatta da quella sensazione così bella che si sprigiona dentro di me e che mi fa sentire leggera.
Ma con uno la mia mente tace, con l'altro è in allarme, le paure e i dubbi si affollano a tal punto da farmi quasi impazzire.
E io devo scegliere quello che mi da sicurezza, che acquieta la mia mente, quello che mi fa stare bene, senza paure.
Recupero il telefono e leggo i messaggi di Joan. È così affranto, e detesto sentirlo così.
"Chiariremo ogni cosa quando ci vedremo, Joan. Non ti preoccupare."
Poso il telefono sul ripiano e ripenso al fatto che manca solo un giorno. Tra ventiquattro ore sarò in strada, diretta a Lleida, con un attacco di panico in corso, probabilmente, come quello che ho avuto stanotte. Mi sono rintanata nella mia stanza, lo sguardo posato sulla luna, mentre cercavo di riprendere il controllo, e, dopo esserci riuscita, scoppiare a piangere.
Per fortuna Marc non si è svegliato.
Mi lego i capelli in una coda bassa laterale e quando esco dal bagno trovo Marc seduto sul divano, i capelli arruffati e gli occhi gonfi. È sempre la visione più bella del mondo, per me.
<<Buongiorno.>> esordisco, poggiandomi con una spalla al muro accanto a me.
<<Buongiorno.>> ripete lui, sorridendo.
<<Hai dormito bene?>>
<<Come non dormivo da sette mesi.>> dice subito, portandosi le mani dietro la testa e poggiandosi contro lo schienale del divano. Sento il cuore fare una capriola nel mio petto perché sette mesi fa dormiva con me.
<<Tu?>> aggiunge, dopo un istante.
<<Anch'io, nonostante il divano.>> noto che mi sta scrutando con attenzione, e lo guardo.
<<Tutto bene?>> lui annuisce, poi si alza.
<<Angel, stavo pensando una cosa.>>
<<Ovvero?>>
<<Ti andrebbe di andare al mare, oggi?>> propone, guardandomi con aria titubante. Sbatto le palpebre.
<<Al mare?>>
<<Sì, a Platja d'Aro, magari.>>
<<Solo...solo io e te?>> continuo. Lui mi guarda, mordendosi il labbro inferiore, come se stesse pensando a quale sia la risposta migliore da dare.
<<Sì. Solo tu ed io.>>
"No, è una pessima idea. Tu da sola con lui non ci devi restare un secondo di più, figurarsi andarci al mare. Magari può venire Rafi! No, lei non appena saprebbe che c'è la possibilità di lasciarvi da soli rifiuterebbe all'istante. Anna è fuori città. Andrew ha un impegno con la sua famiglia. Jordi e Juan...? No, grazie."
<<Ma...non ho portato la crema solare.>> ribatto, scrollando le spalle.
<<Ce l'ho io, Angel, è anche della protezione più alta.>>
<<Ma non ho il costume.>> continuo, con più sicurezza. Lui mi mostra un sorrisino divertito.
<<Se hai lasciato qui tutti i regali che ti ho fatto, allora ci sarà anche quel costumino bianco che ti ho regalato qualche anno fa.>>
Accidenti, ha una risposta a tutto. Sospiro.
<<No, Marc, grazie, ma...ho in mente di leggere un po' oggi.>>
Eppure so che invece, non riuscirò a leggere neppure una riga, perché sarò totalmente assorbita dal pensiero di quello che mi aspetta domani. Passerò l'intera giornata a girare per casa con l'agitazione farsi sempre più crescente ogni ora di più.
Una giornata al mare con Marc, è forse quello di cui ho bisogno. Sento già quel nodo in gola rendermi più difficile respirare.
Conosco il viso di Marc meglio del mio, e noto subito che tenta di mascherare la delusione. Ma in fondo, gli avevo detto espressamente ieri che avrebbe dovuto raggiungere Alex. Ha scelto di scombinare i suoi piani e ora se ne starà pentendo. Avrebbe passato il sabato sera in una discoteca sulla costa a divertirsi e a rimorchiare, invece ha preferito trascorrerlo con una come me a guardare Mamma mia e a cantare e ballare le canzoni degli Abba.
O forse aveva in programma un weekend con Paola gambe lunghe a cui ha dato buca per il nulla cosmico, perché, in fondo, sa bene che non potrò né vorrò mai più dargli quello che desidera.
<<Raggiungi Alex, è giusto che tu ti diverta un po'.>> aggiungo, dandogli le spalle per entrare in cucina e riempire la mia tazza preferita con del latte freddo e cereali.
<<Angel, io sono stato benissimo con te, ieri sera. Non pensare che non mi sia divertito solo perché mi piace anche andare per locali.>> lo sento raggiungermi e posarmi un bacio sulla nuca. Serro la presa sulla mia tazza e chiudo gli occhi.
<<amo passare il mio tempo con te, non c'è niente che possa essergli paragonato, lo sai. Se oggi vuoi restare a casa a leggere, io ne approfitterò per allenarmi. Va benissimo così. Avevo pensato che ti avrebbe fatto piacere stare all'aria aperta e divertirti un po', anche se con il sottoscritto, ma se hai altri programmi va bene.>> lo sento posarmi un altro bacio tra i capelli e fare un passo indietro.
<<Ora vado, devo fare colazione. Ti chiamo più tardi, se non ti da fastidio.>> mi volto non appena sento i suoi passi dirigersi verso la porta.
<<Vengo solo se per pranzo ci saranno spaghetti e vongole.>> esclamo, e lo vedo fermarsi, per poi girarsi verso di me, un largo sorriso a illuminargli quel viso che per me non ha eguali.
<<Ci saranno, dovessi prepararteli io.>>
<<Allora...va bene.>>
<<Ti passo a prendere fra un'oretta?>>
<<D'accordo.>>
Fa un passo indietro, continuando a tenere lo sguardo fisso su di me, il sorriso ancora presente sulle labbra. Sento la porta d'entrata aprirsi e la figura di mia madre appare alla mia vista. Oggi il bar è chiuso, con mia grande gioia.
<<Buongiorno, tesoro! Oh...Marc...non pensavo fossi già qui.>> mia madre lo guarda tra il confuso e il sorpreso ma glielo si legge in faccia che è felice di vederlo qui.
<<Sto per andare via, in realtà.>> precisa, voltandosi verso mia madre <<allora, ci vediamo fra un'ora.>> aggiunge, tornando a guardarmi.
Santo cielo, ora mia madre mi farà il terzo grado. Mi limito ad annuire. Marc saluta mia madre, poi esce dell'appartamento. Cerco di far finta di niente, andandomi a sedere a tavola, ma so che tra poco inizierà.
Tre, due, uno...
<<Marc ha dormito qui?>>
Piuttosto scontato.
<<Sì, sul divano. Abbiamo guardato un film, poi ci siamo addormentati.>> spiego, il più lapidaria possibile.
<<E perché verrà a prenderti più tardi?>>
<<Mi ha chiesto...di andare al mare con lui.>>
Lo sapevo.
Sapevo che avrebbe sorriso in quel modo. So che Joan le piace, ma è Marc il suo preferito. E immagino anche i film che si starà facendo.
<<Sono felice di vedervi nuovamente così vicini.>>
<<È molto bello, certamente...ma non significa niente, mamma, ci tengo a dirtelo.>>
<<È un peccato, perché dovresti vedere quanto siete belli visti da fuori, quando siete insieme.>> replica, subito.
<<Mi interessa poco, anzi. Non è la persona che desidero avere al mio fianco. Non ho bisogno di nessuno e sto benissimo anche da sola, ma la persona che vorrei al mio fianco eventualmente, non gli assomiglia neanche un po'. Ha più le fattezze di Joan.>> concludo, inarcando le sopracciglia e sorridendo, per poi alzarmi e lavare la mia tazza.
<<Una cotta e l'amore, Angel, sono due cose molto diverse.>> mi volto a guardarla, confusa e accigliata.
<<Come?>>
<<È evidente che Joan ti piace molto, ti fa stare bene, è chiaro che ti sei presa una cotta per lui, ma l'amore, Angel, è un'altra cosa.>>
Sento la rabbia annebbiarmi la mente per un istante. So già come andrà a finire se apriamo questo capitolo. Che tornerò a non voler vedere Marc neppure in fotografia.
<<Non voglio riaprire questo discorso, per cui è meglio che io vada a prepararmi.>> mi limito a dire, uscendo dalla cucina e raggiungendo il bagno. Mi lavo i denti, poi, inizio a sistemare i capelli, soprattutto la frangetta. Mi toccherà portare un elastico e qualche fermaglio.
Non devo pensare, non devo pensare, non. devo. pensare.
Continuo a ripeterlo come un mantra, perché voglio davvero passare una bella giornata con Marc e non farmi avvolgere nuovamente dalle spire di quel pensiero che è sempre lì presente nella mia testa.
Inizio a preparare la borsa portando tutto l'occorrente. La crema solare per il viso, un asciugamano, dei vestiti come cambio, elastici e fermargli e la mia copia di Cime Tempestose nel caso mi venisse voglia di leggere.
Trovo subito il costume a cui ha accennato Marc, era il mio preferito, perché adoro i costumi bianchi. Lo indosso, e scelgo poi un vestitino bianco che lascia le spalle scoperte. Sento suonare il citofono e recupero la borsa.
<<Divertiti, tesoro. Ricordati che ti voglio bene.>> sento dire da mia madre, seduta sul divano a leggere un libro. Voglio troppo bene a mia madre, e mi basta poco per chiarirmi con lei. La abbraccio.
<<Anch'io, mamma. Torno presto.>>
Raggiungo in fretta Marc, appoggiato contro la sua BMW grigio metallizzata. Ogni volta che lo vedo non posso impedire al mio cuore di tremare nel mio petto. Indossa un paio di pantaloncini chiari e una camicia nera.
<<Addirittura la BMW? Non sarà un po' troppo? Dobbiamo solo raggiungere la costa.>> esordisco, e lui solleva di scatto la testa verso di me. Vedo chiaramente i suoi occhi sgranarsi mentre fa scorrere quelle iridi scure su di me, molto lentamente. Mi sento andare letteralmente a fuoco sotto il suo sguardo. Poi si stacca dall'auto, drizzando la schiena e schiarendosi la voce.
<<Sì, certo. Scusami. Cosa hai detto? Ah sì, la macchina...mi sembrava l'occasione giusta per sfoggiarla. Uso le mie BMW troppo poco.>> conclude, riprendendosi e rivolgendomi un sorriso che conosco molto bene.
Quello del Marc sicuro di sé e pieno di consapevolezza, perché sa come le ha vinte quelle auto. Mi porge una mano e io la afferro, scendendo l'ultimo gradino. Mi guardo intorno, perché non voglio che ci vedano insieme. E spero anche che nessuno ci veda insieme in spiaggia e soprattutto, che lo riconosca.
<<Sei davvero...wow. Una creatura del paradiso.>> soffia, quando sono abbastanza vicina da sentirlo. Il cuore mi balza in gola e mi viene la pelle d'oca.
<<Grazie, Marc.>> vorrei aggiungere che è esagerato come al suo solito, ma preferisco non allungare il discorso. Mi apre la portiera rivolgendomi un piccolo inchino, per poi scoppiare a ridere. Scivolo sul sedile della BMW, posando la borsa ai miei piedi.
Sai quante ragazze si saranno sedute su questo stesso sedile in questi sette mesi?
Quel pensiero attraversa la mia mente alla stessa velocità di una pallottola, e sento una fitta al centro del petto.
Anche Paola gambe lunghe, sopratutto lei.
Ma cosa potrà mai interessarmi in fondo?
Non mi riguarda, non mi interessa minimamente.
Non è vero.
<<Angel, tutto bene?>> mi chiede Marc, non appena mi raggiunge all'interno dell'abitacolo.
<<Sì, certo.>>
Partiamo, diretti verso la costa. Platja d'Aro dista più di 180 chilometri da Cervera, quindi probabilmente, saremo lì tra circa due ore.
Tengo lo sguardo fisso sui campi coltivati di Lleida che corrono da entrambi i lati fuori dall'auto.
<<Niente musica oggi?>> domanda ad un tratto Marc, lanciandomi una veloce occhiata.
<<Oh sì, certo.>> mormoro, tirando fuori il telefono dalla borsa. Pochi secondi più tardi In the night di The Weeknd riempie l'abitacolo.
<<Credevo che questo weekend piuttosto che con Alex, avessi organizzato qualcosa con Paola.>> accenno, mostrando nonchalance.
Vedo la sua mascella contrarsi e stringe più forte la presa sul volante.
<<Ho chiuso qualsiasi tipo di rapporto con lei e comunque, non ne avrei avuto l'intenzione.>> lo guardo, sorpresa.
<<Perché?>> si volta a guardarmi per un istante, come se la risposta fosse ovvia.
<<Perché non mi è piaciuto per niente il fatto che ti abbia raccontato quelle cose, con la chiara intenzione di tenerti alla larga da me. Non ha inventato nulla, l'ho già ammesso, ma lei te lo ha semplicemente detto perché è gelosa di te.>>
Come diavolo fa una del genere ad essere gelosa...di me?! Lei è così bella, così alta, con quelle gambe lunghe e quel corpo perfetto.
<<Avanti Angel, non fare quella faccia. Sai il perché, e inoltre, tu sei un incanto. Il fatto che tu non ti reputi tale non significa che gli altri non lo pensino o non lo notino.>>
Abbasso il capo, perché sento di star arrossendo.
<<Tu avrai anche chiuso, ma lei ieri ha comunque pubblicato una foto con indosso una tua maglietta.>> Marc mi lancia un'occhiata confusa.
<<Mi è capitato il suo post nella sezione 'esplora', non sapevo neppure il suo nickname, prima di vedere quel post.>> mi affretto a spiegare.
<<Non importa. Ora quella maglietta è sua. Non ricordo quando gliel'ho data, sai che non bado a queste cose. È semplicemente una maglietta.>> taglia corto, inarcando un sopracciglio. Lascio cadere il discorso e Tu si 'na cosa grande di Modugno prende il posto di The Weeknd. Sorrido, per i ricordi legati a quella canzone.
<<Tu si' 'na cosa grande pe' mme
'Na cosa ca tu stessa nun saje
'Na cosa ca nun aggio avuto maje
Nu bene accussi', accussi' grande.>>
Canticchio, sorridendo e Marc lo nota.
<<Mi manca sentire la tua voce, Angel. Canta, ti prego.>> lo accontento, e canto a voce più alta, poggiando la testa contro il pugno chiuso.
<<Perché sorridi così?>> mi chiede, non appena la canzone finisce.
<<Perché mia nonna mi cantava sempre questa canzone quando ero piccola. Voleva tanto che io imparassi l'accento e il suo dialetto, ma purtroppo, non c'è riuscita...lo capisco e qualcosina so dire, ma zero accento purtroppo.>>
<<Ho notato che non era propriamente italiano quello della canzone.>>
<<È napoletano, Marquez. I miei nonni vengono da un paese vicino Salerno. Certo, il dialetto non è proprio uguale, ha sfumature un po' diverse, suoni, parole, modi di dire, soprattutto perché i miei nonni vengono dalla zona del Cilento, e quindi il dialetto risulta essere leggermente diverso. È una variante del napoletano, per semplificarti la cosa.>>
Marc sembra apprezzare molto questo discorso. Sulle sue labbra si disegna un sorriso luminoso, mentre gli occhi brillano.
<<Mi canti di nuovo quella canzone? Anche solo un pezzettino!>> mi chiede, con la stessa curiosità di un bambino, abbassando il volume della musica.
<<Marc, te l'ho già cantata e io non ho l'accento.>>
<<Ma voglio solo sentirtela cantare, non importa se non hai l'accento, io non lo noterei comunque!>> protesta, e io non posso fare a meno di sogghignare.
<<Tu si' 'na cosa grande pe' mme
'Na cosa ca me fa nnammura'
'Na cosa ca si tu guard"a mme
Je me ne moro accussi'
Guardanno a tte.>>
Canto, voltandomi a guardarlo. Poggio la testa contro il sedile, cercando di trattenere un sorriso. È così bello quando i suoi occhi si illuminano in quel modo. Sembra un fanciullo intento ad osservare il suo gioco preferito, o, più nello specifico, conoscendo il soggetto, è come rivedere il piccolo Marc che osserva la sua prima moto avuta in regalo.
<<Cosa hai detto?>> mi chiede, pieno di curiosità. È così bello vederlo interessato a qualcosa che non sia la moto. Solo quando realizzo che mi ha chiesto cosa gli ho detto, mi accorgo che non posso dirglielo. Devo inventarmi assolutamente qualcosa, non posso dirgli quelle parole.
<<Aspetta, forse la prima l'ho capita. Tu...sei una cosa grande...? È giusta?>>
<<Bravo!>>
Ho letteralmente un vuoto totale in testa. Non ho idea di cosa inventarmi.
<<Praticamente significa che tu sei una cosa molto importante, per me.>> taglio corto, ma a Marc, testardo, non basta.
<<No, non dirmi la spiegazione, voglio la traduzione esatta!>> si lamenta, sogghignando.
Dannato spagnolo.
<<Tu sei una cosa grande per me,
Una cosa che mi fa innamorare,
Una cosa che se mi guardi,
anche io muoio guardandoti.>>
Non lo guardo, semplicemente fisso lo sguardo sulle mie gambe.
<<Oh. È...molto bella.>> lo sento dire, ma la sua voce è quasi strozzata. <<Sei mai stata nel posto dal quale vengono i tuoi nonni?>> sono contenta che abbia cambiato discorso.
<<Sì, è l'unico posto oltre a quello in cui sono nata, dove sono stata, non tenendo conto di Firenze, Roma e Venezia che ho visitato nell'ultimo anno. È un luogo magico, soprattutto la Costiera Amalfitana. Non ci torno da tantissimo tempo e mi manca molto. Avrò avuto quindici anni, l'ultima volta che ci sono stata. Davvero, una settimana o anche solo due giorni trascorsi sulla costiera sarebbero un regalo immenso. Cercalo su google e ti innamorerai, Márquez. È un paradiso in terra.>>
<<Lo farò e spero che tu riesca a tornarci presto.>> afferma, voltandosi verso di me e sorridendo.
Restiamo in silenzio per diversi istanti, poi Marc riprende a parlare.
<<Verrai ad Assen?>>
<<Non lo so>> sospiro <<la cosa è un po' incerta ora, non ne ho idea, davvero. Spero di sì.>>
<<Perché è incerto? Posso sempre invitarti io.>> replica, allegro. Sogghigno.
<<Non è propriamente una buona idea. È solo perché...io e Joan abbiamo discusso e me ne sono andata prima di chiarire. Dobbiamo parlare, e io spero che riusciremo a chiarirci.>>
Marc non risponde, lo vedo solo mordersi le labbra, poi accenna un sorriso.
<<Beh, spero che verrai ad Assen.>>
Arriviamo a Platja d'Aro verso le undici.
È un luogo incantevole, costellato di paesini che affacciano sul mare e lunghe spiagge. Mi accorgo subito però che, come immaginavo, c'è molta gente.
<<Marc, c'è troppa gente, e con questa macchina attiri il doppio dell'attenzione.>>
<<Non preoccuparti, Angel.>> Marc prosegue ancora per un chilometro, poi ferma l'auto e scendiamo. Iniziamo a percorrere un sentiero immerso nella vegetazione, e sento Marc ad un certo punto, prendermi la mano e stringerla forte.
<<Non vorrei ti facessi male.>> si affretta a spiegare, rivolgendomi un sorriso.
<<Posso chiederti dove stiamo andando?>>
<<Lo vedrai tra poco.>>
Camminiamo ancora per qualche minuto, poi ai nostri occhi appare una piccola spiaggia color dell'oro, incastonata ai piedi della scogliera, dalle acque limpidi e turchesi. Un piccolo gioiello che toglie il fiato.
<<Benvenuta a Cala sa Cova.>> mormora, al mio orecchio.
<<È meravigliosa!>>
<<Lo so, e come puoi vedere, questo angolo di paradiso non è stato ancora preso d'assalto.>> mi fa notare. Ero troppo presa dalla bellezza di questa caletta, per far caso al fatto che ci fossero, per fortuna, pochissime persone. <<comunque, non si sa mai.>> continua, indossando gli occhiali da sole. Raggiungiamo la spiaggia e mi lego subito i capelli in una coda bassa.
Mi sento improvvisamente in imbarazzo a restare solo in costume davanti a lui. Non mi vede così scoperta da più di sei mesi e come al solito, il pensiero maligno dei bellissimi corpi delle altre che ha visto, attraversa la mia mente.
Cielo, avrà visto Paola nuda fino all'altro giorno!
<<Angel, è tutto okay?>> mi chiede, chinandosi verso di me.
<<Sì, certo...>>
No, non è tutto okay.
Sospiro, e mi sfilo il vestito.
Dio, sembro una tredicenne.
<<Sei bellissima.>> sento dire da Marc, e sollevo la testa per guardarlo, giusto in tempo per cogliere lo sguardo tenero e appassionato con cui mi sta guardando.
Sotto quello sguardo, quegli occhi che mi guardano così carezzevoli e ardenti, e quel sorriso dolce disegnato sulle sue labbra, mi sento davvero più bella.
Sorrido e scrollo le spalle.
Marc mi porge la sua crema solare e inizio a spalmarmela sul corpo. Quando realizzo che dovrò chiedere aiuto a Marc per spalmarla sulla schiena mi vengono i brividi.
<<Ehm...Marc...forse...>>
<<Hai bisogno di una mano per spalmare la crema sulla schiena?>> chiede, subito, sedendosi al mio fianco.
<<Sì.>> soffio, porgergliela e lui mi rivolge un sorriso, facendomi poi cenno di dargli le spalle. Sposto la coda e mi rendo conto di essere in trepidante attesa. Quando le sue mani si posano sulla mia pelle, piccole scariche elettriche iniziano a scorrermi nelle vene e ogni nervo del mio corpo si concentra su quel singolo punto che le sue mani stanno percorrendo. Qualcosa di urgente inizia a farsi largo dentro di me e mi sento quasi sul punto di esplodere. Non è possibile sentirsi in questo modo semplicemente perché mi sta toccando. Cerco di pensare a tutt'altro, ma non ci riesco, la mia mente è andata letteralmente in tilt.
<<Ora potresti fare lo stesso a me, per favore?>> sussurra, sporgendosi verso di me e le sue labbra mi sfiorano l'orecchio. Pianto le unghie nella carne della mia coscia e trattengo un sospiro.
<<Certo!>> esclamo, e la mia voce suona più alta del normale. Quando mi volto verso di lui si sfila i pantaloncini e la maglietta e i gradi che percepiscono salgono vertiginosamente. La sua pelle nuda, tutta per me. So che si è accorto che lo sto fissando e noto il sorrisetto divertito dipinto sulle sue labbra.
Recupero la crema e lui mi da le spalle. Quando tocco la sua pelle mi sento andare letteralmente a fuoco. Mi viene da piangere perché mi rendo conto che non so più cosa fare per dimenticarlo, per andare avanti e voltare pagina. E la mia mente e il mio cuore vanno letteralmente in tilt a causa della confusione.
<<Mi sono mancate da morire le tue mani sulla mia schiena. Ma ancora di più le tue unghie.>> lo sento dire, e stacco le mani dalla sua pelle.
<<Penso che basti così.>> dico, restituendogli la crema solare.
<<Vuoi entrare subito in acqua?>> mi stringo nelle spalle e annuisco.
<<Ma tu puoi andare a farti una bella nuotata. L'acqua è stupenda, goditela.>> gli dico, mentre ci dirigiamo verso l'acqua.
<<Tanto resterò comunque vicino a te perché io non impazzisco per il mare, lo sai.>> entriamo in acqua e afferro subito la mano di Marc.
Lo sto prendendo per mano troppo spesso.
<<È meravigliosa.>> mormoro, sorridendo <<e non c'è neppure un soffio di vento. È il paradiso!>> Marc sorride, e mi posa un bacio sul capo.
<<Speravo che ti piacesse.>> poi osserva qualcosa alle mie spalle <<ti va di sederti su quella roccia bassa? Così potrai stare con le gambe in ammollo in tutta comodità.>> osservo le rocce a cui si riferisce, basse e lisce, accarezzate dall'acqua e annuisco. Riesco a sedermi senza il suo aiuto e lui mi porge i suoi occhiali, per poi immergersi in acqua per una nuotata. Lo osservo mentre si muove, sinuoso, fendendo l'acqua cristallina. Sollevo la testa verso il cielo, godendo della piacevole sensazione che mi dona l'acqua che accarezza le mie gambe. Vedo Marc tornare in spiaggia e recuperare la mia borsa e l'asciugamano che avevo steso sulla sabbia, e venire poi verso di me.
<<Mi sembra un posto ottimo quello su cui sei seduta.>> spiega, posando la borsa accanto a me e rivolgendomi un sorriso. Minuscole goccioline d'acqua ricoprono la sua pelle, e con una mano, allontana i capelli dagli occhi.
Dio, è un capolavoro.
Sento le mie resistenze sgretolarsi ad ogni mio respiro, sciogliersi sotto questo sole, lasciandomi vulnerabile. Poggia le mani sulla roccia e vedo i muscoli delle sue braccia e della schiena tendersi mentre si tira su e va a sedersi sulla roccia sopra di me.
<<Vieni.>> sussurra al mio orecchio, posando le mani sulle mie spalle. Mi invita ad adagiarmi contro di lui, e senza neppure sapere come, mi ritrovo con la schiena contro il suo petto e le sue braccia strette intorno alla vita. Mi tiene saldamente a lui, e il profumo di mare della sua pelle mi fa girare la testa. Posa il capo nell'incavo del mio collo, e il mio cuore si allarga nel petto. Mi sento improvvisamente in pace con il mondo, ogni paura mi ha abbandonato. Sento solo il mio cuore che batte, i miei respiri, la mia pelle contro la sua, le sue dita che si imprimono sui miei fianchi, il suo profumo, le goccioline d'acqua che dai suoi capelli, scendono sulle mie spalle. Mi sento leggera e concentrata esclusivamente su questo momento.
Sento le sue labbra posarsi sulla mia spalla e mi mordo il labbro inferiore. Giro la testa in modo da poter appoggiare la mia tempia sulla sua spalla e lo sento emettere un lamento.
<<Perché ti sei spostata, voglio averti più vicina.>> arrossisco.
<<Detesto l'idea che tu mi possa vedere di profilo. Non mi piace in generale, lo sai.>>
<<Per me ogni cosa di te è perfetta, Angel, e so che questa cosa di te non ti piace, ma davvero, lasciati andare. Non ci pensare. Non cercare di coprirti, di nasconderti, io amo ogni più piccola cosa di questo corpo, ogni centimetro, ma sei tu la cosa più importante, tu devi amarti. Io alla fine, non conto nulla.>>
Perché ogni sua parola è come un balsamo per la mia anima?
Poso le mani sulle sue braccia e le accarezzo con movimenti leggeri e delicati e vedo la sua pelle riempirsi di brividi. Sapere che produco in lui lo stesso effetto che lui produce in me mi fa venire il batticuore.
Il suo di cuore, invece, lo sento battere come un pazzo contro la mia schiena.
<<Il tuo cuore va come un treno.>>
<<Chissà come mai, Angel. Secondo te?>> chiede, in un sussurro, e il suo respiro mi accarezza la pelle, così come la punta del suo naso, con cui sfiora la curva del mio collo.
Mi sono messa in trappola da sola. Ora, stretta così, tra le sue braccia, non ho più via di scampo. Mi sta mettendo con le spalle al muro, e non posso fuggire.
Anche essere stretta in questo modo a lui, mi riporta a tutte le notti trascorse a dormire con lui, durate così poco, quando io sognavo invece che durassero per sempre.
La sua presa intorno alla mia vita si fa più stretta, come se volesse avvicinarmi ancora più a sé.
Osservo la sua pelle dorata, quella pelle che mi ha sempre fatto impazzire, il contrasto con la mia, così bianca.
Fa intrecciare le mie gambe alle sue e sento che stiamo andando troppo in là. Mi devo staccare da lui, prima di non riuscire più a resistere, prima di finire per fare qualcosa di cui poi mi pentirei.
<<Hai un profumo così delizioso. Mi fai venire voglia di mangiarti.>> mormora ad un tratto e mi volto a guardarlo, inarcando un sopracciglio.
<<È lo stesso della tua crema, Marquez.>>
<<Quello sì, ma tu hai l'aggiunta del cocco.>> spiega e solo ora realizzo quanto siamo vicini. La punta dei nostri nasi si sfiorano, e quando lo vedo sorridere, il mio cuore trema nel petto.
<<No sabes lo feliz que estoy de estar aquí contigo, Ángel.>> mormora, portandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
Il mio cuore salta un battito, come ogni volta quando lo sento parlare in spagnolo.
Non mi sono mai chiesta il motivo per cui, nonostante sia stata circondata da spagnoli per più di sei anni, questa lingua mi ha sempre fatto uno strano effetto solo quando era lui a parlarla.Soprattutto quando sussurra, come in questo momento.
<<Anch'io sono felice, Marc.>> replico, guardandolo.
Cosa mi sta succedendo?
Devo essere sotto effetto di qualche incantesimo, perché il modo in cui stia ignorando il motivo per cui mi sono allontanata da lui è assurdo.
Lui sorride, gli occhi che brillano come due stelle, e mi posa un bacio sulla fronte.
<<Hai fame?>> mi chiede, portando una mano sulla mia guancia per accarezzarla appena con il pollice.
<<Un po'.>>
<<Allora andiamo. Ci sono degli spaghetti alle vongole che ci aspettano.>> scende in acqua, poi mi aiuta a scendere. Torniamo in spiaggia e mentre lui raggiunge le docce per sciacquare via la salsedine, io lo osservo. Quando lo vedo farmi cenno di prendere il suo posto faccio una smorfia. Più che altro ho addosso la sua salsedine. Ci asciughiamo, poi ci vestiamo. Lancio un'occhiata alla caletta, e sento Marc prendermi per mano.
<<Torneremo dopo pranzo, Angel.>> mi dice, con un sorriso. Riprende a camminare, ma io mi fermo, facendo di conseguenza fermare anche lui.
<<Marc, non vorrei che qualcuno ci vedesse al ristorante...>>
<<Non preoccuparti, ho prenotato in un localino italiano che conosco bene, avremo tutta la privacy del mondo, una sala vista mare solo per noi.>> mi fa l'occhiolino e raggiungiamo l'auto.
Torniamo a Platja d'Aro, e Marc si ferma vicino ad un locale incastonato nella scogliera, a ridosso sul mare. La sala che ci hanno riservato è davvero meravigliosa. Decorata con colonne doriche, e soffitto a volta, gode di una vista mozzafiato.
Quando ci servono i piatti, resto per qualche secondo a fissare i miei spaghetti, poi, me li gusto con gioia. Assaporo ogni boccone, e Marc mi osserva con il viso poggiato contro il pugno chiuso e un sorriso dipinto sulle labbra.
Come vorrei sapere cosa sta pensando.
<<So che tu detesti essere guardata mentre mangi, ma amo il tuo modo di mangiare.>>
<<Perché amo gustarmi le cose fino in fondo, Marquez, godermele appieno. Sai che sono molto golosa.>>
<<Sì, lo so.>> il suo sguardo così appassionato mi fa attorcigliare le viscere. Perché nessuno riesce ad arrivare al suo livello o addirittura, a superarlo?
Dopo pranzo torniamo in spiaggia e questa volta prendo l'acqua tra le mani e la porto sulle spalle, lasciando che mi accarezzi. Marc, dopo l'ennesima nuotata, mi raggiunge, abbracciandomi da dietro.
<<Posso dire che è bellissimo vederti così felice?>> dice, al mio orecchio, e io mi volto verso di lui, circondandogli il collo con le braccia. Marc allaccia le sue alla mia vita, portandomi contro il suo corpo.
<<Grazie per avermi portato qui, Marc. Davvero. Non conoscevo questo posto incantevole. Quando vedo queste meraviglie penso a quanto mondo c'è là fuori da scoprire e io ne ho visto così poco. Penso che...se tutto finisse domani...>> la mia voce si incrina <<io non avrò visto la Scozia, il Sudafrica, l'Egitto, tutti i musei che voglio visitare, non avrò letto tutti i libri che volevo leggere, non mi sarò mai sentita soddisfatta di me stessa neppure per un istante.>> una lacrima mi scorre lungo la guancia e l'asciugo subito.
<<Grazie a te e ad Alex ho visto luoghi bellissimi, ma...>>
Quando alzo gli occhi su di lui, noto che ha gli occhi lucidi. Mi accarezza una guancia e scuote il capo.
<<Ma non finirà domani, Angel, credimi. Riuscirai a vedere tutti i luoghi che sogni, riuscirai a leggere tutti i tuoi libri e ad essere soddisfatta di te stessa, anche se dovresti già esserlo per la splendida creatura che sei. C'è tempo, Angel. Per ogni cosa.>> mi posa un bacio sulla fronte e mi stringe così forte a sé, come se temesse di perdermi.
Poggio poi le mani sul suo petto così come la fronte, e sento il suo cuore, indomabile come il suo padrone. Non posso credere che sto toccando la sua pelle.
Dio, quanto mi era mancata.
Marc posa un bacio tra i miei capelli e fa scorrere la punta di un dito sulla mia spina dorsale. Non posso impedire al mio corpo di tremare contro di lui per quel tocco così leggero e delicato ma al tempo stesso devastante. E so che lui se n'è accorto. Sollevo il capo verso di lui e scopro che il suo sguardo era già posato su di me. I nostri occhi si scontrano, poi i miei vengono attratti dalla sua bocca, dal modo in cui si morde il labbro inferiore, lascivamente.
Sento che sono sul punto di cedere, di non riuscire più a resistergli, ed io non posso cedere.
Porto le mani sulle sue, e intreccio le mie dita alle sue, sfuggendo alla sua stretta e riprendendo a camminare. Lo vedo sorridere, ma so che è un sorriso triste.
Quando torniamo a Cervera, l'ultimo stralcio aranciato di tramonto è ancora nitido in cielo. Ho giusto il tempo di mangiare qualcosa, fare una doccia e poi infilarmi a letto.
Il momento è sempre più vicino e io inizio ad avere sempre più paura ogni minuto che passa. Il mio stomaco è chiuso, quindi dubito che alla fine riuscirò a mangiare qualcosa.
Marc parcheggia sotto casa mia e spegne il motore. Non voglio che se ne vada. Quando lui se ne andrà porterà con sé anche tutta la mia spensieratezza, non avrò niente a cui aggrapparmi.
Poco prima di partire alla volta di Cervera, Andrew mi ha chiamato per chiedermi come stessi e dirmi a che ora arriverà domattina. Ho sentito lo sguardo di Marc su di me per tutto il tempo.
Mi volto verso di lui, e gli rivolgo un sorriso. Lui sembra essere distrutto.
<<Grazie Marc, mi hai regalato un bellissimo weekend. Sembrano parole vuote, ma davvero...grazie per questi due giorni. Sono stati meravigliosi, se non fosse stato per te, io...>> scuoto il capo e scrollo le spalle. Mi sta per venire da piangere. <<ne avevo bisogno. E tu a quanto pare, sai sempre quello di cui ho bisogno.>> Marc mi osserva, con gli occhi lucidi, un sorriso triste che va a disegnarsi sulle sue labbra.
<<Non è niente, Angel.>>
<<No invece, per me è tanto.>> ci guardiamo negli occhi e lui sembra essere sull'orlo del pianto.
<<So che mi ero ripromesso che non te lo avrei mai più detto, ma sento che sto per esplodere.>> lo guardo, confusa. <<ti amo, Angel. Ed è un'agonia per me, vivere senza di te. Ti amo così tanto da fare quasi male, e non c'è cosa che non farei per te. Starti così vicino e non poterti baciare, non poter fare tutte quelle cose che vorrei fare mi uccide, ma pur di starti accanto sopporterei anche tutto questo dolore.
Sappi però che il mio amore non passerà, anzi, continuerà a crescere ogni giorno un po' di più del precedente. E che ci sarò sempre per te, e sarò sempre pronto a tutto. Niente scalfirà il mio amore per te.>>
Non ho idea di cosa dire. Mi ha svuotata di ogni parola. Resto a fissarlo, gli occhi spalancati, la bocca socchiusa. Sento solo il mio cuore che batte e che arde nel mio petto.
Mi viene da piangere, perché era tutto assolutamente perfetto.
Lui era la mia persona.
E probabilmente, lo è ancora e lo sarà per sempre.
La mia anima è unita alla sua, e lo è stata sin dall'inizio.
<<Io...>> balbetto, ma lui mi posa un dito sulle labbra.
<<Non devi dire nulla, davvero.>> mi accarezza la guancia, guardandomi con una tale dolcezza da farmi sciogliere il cuore.
<<Piuttosto, se hai bisogno, scrivimi, chiamami e io ti risponderò subito. Davvero Angel, non farti problemi. Va bene?>> annuisco, con la mente ancora annebbiata.
Vorrei che restasse con me. In questo momento ho più bisogno che mai, di lui.
Scendo dall'auto, e raggiungo il portone, per poi voltarmi a guardare Marc, prima di chiuderlo alle mie spalle. Sono ancora frastornata dalle sue parole, perché ogni volta che mi dice simili cose è come se fosse la prima volta. E perché so che in fondo non è giusto che me le dica.
Mi fa un cenno col capo e sorride, e io sento il cuore spezzarsi non appena chiudo il portone e lui sparisce dalla mia vista.
Non sono pronta ad affrontare questa notte, ma devo farcela.
~·~
Il reparto dell'ospedale è pressoché deserto quando arriviamo.
Sento le ginocchia molli, ogni passo è una fatica immensa. Faccio fatica a respirare, e ho già avuto un attacco di panico, alle prime luci dell'alba. Andrew, accanto a me, mi stringe la mano e cerca di infondermi tutta la sua forza. Vorrei rivolgergli un sorriso, ma quello che riesco a fare è a malapena una smorfia.
Ho paura.
Andiamo a sederci davanti alla porta dello studio in cui dovrò sottopormi all'esame e sento che finirò per collassare. Inizio a prendere respiri profondi e Andrew mi attira a sé in un abbraccio.
<<Andrà tutto bene, Angel. Non appena usciamo da qui andiamo a farci una mega colazione perché scommetto che stamattina non hai mangiato nulla.>> mi limito a scuotere la testa e in quel momento la porta si apre e il cuore inizia a farmi male.
<<Angel, eccoti qui! Tra poco saremo pronte, ora ti applicherò questa crema sul collo che serve per ammorbidire la pelle.>> dopo avermi applicato la crema, l'infermiera mi rivolge un sorriso e torna dentro.
<<Andiamo via, Andrew, ti prego.>> singhiozzo, e lui mi abbraccia.
<<Oh Angel, avanti, passerà in fretta. >> la porta si apre e un'altra infermiera mi fa cenno di entrare, con un sorriso. <<lei deve restare fuori, mi dispiace.>> dice, rivolta ad Andrew, ed io stringo più forte la sua mano, guardandolo piena di paura. Non voglio restare da sola. Non mi sono mai sentita più fragile e in balia del vento come in questo momento.
<<Sarò qui Angel, non preoccuparti, non vado da nessuna parte!>> mi rassicura Andrew, guardandomi con urgenza, mentre l'infermiera avvolge le mie spalle con un braccio e mi porta dentro. Non riesco neppure a parlare, sono letteralmente paralizzata.
<<Ciao, Angel. Io sono la dottoressa Gutiérrez, e queste sono le mie assistenti. Una squadra tutta al femminile!>>
La dottoressa è una donna sulla cinquantina, dai capelli biondo chiari legati in un chignon perfetto sulla cima del capo. Mi rivolge un caloroso sorriso e so che sta cercando di mettermi a mio agio.
<<Ma lo sai che mia madre aveva un debole per Jim Morrison? Mi ha cresciuto a pane e musica dei Doors!>> continua, non appena nota la mia maglietta con il primo piano di Jim Morrison. Avevo bisogno di infondere più forza possibile in me, e anche una semplice maglietta con uno degli artisti che ammiro di più era qualcosa.
Accenno un sorriso, ma non riesco a dire nulla.
<<La dottoressa Garcia mi aveva detto che eri uno scriccioletto, e aveva ragione, non è vero, ragazze?>> le tre concordano, rivolgendomi teneri sorrisi e capisco.
Più i medici fanno così, più significa che mi aspetta qualcosa di doloroso e difficile.
Il volto della dottoressa si fa più serio.
<<Bene, Angel, devo chiederti di stenderti sul lettino, posizionandoti con la testa all'esterno, e cercando di tendere il collo il più possibile.>>
Mi alzo, ma sto evidentemente tremando. Ho una dannatissima paura. Vedo il macchinario accanto al lettino pronto per entrare in funzione, mentre io faccio quello che la dottoressa mi ha detto. Due delle infermiere si posizionano alla mia destra, un altra a sinistra, vicino al macchinario. La dottoressa invece, proprio davanti a me. Con il capo in questa posizione, riesco solo a vedere il suo camice all'altezza della vita.
<<Così va bene, Angel. Devo chiederti di non muoverti piccola, di restare il meno tesa possibile e di respirare piano, e di non deglutire. D'accordo?>> tutto quello che riesco a dire è un flebile "sì".
Voglio tornare a casa, voglio tornare tra le braccia di Marc.
Il dolore è fortissimo. Non so come io riesca a non urlare e a non contorcermi su me stessa. Azzero totalmente il mio respiro e cerco di distendere i muscoli, ma è orribile. È come essere infilzati per la gola. Mi sento morire e senza rendermene neppure conto, calde lacrime iniziano a rigarmi le tempie. Chiudo gli occhi quando l'ago penetra nel secondo linfonodo, e inizio a piangere a dirotto. Sento un'infermiera stringermi la mano, mentre sento la dottoressa dire qualcosa in merito al mio nome e a quanto le piaccia e avesse voluto chiamarsi come me. So che sta cercando di distrarmi, ma niente è in grado di farlo.
Quando l'ago lascia il mio corpo, torno a respirare e ogni mio muscolo si scioglie. Un singhiozzo lascia le mie labbra e un'infermiera si avvicina per lasciarmi una carezza e dirmi un "sei stata bravissima."
Lei e le dottoresse spariscono dalla mia vista, mentre io rimango distesa sul lettino, priva di forze.
<<Angel, tesoro>> sento dire dopo qualche minuto dalla dottoressa <<dobbiamo prendere dell'altro campione. In questo c'è troppo sangue.>>
<<Cosa?>> riesco solo a dire, in lacrime.
No, voglio andare via, lasciatemi in pace!
Il modo tenero in cui le infermiere mi guardano è l'ultima cosa che vedo prima di chiudere gli occhi.
Entrambe mi afferrano le mani, mentre vengo infilzata per altre due volte, e torno a piangere per il dolore.
<<Avanti, Angel, un altro istante e abbiamo finito!>> sento dire dalla dottoressa, e mi sento quasi svenire quando l'ago lascia nuovamente la mia gola.
<<Sei stata così brava, angelo!>> mi dice un'infermiera, lasciandomi una carezza sulla guancia.
Non ce la faccio.
Non riesco a muovere un muscolo.
<<Ce l'abbiamo fatta.>> sento dire dalla dottoressa, e una delle infermiere mi aiuta a scendere dal lettino, per poi porgermi un fazzoletto per asciugarmi le lacrime.
<<Sei stata perfetta, Angel, davvero!>> esclama la dottoressa, mentre mi siedo davanti a lei. La gola continua a pungermi per il dolore, come se l'ago fosse ancora lì.
<<Ora dovrai tenere il ghiaccio sulla parte per un'oretta, e per il dolore basterà dell'antidolorifico. Per i risultati dovrai attendere una settimana. Va bene, piccola?>>
Da una parte, adoro il fatto che tutti mi trattino e mi coccolino in questo modo. Non so se infondo qualcosa in loro, o è solo perché sembro uno "scriccioletto", ma è bello sentirsi coccolata come se fossi ancora una bambina. È finito così presto per me quel periodo che sento il bisogno di essere protetta e accudita, a volte.
Ora però vorrei solo fuggire di qui. Poso il ghiaccio contro il collo e la dottoressa apre la porta per farmi uscire.
<<Angel!>> esclama subito Andrew, alzandosi di scatto. Scoppio subito a piangere per tutta la tensione che ho accumulato e mi tuffo tra le sue braccia.
<<È stata bravissima, non ha tentennato un istante!>> continua la dottoressa e in quel momento sento la sua voce.
<<Mi amor!>> Andrew scioglie l'abbraccio e mi ritrovo tra le braccia di Marc, e prima che possa rendermene conto, le sue labbra sono sulle mie.
Resto impietrita, con gli occhi spalancati e il ghiaccio premuto sul collo, mentre mi tiene stretta a lui, le labbra premute contro le mie.
Sento le ginocchia cedermi per questa altalena di emozioni, ma queste, queste sono meravigliose.
Marc mi sta baciando.
E io in questo momento non ho il coraggio, né la forza di respingerlo. So che Andrew, la dottoressa e le infermiere ci stanno fissando, ma sono troppo debole anche solo per pensarci.
Quando Marc si separa da me, mi sento improvvisamente vuota. Avrei voluto restare in quella posizione per sempre.
<<Questo angioletto lo meritava un bacio!>> sento dire da una delle infermiere, mentre io continuo a tenere lo sguardo fisso su Marc, e sento che sto per arrossire.
<<Bene, vi lasciamo soli.>> conclude la dottoressa, porgendo ad Andrew i miei referti. Lui li prende, ma sta fissando me e Marc con gli occhi e la bocca sgranati.
<<Mi sono perso qualcosa, Angel?>> mi chiede all'orecchio, a bassa voce. Vorrei rispondergli, ma riesco solo ad emettere un lamento di dolore.
<<Dio, mio amore, ti avranno fatto malissimo!>> mormora Marc, baciandomi sulla fronte. <<ho cercato di fare il più in fretta possibile ma non riuscivo a trovare lo studio.>>
<<Come facevi a...come facevi a sapere...>> balbetto, posando gli occhi nei suoi. Quanto è bello.
<<Ehm...è colpa mia, Angel, scusami! Me lo sono lasciato sfuggire domenica sera.>> si intromette Andrew, guardandomi come se si aspettasse una strigliata. Ora a malapena ho la forza di camminare.
<<Tu...lo sapevi...da domenica?>> chiedo, guardando Marc, che annuisce.
<<Se ti avessi detto che lo sapevo ti saresti agitata e te la saresti presa con lui, quindi...>> accenna, indicando Andrew con un cenno del capo e rivolgendomi un sorriso dolcissimo. Ci incamminiamo e, prendo entrambi sottobraccio. Marc continua a parlare, ma io non riesco a smettere di pensare alle sue labbra sulle mie.
Mi ha baciato.
Dopo sette mesi, le sue labbra si sono posate sulle mie.
E se da una parte mi sembra sbagliato, dall'altro mi sembra giusto. Più giusto che mai.
[Spazio Autrice]
Ce l'ho fatta! Di gran lunga il capitolo più lungo che io abbia mai scritto, più di 25 mila parole!
So che mi starete detestando, anche a causa dell'infinita lunghezza, ma l'idea di dividere il capitolo mi è venuta solo l'altro giorno, e non sapevo come dividerlo. E alla fine, mi sembrava più giusto lasciarlo intero.
Non è stato per niente facile scriverlo, soprattutto l'ultima parte. Rievocare i ricordi dell'esame a cui mi sono dovuta sottoporre nell'esatto periodo in cui è ambientata la storia è stato difficile. Ho cercato di dimenticare il dolore, ma in fondo, la sensazione che ho provato non la dimenticherò.
(
E anche il fatto che purtroppo non c'era Marc ad attendermi fuori dallo studio, ma lasciamo perdere)
Spero comunque che il capitolo vi sia piaciuto, dopo tutta questa attesa, fatemi sapere tutto quello che pensate!
Vi voglio bene ragazze, davvero ❤
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top