Is it over now?
[Troppo cerebrale per capire che si può star bene senza calpestare il cuore
Ci si passa sopra almeno due o tre volte i piedi come sulle aiuole
Leviamo via il tappeto e poi mettiamoci dei pattini per scivolare meglio sopra l'odio
Torre di controllo, aiuto, sto finendo l'aria dentro al serbatoio]
[Angel]
<<Bene, direi di averne inviati anche abbastanza, di curriculum.>> Sbuffo, infilando il cellulare nella borsa e recuperando i curriculum che ho stampato questa mattina, per poi uscire dalla mia stanza.
<<Nonno, vado in paese a portare quel curriculum al bar di cui mi hai parlato. Posso prendere la macchina?>>
<<Certo piccolo fiore, le chiavi sono sulla credenza accanto alla porta.>> dice, sollevando lo sguardo dal giornale che stava leggendo per posarlo su di me.
<<Grazie, torno subito.>> Saluto lui e la nonna con un bacio sulla guancia ed esco di casa.
Dopo aver parcheggiato l'auto, faccio un piccolo tratto di strada a piedi. Inspiro a pieni polmoni il profumo dell'estate.
L'estate in montagna è qualcosa di spettacolare.
In realtà sto semplicemente cercando di concentrarmi su altro e non pensare all'ansia che mi sta letteralmente prendendo d'assalto.
Odio dover parlare con persone che non conosco, vorrei poter sparire, ma purtroppo, devo fare l'adulta seria e responsabile nonostante io mi senta ancora una bambina.
Prendo un respiro profondo, per poi entrare nel bar.
Esco subito dopo e decido di fare altri due passi. Passo davanti alla libreria e attratta dal canto dei libri, entro. Accarezzo in punta di dita le copertine, leggo titoli e stralci di trame intricate e contorte, come piacciono a me e, a poco a poco, mi ricarico. Non resisto dal comprare un libro di Dostoevskij, Le notti bianche, e quando esco dalla libreria, mi sento piena di gioia per il mio piccolo acquisto.
<<Ciao, Angel.>>
Sento un'improvvisa quanto sgradevole morsa alla bocca dello stomaco quando mi sento chiamare da una voce totalmente sconosciuta.
E quando sollevo la testa e noto un paio di occhi dorati fissarmi a poca distanza, mi si smorza il respiro e sento il cuore precipitare come in un pozzo senza fondo. Il panico mi assale, mentre resto lì, ferma, immobile, a fissare quell'uomo che continua ad osservarmi subdolamente.
<<Ti ricordi di me?>> Continua.
Sì che ricordo.
So chi sei.
Non appena noto la sua intenzione di avvicinarsi, il mio istinto mi porta a scattare.
Scappo via, correndo più veloce che posso, sgattaiolando fra la gente che mi osserva con fare confuso, sfruttando il mio essere minuta e infilandomi nel più piccolo spazio per correre il più lontano possibile da lui.
Non ho neppure idea se mi stia seguendo o meno, ma non intendo voltarmi indietro. Trattengo le lacrime e ignoro con tutte le mie forze quell'opprimente sensazione al petto, quel peso che pare quasi svuotarmi di ogni energia e rendere le mie gambe deboli e pesanti.
Salgo in macchina e parto. Osservo quasi in maniera ossessiva lo specchietto retrovisore per controllare se qualcuno mi stia seguendo.
Solo quando mi rendo conto che non mi sta seguendo nessuno inizio a calmarmi e smetto di girare a vuoto per la città. Torno a casa e nel momento esatto in cui spengo il motore, scoppio a piangere. Poggio la testa contro il volante e piango, singhiozzando rumorosamente, senza riuscire a fermare le mie lacrime.
Ho solo bisogno di pace e tranquillità.
Perché sembra che io riesca a trovare tutto tranne che queste due cose?
Mi sento così sola.
D'improvviso sento la devastante, quanto immensa, mancanza del mio migliore amico.
In questo momento, in un momento come questo, sarei già corsa da Marc, mi sarei già rifugiata nel suo abbraccio e affondato la testa nella sua spalla e mi sarei sentita subito al sicuro.
Ma io non ho più un migliore amico.
L'ho perso per sempre e ora, ora anche io mi sento persa senza di lui, senza il suo sostegno.
Il bisogno di averlo vicino in questo momento è talmente forte che afferro il telefono, ma quando sono sul punto di chiamarlo mi rendo conto che non posso.
Non posso più farlo, non devo più farlo.
E tra l'altro, lui non sa neppure niente di questa storia, dato che alla fine non gliene ho parlato.
Scuoto il capo e cerco di calmarmi, chiudendo gli occhi e iniziando ad inspirare ed espirare profondamente.
Quello era mio padre.
Mormora una voce dal profondo del mio essere.
Mi porto le mani al viso e mi asciugo le lacrime. Non posso tornare a casa in questo stato.
Non scendo dall'auto fino a quando non inizio a sentirmi un po' meglio e il rossore agli occhi si è attenuato. Mi osservo nello specchietto retrovisore per diversi istanti, cercando il finto sorriso perfetto da sfoggiare non appena avrò varcato la soglia di casa e controllare che non risulti effettivamente finto, poi scendo dalla macchina.
<<Sono tornata!>> Esclamo, posando le chiavi dell'auto al solito posto.
Cosa farò ora?
<<Tutto bene, tesoro?>> chiede mia nonna, sbucando in salotto. Non deve avvicinarsi, altrimenti noterà subito che ho pianto.
Cosa devo fare?
<<Sì nonna, sono passata anche in libreria e ho comprato un libro!>>
Prima si era limitato ad osservarmi, adesso si è avvicinato e mi ha parlato...cosa farà dopo?
<<Angel, va tutto bene?>> Chiede mia nonna, facendo un passo verso di me e guardandomi con attenzione. Scuoto il capo perché sento di essere sul punto di crollare nuovamente sotto il peso del panico che sto provando. Accenno una risatina nervosa e faccio un passo indietro.
Ma come fa a capire che qualcosa non va semplicemente guardandomi in faccia?
<<Certo! Ora però...vado...vado a farmi una doccia!>> Invento la prima scusa che mi passa per la testa per fuggire al suo sguardo e corro al piano di sopra. Mi chiudo la porta alle spalle e lascio andare un respiro profondo.
Vorrei solo che tutto fosse più semplice.
Sento bussare e sobbalzo all'istante, allantanadomi dalla porta.
<<Angel, aprimi per favore.>> Sento la voce di mia nonna oltre la porta e un senso di disperazione mi avvolge il cuore. Voglio solo essere lasciata in pace, è così difficile?
<<Nonna, per favore, lasciami in pace, ti prego!>> La mia voce si spezza, tradendomi e so che ormai ogni mia protesta sarà inutile.
<<No, perché hai bisogno di noi.>> La sento replicare e realizzo che non mi lascerà in pace finché non le aprirò. Prendo un altro respiro profondo e apro la porta.
<<Allora?>> Cerco di sembrare sicura di me ma mi si legge in faccia che sono sul punto di crollare.
<<Cosa è successo mentre eri fuori casa? Qualcuno ti ha importunato?>> Mia nonna da una parte e mio nonno dall'altra, tengono gli occhi puntati su di me, in piena apprensione.
<<Non è successo nulla, dovete stare tranquilli.>> Cerco di rassicurarli, ma so che è inutile.
<<Angel, per favore. Ce l'hai scritto in faccia che è successo qualcosa, facendo così non fai altro che farci preoccupare ancora di più.>> esordisce mio nonno e mi si stringe il cuore. Mi mordo le labbra.
<<Sono andata in libreria e...fuori dal negozio...c'era lui.>> Non serve che io precisi di chi sto parlando, capiscono all'istante di chi si tratta. <<Mi ha chiesto se mi ricordo chi è, e quando ho notato che stava per avvicinarsi sono scappata via. Ho girato un po' per la città in auto, controllando che nessuno mi seguisse e poi sono tornata a casa.>>
Quando smetto di parlare, un totale silenzio scende sul corridoio.
<<Va tutto bene, non ->>
<<Non va tutto bene, Angel.>> mi interrompe mia nonna.
<<Non mi ha seguita, quindi ->> continuo io, testarda come al mio solito.
<<Ha già provato a riavvicinarsi a te! Non siamo in una grande città Angel, ti troverà presto o tardi! Devi andare via.>>
Le parole di mia nonna sono come una doccia fredda. Resto immobile, a fissarla.
<<No, non è giusto.>> ribatto, con le lacrime agli occhi.
<<Ma è meglio per te, piccolo fiore. In fondo, lo sai benissimo anche tu che questo non è più il tuo posto.>> Le parole di mio nonno mi spezzano il cuore. Le lacrime iniziano a scorrere lungo le mie guance senza che io possa fare niente per fermarle.
<<No, non...non è così. Mi sento solo un po' persa, penso che sia un qualcosa di normale nel corso della vita, no?>> replico, combattendo contro le parole di mio nonno. Io appartengo a questo posto. Sono nata e cresciuta qui, non potrei avere radici da nessun'altra parte.
<<Ma certo, piccolo fiore. Stai cercando di capire quale sia la tua strada, tutti presto o tardi passiamo attraverso questa sorta di limbo. Ma io ti sento fremere. Come se...non volessi restare qui a valle, ma volessi volare, in alto, esplorare le cime più alte che ti sovrastano. Volare via, libera. E penso che tu ti senta in gabbia.>>
Mi sfugge un singhiozzo mentre mio nonno mi abbraccia.
<<Lo so che hai paura, mio fiore, fa sempre paura, lasciare quel nido che ci fa sentire al sicuro e al riparo da tutto. Spiccare quel volo che ci farà capire chi siamo veramente spaventa chiunque. Terrorizza ancor più una come te. Ma devi farlo, piccola mia. C'è un mondo intero là fuori che sta aspettando che tu ti vada a prendere il posto che ti spetta. Queste montagne e questa valle, assieme ai tuoi nonni, saranno sempre qui ad aspettarti ogni volta che vorrai tornare.>>
Scoppio in un pianto disperato. Sono terrorizzata, è vero, terrorizzata dal mondo che c'è là fuori e che mi fa sentire totalmente inadeguata e fragile e allo stesso tempo, terrorizzata dal tempo che passa e dal non riuscire a capire quale sia la mia vocazione su questa terra.
Vorrei restare per sempre avvolta in una morbida coperta, tra queste montagne, al riparo da tutto, e nascondermi da quella vita da persona ormai adulta che mi terrorizza.
<<Posso...posso farlo anche qui...>> dico, tra i singhiozzi, ma con la coda dell'occhio vedo mia nonna scuotere il capo.
<<Angel, noi vogliamo solo proteggerti. Non vogliamo che tu soffra ancora e inutilmente. Si è già avvicinato a te, chi ci dice che presto non scoprirà il nostro nuovo indirizzo? È qui per te. Se tu te ne vai, se ne andrà anche lui. Non incaponirti per una questione di principio o altro. Tu e il tuo benessere siete la cosa più importante.>>
Non so più cosa ribattere, non posso più ribattere. So che hanno ragione, anche se mi fa male. Non voglio lasciare questa casa, questo posto. Ma non posso fare nient'altro.
Quando i miei piedi si posano nuovamente sul suolo catalano sono passate da poco le 3 del pomeriggio. Duchessa, chiusa nel suo trasportino, è una piccola furia. So che mi starà detestando in questo momento. Trascino a fatica il mio trolley fuori dall'aeroporto. Il resto delle mie cose tornerò a prenderlo in Italia a settembre.
<<Angel! Com'è andato il viaggio?>> Andrew mi stringe in un abbraccio non appena esco dall'aeroporto. Prima che io possa rispondere, afferra il mio trolley.
<<Tutto bene Drew, grazie. Sono solo un po' stanca, non vedo l'ora di arrivare ->> mi blocco per un istante. <<...a casa.>> Sospiro e sento una stretta al cuore. Mi mancano già i miei nonni e il tepore delle montagne. Osservo Andrew mentre carica il mio trolley sulla sua auto ma sono totalmente assente. Vorrei solo poter tornare indietro.
<<Angel, sei sicura di stare bene?>> mi chiede, posandomi una mano sulla spalla. Sollevo lo sguardo su di lui e annuisco, accennando un sorriso.
<<Sì, sì grazie Andrew.>> Drew mi avvolge in un abbraccio.
<<Sono così contento di rivederti, piccola Angel. Mi sei mancata.>> Sorrido, contro la sua spalla.
<<Anche io sono contenta di rivederti Drew. E mi sei mancato anche tu.>>
Saliamo in auto e Drew avvia subito il motore. Osservo Barcellona scorrere oltre il finestrino. Così bella, così assolata, così viva. Così piena di possibilità.
<<Hai fatto la scelta giusta, Angel.>> Dice ad un tratto Drew, mentre percorriamo la superstrada che ci porterà a Cervera. Il vento che entra dal finestrino gli accarezza i ciuffi biondi che sfuggono dal codino che porta sulla sommità del capo.
<<Sono stati i miei nonni a convincermi in realtà.>>
<<Allora hanno fatto bene a convincerti. Qui sarai più al sicuro. Almeno da lui, intendo.>> Poso una mano sulla sua per ringraziarlo e lui mi rivolge un tenero sorriso.
Quando le prime case che indicano che Cervera è vicina appaiono sulla nostra strada, sento il mio cuore aumentare drasticamente i battiti.
Sto tornando a Cervera quando ormai ero convinta che non ci avrei mai più rimesso piede.
Di nuovo, il mio obiettivo di mettere quanti più chilometri tra me e Marc, è andato in frantumi.
Beh, alla fine, nonostante sia una piccola cittadina, non è detto che io e Marc ci incontreremo ancora.
Anche se è più che scontato che in un modo o nell'altro saprà che sono tornata.
Per ora comunque, so per certo di non poterlo incontrare. Lui e Alex sono in Austria per il Gran Premio e non torneranno almeno fino a domenica sera.
Quando Andrew ferma l'auto proprio sotto il mio palazzo, mia madre è davanti al portone, probabilmente in attesa della sottoscritta.
<<Ciao, mamma.>> la saluto, non appena scendo dall'auto. La vedo venirmi incontro, per poi abbracciarmi, stringendomi forte. È in lacrime e la sento singhiozzare.
<<Bentornata a casa, tesoro mio. Sono così felice di riaverti qui con me.>> Si allontana quel poco che basta per guardarmi in viso. <<Ma stai bene? Stai bene, vero?>>
Sia io che la nonna abbiamo deciso di dirle che il mio ritorno a Cervera era dovuto al fatto che mio padre era stato visto nuovamente in città e abbiamo deciso di ometterle che in realtà si era avvicinato a me. Se ora è così sollevata di sapermi qui e allo stesso tempo, la cosa l'abbia fatta molto preoccupare, non oso immaginare come avrebbe reagito se le avessimo detto tutto.
Annuisco sorridendo e l'abbraccio nuovamente.
<<Anch'io sono contenta di essere di nuovo con te, mamma.>>
Drew porta il mio trolley nel mio appartamento mentre io recupero la mia borsa e il trasportino di Duchessa.
<<Stai davvero bene, tesoro?>>
<<Ma sì mamma, te l'ho detto.>> rispondo nuovamente. Poi mi schiarisco la voce. <<Mamma, non hai detto a Marc che sarei tornata, vero?>>
Non posso non pensarci. È più forte di me. La sento sospirare mentre saliamo le scale.
<<No, non gli ho detto nulla, Angel. Tanto comunque sai che lo verrà a sapere.>> Mi limito ad annuire, lasciando cadere il discorso. Ormai è un mese che non ci vediamo. Non riesco neppure ad immaginare un nostro possibile incontro al momento, dopo il modo in cui è precipitato tutto l'ultima volta che ci siamo visti.
Magari nonostante la notizia del mio ritorno, potrà decidere di girarmi al largo e sinceramente spero che opti per questa opzione in modo da rendermi ogni cosa più facile.
La domenica arriva in un battibaleno. Da domani ricomincerò a lavorare al bar e tutto tornerà com'era prima. Come se questa mia parentesi in Italia non fosse mai esistita. Le mie giornate torneranno ad essere scandide dai turni al bar, ma senza Marc e Alex. Nonostante pensare alla cosa mi faccia male, devo accettarla.
È andata così.
Accendo la TV per la gara di Moto2, mentre Duchessa viene ad accoccolarsi sulle mie gambe. Lei è decisamente contenta di essere tornata a casa.
Alla fine, Joan conclude la gara all'ottavo posto, mentre Alex non riesce a concluderla per un inconveniente tecnico. Non so se mandare un messaggio o meno a Joan e dopo vari tentennamenti, decido di lasciar perdere. Non ci sentiamo da qualche giorno e non sa che sono tornata in Spagna. Congratularmi per un ottavo posto non mi sembra il pretesto giusto per contattarlo.
Quando mi accorgo che manca poco all'inizio della gara di MotoGP la mia mente mi ordina di spegnere il televisore, ma qualcosa di indefinito mi spinge a non farlo.
Nell'esatto momento in cui Marc viene inquadrato nel box, seduto alla sua postazione in attesa di entrare in pista, il viso nascosto dal casco, sento il mio cuore saltare un battito. Ha la visiera sollevata e i suoi occhi sono puntati fissi davanti a sé.
Quello sguardo da predatore, pieno di determinazione, mi ipnotizza come ogni volta.
Mi viene la pelle d'oca mentre la regia internazionale si mantiene sul suo sguardo profondo e magnetico. Il modo in cui il mio corpo gli risponde per un semplice sguardo mentre lui è a migliaia di chilometri di distanza mi toglie ogni volta le parole.
Duchessa si solleva immediatamente dalle mie gambe per raggiungere il televisore e andare a strusciarsi contro l'immagine di Marc, facendo le fusa.
<<Ma guardala!>> La rimprovero, mentre l'immagine si sposta sul box Ducati. Non vede Marc da più di sei mesi e so che le manca. Era molto legata a lui e in fondo non avrebbe potuto essere altrimenti dato che è stato lui a regalarmela.
La gara non è altro che l'ennesima lotta al cardiopalma tra Marc e le due Ducati di Lorenzo e Dovizioso. Gli ultimi giri sono una battaglia continua tra Marc e Lorenzo per la vittoria dopo che quest'ultimo ha ricucito il gap che lo divideva da Marc, lanciato in prima posizione. Il mio cuore torna al suo battito regolare solo quando Marc taglia il traguardo in seconda posizione, ad un soffio da Lorenzo.
Lo vedo arrivare al parc ferme e quando si sfila il casco e passarsi una mano tra i capelli, un sorriso a schiudergli le labbra piene, sento il cuore stringersi nel mio petto. Spengo il televisore ed esco dalla mia stanza.
Mia madre sta preparando il pranzo.
<<Hai guardato la gara?>> mi chiede, non appena entro in cucina.
<<Oh...sì. Moto2 e MotoGP.>>
<<Come sono andati Marc e Alex?>>
<<Alex ha avuto un problema e Marc ha concluso secondo.>> Spiego, sbrigativa. Non ho voglia di parlare di Marc. Mia madre deve intuirlo perché non mi chiede più altro che lo riguardi.
Dopo pranzo qualcuno suona al campanello. Quando vado a controllare di chi si tratti, noto la figura di Roser sullo schermo del videocitofono.
<<Roser?>> Chiedo ad alta voce, prima di rispondere. <<Mamma, la stavi aspettando?>>
<<No, tesoro. Rispondi, avanti.>>
Preferirei che rispondesse lei, ma sparisce in cucina lasciandomi sola davanti al citofono. Mi schiarisco la voce.
<<Ciao, Roser. Ti apro subito.>>
<<Grazie, Angel.>>
L'attesa che precede il suo arrivo sul mio pianerottolo pare infinita. La tensione cresce ogni istante che passa. Perché è venuta qui? Di sicuro non per la mamma.
Mi prende il panico.
Quando sento i suoi passi sul pianerottolo nascondo la mia agitazione dietro un sorriso e apro la porta.
Quando vedo il suo viso aperto e un grande sorriso sulle sue labbra, mi sento improvvisamente più leggera.
<<Angel, che bello riaverti qui.>> La sento dire, prima di abbracciarmi. <<Sono davvero felice di sapere che sei tornata.>> continua, non appena scioglie l'abbraccio.
<<Grazie Roser, anch'io sono molto felice di rivederti. Spero che tu e tutti gli altri stiate bene.>> La vedo abbassare lo sguardo.
<<Certo, stiamo tutti bene. Senti, volevo parlarti, se è possibile.>>
Ecco che il panico torna a farsi largo in me. Di cosa vorrà mai parlare?
Spero che non si tratti di qualcuno il cui nome inizia per M.
<<Oh certo, dimmi tutto.>>
Mia madre appare oltre le mie spalle e saluta Roser con due baci sulle guance.
<<Ho sentito che dovete parlare, allora io vi lascio sole e vado da mia sorella. Ci vediamo più tardi.>>
Non appena mia madre esce dall'appartamento, io e Roser restiamo in silenzio per un istante.
<<Posso offrirti un caffè, Roser?>>
<<Un caffè italiano non si rifiuta mai.>> sogghigna, mentre entriamo in cucina.
<<Ti starai chiedendo come ho fatto a sapere che eri tornata.>>
<<Veramente...non sono sorpresa. Immaginavo che la voce si sarebbe sparsa in fretta, anche se credevo che sarebbe successo non appena sarei tornata a lavorare al bar.>>
<<Stamattina sono andata al solito mercato domenicale e l'ho scoperto lì, ne stavano parlando dal fruttivendolo. Così ho pensato di venire a farti un saluto.>>
<<Ti ringrazio, Roser, mi fa piacere.>> Dico, mentre le poso davanti una tazzina di caffè.
<<Spero che ora resterai definitivamente.>>
<<Certo. Non tornerò più in Italia. Probabilmente ora è questo il mio posto.>>
<<Ho come la sensazione che tu non sia così tanto contenta di essere tornata.>> Mi osserva dietro le ciglia e mi stringo nelle spalle.
<<I miei nonni mi hanno convinto. Sostenevano che fosse meglio per me, li ho fatti sudare tanto perché mi ero incaponita nel voler restare ma...avevano ragione loro. In più, mi mancava mamma.>> Sulle labbra di Roser va a disegnarsi un tenero sorriso mentre mi stringe una mano.
<<Io sono molto felice che tu sia tornata. Voglio che tu stia bene e che sia felice, perché te lo meriti.>> Mi viene da piangere.
<<Grazie, Roser, davvero.>>
<<Quando a novembre te ne sei andata così improvvisamente, da un giorno all'altro, sono rimasta sorpresa. Poi Marc mi ha detto che i tuoi nonni avevano bisogno di te e per quello eri partita all'improvviso.>> Lo sguardo che mi lancia mi fa capire che non ha creduto completamente alle parole di Marc.
<<Beh, sì. Anche se...ero soprattutto io. Avevo bisogno di cambiare un po' aria. Ma ora sono tornata.>> concludo, con un sorriso. Roser prende un profondo respiro.
<<Angel, io non so cosa sia successo tra te e Marc, però so che sei tu. So che sei tu la ragazza con cui è andato via per il weekend il mese scorso, il motivo della sua felicità quando è ritornato a casa e l'ho visto così felice. Quando una mattina l'ho visto rientrare con gli occhi che brillavano come due stelle e un sorriso immenso sulle labbra ho capito che non potevi essere altro che tu. Non ho mai visto Marc così felice se non vicino alle moto. E quando tu poi ogni volta te ne andavi...era distrutto. Provava in tutti i modi a nascondermi il fatto che stesse male, peccato che lo conosco da letteralmente tutta la vita e mi accorgo sempre di quando sta male, anche se sorride.>>
Non so cosa dire. Resto semplicemente davanti a lei, immobile, non sapendo cosa rispondere. Avrei dovuto immaginare che avrebbe capito, così come lo ha capito mia madre. Roser riprende a parlare dopo qualche secondo.
<<Diciamo che in tutti questi anni ho sempre sperato che si desse una mossa con te. Ho sempre sentito che eri quella giusta per lui e che nel suo profondo lui lo sapesse, ma tu non ammettevi neppure l'idea di una relazione romantica con qualcuno. L' Angel che si teneva lontano da tutto e tutti, ma non da Marc. E lui...>> Solleva gli occhi al cielo. <<Normale amministrazione. Voleva godersi la vita e i privilegi dell'essere un pilota. Ma poi vi osservavo quando eravate insieme...tu con il tuo cipiglio corrucciato e il tuo sarcasmo che si amalgamavano alla perfezione con il suo sorriso e la sua positività. E pensavo: "Dio, saranno così stupidi da perdersi, questi due?". Poi però ho iniziato a notare qualcosa di strano tra voi e tutto ha iniziato a precipitare dallo scorso anno, ma questo tu già lo sai. Ho sempre sentito che eravate giusti l'uno per l'altra, che...vi foste trovati. Ho sempre saputo che tu lo avresti amato perché era Marc e non per tutto il resto, e che anzi...quel resto ti avrebbe spaventato. E io questo desideravo per i miei figli. Che riuscissero a trovare qualcuno che li amasse per le persone che erano. Poi loro però, avrebbero dovuto dimostrare di meritarsi questa persona. E Marc...tu sei sempre riuscita a tirare fuori la sua parte migliore, nella sua interezza. Ti ha sempre guardata come se fossi la cosa più preziosa della terra. È sempre stato così premuroso, affettuoso, protettivo con te e ha sempre tenuto in conto della tua opinione probabilmente anche a pari della mia. Ma andava bene. Sapevo chi c'era dall'altra parte, ovvero tu. Una persona saggia, e che avrebbe sempre pensato al suo bene.
Io ora non voglio convincerti a...tornare? Provare? A stare con lui, solo...spero che le cose tra voi un giorno si sistemino. Che siate pronti l'uno per l'altro. Che riusciate a ritrovarvi. Che non buttiate via un rapporto speciale, raro, intenso e viscerale come il vostro.>>
Sbatto le palpebre cercando di trattenere le lacrime. Scuoto il capo.
<<Io...Roser, mi dispiace. Non avrei mai voluto perdere il mio rapporto con Marc. Ho cercato in tutti i modi di evitarlo, ma...forse doveva andare così. Non vedo un modo per noi...di recuperare quello che avevamo.>>
<<Lascia che le cose seguano il loro corso. Potresti restare sorpresa.>> Replica, prendendomi una mano e accennando un sorriso. Restiamo in silenzio per diversi istanti.
<<Io e Julià ci siamo separati.>> Strabuzzo gli occhi, sorpresa.
<<Scherzi?!>> È la prima cosa che riesco a dire. Poi riordino le idee. Chiederle il motivo sarebbe brutto e non voglio che ripensi alla cosa. Nè Marc nè Alex mi hanno detto nulla.
<<Mi dispiace, Roser. Davvero.>> Lei scuote il capo e scrolla le spalle.
<<Meglio così. Ora sto meglio, all'inizio è stata dura. Non mi vergogno di dire che ho sofferto molto per questa cosa. Eppure, avrei dovuto immaginarlo. Lo sapevo, in fondo. Ma vediamo solo quello che vogliamo vedere. Per questo te lo dico, Angel: le cose così belle sono rare.>> Poi si scuote e sorride.
<<Comunque, cambiando argomento: domani è il mio compleanno e mi farebbe piacere se tu venissi alla cena che Marc e Alex hanno organizzato. Mi farebbe davvero tanto piacere se venissi. Ho già invitato tua madre e tua zia due settimane fa e ci saranno.>>
Accidenti!
E ora?
Non posso dirle di no, sarebbe ingiusto e scortese. E in fondo, voglio andare, è la presenza di qualcuno a farmi pensare addirittura di declinare il suo invito.
Ritrovarmi davanti Marc dopo un mese e dopo appena quattro giorni dal mio ritorno a Cervera non era esattamente il piano che mi ero fatta in mente.
Ma ormai dovrei aver notato che i miei piani vengono costantemente mandati all'aria dalla stessa persona.
Stiro le labbra in quella che è più una smorfia che un sorriso.
<<Certo, Roser. Ci sarò sicuramente.>>
Roser mi stringe entrambe le mani.
<<Grazie Angel, mi rendi molto felice. Non ho idea di dove vogliano andare quei due, hanno detto che è una sorpresa, per cui ti farò mandare l'indirizzo da Alex.>>
Quando il nome di Alex esce dalle sue labbra mi sfugge un sospiro di sollievo. Meno contatti ho con Marc, meglio è.
<<Grazie, Roser.>>
Domani è il suo compleanno e io non le ho neppure comprato un regalo.
Non ho neppure un'idea di cosa regalarle e domani avrò anche il mio primo turno al bar, quindi potrò girare poco per negozi.
La settimana non avrebbe potuto iniziare in maniera più semplice.
[Marc]
Il viaggio di ritorno verso casa, per la prima volta in vita mia, è stato accompagnato da una strana sensazione.
Una sorta di morsa allo stomaco, una leggera tensione che mi dava l'impressione che ci fosse qualcosa di diverso ad attendermi a casa.
Non avevo idea di cosa fosse e proprio per questo non riuscivo a stare tranquillo.
Quando arriviamo a Cervera corro subito da mia madre e quando noto che è tutto a posto, tiro un sospiro di sollievo.
Eppure, quella sensazione continua a restare lì, sospesa, proprio al centro del mio petto.
<<Marc, ora che hai visto che stiamo tutti bene puoi anche tranquillizzarti, no?>> Ripete mia madre con dolcezza, mentre Alex porta di sopra i suoi bagagli.
<<Non sono preoccupato mamma, è solo...non so spiegarlo, non è una brutta sensazione. È qualcosa di dolce ma al tempo stesso di malinconico. Gli ho attribuito un senso negativo mentre ero in viaggio perché ero lontano e non sapevo se stavi bene o meno, così come i nonni, ma è solo...una morsa allo stomaco, e ora che sono tornato a casa, è come se ci fosse qualcosa di caldo al centro del mio petto che mi riscalda, ma che al tempo stesso mi punge. Sto straparlando probabilmente, ma è davvero strano.>> Mia madre sorride come se sapesse di cosa sto parlando e mi accarezza i capelli.
<<Avanti, hai avuto una giornata lunga. È ora di riposare.>> Le poso un bacio sulla guancia e raggiungo il piano di sopra. Effettivamente sono distrutto.
La mattina seguente mi sveglio più tardi del solito, come ogni lunedì post gara. Dopo colazione, io e Alex ci prepariamo per il nostro allenamento in bici. Quando usciamo in strada, mentre sono intento nell'allacciarmi il casco, non posso non cogliere il chiacchierare di due signore all'altro capo della strada.
Ma è una frase di cui riesco a carpire solo qualche parola in realtà, a farmi quasi saltare un battito.
"Cappuccino...Angel...Tornata."
"Tornata."
Devo aver sicuramente capito male.
Non può essere tornata di nuovo.
<<Ehi, che ti prende?>> Mi chiede Alex, dandomi una gomitata. Mi scuoto tutt'a un tratto.
<<Hai sentito?>>
<<Che cosa?>> Continua, guardandomi stranito.
<<Quelle due che parlavano dall'altro capo della strada. Hanno detto che Angel è tornata.>> Alex stira le labbra, guardandomi poco convinto.
<<Marc, devo ricordarti che in vacanza non hai fatto altro che vedere Angel letteralmente ovunque? Avanti, avrai sicuramente capito male. Angel è a più di 1200 chilometri da qui, in Italia.>>
<<Non ho capito male, stavano parlando dei suoi cappuccini, aggiungendo che è tornata!>> Replico, sicuro di quello che ho sentito, anche se non può essere vero.
<<Va bene, hai ragione.>>
Il suo darmi ragione per farmi contento mi infastidisce enormemente.
<<Certo che ho ragione e te lo dimostrerò.>> Salto sulla bici, dirigendomi verso il bar di Angel.
<<Marc, accidenti, aspetta!>> Sento urlare Alex dietro di me, ma non intendo fermarmi. Raggiungo in due minuti scarsi il viale dove Angel vive e lavora da quando è arrivata a Cervera. Più mi avvicino al bar, più sento i battiti del mio cuore aumentare, più la morsa alla bocca dello stomaco si fa serrata.
Ha ragione Alex, ho sicuramente capito male...
Mi fermo accanto alle auto parcheggiate al lato della strada per non farmi notare e scruto all'interno del bar, tra i clienti.
Poi la vedo.
Sento per un istante la testa girare, il cuore fare una doppia capriola nel mio petto.
La vedo servire il cliente davanti a lei, un sorriso sulle labbra, i capelli acconciati in una lunga treccia.
Non è un sogno.
È davvero lì.
<<Ma ti è andato di volta il cervello? Che diavolo ->> Poi mio fratello alle mie spalle si zittisce immediatamente. Probabilmente ora l'ha vista anche lui.
<<Allora? Avevo ragione o no?>> Gli chiedo, senza riuscire a staccare gli occhi da Angel, intenta a discorrere e ridere con sua madre e i clienti.
<<Se è tornata a lavorare al bar allora vuol dire che...è veramente tornata.>>
Sento il cuore palpitare nel mio petto.
Ma realizzo solo ora che non è possibile.
Angel ha sempre detto che non sarebbe mai più tornata e tutte le volte che è tornata quest'estate, è stato solo per brevissimi periodi.
<<Figuriamoci. Come tutte le altre volte, sarà tornata perché ha qualcosa da fare qui. Poi ritornerà in Italia come al solito.>> La rassegnazione è quasi tangibile nella mia voce. Sento Alex picchiettare sulla mia spalla e mi volto a guardarlo. Ha la testa rivolta verso l'alto e seguo il suo sguardo.
Il musetto di un gatto candido come la neve spunta dal balcone del primo piano del palazzo, ovvero, quello dell'appartamento di Angel.
Duchessa.
Sento tante piccole scariche elettriche lungo le mie vene.
<<Se ha portato Duchessa con sé...>> accenno, con un filo di voce, come se fosse un peccato anche solo pensarlo.
<<...Significa che è tornata per restare, Marc.>>
Sono davvero felice per questo? In fondo, cosa cambia se è tornata? Non vuole più né vedermi né sentirmi. Non abbiamo letteralmente più lo straccio di un rapporto, davvero mi basta questo per sperare che le cose tra noi possano tornare come prima?
Prendo un respiro profondo e ricomincio a pedalare.
<<Marc, è tornata per ->>
<<E allora?>> Lo interrompo, fermandomi per guardarlo in viso. <<Non vuole più saperne di me, Alex. Il fatto che sia tornata non significa nulla.>>
<<È sicuramente meglio che averla a più di mille chilometri di distanza, no? Piano piano forse...a piccoli passi, riuscirete a riavvicinarvi.>>
<<Eppure sai che stai parlando di Angel.>> Ribatto, scuotendo il capo.
<<Sì, lo so, per questo ho detto a piccoli passi. Piccolissimi, forse...>> Sospiro e sto per rimettermi nuovamente in marcia quando sento suonare il mio cellulare.
<<Mamma, che succede?>>
<<Marc, scusami se ti interrompo durante gli allenamenti, ma questa mattina mi sono dimenticata di chiedervi se è possibile aggiungere un posto in più, per stasera.>>
<<Perché devi aggiungere un posto in più? Chi si è aggiunto?>>
<<Ecco, si tratta di...>>
<<Non dirmelo. Si tratta di Angel, vero?>>
<<Oh, allora avete già saputo che è tornata. Comunque sì, ieri sono andata da lei per invitarla e ha accettato. Spero non sia un problema e si possa aggiungere un posto.>>
Grandioso.
Non penso di essere pronto a rivederla. O meglio, io sto letteralmente morendo dalla voglia di vederla ma so che quando me la ritroverò davanti, soffrirò come un cane per quello che non c'è più tra noi.
Siamo come due sconosciuti.
Anzi, peggio.
Perché due sconosciuti non possono dire di essersi amati come ci siamo amati noi.
Due sconosciuti non conoscono l'esistenza l'uno dell'altro.
Invece noi ci siamo confidati persino le nostre paure più profonde, ci siamo fusi l'uno nell'altro, siamo stati inseparabili per sei anni.
<<Non dovrebbe esserci nessun tipo di problema, mamma. Ora avverto chi di dovere.>>
<<Grazie, tesoro.>>
<<Ci sarà Angel stasera?>> Mi domanda mio fratello, non appena chiudo la conversazione.
<<Mamma l'ha invitata.>> Alex strabuzza gli occhi.
<Mi aspettavo di incontrarla, ma non così presto. Pensi che abbia accettato per...>>
<<Non lo dire.>> Sogghigno scuotendo il capo. <<Ha accettato solo e unicamente per nostra madre, perché sicuramente, conoscendola, le sarebbe parso brutto rifiutare a causa mia, la conosci. È me che non vuole vedere neppure in fotografia.>>
Dio, io voglio solo stringerla forte a me.
È forse un peccato questo mio desiderio?
<<Puoi avvertire il ristorante e chiedere se è possibile aggiungere un posto in più, per favore?>> gli chiedo, scuotendo il capo.
<<Certo.>>
Ora devo solo prepararmi psicologicamente a stasera.
Come se fosse facile.
~•~
<<Marc, datti una calmata. Si vede lontano un miglio che sei agitato.>> Sento mio fratello sussurrarmi all'orecchio. Il problema è che da quando ho visto l'auto di Dina apparire in fondo al viottolo che conduce al giardino dove ci troviamo in questo momento, la mia agitazione è cresciuta del triplo.
Mi sistemo le maniche della camicia, arrotolate fino ai gomiti, e mi passo una mano tra i capelli.
Il mio sguardo è al tempo stesso attratto e respinto dall'auto nera che si è fermata ora proprio accanto alla mia.
<<Cristo santo.>>
Quando la figura di Angel appare ai miei occhi, la disperazione si avventa sul mio cuore, stringendolo nella sua morsa dolorosa.
È da mozzare il fiato.
Sento il cuore battere a gran colpi nel mio petto, il corpo irrigidirsi e la velocità del mio respiro aumentare.
E ho solo posato gli occhi su di lei.
Sono irrecuperabile.
<<Marc, smettila, ti stai mordendo le labbra a sangue.>> Sibila Alex alle mie spalle, dandomi una gomitata nelle costole.
Non me ne ero neppure accorto.
Mi passo la lingua sulle labbra, mentre i miei occhi rimangono fissi su Angel, che attraversa il parcheggio al lato di sua madre e sua zia con il suo passo spedito e elegante.
Si porta una ciocca di capelli dietro l'orecchio mentre abbassa il capo, una mano che va ad accarezzare la stoffa leggera del suo vestitino nero trapuntato di rose rosse.
Non ho mai visto niente di più ammaliante e delizioso.
<<Ragazze! Siete arrivate!>> Esclama mia madre, raggiungendole.
Dio, ora è così vicina.
Ed ogni volta che la vedo diventa sempre, sempre più bella.
Sento Alex sospirare alle mie spalle. Avremmo potuto allontanarci e raggiungere gli altri, invece siamo rimasti qui, come in attesa di Angel, letteralmente incapaci di fare un passo e andarcene.
La vedo dare due baci sulle guance a mia madre e dirle qualcosa, mentre indica una busta blu scuro portata da sua zia.
Alex in quel momento mi supera e si avvicina a loro. Mia madre si volta a guardarlo sorridendo, mentre lui si china a salutare prima Dina, poi Rossella ed infine Angel, che lo abbraccia, stringendolo forte, mentre gli chiede come sta.
Mia madre si volta verso di me e mi fa cenno di avvicinarmi e io declino con un cenno del capo, facendo un passo indietro.
Non saprei come comportarmi, dovrei salutarla? E come dovrei salutarla? Di abbracciarla non se ne parla.
Darle un bacio? Ecco, quello lo vorrei con ogni fibra di me stesso ma non penso che lei sia dello stesso avviso.
Una stretta di mano? Dio, sarebbe devastante oltre che imbarazzante.
Il tutto davanti a mia madre e alla sua, oltre che a mio fratello.
Preferisco decisamente evitare.
Ma mia madre chiaramente non è d'accordo, perché mi guarda con disappunto, per poi chiamarmi a voce alta, come se fossi un bambino che va un po' "spinto".
<<Avanti Marc, vieni.>>
Al sentire il mio nome, gli occhi di Angel che fino a quel momento erano stati bravissimi ad evitarmi, saettano verso di me, per la frazione di un secondo.
Abbassa poi il capo, per poi sollevarlo non appena affianco mia madre e mio fratello.
<<Ciao Dina.>> La abbraccio, poi abbraccio Rossella infine mi volto verso Angel, che mi riserva un'occhiata totalmente priva di espressività, cosa che non è mai appartenuta al suo sguardo.
I nostri occhi si incrociano per la prima volta dopo la nostra discussione di un mese fa, dopo tutto quello che ci siamo urlati addosso, dopo averle detto che so che mi ama e dopo il suo cacciarmi da casa sua.
Sento gli occhi dei nostri familiari addosso, mentre continuiamo a restare immobili l'uno di fronte all'altro. Non ho idea di cosa fare, per cui sto aspettando il minimo accenno da parte sua.
<<Ciao Marc.>> dice, semplicemente, ma intuisco che quelle due semplici parole le hanno richiesto un grande sforzo.
<<Ciao Angel.>> Ricambio e lei fa un cenno con il capo.
Posso vedere il cuore spezzato delle nostre madri sui loro volti.
<<Venite con me, vi porto a prendere qualcosa da bere, la cena dovrebbe essere servita tra poco.>> Esclama mio fratello, per spazzare via l'imbarazzo che sembra pesare sulle nostre teste come una nuvola scura. Non appena si allontanano mi volto verso mia madre e non posso non notare un'ombra di tristezza nei suoi occhi.
<<Mamma, dammi la busta, vado a posarla assieme agli altri regali.>>
Ho bisogno di un pretesto per allontanarmi, devo stare almeno cinque minuti da solo.
<<È davvero così irrecuperabile tra te e Angel?>>
Non dovrei essere sorpreso dal suo essere così diretta, dato che mia madre lo è sempre stata. Ma in questo momento rischio di scoppiare a piangere davanti a lei come quando ero bambino e credevo che ogni cosa si sarebbe aggiustata tra le sue braccia.
<<Non ci devi pensare. Oggi è il tuo giorno. Fammi un sorriso e manda via quel lampo di tristezza dai tuoi occhi. Si aggiusterà tutto.>> Cerco di rassicurarla ma so benissimo di star mentendo.
Lei sorride annuendo e io recupero la borsa dopo averla abbracciata. Raggiungo il lungo tavolo che è stato allestito all'ombra del porticato del locale e che ora è pieno di pacchetti e pacchettini per mia madre, e tiro fuori i tre pacchetti dalla busta, per posarli sugli altri.
Osservo il giardino del locale che io e Alex abbiamo prenotato per stasera, disseminato di piccoli gruppetti di persone.
E se forse doveva andare così?
Agito una mano davanti al mio viso come per scacciare una mossa molesta, peccato che non basti un gesto per cancellare un pensiero dalla testa.
Doveva andare così nonostante il modo in cui e Angel ci viviamo quando siamo insieme? Nonostante il modo in cui ci guardiamo, in cui ci incastriamo perfettamente?
Non è possibile.
Non ha senso.
La figura di mio fratello appare ai miei occhi, mentre avanza verso di me tenendo in mano due bicchieri.
<<Tieni, ti farà bene.>> Mi dice, porgendomi uno dei due bicchieri. Ne bevo il contenuto in un solo sorso.
<<Mamma...?>>
<<Sta parlando con Dina e Rossella.>> Vorrei chiedergli cosa sta facendo Angel, ma mi trattengo. Lui però sembra captare i miei pensieri. <<Angel è con Rafi e Anna.>> Beve un sorso del suo drink. <<Prima la temperatura era scesa così tanto che pareva di essere finiti al polo nord. Meno male che ho portato Angel con me.>>
<<Immaginavo che sarebbe andata così. Anzi, pensavo che non mi avrebbe neppure rivolto la parola, ma so che lo ha fatto solo perché c'erano le nostre madri. Però, davvero...preferirei non parlarne. Probabilmente farei prima a fingere che non ci conosciamo nemmeno, ma se così fosse almeno avrei una, seppur scarsa, possibilità di conoscerla.>>
Dopo una mezz'ora circa, il suono di un campanello ci avverte che la cena è pronta per essere servita. Io e Alex ci avviamo verso la lunga tavolata che è stata apparecchiata all'ombra di una quercia. I nomi dei vari invitati sono scritti su un bigliettino dalla carta ingiallita e che pare consunta dal tempo. Non posso fare a meno di pensare a quanto piacerà la cosa ad Angel. Sono sicuro che le ricorderà i vecchi libri dalle pagine ingiallite a causa del tempo che lei ama tanto.
Quando trovo il mio posto, non posso fare a meno di notare chi occuperà quello di fronte al mio.
Angel è lì, in piedi davanti al suo posto, osservando prima il suo nome, poi lanciando un'occhiata torva nella mia direzione.
Dio santo.
Dovrò passare l'intera serata con lei davanti, non avrebbe potuto andare peggio.
O meglio.
Può sempre andare peggio.
Chi diavolo ha assegnato i posti? Ho urgente bisogno di fare un reclamo e probabilmente lei sarebbe d'accordo con me.
Vedo mia madre spuntare alle spalle di Angel, posarle una mano sul braccio e quando lei si volta, prenderle il viso tra le mani con uno sguardo squisitamente tenero e abbracciarla. Angel pare essere confusa, ma ricambia l'abbraccio.
Cos'è successo?
Devo essermi perso un pezzo.
Dina ci raggiunge e scambia un sorriso con mia madre, poi si siede al suo posto, mentre Angel continua a restare in piedi. Si siede poi, ed entra completamente nel mio campo visivo.
Non posso evitare di guardarla. Attira il mio sguardo come una calamita.
Osservo i suoi movimenti delicati, i grandi occhi scuri e limpidi che si guardano intorno, il modo in cui si morde il labbro inferiore che mi fa capire che in questo momento è nervosa. Prende il tovagliolo e se lo porta sulle gambe, poi inizia il suo gioco.
Ovvero, voltare lo sguardo in qualsiasi direzione non sia quella di fronte a lei.
Discorre amabilmente con tutti, tranne che con me. È come se il posto di fronte al suo fosse vuoto e io non esistessi.
Se dicessi che la cosa non mi ferisce sarei un grandissimo bugiardo.
Dio, solo un mese fa eravamo insieme in Costa Brava, lei con la mia camicia addosso, mentre ballava nel salone della casa che avevo affittato per l'occasione.
Sembrano passati anni.
Lentamente, i colori del tramonto tingono il cielo di decine di calde sfumature. Ed è in quel momento che Angel si isola da tutti. Porta una mano a sorreggerle il viso, gli occhi puntati sul cielo, mentre attendiamo la seconda portata. Poi li chiude e respira profondamente. Mi rendo conto che non sono riuscito letteralmente a staccarle gli occhi di dosso per tutti questi minuti.
Sento il mio cuore e l'anima bruciare e penso che dal mio sguardo si intuisca benissimo come mi sento.
È come se stessi andando a fuoco per il bisogno che ho di lei.
La voglio disperatamente, con ogni fibra di me stesso, con ogni più piccola parte della mia anima.
Tutto il mio corpo è completamente teso verso di lei, sento il bisogno di avere i suoi occhi su di me anche solo per un istante e bramo il suo tocco come i polmoni necessitano dell'aria.
Ho un bisogno urgente di toccarla, anche solo di sfiorarla.
<<Marc, smettila di fissare Angel in quel modo, ti prego.>> sussurra Alex al mio orecchio. Sbatto le palpebre e in quel momento torno alla realtà. Realizzo che non siamo soli e che sua madre è proprio lì, accanto a lei. Cristo, spero che non abbia notato come stavo guardando sua figlia fino a pochi istanti fa. Spero che nessuno oltre Alex lo abbia notato.
<<Angel, un po' di vino?>> le chiede Javier, seduto tre posti più in là del mio. Vedo Angel lanciare un'occhiata a sua madre.
<<Tranquilla, tanto guiderò io. Assaggialo pure.>>
<<Va bene allora, grazie Javier.>> Angel afferra il bicchiere vuoto accanto a quello colmo di acqua e lo tende verso di lui, ma è troppo lontano per arrivarci.
D'istinto, afferro la bottiglia e le verso io nel bicchiere un goccio di vino. Con la coda dell'occhio la vedo irrigidirsi. Quando alzo lo sguardo verso di lei, scopro che i suoi occhi erano già su di me.
Mi sta guardando.
Sento il cuore sciogliersi come un ghiacciolo sotto il sole di mezzogiorno.
Se seguissi anche ora il mio istinto, mi sarei già lanciato verso di lei per stringerla tra le braccia.
<<Grazie.>> dice, per poi portarsi il bicchiere alle labbra.
Ci viene servita poi la seconda portata e poco più tardi, noto Angel recuperare il telefono e leggere qualcosa che la fa sorridere. Sento qualcosa pungermi al centro del petto mentre un pensiero attraversa la mia mente.
È Joan.
La fortuna doveva essere sicuramente dalla sua parte, perché Angel era andata per qualche giorno in riviera romagnola proprio mentre c'era anche lui per allenarsi al Ranch.
Guardare le storie di Joan e notarli alla stessa tavolata mi aveva procurato un colpo al cuore.
Potevo già immaginare come sarebbe andata a finire.
I segnali c'erano tutti e io non riuscivo ad ignorarli per quanto avessi voluto.
Quel poco di vino che Angel ha bevuto sembra averla fatta sciogliere un po'.
Non con me ovviamente, ma le sue spalle ora sono rilassate, il suo viso più disteso e aperto.
La sera è calata sul giardino e piccole lanterne che pendono dai rami degli alberi lo illuminano di una luce calda. L'atmosfera è così morbida e languida e noto come la luce delle lanterne si rifletta negli occhi scuri di Angel che ora è persa nel guardare la luna che si intravede tra le fronde dell'albero oltre le mie spalle, un tenero sorriso a incurvarle le labbra.
Non sembra più inarrivabile ora. Ma così vicina, ad un metro e poco più di distanza.
Scuoto il capo.
Dio, non ce la faccio. È una tortura averla sotto gli occhi per tutto questo tempo e non poterle neppure sfiorare una mano.
Sento Alex tirarmi una gomitata nelle costole.
<<Marc, facciamo portare la torta?>> mi sussurra all'orecchio e annuisco. <<Vado io.>> dice e si alza da tavola per raggiungere l'interno del locale. Diversi minuti dopo il suo ritorno, tre camerieri fanno la loro entrata nel giardino. Quello al centro regge la torta che abbiamo ordinato nella pasticceria preferita di mia madre. Io e Alex ci alziamo in piedi per raggiungerla a capotavola, intonando "Tanti auguri a te", e il resto della tavolata ci imita battendo le mani.
Al termine della canzone mia madre chiude gli occhi per diversi istanti, poi soffia sulle candeline. Spero che il suo desiderio si avveri.
<<Tanti auguri, mamma. Spero che tutti i tuoi desideri vengano esauditi. Ti voglio bene.>> le dico, abbracciandola.
<<Grazie, tesoro.>> mormora mia madre, commossa.
Dopo aver tagliato la prima fetta di torta, al resto pensano i camerieri.
Facciamo un brindisi in onore di mia madre, poi, parte la musica.
Angel non è più al suo posto e non ho idea di dove sia. Meglio così. Forse, se ho fortuna, riuscirò a non vederla più fino a fine serata. Era troppo doloroso. Averla vicino e non poter neppure scambiare due parole con lei.
Recupero il mio bicchiere e prendo un altro piccolo sorso di spumante, mentre ondeggio il capo a ritmo di musica.
Mi butto nella mischia, iniziando a ballare. Non voglio più pensare a niente.
Ballo con mia madre, ovvero la regina della festa, poi, con la coda dell'occhio, noto Rafi, Angel e Anna ballare, dopo aver fatto un piccolo brindisi.
<<Avanti, vieni cugino!>> mi chiama Anna a gran voce, ed io mi blocco sul posto. Vedo Angel voltarsi verso la mia direzione, ma nel suo sguardo non passa nessun lampo d'odio o disappunto. Socchiude gli occhi e prende un sorso di spumante. Le raggiungo e Anna mi porta un braccio intorno alle spalle.
<<Ti va di ballare con queste tre belle donzelle?>> Sia lei che Rafi sembrano decisamente brille.
<<Abbiamo bisogno di ridere un po', ecco il motivo per cui te lo ha chiesto.>> Ammette Rafi, per poi scoppiare a ridere. Fingo di offendermi.
<<Siete tremende. Io ballo benissimo.>>
<<Certamente, come una foca ubriaca, più o meno.>>
Mentre loro due scoppiano nuovamente a ridere, Angel sogghigna scuotendo il capo.
Dio, ho bisogno di restare con lei da solo.
<<Oh Anna, andiamo a prendere dell'altro spumante, muoviti!>> Vedo Angel entrare in allarme non appena Rafi pronuncia queste parole.
<<Vengo con voi!>>
<<Ma tu nei hai ancora tanto nel bicchiere, resta qui a ballare, torniamo subito!>> Angel si irrigidisce e inizia a guardarsi intorno. Non posso lasciare che se ne vada senza che io provi a dirle almeno una parola.
<<Sei davvero un incanto. È tutta la sera che desidero dirtelo.>>
Si volta a guardarmi, sgranando gli occhi, per poi sbattere le palpebre.
<<Oh...grazie.>> esclama, portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. <<Anche tu...stai molto bene.>>
Sia benedetto vino che l'ha fatta sciogliere un po'.
Deglutisco rumorosamente. Non so che cosa dirle per rompere il ghiaccio. O meglio, l'iceberg che c'è tra noi.
Il nostro rapporto pare assomigliare sempre più al Titanic, pronto a colare a picco da un momento all'altro.
<<Senti, Angel, volevo dirti che ->>
Ad un tratto qualcosa attira la sua attenzione e si volta alla sua sinistra, poi, un istante dopo, si getta verso di me con un urlo.
<<Oddio, un calabrone!>>
Finisce direttamente tra le mie braccia.
Ecco dove l'ha portata il suo istinto.
Tra le mie braccia.
La stringo a me immediatamente, mentre nasconde il viso nel mio petto. Scuoto un braccio per allontanare il calabrone e alla fine, vola verso la cima dell'albero al lato opposto.
So quanto Angel ha paura degli insetti.
<<È andato via, puoi stare tranquilla.>> La rassicuro, accarezzandole i capelli con la punta delle dita.
<<Sì?>> chiede, con tono incerto, sollevando il capo e guardandosi intorno. Le sue dita stringono ancora la stoffa della mia camicia, e sento i brividi scorrermi lungo la schiena. Il calore del suo corpo contro il mio fa aumentare la mia temperatura interna di un numero infinitesimale di gradi.
<<Sì, tranquilla.>> ripeto, accarezzandola alla base della schiena, mentre lei solleva la testa verso di me.
I suoi occhi limpidi e profondi si fissano nei miei, sento il battito accelerato del suo cuore contro il mio petto, il lieve rossore sulle sue gote che sta gradualmente aumentando.
Passo la punta della lingua sulle labbra e i suoi occhi saettano sulla mia bocca, e, un istante dopo, la sento tremare appena contro di me.
Il suo profumo mi sta mandando letteralmente fuori di testa. Lo riconosco subito e la mia mente si riempie dei ricordi del mese scorso. Il suo corpo premuto contro il mio, le sue labbra sulla mia pelle. Dio, sto impazzendo.
Angel scuote la testa e preme le mani contro il mio petto per allontanarmi.
<<Mi dispiace di esserti finita addosso, io...quel calabrone mi ha spaventata.>> osserva il bicchiere caduto ai suoi piedi.
<<E ho anche innaffiato il prato con lo spumante.>> Sembra aver ripreso completamente il controllo della situazione mentre ristabilisce i confini tra noi.
Un cameriere passa poco distante da noi sorreggendo un vassoio colmo di flûte di spumante. Ne recupero due, e uno lo porgo ad Angel.
<<Facciamo un brindisi?>>
<<Quello che abbiamo fatto con tutti gli altri non ti è bastato?>>
<<Questo sarà solo per noi due.>> Angel stira appena le labbra in quello che sembra l'accenno di un sorriso e prende il bicchiere dalle mie mani.
<<Va bene, allora.>>
Sì, decisamente il vino l'ha fatta un po' sciogliere nei miei confronti.
<<A noi. Nella speranza di riuscire sempre a trovare una strada che ci conduca l'uno verso l'altro.>>
Gli occhi di Angel tremano sotto le ciglia e un lampo li attraversa.
Probabilmente il rischio che mi getti lo spumante in faccia è aumentato del triplo rispetto a cinque minuti fa.
Aspetto con una certa apprensione la sua reazione.
Accenna nuovamente un piccolo sorriso, tendendo il bicchiere verso il mio.
<<A noi.>>
Non mi ha gettato lo spumante in faccia. Questo è già un successo ed un enorme progresso rispetto al gelo polare di qualche ora fa, prima di cena.
Facciamo scontrare i nostri bicchieri e la osservo da dietro le ciglia mentre prende un sorso di spumante, per poi strizzare gli occhi come ogni volta.
Le inconfondibili note di Bailando riempiono il giardino e vedo Angel irrigidirsi, mentre il suo sguardo saetta verso di me.
<<Questa non possiamo non ballarla.>>
Mi butto, come al mio solito, dopo aver preso un profondo respiro. Tendo una mano verso di lei, che mi osserva con un sopracciglio inarcato. So che ricorda che avevamo promesso che l'avremmo ballata insieme ogni volta che l'avremmo sentita.
Scrolla poi le spalle e mi afferra la mano. Sento il cuore tremarmi nel petto non appena la sua mano tocca la mia.
<<Andiamo, allora.>> dice, e cerco di reprimere l'enorme sorriso che vorrebbe disegnarsi sulle mie labbra, limitandomi ad un sorriso accennato.
Attraversiamo il giardino, le nostre mani che continuano a restare unite. Poi, iniziamo a ballare. Reprimo il mio desiderio di avvicinarmi di più a lei, il mio bisogno di accarezzarla, di portarle una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Non riesco a staccare lo sguardo da lei mentre si muove, gli occhi chiusi e le guance rosate, le labbra che si muovono ripetendo i versi della canzone.
Un sorriso va a disegnarsi sulle sue labbra mentre apre gli occhi, poi intercetta qualcosa alle mie spalle e si allunga per afferrare un bicchiere di spumante.
<<Ehi niña, meglio che ci vai piano con questo. Tu non sei abituata a bere.>> La riprendo, dolcemente, afferrando il bicchiere dalle sue mani. Angel mette il broncio e io non posso fare altro che trovarla adorabile.
Sì, ora è decisamente brilla.
<<Oh avanti Marc, non fare il guastafeste.>> Si lamenta, allungando una mano per afferrare il bicchiere ma io allontano il braccio. Angel aggrotta le sopracciglia e si avvicina a me, allungando nuovamente una mano, e io allontano ancora di più il braccio, fino a quando Angel non si spalma letteralmente contro di me per recuperare il bicchiere.
<<Dai Marc, smettila!>> piagnucola, aggrappandosi alla mia camicia e alzandosi sulle punte dei piedi mentre allunga il braccio per prendere il bicchiere.
Non riesco a trattenere una risata mentre tendo ancora di più il braccio oltre le nostre teste, per fare in modo che non arrivi al bicchiere. Le circondo la vita con l'altro braccio per far sì che si regga, mentre lei porta i piedi sopra i miei per allungarsi il più possibile, fino a che non si arrende, gettando il capo sulla mia spalla.
<<Sei insopportabile.>> commenta, dopo qualche istante, sollevando la testa per guardarmi. Alex passa alle mie spalle e lo vedo strabuzzare gli occhi. Probabilmente deve sembrargli una specie di allucinazione il vedere Angel tra le mie braccia dopo il gelo di qualche ora fa.
<<Tieni, fratello. Per te.>> gli dico, offrendogli il bicchiere. Non posso bere più di quanto ho già fatto.
<<Non è giusto. Tu puoi bere quanto vuoi, mentre io ->>
<<Bambina, non è questo, lo sai, è che tu non sei abituata a bere più di così e l'alcol neanche ti piace così tanto in realtà. Almeno...prima era così.>> Le spiego, accarezzandole una guancia. Gli occhioni da cerbiatto di Angel si fissano nei miei e sento il cuore aumentare drasticamente i battiti. Le mie dita sulla sua guancia morbida, il suo corpo contro il mio e i suoi occhi persi nei miei. Sento la velocità del mio respiro cambiare e so benissimo che i miei occhi devono essersi incupiti mentre la fisso con tutto il desiderio che sento per lei.
Non posso non notare la pelle d'oca che ricopre le sue braccia mentre inizia a sbattere le palpebre senza staccare gli occhi dai miei.
Dio, sento l'irresistibile quanto doloroso bisogno di baciarla, ora, in questo preciso istante.
Angel si porta d'un tratto una mano alla testa, socchiudendo gli occhi.
<<Angel, tutto bene?>> le chiedo, chinandomi di poco verso il suo viso.
<<Mi gira solo un po' la testa.>>
<<Vieni, meglio che ti siedi un po'.>> La conduco alla tavolata dove abbiamo cenato e l'aiuto a sedersi. <<Vado a prendere un bicchiere d'acqua, torno subito, non ti preoccupare.>> Mentre attraverso il giardino vedo il sorriso a tremila denti che mi rivolge mia madre. So che ha visto me e Angel insieme e che probabilmente starà pensando che ci siamo chiariti.
Anche se immagino che sappia benissimo quanto sia complicato ora il mio rapporto con Angel.
Entro nel locale e dopo qualche minuto sono di ritorno da Angel con un bicchiere d'acqua.
<<Bevilo, ti farà bene.>> Le dico, non appena la raggiungo.
Ma mi accorgo subito che qualcosa è cambiato.
Sembra sconvolta, ha gli occhi lucidi e pieni di lacrime.
<<Angel, che è successo?>> le domando, preoccupato, inginocchiandomi davanti a lei, che però non risponde. Continua invece a fissare un punto di fronte a sé. Seguo il suo sguardo ma non noto niente di particolare in grado di colpirla, solo Raul, cugino di secondo grado di mia madre, che gioca con sua figlia che avrà all'incirca 4 anni.
<<Angel, per favore, rispondimi, cosa è successo?>>
Nel suo sguardo vi è un misto di dolore e rabbia e non appena chiude gli occhi, le lacrime le si riversano sul viso.
<<Cristo, Angel, per favore, non piangere.>> La stringo forte a me, che continua a piangere silenziosamente.
Fino a cinque minuti fa pareva andare tutto bene e ora è qui a piangere come se non lo facesse da mesi. Mi sto letteralmente scervellando per cercare di capire cosa posso essere successo mentre ero dentro il locale.
<<Tieni, bevi.>> Mormoro, porgendole il bicchiere colmo d'acqua. Lei ne beve tutto il contenuto. Le porto una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
<<Cosa posso fare per te?>>
Angel continua a tenere lo sguardo sullo stesso punto di poco fa. Raul e sua figlia non ci sono più.
Un lampo di rabbia attraversa il suo sguardo e si asciuga le lacrime sulle guance, mentre rizza la schiena.
Sembra aver ripreso nuovamente il controllo di sé, la corazza tornata al suo posto intorno al suo cuore e alla sua anima.
Scuote appena la testa, gettando un'occhiata verso di me.
<<Voglio solo andare a casa.>> dice, in un soffio.
<<Allora ti accompagno.>>
<<No Marc, è la festa di tua madre e non sarebbe giusto che tu te ne andassi per accompagnare me. Davvero, non ti preoccupare.>> replica, alzandosi in piedi.
<<Angel, non posso lasciarti in questo stato. Se mi allontano per una mezz'ora, il tempo di accompagnarti a casa insomma, e ritornare, non succede nulla. Mia madre non se la prenderà. In più, se ti conosco, so che non vuoi sentirti un peso per tua madre e tua zia.>> Angel mi osserva per diversi istanti.
<<Potrei sempre prendere l'auto di mia zia e tornarmene a casa da sola e tu a fine serata potresti riaccompagnarle a casa.>> Cerco di non far trasparire la mia contrarietà alla sua proposta. Voglio restare con lei ancora un po', restare soli senza tutta questa gente intorno. E ovviamente, non ho nessuna intenzione di lasciarla tornare a casa da sola, per giunta in questo stato.
<<Non se ne parla, non ti lascio tornare a casa da sola. D'altra parte, sembri aver dimenticato che hai bevuto un po' troppo e non puoi metterti alla guida.>>
<<E va bene.>> Sbuffa, mentre incrocia le braccia sotto il seno.
<<Bene, lascia che avverta un secondo mia madre.>> Mi allontano da lei e raggiungo mia madre che sta discorrendo con mia zia.
<<Mamma, accompagno Angel a casa, sarò di ritorno tra una mezz'ora più o meno.>> Vedo un lampo passare nel suo sguardo.
<<Vai via con Angel?>>
<<No, l'accompagno perché non si sente molto bene.>>
<<In che senso non si sente bene?>>
<<Le gira un po' la testa, forse ha bevuto leggermente troppo per i suoi standard. Vuole tornare a casa e io devo accompagnarla.>>
<<Ma certo tesoro, non ti preoccupare, alla fine la serata sta giungendo a conclusione. Non avere fretta di tornare, insomma, avvertimi che stai bene se decidi di non tornare ma non precipitarti, d'accordo?>>
Inarco un sopracciglio. Mia madre mi sta facendo velatamente capire che sarebbe contenta se restassi con Angel?
<<D'accordo, mamma.>>
<<Ehi, Roser.>> Sento la voce di Angel dietro le mie spalle. <<Volevo farti ancora tanti auguri di compleanno. Non mi sento tanto bene e...insomma, Marc si è offerto di accompagnarmi a casa. Non potevo andarmene senza averti salutato.>> Mia madre la abbraccia.
<<Grazie, Angel, sai quanto io sia stata felice di vederti qui. Mi raccomando...niente brutti pensieri ora, va bene? Ora è tutto a posto. Comunque, vedrai che domani ti sentirai meglio.>>
Le osservo con aria confusa. Di cosa sta parlando mia madre? Angel sbatte le palpebre, anche lei confusa dalle parole di mia madre.
<<Grazie, Roser.>>
Angel si volta verso di me.
<<Possiamo andare, ho già avvertito mia madre.>>
Poco prima di raggiungere il parcheggio, Dina ci ha raggiunto e ha rassicurato Angel sul fatto che sarebbe tornata presto a casa e ha ringraziato me per il fatto di accompagnare Angel.
<<Sono più tranquilla se so che è con te.>> mi ha sussurrato all'orecchio, mentre mi abbracciava.
Il viaggio verso casa sua è piuttosto silenzioso. Angel tiene gli occhi chiusi, poggiata completamente contro il sedile dell'auto.
Che cosa accidenti le è preso così all'improvviso? Quale pensiero le avrà attraversato la mente? Il non sapere mi strugge.
Fermo l'auto sotto casa sua e spengo il motore. Mi volto verso di lei, che continua a tenere gli occhi chiusi. Probabilmente deve essersi addormentata.
<<Angel?>> La chiamo, dolcemente, scostando una ciocca di capelli dal suo viso. Riapre lentamente gli occhi e si guarda intorno.
<<Scusami Marc, devo essermi addormentata.>>
<<Non preoccuparti. Come ti senti ora?>> Angel si passa una mano tra i capelli.
<<Meglio. La testa mi è quasi completamente passata.>>
<<Preferirei comunque accompagnarti di sopra. Posso?>> Lei mi lancia un'occhiata.
<<Ti accompagno davanti alla porta e me ne vado. Promesso.>>
"A meno che tu non voglia che io rimanga." aggiunge la mia mente e mi mordo le labbra.
<<Va bene.>> si limita a dire, per poi scendere dall'auto. Apre il portone del palazzo e saliamo le scale l'uno accanto all'altro.
<<Sono davvero felice che tu sia tornata, Angel. Davvero tanto.>> soffio, non appena arriviamo davanti alla porta del suo appartamento. Lei solleva lo sguardo su di me e accenna un sorriso.
<<Grazie Marc. E grazie per avermi accompagnato a casa.>> Infila la chiave nella toppa e fa scattare il chiavistello.
Ti prego Angel, fammi restare altri cinque minuti.
Dallo spiraglio della porta sbuca qualcosa di candido e sinuoso.
<<Ehi, bellissima!>> esclamo, inginocchiandomi per accarezzare il morbido manto di Duchessa, che viene dritta verso di me per iniziare a strofinarsi contro le mie caviglie.
<<Deve aver sentito il tuo odore da quando abbiamo varcato il portone, era letteralmente attaccata alla porta. A quanto pare non vedeva l'ora di venire da te.>> Nota Angel con tono ironico, mentre si appoggia contro il muro alle sue spalle.
<<Puoi forse biasimarla? È impossibile non adorarmi.>> replico, alzandomi, dopo aver preso Duchessa tra le braccia, che inizia a strofinarsi contro la mia spalla.
E mentre la accarezzo sulla sommità del capo, tra le orecchie, lo vedo quel sorriso disegnarsi sulle labbra di Angel. È il suo tipico sorriso da "Che idiota".
Sento il cuore farmi le capriole nel petto.
Come se la nostra ultima discussione non fosse mai esistita. Come se fossimo ancora Marc e Angel, quel sorriso sulle sue labbra mi ricorda che forse, comunque vadano le cose tra noi, un pezzo dell'uno vivrà sempre nell'altro.
Poso Duchessa per terra, che resta accanto ai miei piedi. Angel sbuffa.
<<Non entrerà mai in casa se tu rimani qui sul pianerottolo e se te vai è capace di venirti dietro. Ti scoccia entrare un secondo, così magari se ne torna sul divano?>> mi chiede, sollevando gli occhi su di me.
<<Nessun problema.>>
Non devo esultare. Tra cinque minuti sarò di nuovo qui sul pianerottolo davanti ad una porta chiusa. Angel entra in casa ed io la seguo e di conseguenza, Duchessa mi viene dietro. Non appena Angel si chiude la porta alle spalle, Duchessa si strofina per un'ultima volta contro le mie caviglie per poi andare ad acciambellarsi sulla penisola del divano.
<<Bene.>> esulta Angel, per poi tornare a guardarmi. <<Grazie, Marc. Le sei mancato molto.>>
E a te? Quanto sono mancato? Immensamente tanto o nemmeno un po'? Ti sono mancato nel silenzio della notte? Ti è mancato dormire tra le mie braccia?
Ti è mancato toccare la mia pelle e baciare le mie labbra? Ti è mancato guardarmi negli occhi e ascoltare la mia voce?
Perché a me tutto questo è mancato immensamente tanto, così tanto da non poterlo quantificare a parole.
Resto lì a guardarla, senza dire una parola, mentre la mia mente e il mio cuore sono in tumulto.
<<E a me è mancata lei.>>
Reprimere tutto quello che vorrei dirle è di una difficoltà immensa ma l'ultima volta che ci siamo visti ho parlato decisamente troppo.
<<Beh, vado. Devo tornare alla festa di mia madre.>>
<<Certo. Grazie ancora Marc per avermi accompagnato a casa.>>
<<È stato un piacere.>> replico, guardandola negli occhi. Questa distanza tra noi mi uccide. Ho bisogno di stringerla a me ancora e ancora.
Verrai a fare un giro con me sulla mia 600?
Dio, quanto vorrei chiederglielo. Ma so benissimo che mi direbbe che non è una buona idea.
Non sapere se ci vedremo ancora mi spezza letteralmente il cuore, ma non ce la faccio a chiederglielo. È come se il nodo che ora mi stringe alla gola mi impedisse di parlare. Sento solo un grande vuoto al centro del mio petto.
<<Buonanotte, Angel. Dormi bene.>> Mi sporgo verso di lei e le poso un bacio sulla guancia e senza aspettare una sua risposta, scendo le scale di corsa.
[Angel]
Lo osservo, mentre scende le scale a gran velocità, come se non vedesse l'ora di scappare via.
<<Buonanotte, Marc.>> mormoro, anche se non può sentirmi.
Quando sento il portone d'ingresso chiudersi, rientro in casa. I miei occhi si posano sulla luce aranciata dei lampioni che si proietta sul pavimento del corridoio. In lontananza, il rumore di un auto che si mette in moto per poi partire, è l'unico suono che spezza il silenzio.
Mi appoggio completamente contro la porta, mentre lascio andare un respiro profondo.
È stata una serata così lunga e al tempo stesso così breve, che stento quasi a rendermi conto di tutte le emozioni che ho provato in poche ore.
Ero così agitata i minuti che precedevano il mio incontro con Marc. Il fatto di doverlo incontrare per la prima volta davanti alle nostre madri aveva aumentato la mia agitazione del doppio perché non potevo ignorarlo. Rivederlo dopo quel mese in cui non avevo fatto altro che vederlo dietro le mie palpebre mi aveva tolto il fiato per un istante. Rivederlo dopo la nostra ultima discussione, dopo tutto quello che aveva detto, far finta di nulla, era stato estremamente difficile.
E lo scherzo di piazzarci l'uno di fronte all'altro, mi verrebbe quasi da pensare che ci sia lo zampino di una delle nostre madri. Era stata quasi una tortura averlo di fronte per tutto quel tempo e far finta quasi che non esistesse. Sentivo il suo sguardo su di me, lo sentivo bruciare come il sole andaluso di mezzogiorno.
Non potevo permettere che notasse quanto avere il suo sguardo addosso mi facesse effetto. Dentro mi sentivo andare a fuoco ma fuori, fuori dovevo sembrare il più glaciale possibile.
Poi ci aveva pensato lo spumante a farmi sciogliere un po' e con l'aiuto della mia paura per gli insetti, ero corsa direttamente tra le sue braccia.
Io, mi ero letteralmente gettata tra le sue braccia.
Io.
Dio, toccarlo di nuovo era stato come un esplosione all'interno del mio cuore. Ero stralunata e con le emozioni in subbuglio ed era stata un'impresa riprendere il controllo.
Anche se non si può proprio dire che sia riuscita a riprenderlo del tutto. Mi ero sciolta quel tanto che bastava per stringergli nuovamente la mano e ballare con lui oltre che spalmarmi letteralmente contro di lui per recuperare un bicchiere di spumante.
Diavolo, ma che mi è preso?
Solo che sono crollata di fronte all'inaspettato.
Con Marc lontano, i miei occhi erano andati a posarsi su un tizio che giocava con sua figlia. E inspiegabilmente, mi ero ritrovata a piangere.
Le lacrime avevano iniziato a riempire i miei occhi senza che io potessi fare niente per fermarle, in un pianto silenzioso e talmente forte da portarmi quasi a singhiozzare. Era come se fossi divenuta del tutto improvvisamente un fiume in piena.
Come se stessi buttando fuori qualcosa che era stato sepolto nel profondo di me a tal punto da non riuscire neppure ad avvertirlo, ma che era sempre stato lì.
Piangevo e non avevo idea del perché.
Avevo un peso enorme sul petto e pareva che solo le lacrime fossero in grado di curarlo e alleggerirlo.
Non ero riuscita a spiegare la cosa a Marc perché non avevo idea di come spiegarla neppure a me stessa.
Quando le lacrime si erano esaurite, mi sentivo solo stanca, confusa e con un gran mal di testa.
E ora che Marc se n'è andato, è come se non riuscissi a sentire più nulla.
Mi sento esausta e dopo una doccia veloce, mi infilo sotto le coperte, proprio nel momento in cui mia madre torna a casa. Chiudo gli occhi quando sento che è in procinto di aprire la porta della mia stanza. Avverto i suoi passi misurati sul pavimento, poi le sue labbra sulla mia fronte mentre mi augura la buonanotte in un sussurro.
Il mattino seguente mi sveglio presto per il turno al bar. Il mal di testa è ancora lì, per cui decido di prendere una compressa di paracetamolo.
Pensare che mi aspetta un turno intero al bar mi distrugge. Vorrei poter restare a letto dato che ho dormito pochissimo. Non ho fatto altro che pensare a ieri sera, al motivo di quella mia reazione inspiegabile e a Marc. Le parole che mi ha detto Roser domenica continuano a girarmi per la testa. Al bar cerco di non far notare il fatto che sono letteralmente su un altro pianeta e che vorrei essere ovunque tranne che lì.
<<Dunque è finalmente possibile assaggiare nuovamente il cappuccino più buono della regione?>>
Quando alzo il capo e incrocio gli occhi verde nocciola di Alex non posso trattenere un sorriso.
<<Quello che preparerò a te sarà il più buono di tutti.>>
<<Che onore!>> commenta Alex, sogghignando. Non posso fare a meno di chiedermi dove sia Marc o se, probabilmente, abbia deciso di non venire. La seconda opzione è decisamente la più probabile.
Poso la tazza davanti ad Alex che ne beve l'intero contenuto sotto il mio sguardo attento.
<<Sempre delizioso.>> esclama, leccandosi le labbra. <<È bellissimo riaverti qui, Angel. Mi sei mancata moltissimo.>> Mi viene da piangere. Mi volto verso mia madre.
<<Mamma, posso parlare un istante con Alex?>>
<<Certo, tesoro.>> Alex mi guarda con aria confusa mentre gli faccio cenno di venire fuori dal locale con me. Non appena usciamo lo abbraccio e lo sento ridere.
<<Non potevo non abbracciarti dopo quello che hai detto, insomma.>> Spiego, mentre sciolgo l'abbraccio. <<Anche tu mi sei mancato, Alex.>>
Prendo un profondo respiro e mi guardo intorno.
<<Senti...dici che ci sono problemi se oggi pomeriggio faccio un salto a casa vostra? Avrei bisogno di parlare con Marc.>>
Vedo Alex strabuzzare gli occhi.
<<Vuoi parlare con Marc? Oh, certo, non ci sono problemi.>>
<<Passerò verso le 6 se non è troppo tardi.>>
<<Tardi? Figurati. Va benissimo.>>
<<Allora...puoi dirglielo, per favore? Magari non ha voglia di vedermi.>>
Un lampo passa nello sguardo di Alex.
<<Ti aspetterà impaziente. A più tardi.>> Mi saluta con un bacio sulla guancia, per poi allontanarsi con la sua bicicletta da allenamento.
Verso le 6 del pomeriggio, mi incammino per le strade di Cervera. Infilo le cuffie, e con il sottofondo della mia musica preferita, raggiungo la mia destinazione. Mi fermo davanti alla porta, mentre aspetto che le ultime note di Secrets si concludano.
La nostra canzone.
Che sia forse un segno di buon auspicio?
Sono agitata di affrontare l'argomento con Marc, ma ne sento il bisogno. Suono al citofono e dopo qualche secondo la porta si apre. Salgo gli scalini senza fretta, come per ritardare il momento in cui poserò nuovamente gli occhi su di lui. Quando mancano pochi scalini al raggiungimento del salotto, la sua figura appare ai miei occhi e lascio andare un respiro profondo.
<<Ben arrivata.>> Mi accoglie, un guizzo luminoso negli occhi scuri. Quando lo raggiungo, si china verso di me per posarmi un bacio sulla guancia. Socchiudo gli occhi mentre le sue labbra si posano sulla mia pelle. <<Entra pure.>>
<<Alex e tua madre?>> gli chiedo, mentre entriamo in salotto.
<<Si sono eclissati. Ci hanno lasciati completamente soli.>>
Oh.
Sento il cuore battere come un pazzo nel mio petto.
<<Vuoi qualcosa da bere?>>
<<No, grazie.>>
Mi guardo intorno e noto come manchino alcune cose, probabilmente tutto quello che apparteneva a Julià.
<<Siediti, avanti.>> dice, prendendomi una mano e conducendomi verso il divano.
Continua a mordersi il labbro inferiore. Immagino che debba essere agitato anche lui, almeno quanto me.
<<Come stai?>> mi chiede, inclinando appena il capo come per scrutarmi meglio.
<<Ora meglio. Stamattina ho preso una pastiglia di paracetamolo per il mal di testa. Tu?>>
<<Bene, molto bene.>> il suo sorriso si allarga mentre parla.
<<Perché non mi hai detto che i tuoi si stavano separando?>> Vedo la sorpresa balenare nei suoi occhi.
<<Te lo ha detto mia madre, eh?>> scuote il capo. <<Non ne vedevo l'utilità. Eri già presa dai tuoi pensieri, non mi sembrava rilevante.>>
<<Tutto ciò che ti riguarda è rilevante per me.>> replico, di getto, e lo sguardo di Marc s'incupisce.
<<Davvero?>> chiede, muovendosi impercettibilmente verso di me.
<<Beh, sì.>>
Il suo corpo è interamente teso verso di me. Sento il battito del mio cuore aumentare. Il profumo della sua acqua di colonia mi fa girare la testa.
<<Alex mi ha detto che volevi parlarmi.>>
<<Sì, è vero.>> Mi schiarisco la voce. Non riesco a stare seduta mentre ne parlo.
<<Ecco, Marc...io ci ho pensato tutta la notte. E io...>> È come se non riuscissi a trovare le parole. <<Marc, io ti voglio nella mia vita.>>
Vedo il suo viso illuminarsi, mentre si tende verso di me, gli occhi che brillano e un palese sorriso che cerca di trattenere.
<<Anche io, Angel, non hai neanche idea di quanto.>> Esclama, prendendomi una mano.
So bene che non ha capito cosa intendo.
Sfilo la mano dalla sua, avvicinandomi alla finestra. Le risate dei bambini che giocano in strada riempiono per un istante il silenzio che si è creato nella stanza.
<<Io...Marc...mi chiedevo...ecco, pensavo che...magari noi potremmo provare a...ricostruire la nostra amicizia con un po' di buona volontà...>>
Quando mi volto, dopo diversi istanti di silenzio, noto come il viso di Marc si sia letteralmente spento. I suoi occhi mi fissano, cupi, in piena tempesta. Si morde il labbro inferiore e sento le mie ginocchia cedere.
<<Angel, io non voglio più esserti amico.>> Esclama, freddo come il ghiaccio. Quelle parole mi colpiscono in pieno petto. I mie occhi si fanno istantaneamente più lucidi perché mi viene da piangere. Eppure, avrei dovuto sapere che non avrebbe accettato la mia proposta.
<<Ah no?>> Riesco solo a dire, la voce che mi si spezza in gola. Mi sento come una bambina piccola, mentre una lacrima mi riga la guancia. La tensione sul volto di Marc svanisce all'istante non appena si accorge che sto piangendo. Non ho idea del perché da ieri io sembri essere diventata più sensibile del solito. Marc si alza, venendo verso di me, lo sguardo più carezzevole.
<<Non devi piangere.>> sussurra, asciugandomi una lacrima, ma non riesco a nascondere che la cosa mi faccia male.
<<Hai appena detto che non vuoi più essere mio amico.>>
<<Non voglio più esserti amico perché voglio stare con te, Angel.>> Spiega, scrollando le spalle. <<Io voglio stare con te. Non riesco più a farmi bastare la tua amicizia, non ce la faccio, non dopo tutto quello che è successo tra noi. Non riesco a guardarti, a starti vicino, quando...quando io non vorrei fare altro che...>> Si morde le labbra, come se gli fosse difficile trovare le parole giuste. <<Che baciarti, o dormire con la tua testa sul mio petto. Non riesco a guardarti mentre...tu, tornata magari con Joan, lo baci e sentirmi morire dentro perché vorrei essere io quello che stai baciando. Parlarti, passare del tempo insieme, e avere sempre davanti agli occhi noi due che diventiamo una cosa sola. Venire a casa tua e sedermi sul tuo letto, quel letto dove siamo stati insieme. Non ce la faccio, non ci riesco, sarebbe una tremenda agonia.>>
Sento improvvisamente la stanza girare. Non sarei dovuta venire.
Non avrei dovuto neppure pensare di provare a proporre a Marc di ricostruire la nostra amicizia.
Non c'è più traccia di amicizia tra noi, solo macerie.
Ho avvertito così tanto la mancanza del mio migliore amico nell'ultimo mese che credevo stupidamente che anche lui provasse lo stesso e, sapendo che non avrei mai potuto dargli quello che desidera, volesse provare anche lui a ricostruire quello che avevamo.
Ma d'improvviso mi rendo conto che se lui si sente così e la vivrebbe in questo modo, sarebbe terribile.
Abbiamo perso per sempre quello che eravamo e non potremo mai più tornare ad esserlo.
<<Ho sbagliato a venire e a proporti una cosa del genere. Mi dispiace. È meglio che io me ne vada.>> Lo sento sogghignare.
<<È sempre così, Angel, no? Scappi sempre. Da me, da te stessa, da quello che c'è tra noi. Sei una codarda.>>
Sento il cuore spezzarsi nel mio petto. Un dolore acuto si propaga in ogni più piccola parte del mio corpo. Vorrei solo sparire.
Scappo sempre.
Sono scappata anche da casa mia, in fondo, per quanto non volessi.
Una rabbia profonda prende improvvisamente fuoco dalle ceneri di quel dolore acuto.
Scoppio in lacrime e lo spingo lontano da me, anche se riesco a malapena a farlo arretrare di un passo.
<<Parli, parli e non sai niente, niente!>> Singhiozzo. <<Dio, non voglio vederti mai più!>> urlo, in un pianto disperato. È come se fossi esplosa, come se tutto quello che trattenevo dentro di me avesse preso fuoco. Corro via, giù, lungo le scale e lo sento venirmi dietro.
<<No Angel, aspetta ti prego, aspetta!>> lo sento implorarmi ma non mi fermo.
<<Ti prego perdonami, non volevo!>>
Ma non posso fermarmi. Non dopo aver sentito quanto quello che ha detto mi ha fatto male.
Devo mettere una pietra sopra Marc e devo farlo per sempre.
[Spazio Autrice]
Buonasera ragazze, eccomi tornata ❤
Non mi dilungo troppo, spero solo che il capitolo vi sia piaciuto, devo dire che a me ha reso molto emotiva (e temo che un po' si noti).
Fatemi sapere tutto quello che vi passa per la testa, come al solito.
Un bacio 💋
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