If you feel me


[I put you on top, I put you on top
I claimed you so proud and openly
And when times were rough, when times were rough
I made sure I held you close to me
So call out my name
Call out my name when I kiss you so gently
I want you to stay
I want you to stay even though you don't want me
Girl, why can't you wait?
Girl, why can't you wait 'til I fall out of love?
Won't you call out my name?
Girl, call out my name, and I'll be on my way]

[Angel]

<<Angel, ti prego, potresti abbassare un po' il volume della musica?>> mi chiede Joan, non appena imbocchiamo la strada che conduce all'entrata del circuito del Montmelò.

Mi volto a guardarlo, mentre Starboy dei Daft Punk e The Weeknd riempie ad alto volume l'abitacolo dell'auto. Lo guardo male. <<Solo perché è strettamente necessario, tesoro...>> Joan mi lancia un'occhiata sorpresa, per poi scuotere la testa mentre accenna un sorriso.

Non appena entriamo in circuito, alzo nuovamente il volume al massimo. Stiamo ascoltando ininterrottamente la musica di The Weeknd da più di tre quarti d'ora e penso di aver raggiunto il climax del piacere musicale ogni minuto trascorso ad ascoltarlo.
Sono letteralmente innamorata della sua musica, ha un incredibile potere su di me. È come se riuscisse a tirare fuori da me la parte più istintiva e senza filtri della mia anima. E questo si riversa, ovviamente, sui miei pensieri. Perché nelle canzoni piene di tormento di Abel, rivedo me stessa. È come se stesse descrivendo ciò che sento, ciò che io fatico a trasformare in parole.

<<Angel, ma dobbiamo scendere, siamo arrivati!>> piagnucola Joan, e io lo fulmino con lo sguardo.

<<Joan Mir Mayrata, ti stai lamentando della musica di The Weeknd?>> si volta a guardarmi con gli occhi spalancati, probabilmente perché l'ho chiamato per nome e cognome.

<<Ma certo che no, scricciolo...>>

<<Bene, perché se tu lo facessi sarei capace di mollarti in un istante.>> lui inarca le sopracciglia, mentre parcheggia. Ho il finestrino spalancato e probabilmente tutti staranno sentendo la musica sparata ad alto volume. Vedo Jack Miller, a qualche metro da noi, tirare fuori un trolley dal bagagliaio dell'auto e alzare il capo verso di noi. Joan gli fa un cenno col capo, che lui ricambia. Io mi sporgo verso Joan e gli circondo il collo con le braccia.

<<Ma senti quanto è bella la sua musica, non la trovi irresistibile? Oh, io impazzisco per il talento di quest'uomo.>>

<<Non l'avevo capito tesoro, per nulla.>> mi prende in giro Joan, posando una mano alla base della mia schiena e voltandosi verso di me. <<Ti fa proprio bene. Hai preso un po' di colore finalmente, ma penso che questo sia merito anche del mare, e non solo di The Weeknd.>> sorrido, mentre mi accarezza una guancia con le nocche. Abbiamo deciso di fermarci per un po' vicino alla spiaggia quando siamo arrivati a Barcellona. Joan è cresciuto vicino al mare, fa parte di lui, per me questo bisogno è totalmente nuovo, un bisogno che brucia nel mio cuore da diversi mesi a questa parte.
Ovviamente, stargli vicino, ma sempre a debita distanza.

<<Non avrei voluto andarmene. Sarei rimasta lì molto volentieri.>> replico, e lui ride, piano.

<<Ah, lo so. Ma lunedì torneremo a Maiorca e potrai starci vicino tutto il tempo che vorrai.>> mi posa un bacio sulla fronte <<stai diventando una vera maiorchina.>> il tono più caldo della sua voce mi colpisce e alzo lo sguardo verso di lui, giusto in tempo per notare il luccichio nei suoi occhi e il sorriso felice e compiaciuto che gli schiude le labbra.

<<E vedo che la cosa ti piace.>>

<<Moltissimo, mio tesoro.>>

So che non c'entra niente il fatto di aver trascorso molto tempo a Maiorca, vicino al mare. È un qualcosa di diverso, è come un richiamo. Un bisogno della mia anima, che sa che la vista del mare e la sua voce, sono una delle poche cure all'angoscia che provo.

Una macchina va a parcheggiarsi proprio accanto alla nostra, dal lato di Joan, e Call out my name prende il posto di Starboy. Sento una fitta alla bocca dello stomaco quando intravedo il suo profilo all'interno dell'abitacolo. E questa canzone, proprio ora, è la canzone più sbagliata che possa esserci. Lo vedo aprire la portiera, e incrocio il suo sguardo. I suoi occhi scorrono sulla mia mano posata contro il petto di Joan, con la mano di quest'ultimo posata a sua volta sulla mia. Vedo la sua mascella indurirsi, e abbassa lo sguardo, scendendo dall'auto. Joan gli lancia uno sguardo, e sento il cuore stringersi in una morsa, la voce di Abel che si insinua nella mia testa.

"Ci siamo trovati l'un l'altra
Ti ho aiutata ad uscire da un posto distrutto
Mi hai dato conforto
Ma innamorarmi di te è stato un mio errore
Ti ho messo in cima, ti ho messo al primo posto
Mi sono dichiarato a te così orgogliosamente e apertamente
E quando i tempi erano difficili, quando i tempi erano difficili
Mi sono assicurato di tenerti vicino a me."

Perché queste parole mi colpiscono così tanto nel profondo?
È come si in questo momento, la sentissi disperatamente mia.
Disperatamente nostra.

"Quindi chiama il mio nome
Chiama il mio nome
Quando ti bacio così dolcemente, Voglio che tu resti
Voglio che resti anche se non mi vuoi
Ragazza, perchè non puoi aspettare?
Ragazza, perchè non puoi aspettare fino a quando non ti amerò più?
Non chiamerai il mio nome?
Ragazza, chiama il mio nome e sarò sulla mia strada."

Ho come la netta sensazione che queste parole gli appartengano, che sono queste le parole che mi direbbe se ci ritrovassimo faccia a faccia.
Ma al tempo stesso, anche io vorrei smettere di provare questo sentimento per lui. Nonostante tutto, continuo a provare qualcosa per lui. Qualcosa che mi tiene sveglia la notte, che mi pervade il cuore di una squisita dolcezza e di un dolore che mi porta alle lacrime.
Non lo vedo da lunedì, eppure sento il bisogno fisico di passare altro tempo con lui, di passare tanto tempo con lui. Ed è sbagliato, perché è come se avessi dimenticato quello che è successo a Valencia, anche se ogni volta che lo guardo una parte della mia mente non può fare a meno di ricordarmelo.

Sapevo che non sarei dovuta andare al matrimonio di Nuria e José. Da quando l'ho rivisto al ricevimento non sono più riuscita a stargli lontana, per un motivo o per l'altro, e lui altrettanto. La certezza di essere sulla buona strada per dimenticarlo era svanita in una bolla di sapone, e la mia mente si era affollata di dubbi e pensieri.

Lo detesto, ma al tempo stesso vorrei essere stretta tra le sue braccia, la testa posata sulla sua spalla.
Mi stacco da Joan e interrompo la canzone.

<<Pensavo volessi finire di ascoltarla.>> lo sento dire, mentre mi sposta i capelli dal viso.

<<La musica di Abel o si ascolta ad alto volume o non si ascolta, e qui inizia ad essere un po' troppo affollato.>> replico, lanciando un'occhiata fuori dall'auto, mentre sistemo il telefono nella borsa.

<<Come vuoi.>>

<<Hai interrotto una canzone di The Weeknd? Domani allora Marc mi batterà alla play!>> salto su come se fossi stata punta da una vespa, mentre mi porto una mano al petto e mi volto verso il finestrino, che ho dimenticato di chiudere.

<<Alex!>> esclamo, aprendo la portiera, e lui si tira su, spostandosi, per permettermi di scendere. Si china verso di me e mi abbraccia, e io lo stringo forte. È così bello vedere che non c'è più nessun muro a dividerci e che ora nessuno dei due si fa più problemi ad andare dall'altro.

<<Corazon.>> mormora lui, e io non posso fare a meno di sorridere.

<<Mir, visto? Con Angel hai acquistato anche un abbonamento alla musica di The Weeknd, lei è molto suscettibile su questo.>> con la coda dell'occhio noto il modo in cui ci sta osservando Joan. Ci lancia un'occhiata torva, che si incupisce ancora di più quando i suoi occhi si posano su qualcosa oltre le spalle di Alex.

<<Non è male come abbonamento, almeno non è reggaeton, non è vero?>>

Non poteva essere altri che lui.

Mi allontano da Alex, e raggiungo Joan, che ha recuperato il suo trolley.

<<Questo perché tu, Marquez, hai dei gusti molto discutibili in fatto di musica, al contrario di me.>> Marc inarca un sopracciglio, e sulle sue labbra va a disegnarsi un largo sorriso.

Sento il cuore tremarmi nel petto alla vista di quel sorriso. Perché posso provare quanto voglio a resistergli, ma quando sorride, divento debolissima. È il mio punto debole, o meglio, il punto che mi rende ancora più debole di quanto già non sia, con lui. Distolgo lo sguardo e mi viene la pelle d'oca. Solo per un dannatissimo sorriso.
È assurdo.

<<Sei tu, qui, quella che si intende di musica. Ma mi farebbe piacere ascoltare la musica di The Weeknd anche tutto il giorno.>> afferma, la voce che si fa più calda, e sento un brivido saettarmi lungo la schiena. Non sta dicendo davvero quello che penso, davanti a Joan, tra l'altro?

A Joan questo nostro scambio di battute non deve essere piaciuto, perché chiude con forza il bagagliaio dell'auto e mi prende per mano. Lo guardo, sbattendo le palpebre e noto la sua mascella contratta. So che ce l'ha ancora con Marc per quello che è successo a Rufea, e probabilmente, anche perché sa che avevamo un rapporto molto stretto.

<<Mi dispiace interrompervi, ma dovremmo andare.>> esordisce, guardando prima Marc, poi la sottoscritta. Accenno un sorriso.

<<Sì, andiamo.>> faccio un cenno col capo in direzione di Marc e Alex ma guardando solo quest'ultimo, e io e Joan ci avviamo verso la zona privata, che è a due passi.

<<Tesoro, va tutto bene?>> gli chiedo, guardandolo. Lui abbassa lo sguardo e lo vedo sciogliersi, mentre si lascia andare ad un sospiro.

<<Sì, scricciolo, solo che...>>

<<Che?>> lo incito a continuare e lui si morde il labbro inferiore.

<<Non mi piace il fatto che Marc abbia ripreso a girarti intorno. Non mi piace per niente.>> ammette, fermandosi e voltandosi a guardarmi. Sapevo benissimo che il suo malumore era causato da questo. Sorrido, stringendogli più forte la mano.

<<Non devi preoccuparti di questo, Joan. Il mio rapporto con lui si è concluso mesi fa, e anche se ora riesco a tollerare la sua vista e a parlarci, non significa niente. In più, sai che io non farei mai nulla alle tue spalle, vero? Sto con te, ed è con te che voglio stare, biondino.>> mi alzo sulle punte dei piedi, e gli accarezzo i capelli. Lui si china verso di me e io poso le labbra sulle sue. Lo sento lasciare il suo trolley e circondarmi la vita con le braccia per attirarmi a sé, mentre inizia a baciarmi con sempre maggiore intensità. Poso una mano sul suo petto, e mi allontano da lui.

<<Tesoro, devo ricordarti che siamo in pubblico...?>> sogghigno, e sento di essere arrossita. Joan scuote la testa sorridendo, per poi posare la fronte contro la mia. Noto solo in quel momento che Marc deve esserci passato accanto, perché ci ha superato, diretto verso il suo motorhome. Avrei voluto che non ci vedesse, è come se una parte di me riuscisse ad avvertire il suo dolore. Da quando gli ho aperto il mio cuore, domenica, da quando mi ha stretta così forte a sé, accarezzato con tale dolcezza e delicatezza, da quando ha calmato la mia anima angosciata con le sue parole e i suoi occhi vellutati, sento di essermi riavvicinata a lui, forse troppo.

Penso continuamente al modo in cui mi ha detto che gli manco, chiedendomi se lui mi manca con la stessa forza. E non posso non ammettere almeno a me stessa che mi manca, mi manca immensamente tanto. E non dovrebbe mancarmi. Non dovrei più provare nessun tipo di sentimento nei suoi confronti, non dovrei provare più nulla, il niente più assoluto.

Mi stacco da Joan, recupero la mia valigia e gli faccio un cenno col capo, sorridendo.
Procediamo in silenzio, e quando mi accorgo che il motorhome di Joan è proprio accanto a quello di Marc tremo impercettibilmente per un istante.

Dio, ma perché devo sempre trovarmelo vicino?
Non ho per niente voglia di vedere Paola gambe lunghe entrare nel suo motorhome, o chissà chi altra. Sbuffo e Joan se ne accorge.

<<Nemmeno a me fa impazzire averlo come vicino per il weekend, scricciolo.>> dice, scrollando le spalle, per poi rubarmi la valigia dalle mani e salire le scale, facendomi la linguaccia. Sogghigno e lo raggiungo, abbracciandolo da dietro mentre apre la porta del motorhome.

<<Stasera andiamo a Barcellona, Joan?>> gli chiedo, mentre varchiamo la soglia del motorhome. <<ceniamo in un ristorantino sulla Rambla e facciamo una passeggiata. Ti prego!>> Joan viene verso di me con un largo sorriso, scostandomi una ciocca di capelli dal viso.

<<Ogni desiderio della mia luce è un ordine.>> cinguetta, per poi baciarmi. Mi aggrappo alle sue spalle, sorridendo.

<<Grazie.>> soffio, sulle sue labbra, per poi recuperare la valigia ed entrare in camera da letto. Mi do una leggera rinfrescata e sistemo i miei vestiti nell'armadio, e Joan fa lo stesso.

<<Vado dai ragazzi, tesoro. Torno tra poco.>> annuisco, e lui mi posa un bacio tra i capelli. Decido di fare un giretto, per cui, recupero la borsa, le chiavi, ed esco. Attraverso l'area privata in fretta, e raggiungo uno dei prati del circuito. Mi siedo all'ombra, come al solito, e poggio le braccia sulle ginocchia. Sbadiglio, sono stanchissima. Il mio corpo mi implora di riposare, ma non voglio chiudere gli occhi. Negli ultimi due giorni non ho fatto altro che brutti sogni, sogni dominati da urla, pianti, e occhi dorati, glaciali ma al tempo stesso vuoti, privi di emozione, che mi hanno fatto svegliare di soprassalto, per poi non riuscire più a riprendere sonno.
So che li sognerò anche stanotte.
So che sentirò di nuovo quella sensazione, così vera, come se la stessi vivendo sulla mia stessa pelle.
So che sentirò di nuovo la paura, l'impotenza, il desiderio bruciante di scappare via, l'angoscia.

Sento gli occhi pungere per le lacrime, perché sento di essere sul punto di impazzire. Vorrei solo un po' di pace, di tranquillità. Vorrei sentirmi al sicuro e protetta, vorrei sapere cosa si prova a non aver paura del futuro, del non sapere cosa fare della propria vita, vorrei sapere cosa si prova ad avere delle basi solide, delle certezze, a sentirsi fieri di sé, ad avere fiducia nelle proprie capacità.
Mi asciugo gli occhi e prendo il telefono e le cuffie, ma decido di usarne solo una, non si sa mai. Tiro poi fuori il mio nuovo block notes. Quello che avevo prima non l'ho più aperto da quando sono andata via da Valencia. Non ho più voluto leggere neppure una riga di quello che avevo scritto nelle ultime pagine.
I deliri di una ragazzina innamorata.
Deliri che non mi appartengono più. L'unico motivo per cui non l'ho gettato via è perché amo quello che ho scritto. Lavorandoci sopra potrebbe anche uscirne qualcosa. Ma io non ho intenzione di farlo, non ancora almeno. Non sono ancora pronta. Lo sarò solo quando anche la più piccola briciola di sentimento nei confronti di Marc sarà svanita, e purtroppo, la strada è ancora molto lunga.

Faccio partire la musica, e le prime note di Sacrifice di Elton John arrivano al mio orecchio. Fantastico direi. Amo tantissimo questa canzone, ma non è esattamente la più adatta in questo momento. Sembra che persino la musica abbia voglia di tormentarmi.

Ad un tratto, vedo un ombra disegnarsi davanti a me, e capisco che c'è qualcuno alle mie spalle. Mi tolgo la cuffia e mi volto di scatto, spaventata. Quando noto di chi si tratta, sento qualcosa farmi il solletico all'altezza del cuore. Una sensazione morbida e delicata che mi accarezza la cassa toracica.

<<Ti ho spaventata? Non volevo, mi dispiace.>>

<<Tranquillo, non importa.>>

<<Posso sedermi?>> mi chiede, rivolgendo uno sguardo timido all'erba.

<<Certo.>> dico, spostando la mia borsa e posandola davanti a me. Marc viene a sedersi accanto a me tenendo lo sguardo fisso sulla pista che si snoda di fronte a noi.

<<Come stai?>> lo sento chiedermi dopo qualche istante.

<<Bene.>> dico, in un sospiro.

<<Sicura?>>

<<Certo. Perché lo chiedi?>> mi volto a guardarlo e i suoi occhi caldi e vellutati si scontrano con i miei.

<<Perché ti conosco, Angel.>> soffia, semplicemente. Non ho idea di cosa rispondere, per cui resto lì, a fissarlo.

Dio, potrei passare l'eternità a guardarlo.

Mi mordo il labbro inferiore e inarco un sopracciglio.

<<Ti è venuto un brufolo sul collo.>> Marc assottiglia lo sguardo e increspa le labbra.

<<Grazie per averlo notato.>>

<<Prego.>> replico, rivolgendogli un sorrisetto compiaciuto. Marc mi osserva, per poi abbassare lo sguardo e sorridere, scuotendo la testa. <<Ti fa male?>> lui solleva le spalle.

<<Sono abituato a ben altro tipo di dolori.>> replica, inarcando le sopracciglia. Mi ricordo all'istante della sua spalla.

<<Come va la spalla?>> mi volto completamente verso di lui, spostando le gambe accanto alla mia borsa.

<<Non mi fa male ora, se è questo quello che vuoi sapere. Però so già che c'è l'alto rischio che esca di nuovo dalla sua sede, ad una prossima caduta, ormai sono preparato.>>

<<Ma non è possibile! E non c'è niente che puoi fare?>>

<<Certo. Operarmi. Ma durante la stagione sarebbe una follia. Se continuerà a darmi problemi dovrò prendere una decisione, ma se ne parlerà a fine stagione.>> annuisco, e decido che è meglio cambiare discorso. Fingo di guardare attentamente il suo viso, ma in realtà, è quello che faccio ogni volta che lo vedo. Scruto il suo volto con ardore ed intensità, e come ogni volta, sento il cuore tremarmi nel petto.

<<Stai mettendo almeno la crema solare, sul viso?>> lo vedo inarcare le sopracciglia, e cercare di nascondere, con ben poco successo, un piccolo sorriso.

<<...No.>> soffia, guardandomi come se temesse la mia reazione. Sospiro, alzando gli occhi al cielo e scuotendo la testa.

<<Marc, devi prenderti cura del tuo viso, lo sai che il sole può procurare gravi danni alla pelle e non solo a quella del corpo? Devi prenderti cura di questa ->>

<<Bella pelle che ti ritrovi.>> Marc termina la frase insieme a me, e sorride, inclinando la testa come se volesse guardarmi meglio. Sento i brividi scorrere lungo la mia schiena. Mi sento sempre così strana sotto il suo sguardo, mi sento come se il sangue bollisse nelle mie vene, come se prendessi fuoco, ogni mia terminazione nervosa sembra diventare il doppio più sensibile, mi sento viva, mi sento bella, mi sento voluta, desiderata. Mi sento unica e speciale e solo lui è in grado di farmi sentire in questo modo.
Scappo dal suo sguardo, come ormai mi ritrovo a fare spesso, e poso lo sguardo sul mio block notes dalla copertina decorata con un disegno di petali di fiori. So che ora anche Marc lo sta guardando, e lo afferro, infilandolo dentro la borsa.

<<Non aveva la copertina nera?>> mi chiede, sapendo che capirò benissimo a cosa si riferisce.

<<Quello non lo uso più.>> mi limito a dire, il tono di voce più duro. Alzo lo sguardo su di lui e vedo un lampo di tristezza e dolore nel suo sguardo.
Allunga una mano, quasi timidamente, e mi porta una ciocca di capelli dietro l'orecchio, con un gesto lento e delicato, per poi accarezzarmi l'orecchio e la guancia con il pollice.
Lo guardo, perché non riesco a staccargli gli occhi di dosso, mentre lui osserva la mia guancia, mordendosi piano il labbro inferiore. Sento che sta per venirmi da piangere. Di nuovo, dopo più di sei mesi, mi sta portando di nuovo alle lacrime, per l'intensità di ciò che sto provando.
Abbasso la testa, sfuggendo dal suo tocco delicato, e prendo tra le dita la ciocca di capelli che mi ha portato dietro l'orecchio.

<<Non dovresti...non...a Joan non piace il fatto che tu mi giri attorno.>> affermo, scrollando le spalle e tornando a guardarlo.

<<Non me ne frega niente di quello che piace o non piace a Joan, Angel.>> replica subito, aggrottando le sopracciglia <<mi interessa quello che vuoi tu. Se non mi vuoi più intorno, basta che me lo dici. Lo so, mi è difficile starti lontano, nonostante ci abbia provato, ma se me lo chiedi tu, cercherò di starti lontano il più possibile. Dunque...dimmelo, Angel.>> boccheggio, presa alla sprovvista, mentre lui si tende verso di me. I suoi occhi si fanno più cupi, il cuore inizia a martellarmi nel petto come un pazzo.

<<Bastano due semplici parole, Angel. E ti giuro che me ne andrò subito, e non mi vedrai più.>>

Non vederlo più?

Non posso, io ho bisogno di vederlo. Un bisogno fisico, lacerante, struggente.
È in attesa di una mia risposta, lo vedo, la attende quasi con disperazione, ma so che qualsiasi cosa dirò sarà sbagliata.
Marc continua a fissarmi, le pupille che non tremano. Mi prende il mento tra il pollice e l'indice, e mi accarezza la pelle proprio sotto le labbra. Mi mordo il labbro inferiore, e la sua presa delicata sul mio mento si fa più serrata.
Si accarezza le labbra con la punta della lingua, mentre posa gli occhi sulla mia bocca.

<<Non hai perso l'abitudine di morderti il labbro a quanto vedo.>> mormora, la voce più calda e roca.

<<E tu di passarti la lingua sulle labbra.>> replico, inarcando un sopracciglio. Vedo un lampo passare nei suoi occhi e sorride, accarezzandomi la linea della mandibola con il pollice.

<<Mi osservi, allora...>>

<<Ti ho sempre osservato, Marc.>> mi pare quasi di vederlo tremare, alle mie parole. I suoi occhi si illuminano e si morde il labbro inferiore per trattenere un sorriso.
Si sporge verso di me e mi accarezza la punta del naso con la propria. Il pensiero che qualcuno possa vederci sembra non sfiorarmi neppure.

<<Non mi hai ancora risposto, angioletto.>> sbatto le palpebre velocemente e gli poso una mano sul petto, allontanandolo da me. È troppo vicino.
Il trillo del cellulare all'interno della mia borsa mi toglie momentaneamente dall'impiccio di dovergli rispondere. Marc si scosta appena, increspando le labbra.

<<Joan!>> esclamo, allontanandomi da Marc.

<<Angel, dove sei?>>

<<Sono andata a fare un giro per la pista...sei al motorhome?>>

<<Sì, sono arrivato adesso e non ti ho trovato, mi sono preoccupato...>>

<<Avrei dovuto avvisarti, scusami tesoro. Il tempo di arrivare e sono da te.>>

<<Vuoi che ti venga a prendere?>>

<<No, non disturbarti, faccio in fretta.>>

<<Come preferisci. C'è una cena che ci aspetta...>> sorrido, portandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

<<Non vedo l'ora. Arrivo subito!>> chiudo la chiamata e recupero il telefono. <<Io devo andare, Marc. A presto.>> mi alzo e lo saluto senza guardarlo.

<<Angel...>> mi chiama, e non posso non fermarmi. Mi volto a guardarlo, con la consapevolezza che mi farà notare che non gli ho ancora risposto. Lo vedo esitare, per poi alzare lo sguardo su di me.

<<Penso sia inutile chiederti se vuoi un passaggio.>>

<<Sì.>> ammetto <<ma grazie lo stesso, Marc.>> gli rivolgo un sorriso appena accennato e faccio per voltarmi, ma lo sento chiamarmi di nuovo.
Mi osserva, gli occhi lucidi.

<<Sei bellissima.>> mormora, e sento una fitta al cuore. Faccio un passo indietro.

<<Grazie.>> soffio e corro via, lasciandolo lì, seduto sull'erba del prato.

~·~

<<Dimmelo, Angel. Dimmelo. Sai benissimo che sarò sempre io quello che vorrai.>> sospiro, mentre la sua voce calda e appassionata fa vibrare le corde della mia anima. Chiudo gli occhi, il suo respiro che mi accarezza le labbra.

<<Mi volevi, mi vuoi e mi vorrai fino alla fine dei tuoi giorni, perché non lo ammetti?>> spalanco gli occhi e lo guardo, in preda alla rabbia che incendia il mio sangue come polvere da sparo. Faccio per tirargli uno schiaffo, ma lui prontamente mi afferra il polso, e, immaginando che proverò di nuovo a colpirlo con l'altra mano, afferra anche l'altro polso, un largo sorriso a schiudergli le labbra piene.

<<Strano, mi ricorda qualcosa questo momento...>> cinguetta, ad un palmo dal mio viso. <<Devo ricordarti com'è finita l'altra volta che hai provato a colpirmi?>> mormora, al mio orecchio, le labbra che lo sfiorano lascivamente. Spalanco gli occhi, perché ricordo tutto. Ogni momento è scolpito nella mia mente. <<Ma forse lo ricordi benissimo...>> continua, posandomi un bacio sull'orecchio. Stringo le labbra, per impedirmi di sospirare. Sono letteralmente bloccata, incapace di muovermi. La sua presa intorno ai miei polsi è salda ma al tempo stesso delicata, i suoi fianchi mi schiacciano contro il muro alle mie spalle.

Non posso fuggire.
Ma il vero problema, è che non voglio fuggire.

<<Ricorderai benissimo chi ha fatto il primo passo, quella volta...>> continua, ricoprendomi la guancia di baci leggeri come piume. Ogni più piccola parte del mio corpo è divenuta estremamente sensibile e ricettiva al suo tocco, e, se riesco a stare ferma, è solo perché lui mi ha letteralmente bloccata contro il muro.

<<Te quiero, mi amor. Eres cada latido de mi corazon.>>

Serro le mani in un pugno, perché vorrei affondare le unghie nella sua pelle, avvinghiarmi a lui, ma me lo sta impedendo. Non riesco ad aprire gli occhi, ma lo sento.
Lo sento accarezzarmi le labbra con le proprie e mi sgretolo sotto quel tocco leggero. Non so come, ma riesco a strappare i polsi dalla sua stretta, afferro il suo viso e premo le labbra contro le sue.

Ed è come tornare a respirare, a vivere. Ogni mio senso si tende allo spasmo, quel dolore, quel bisogno al centro del mio petto, si trasforma in un piacere immenso nel momento esatto in cui le mie labbra toccano le sue. Sento il cuore balzarmi in gola, il mio stomaco fare le capriole, le mie ginocchia tremare, e reggersi per miracolo, la testa girare. Riesco a restare in piedi solo perché mi sono letteralmente aggrappata al suo viso.
Lo sento gemere forte nella mia bocca, e tremare contro il mio corpo, per poi baciarmi con ardore, con impazienza, quasi con disperazione. Con voracità, come se avesse fame di me, come se volesse mangiarmi. Gemo, perché mi sento andare a fuoco, mi sembra di essere sul punto di esplodere a causa dell'intensità di ciò che sto provando. Se io mi sono aggrappata al suo viso, le sue di mani si sono letteralmente arpionate alla mia vita. Mi tiene stretta a lui come se avesse ritrovato una parte di sé da troppo tempo perduta e non riuscisse a credere di averla ritrovata. Faccio scorrere le mani tra i suoi capelli e li accarezzo. Sono così morbidi e non resisto alla tentazione di tirarli. Lui geme, e in risposta mi morde il labbro inferiore.

<<Angel, mi espléndido amor, te quiero con toda mi alma. Por favor, no me dejes nunca más.>>

Sussurra, prendendomi per i capelli e rovesciandomi la testa all'indietro, affinché lo guardi negli occhi. Mi accarezza la nuca con i polpastrelli e una sensazione di benessere si sprigiona nelle mie viscere. Sento gli occhi pungermi per le lacrime, per il cuore che trabocca di gioia. Mi accarezza le labbra con la punta della lingua, e tremo tra le sue braccia. Socchiudo gli occhi e gli tiro i capelli. Sembriamo essere sul punto di sbranarci e la cosa mi fa impazzire.

<<Mai più, Marc. Non ti lascerò mai più.>>


Balzo a sedere sul letto, svegliandomi di soprassalto. Ho il cuore che pompa come un pazzo nel mio petto, mi sento andare a fuoco e ho la pelle ancora coperta di brividi.

<<Angel, santo cielo, finalmente!>> sento una voce provenire da lontano, poi scuoto la testa e in realtà, non si tratta di una voce lontana, ma è qui, proprio accanto a me ed è completamente diversa dalla sua. Mi rendo conto di trovarmi in una stanza da letto, e nella penombra, riconosco i contorni del viso di Joan.

Dio, cosa accidenti ho sognato?

<<Tesoro, stai bene?>> mi chiede, scostandomi i capelli dal viso. Sono sul punto di scoppiare a piangere. Perché, perché ho fatto un sogno del genere? Certo, preferirei fare sogni del genere per il resto dei miei giorni piuttosto che gli incubi che ho fatto negli ultimi giorni, ma non va bene. Non va bene che io lo sogni, non va bene che io sogni simili cose con lui protagonista.

<<Stavo cercando di svegliarti, perché ti ho sentita gemere in sogno e ho pensato che stessi facendo un incubo, ma non c'era verso di farti svegliare...>>

Getto le braccia al collo di Joan, piangendo. È un ragazzo così prezioso, così premuroso, è tutto quello che ho sempre sognato. Perché allora non riesco a togliermi Marc dalla testa? Perché non riesco a cacciarlo neppure dal mio inconscio?

<<Scricciolo, ehi...>> soffia, accarezzandomi i capelli, e stringendomi a lui. Affondo il viso nell'incavo del suo collo, perché mi sembrano passati secoli da quando io e Joan abbiamo passato tutto quel tempo insieme per il mio compleanno, a Capodanno, e durante l'inverno. Le farfalle nello stomaco, l'imbarazzo, la voglia di sfiorarlo, di passare tanto tempo con lui. Voglio tornare a quello e so che posso riaverlo indietro. Lo rivoglio indietro.

[Marc]

Scappa.
Scappa sempre da me, alla fine.
Scappa sempre per tornare dal suo ragazzo perfetto.
E neppure si accorge di come mi spezza il cuore ogni volta che se ne va. Ogni volta che scappa via senza voltarsi indietro, per tornare da qualcuno che non sono io. Resto seduto sul prato ad osservare la pista per diversi minuti, poi torno sui miei passi e raggiungo il motorhome. Il fatto che sia parcheggiato accanto a quello di Mir non mi piace per niente. Detesto averla così vicina, e immaginarla dormire con un altro. Il solo pensiero mi procura un dolore lacerante al petto. Non appena varco la porta trovo Alex seduto sulla poltrona, dei documenti tra le mani.
Alza la testa quando entro nel suo campo visivo.

<<Marc, è vero che vuoi installare dei...>> allunga il collo per osservare qualcosa sullo schermo del suo cellulare <<dei bidet in casa?>> mi guarda come se mi fossero spuntate tre teste.

<<Sì, penso che siano molto utili, e che non sarebbe male averli in casa mia.>>

<<Ma tu non hai mai avuto un bidet, perché dovresti volerlo avere ora?>>

<<Te l'ho già detto, Alex. Avanti, non penso che possano darti chissà quale fastidio, al massimo non li usi.>> concludo, lanciandogli un'occhiata da sopra la spalla.

<<Io invece penso che tu lo stia facendo per una persona in particolare. Come se quella persona potesse mai decidere un giorno di voler venire a vivere a casa nostra.>> mi blocco sul posto, voltandomi a guardarlo, cercando di non far trasparire la minima emozione o sorpresa sul mio viso.

<<Cosa intendi dire?>>

<<Oh, avanti fratello, hai capito benissimo quello che intendevo dire. Tu stai costruendo la tua casa, la nostra casa, come se Angel dovesse venire, da un momento all'altro, a vivere con noi. Lei si è sempre lamentata del fatto di non avere il bidet a casa sua, e guarda un po', tu a casa nostra vuoi farli mettere, pur non avendoli mai usati in vita tua, se non negli hotel in Italia.>>

<<Può essere una buona abitudine iniziare ad usarli.>> borbotto, ma Alex non fa caso alle mie parole.

<<E questa stanza che hai voluto tenere libera? L'architetto ha detto che non hai ancora specificato cosa farci al contrario delle altre. O forse non l'hai voluto dire perché sapevi che avrei capito? Ha anche una delle viste più belle, sulla valle e le colline, accanto al salone. Vediamo, la palestra c'è già, le stanze anche, i bagni e la cucina e tutto il resto anche. Una sala ricreativa? O forse una specie di mini biblioteca per metterci tutti i libri che non leggiamo?>>

<<Neppure Angel ha tutti quei libri per poter riempire una stanza intera!>> sogghigno, in modo da nascondere il mio nervosismo.

<<Non ancora, anche se ricordo bene quanto fosse lunga la sua lista, e scommetto che ora si è allungata. Ma tu saresti in grado benissimo di comprarle tutti i libri del mondo che più desidera per farla felice.>> Alex mi fissa con aria di rimprovero, ma nei suoi occhi leggo qualcosa di molto simile alla tenerezza. In fondo so che la sua cotta per Angel non è passata, ma ora, ora vuole solo impedirmi di soffrire di più.
Sbuffo sonoramente, togliendomi il cappellino e passando le dita tra i capelli.

<<Una parte di me ci spera. Una parte di me ci spera di vederla tra quelle mura, Alex. Ci spera di vederla in salone, ranicchiata su una poltrona con un libro tra le mani, e di tanto in tanto sollevare gli occhi dalle pagine e sorridermi. Ho pensato solo a queste piccole cose, perché andiamo, se non avessi avuto neppure un briciolo di lucidità avrei fatto costruire la nostra casa in ogni dettaglio sui gusti di Angel!>> replico, ridendo, e Alex spalanca la bocca, aggrottando le sopracciglia e tirandomi dietro il cappellino.

<<E io ti avrei fatto rinsavire tirandoti dietro tutte le mie scarpe!>> esclama, facendomi scoppiare a ridere ancora di più.

<<Non pensavo che il fatto dei bidet ti avrebbe destabilizzato così tanto.>>

<<Beh, andiamo Marc, l'unico motivo per cui dovresti far installare in casa tua degli aggeggi che non hai mai usato è uno solo, e ha un nome.>>

Andiamo poi a cena con le nostre squadre in un ristorante di Barcellona, e quando torniamo in circuito, il tempo di una doccia e mi infilo a letto.

Sogno di cieli in tempesta e di una opprimente sensazione di angoscia, ma mi accorgo subito che sto solamente avvertendo il peso sul cuore di qualcun altro. Cammino su una strada deserta, che costeggia il mare burrascoso.

Poi la vedo.

Una figura esile e minuta in piedi, sulla spiaggia, davanti al mare che ruggisce. Quando i miei occhi si posano su di lei, la sensazione di angoscia cresce. Cerco un modo per raggiungerla, ma la strada, posizionata più in alto rispetto alla spiaggia, mi rende l'impresa praticamente impossibile.
Dio, eppure è così vicina, possiamo davvero essere così lontani pur essendo così vicini?
Non ho idea di come fare per andare da lei, ma sento che ha bisogno di me. Corro avanti, sperando che la strada inizi a discendere, ed ecco che ad un tratto, l'asfalto inizia a scendere dolcemente. Oltrepasso il guardrail e torno indietro, correndo sulla sabbia. Il mare pare urlare a diversi metri da me e non posso negare di provare un po' di paura.
Ma devo andare da lei.

Devo andare da lei.

È ancora lì, le braccia strette attorno al corpo, i capelli che le sferzano intorno al viso, lo sguardo fisso sulle onde. La raggiungo, e l'angoscia ora è così opprimente che mi sento mancare il respiro. Le poso una mano sulla spalla, e lei si volta a guardarmi. I suoi occhi, così grandi e profondi, lucidi e pieni di tristezza, si scontrano con i miei, e le parole mi muoiono in gola.

<<Ti stavo aspettando. Sapevo che saresti arrivato.>> mormora, e io la sento appena, al di sopra del ruggito delle onde.

<<Ora che sono qui non ti lascerò più.>> replico, prendendole il viso tra le mani. Lei accenna un sorriso malinconico, e scruta il mio viso.

<<Ho freddo...>> soffia, e la stringo a me, forte, perché non ho intenzione di lasciarla andare.

<<Ci sarai sempre per me, vero Marc?>> chiede, il viso nascosto nell'incavo del mio collo.

<<Sempre, mio angelo. Sempre. Non dubitare mai di questo.>> la sento stringere la stoffa della mia maglietta, poi la sua mano sale sulla mia guancia e la sento spostarsi appena. Le sue labbra si posano sulle mie e il cuore trema nel mio petto.
Il mare, a pochi metri da noi, si ingrossa nell'esatto momento in cui le nostre labbra si scontrano, e mi vien da pensare che non sia altro che il riflesso del suo cuore, del suo animo in tempesta. Le sue mani si infilano tra i miei capelli, tirandoli e io la prendo tra le braccia, sollevandola da terra. Il suo bacio è così dolce da darmi quasi alla testa.

<<Non mi dimenticherai mai, Marc, vero? Ripenserai sempre a me e te insieme, non è così?>>

<<Mi è impossibile dimenticarti e ti penso e ti penserò sempre. Ma ora tu dimmi che questa volta non scapperai. Dimmi che resterai, ti prego.>> la imploro, restando vicino al suo viso. Angel inarca le sopracciglia, gli occhi pieni di tristezza, ma non fa in tempo a rispondermi, perché il vento inizia a farsi sempre più forte, fino a quando quello che sembra essere un tornado, appare dal nulla, facendosi sempre più vicino. Cerco di tenere Angel stretta a me, ma sento che sta per sfuggirmi. Leggo la paura e il terrore nei suoi occhi, ma farò qualsiasi cosa per tenerla vicino a me.

<<Tieniti forte a me, Angel, non lasciare la mia mano!>> urlo, a pieni polmoni, ma è un attimo.

Scivola via, risucchiata dal vento, sfuggendo alla mia presa, e scoppio in un grido. Cado in ginocchio, sentendomi improvvisamente senza forze e con un vuoto crescente al centro del petto. Come se avesse portato con sé anche il mio cuore.
E io ora vivessi a metà.

~·~

Mi sveglio presto, come al mio solito, anche se stanotte non ho dormito benissimo. Il sogno che ho fatto non mi è piaciuto per niente. Non mi è così strano sognare Angel, la sogno spesso, anzi, anche troppo spesso, ma di solito sogno di vivere insieme a lei cose che abbiamo già vissuto assieme, come l'andare a cena, o il ballare stretti l'uno all'altro. Ma ammetto che la cosa che faccio più spesso con lei nei miei sogni è l'amore. E ogni volta al risveglio, mi sento letteralmente trafitto in ogni parte da un dolore lancinante. Mi manca da impazzire stare con lei e fare l'amore con lei. Mi manca il nostro modo di guardarci, occhi negli occhi, di toccarci, di baciarci, di scambiarci quelle parole a fior di labbra. Non avevo idea di cosa volesse dire vivere l'intimità con qualcuno prima di lei, non avevo la minima idea di cosa volesse dire questa parola, e dopo di lei so che non vivrò mai una simile intimità con nessun altro.

Il sogno di stanotte invece mi ha lasciato addosso una sensazione strana, che non mi piace. Ci sto pensando da quando ho aperto gli occhi stanotte e non riesco a smettere di pensarci. Mi lavo i denti e mi vesto, pronto per andare a fare colazione in hospitality, quando sento bussare alla porta. Vado ad aprire, dato che sia Alex che José sono già usciti.

<<Buongiorno, campione!>>

<<Paola! Come mai già qui?>> lei mi posa un bacio sulla guancia, mentre io continuo a guardarla confuso. Di solito non si fa vedere prima del giovedì sera, invece, di prima mattina è già qui.

<<Ho pensato di invitarti a fare colazione insieme.>> mi mostra un ampio sorriso, passandosi le dita tra i capelli biondi.

<<C'è la squadra che mi aspetta per fare colazione con loro, mi dispiace.>> replico, mentre mi chiudo la porta del motorhome alle spalle. Paola mette il broncio, ma l'unica che adoravo con quella espressione mi ha mollato nel giro di cinque minuti finendo per lasciare addirittura il paese.

<<E va bene, allora potremmo...>>

Smetto di ascoltarla quando, con la coda dell'occhio, un movimento alla mia sinistra cattura la mia attenzione.

Ed è lei, quella che finisco per sognare quasi ogni notte.

Cammina spedita, una mano davanti al viso per ripararsi dal sole, poi si ferma, cercando qualcosa dentro la borsa. Ne tira fuori un paio di occhiali da sole, che poi indossa.

Dio, è così bella.

Porta un vestitino bianco trapuntato di fiorellini rossi, dallo scollo a barchetta, i capelli sciolti che le accarezzano le spalle scoperte, e penso di non aver mai visto cosa più bella in vita mia. Continuo a fissarla mentre riprende a camminare, e noto che non ho più la voce di Paola nelle orecchie. Quando Angel sparisce dietro il motorhome di Dovizioso, torno a guardarla, e mi accorgo che anche lei stava guardando Angel. Il suo sguardo mi fa capire che ha notato che la stavo fissando. Diciamo che era impossibile non notarlo, dato che le sto di fronte.

<<Ma allora la ragazza di Mir ti piace proprio.>> cinguetta, inarcando un sopracciglio. Cerco di non mostrare la minima emozione, ma stringo una mano in un pugno.

La ragazza di Mir.

<<Non farti vedere da lui mentre la guardi così, o ti ritroverai con un occhio nero, campione.>>

Fa l'ironica, ma so che è furiosa. Ha la mascella serrata, le unghie conficcate nella pelle del suo braccio. La sua reazione mi fa quasi ridere. So cosa vuole da me, so come mi vede, esattamente come mi vede Irina e come mi vedono tutte le altre del giro o le pseudo famose che sembrano quasi disposte a farsi umiliare pur di vedere il loro nome accostato al mio.
So che Paola non prova un briciolo d'amore per me, ma a me va bene così.
Non mi interessa se mi ama o meno. L'unica da cui voglio essere amato scappa ogni volta che mi avvicino troppo a lei.

Inarco un sopracciglio.

<<Bene. Allora lo aspetto.>> replico, sorridendo. Con la coda dell'occhio vedo Paola sbattere le palpebre, sorpresa. Non si aspettava questa risposta, lo so. Scendo gli scalini, poi mi volto a guardarla, dato che è rimasta accanto alla porta.

<<Comunque, stavi dicendo?>> la vedo scuotersi, e scende le scale per raggiungermi.

<<Dato che sei occupato per la colazione, allora usciamo a cena insieme, stasera?>> sospiro.

<<Va bene.>> Paola sorride, e mi posa un bacio sulla guancia, dopo avermi gettato le braccia al collo.

<<Ora devo andare, mi stanno aspettando. Ci sentiamo più tardi.>> salgo sul motorino e mi allontano da lei.

~·~

[Angel]

Io e Joan abbiamo fatto colazione insieme, poi, mentre lui ha raggiunto il suo box, io mi sono vestita. Ho sistemato i capelli, e dopo un'oretta sono uscita dal motorhome. L'estate è praticamente alle porte, e il sole batte forte. Avrei voluto portarmi un cappello, ma me ne sono completamente dimenticata. Faccio un giro sulla pista, godendomi la brezza leggera che mi accarezza, e rendendo più sopportabile il caldo. Mentre vedo diversi piloti passarmi accanto in bici, penso che sarebbe piaciuto anche a me fare un giro in bicicletta.
Dopo un po' decido di andare a bere qualcosa di fresco all'hospitality dell'Estrella Galicia e sto per posare un piede sul primo gradino, quando una voce giunge alle mie orecchie.

<<Angel, ciao!>>

Paola gambe lunghe.

Chiudo gli occhi, e prendo un respiro. Poi mi volto verso di lei.

<<Ciao Paola.>> la saluto, anche se in realtà preferirei non doverle neppure rispondere.

<<Mi fa piacere rivederti qui. Come stai?>>

<<Bene, tu?>>

<<Tutto bene. Ti va di bere qualcosa con me? Potremmo andare all'hospitality della Honda.>> propone, rivolgendomi un largo sorriso.

<<Oh ecco, in realtà...>>

<<Oh avanti!>> mi prende sotto braccio <<non penso che Joan si offenderà se entri in un'altra hospitality!>> ride, e mi trascina con sé.

Io non ho niente da spartire con lei, siamo diametralmente opposte in tutto, che cosa può volere da me? Perché diavolo vuole parlare con me?

Entriamo nell'hospitality della Honda e mi ricordo del tempo che ho passato qui dentro. A volte vorrei tornare indietro. Mi manca quello che avevo. Ma soprattutto, mi manca la più o meno tranquillità che avevo. Ci sediamo ad un tavolo.

<<Gradisci qualcosa di particolare?>> mi chiede Paola.

<<Un bicchiere d'acqua ghiacciato sarà più che sufficiente, sto morendo di sete.>> replico, sfilandomi gli occhiali da sole.

Dopo qualche minuto un cameriere ci serve quello che abbiamo ordinato. Un bicchiere d'acqua per me, e un cappuccino per Paola.
Continuo a fissare l'uscita dell'hospitality. Non mi sento per niente a mio agio in presenza di questa ragazza. La osservo. Capelli perfetti, pelle perfetta, corpo perfetto. Mi sento un piccolo mostriciattolo accanto a lei. Soprattutto, mi sento piccola e troppo ragazzina. In fondo ha tre anni più di me, ma in realtà sembra che io abbia una decina d'anni meno di lei.

Detesto sentirmi così.

<<Adoro quel vestitino che indossi. Dove l'hai preso?>>

<<Grazie mille. L'ho preso a Maiorca, qualche settimana fa.>>

<<Oh, sì, so che ci sono dei negozi adorabili da quelle parti! Ma dimmi: vivi a Maiorca, ora?>>

<<Non esattamente. Mi divido tra l'Italia e Maiorca. È un po' complicato, ma finora io e Joan ci siamo trovati bene così. Lui è adorabile.>>

<<Ah, si vede che è adorabile. È una cosa che sanno tutti, tra l'altro, nel paddock. Il ragazzo che ogni ragazza vorrebbe avere al proprio fianco. Di uno così puoi fidarti. Mi raccomando, non fartelo scappare.>>

<<Non lo farò.>> replico, sorridendo.

<<In più, si vede che ti ama molto.>> sento una fitta alla bocca dello stomaco.

Joan non ha ancora detto quella parola, certo, mi ha detto di essere innamorato di me, ma tra l'essere innamorati e amare c'è una, seppur sottile, differenza.

<<Non si può dire lo stesso di tanti altri piloti del circus...>> sogghigna, prendendo un sorso del suo cappuccino.

<<Ah sì? Beh, lo immaginavo.>> replico, sollevando le spalle.
Paola guarda prima a destra poi a sinistra, come a voler constatare che non ci sia nessuno ad ascoltare, poi si tende di poco verso di me.

<<Ad esempio, so di uno che ha scambiato diversi messaggi con la ragazza di un collega.>>

Raddrizzo subito le spalle. Non si starà riferendo a me e Joan, vero? I messaggi che ci siamo scambiati erano privi di malizia, almeno da parte mia. Ma seguendo il filo del suo discorso, Joan dovrebbe essere escluso. In più, nessuno può saperlo oltre Marc, e al limite, Alex.

<<Messaggi? Beh, dipende dal tipo di messaggi, immagino...>>

<<Ovviamente, Angel...>> Paola inarca le sopracciglia, il tono di voce ambiguo.
Oh. Certo. Quel tipo di messaggi.

<<Sapeva che tra lei e il suo ragazzo c'era un rapporto burrascoso, continui tira e molla...così, quando lei gli ha scritto, lui ha pensato bene di non farsi scappare l'occasione. Diciamo che lei ha ottenuto quello che voleva, seppur per brevissimo tempo. In realtà, ha usato il suo ragazzo solo per arrivare al suo vero obbiettivo, anche se è durata quanto un battito di ciglia. Concretizzata la cosa, lui ha chiuso ogni tipo di rapporto. Ma lei era ossessionata da lui. Faceva paura.>>

Sbatto le palpebre. Non mi interessano queste cose, non sono una pettegola, ma devo ammettere che questa storia è veramente pietosa.

<<Ma...è una cosa disgustosa! Usare qualcuno per arrivare ad un'altra persona...ma oltre a ciò, penso al pilota in questione: come si fa a fare una cosa così ad un collega? Anche se, visto la ragazza che si ritrovava, gli ha fatto solamente un favore.>>

<<Non ho mai avuto la curiosità di chiederglielo, nonostante lo veda molto spesso.>> alzo gli occhi verso di lei, mentre sento un dolore al centro del petto togliermi il respiro per un istante. Vedo un sorrisino compiaciuto dipinto sulle sue labbra, mentre osserva il suo cappuccino.

<<Stai parlando di Marc?>>

Paola sbatte le palpebre, guardandomi con aria innocente.

<<Piuttosto scontato, non è vero?>> sogghigna, scuotendo la testa.

Non posso crederci.

Anche questo.

Devo trasformare il mio viso in pietra, perché non ho intenzione di far capire a Paola quello che sto provando.
Perché mi ha raccontato queste cose? Per lei sono letteralmente una sconosciuta.

Prendo il bicchiere davanti a me e bevo l'ultimo sorso d'acqua, tenendo gli occhi chiusi. Vorrei piangere. E le sento, le lacrime, spuntare agli angoli degli occhi, ma sarebbe un terribile errore piangere ora. Non so neppure il motivo per cui sono sull'orlo del pianto. Forse perché sono delusa da me stessa, dall'idea che avevo costruito attorno ad una persona.
Perché, nonostante l'amicizia che legava me e Marc, queste cose non le sapevo. Sapevo che si divertiva, era normale, sapevo di Paola o Irina, ma di tutto il resto, di queste cose, io non sapevo.

<<Oh, ma che combinazione! Tu qui!>> riapro gli occhi, posandoli su Paola, e noto che sta guardando qualcuno, in piedi accanto al nostro tavolo. Mi basta notare la pelle dorata, i colori della Honda sulla maglietta, per capire di chi si tratta.
Non ce la faccio a guardarlo, non voglio vederlo.

<<Che ci fate qui?>> prendo la borsa e fingo di star cercando qualcosa, pur di giustificare il mio non guardarlo.

<<Ho incontrato Angel e l'ho invitata a bere qualcosa.>> cinguetta Paola, guardandomi con un sorriso. Ricambio con una specie di smorfia.

<<Già, ti ringrazio, ma ora devo andare!>> replico, alzandomi. Necessito di andarmene il prima possibile da qui.

<<Oh, devo andare anch'io!>> esclama lei alzandosi.

<<Bene, allora ci si vede in giro, Paola!>> lei annuisce, facendomi l'occhiolino, e proprio nel momento in cui mi da le spalle, sento la mano di Marc afferrare la mia e tirarmi più vicino a sé, facendomi chiaramente capire che non vuole che io me ne vada.

<<Lasciami immediatamente.>> sibilo, lanciando una rapida occhiata intorno a noi, per controllare che nessuno ci abbia visto.

Sento i miei sensi allo spasmo. Dopo il sogno che ho fatto stanotte, sono ancor più ricettiva e sensibile del solito, al suo tocco.

<<No, Angel, mi dispiace. Non ti lascerò andare fino a quando non mi garantirai che non te ne andrai.>>

<<Bene.>> inarco un sopracciglio, sollevando un angolo delle labbra. <<io non ho problemi.>> mi porto l'altra mano sul fianco, e mi rendo conto che sembriamo ridicoli. Marc mi rivolge un largo sorriso.

<<Neppure io se è per questo. Non sono io quello che deve rendere conto a qualcun altro, tra i due.>> lo fulmino con lo sguardo.

<<Stronzo.>> lui inarca le sopracciglia, e il suo sorriso si allarga.

<<Sì, lo so, me lo dicono in tanti.>> stringe più forte la mia mano nella sua e un dolcissimo calore si irradia nel mio corpo, fino a raggiungere le viscere. Sento i brividi e le ginocchia cedere, solo perché mi sta tenendo la mano. Istintivamente, le mie dita vorrebbero intrecciarsi alle sue, ma lo impedisco. Marc continua a fissarmi e sembra non avere intenzione di cedere. Ma non ha nient'altro da fare? Non voglio essere io quella che cede per prima, è una cosa che detesto, che mi fa sentire debole e fragile.
Penso che il modo in cui lo sto guardando sia intriso di odio, perché lo vedo inarcare un sopracciglio, mentre sorride compiaciuto.

<<Lasciami la mano. Puoi stare tranquillo, non me ne vado.>>

<<Sicura?>> mi chiede, sbattendo le palpebre. Inarco un sopracciglio, guardandolo male.

<<Peccato, mi piaceva tenerti per mano.>> mormora, mentre separa la sua mano dalla mia. Mi sento d'improvviso vuota.
Lo detesto, ma sono di parola. Resto lì, accanto a lui, anche se vorrei andarmene, non voglio vederlo, non voglio parlargli.

<<Andiamo al piano di sopra, potremo parlare con più tranquillità.>> esclama, facendomi un cenno con la mano, come a volermi fare strada. Io non voglio parlare con lui. Stringo le labbra, e gli volto le spalle, dirigendomi verso le scale, che conducono ad un ampio soppalco. Sento i suoi occhi su di me, so che mi sta guardando. Quando arrivo all'ultimo scalino, mi volto verso di lui, incrociando le braccia sotto il seno.

<<Puoi sederti, se vuoi.>>

<<Non voglio, ma grazie comunque.>>

Marc assottiglia lo sguardo, e si piazza davanti a me.

<<Bene. Cosa voleva Paola da te?>>

<<Vuoi che io resti per farmi il terzo grado?>> ribatto subito, piccata. <<Perché io non ho la minima voglia di parlare con te.>>

<<Me ne sono accorto, sai?>> solleva un angolo delle labbra, ironico <<Ma gradirei comunque che tu mi rispondessi.>>

<<Non voleva nulla. Abbiamo solo fatto due chiacchiere, tutto qui.>>

<<Paola non ha mai voglia di fare "solo due chiacchiere". Soprattutto con persone che non conosce e che reputa d'intralcio.>> mi volto a guardarlo di scatto.

<<Di intralcio? Io? Per lei? Márquez, non penserai che io ci creda.>>

<<Peccato che sia proprio così, perché lei si ricorda di averti vista a Cervera, con Alex. E...>> si morde le labbra, abbassando lo sguardo, per poi sfilarsi il cappellino e passare le dita tra i capelli. Lo lancia sulle poltroncine poco distanti, poi torna a guardarmi. <<E sa che...che provo qualcosa per te.>> resto a guardarlo, confusa.

<<Sicuramente, avrà sottolineato quanto il tuo ragazzo sia adorabile, di tenertelo stretto. E ti avrà raccontato qualcosa per screditarmi ai tuoi occhi. E per questo, ora, sembri essere furiosa con me.>>

<<Complimenti, le hai azzeccate tutte.>> confermo, rivolgendogli un sorrisetto ironico.

<<Cosa ti raccontato?>>

<<Che, in un tempo indefinito, hai flirtato con la ragazza di un tuo collega. Che poi hai liquidato dopo essertela scopata. Ha mentito, forse?>> Marc irrigidisce le spalle, per poi socchiudere gli occhi e sospirare.

<<No.>> ammette, in un sussurro.

Sento una fitta al cuore, e gli occhi farsi lucidi.

<<Bene, ora posso andare?>> chiedo, cercando di non far tremare la voce.

<<No, Angel, ti prego, lascia che ti spieghi!>> esclama, prendendomi per il polso. Nel tono di voce un che di disperazione.

<<Hai sempre qualcosa da dover spiegare, vero?>> ribatto, togliendo il polso dalla sua stretta. Marc mi guarda.

<<Sì. Cosa posso fare? Non voglio giustificarmi. È successo nel 2014, e lei mi aveva detto che tra lei e il suo ragazzo le cose non andavano bene e che stava pensando di lasciarlo. Era carina, è vero, ho flirtato con lei, e poi ci siamo incontrati. Abbiamo trascorso insieme un weekend, poi ho chiuso. Era ossessiva, sembrava una psicopatica. È vero, lo ammetto, sono stato un cretino, anzi>> socchiude gli occhi, inarcando le sopracciglia <<un vero stronzo, ma poi ho detto tutto al suo ragazzo, non l'ha presa bene ovviamente, poi però con il tempo ci siamo riappacificati, quando mi ha detto che gli avevo fatto un favore. Non ci troviamo simpatici, ma c'è rispetto reciproco, ora, ed è la cosa più importante.>>

<<Non serviva che tu mi spiegassi.>> riesco solo a dire.

<<Invece sì. È vero, Angel, ne ho combinate tante, davvero, ma...sono diverso, ora. Ora ho qualcosa che voglio davvero, che mi fa impazzire, che amo con ogni fibra di me stesso. E so che probabilmente non riuscirò mai a riconquistare la tua fiducia, ma credo che dirti sempre la verità, nel bene e nel male, sia la strada giusta.>>

<<Dire sempre la verità è una qualità che reputo importante, Marquez. Ma mi dispiace, credo che le persone non cambino. Gli uomini, soprattutto.>> replico, con un sorriso, scrollando le spalle.

<<Tranne quelli innamorati. Me la ricordo quella canzone, Angel.>>

<<Ma io non ci credo, Marquez. Una persona non può cambiare la propria natura. Deve già esserci del...materiale su cui lavorare, per evolvere e migliorare. Ma se un individuo tende ad avere sempre bisogno di conferme per nutrire il proprio ego, tende sempre a guardarsi intorno, per divertimento o per noia...non cambierà, neppure per tutto l'amore del mondo. All'inizio forse sì, ma poi, quando inizierà la parte più difficile, quella della quotidianità, quella che a molti sembra noiosa, riprenderà a comportarsi esattamente come prima.>>

<<Quindi pensi che in me non ci sia questo famoso materiale su cui lavorare?>> chiede, poggiandosi contro il muro alle sue spalle e infilando le mani nelle tasche dei jeans.

<<Io...da quel che ho sempre visto di te, Marc, e dopo quello che è successo...io non penso. Non riesco a crederti, mi dispiace.>>

<<Angel, prima di rendermi conto che ero innamorato di te, non mi ero mai innamorato prima. Con Laia non era una vera e propria relazione, lo sai, e con le altre è stato sempre e solo divertimento, non ho mai preso in giro nessuno, questo no, non ho mai fatto credere a nessuno di avere intenzioni che non avevo in realtà, o di provare sentimenti che non provavo. Mai. Sono sempre stato chiaro, sin dall'inizio. Quello che ho vissuto con te è qualcosa di completamente nuovo. Quello sono io, lì ci sono i miei sentimenti, il mio cuore, la mia anima, la mia mente. Quello è...quello è il Marc innamorato, che ama disperatamente qualcuno. E d'accordo, tu non mi crederai, ma le cose stanno così e spero solo che tu riesca a capirlo, prima o poi.>> scuoto la testa, il cuore che batte a gran colpi nel petto.

<<Ed è per questo che frequenti sempre e solo ragazze come Paola? Non lo riesci proprio a capire, vero Marc? Lei e tutte quelle come lei, sono così diverse da me! Sono più belle, più alte, più formose, più sexy! Ti guardo con lei e mi risulta difficile credere che ad uno abituato a frequentare un certo tipo di ragazze, possa piacere una come me! Lo capisci o no? Io sono...io sono un altro tipo. Io non sono di una bellezza così mozzafiato.>>

Una lacrima mi scorre lungo la guancia, ma l'asciugo subito. Odio vedere le altre e sentirmi sempre niente.

<<Il problema è che tu non riesci a capire che loro saranno anche bellissime, ma non sono te.>> sollevo lo sguardo verso di lui, e il modo caldo e vellutato in cui mi guarda mi fa tremare il cuore. <<Paola non è te, Irina non è te, Laia non è te, nessuna è te, nessuna sarà mai te. Cosa devo fare per fartelo capire?>> esclama, prendendomi il viso tra le mani. <<Quella che voglio davvero sei tu. Voglio te e solo te.>>

Nonostante i brividi lungo la schiena, faccio un passo indietro.

<<Vuoi me, però ti scopi lei.>> sibilo, senza guardarlo.

<<Beh, tu non mi vuoi più, no? Non vedo cosa dovrei fare, Angel, entrare in castità? Col cuore a pezzi, mollato nel giro di cinque minuti e costretto alla castità? Vuoi davvero togliermi tutto, allora.>> replica, un sorriso triste sulle labbra.

Resto immobile, non sapendo cosa dire.

<<Io...io devo andare.>>

<<Oh, ti prego Angel, resta, almeno per una volta. Non scappare come al solito, per favore.>> avvolge la sua mano intorno al mio polso, tenendomi vicina a lui. Il problema è che non posso restare, per quanto lo vorrei <<Pranza con me. C'è Massimo ai fornelli, lo sai.>>

<<Neppure Massimo può far apparire un piatto di spaghetti alle vongole.>> replico, incrociando le braccia al petto.

<<Controlliamo.>> esclama, per tutta risposta. Fa per scendere dalle scale, poi si volta nuovamente verso di me.
<<Non provare a scappare. Ti caricherò sulle spalle e ti riporterò qui sopra.>> lo guardo male, mentre lui scoppia a ridere e scende le scale.
Torna dopo qualche istante.

<<Invece, a quanto pare, per Massimo non c'è problema. Pranzi con me, allora? Ti prego.>> Marc mi accarezza una guancia con il dorso della mano e mi tremano le ginocchia. Ha gli occhi che luccicano, ed è così bello. Ero furiosa con lui, poi, non so cosa sia successo.

<<Il sole mi ha fatto venire mal di testa.>> dico la prima cosa che mi passa per la testa, sperando di cambiare discorso. Lui mi guarda, aggrottando le sopracciglia, poi recupera il suo cappellino e me lo calca sulla testa.

<<Puoi sempre mettere questo, ti dona molto.>> esclama, un largo sorriso compiaciuto sulle labbra. Lo guardo male, e lui scoppia a ridere, togliendomelo.

<<Allora? Pranzi con me?>>

<<Mi piacerebbe tanto restare...per gli spaghetti, sia chiaro. Ma...non posso, Marc, non posso proprio. Cosa dovrei raccontare a Joan, secondo te?>>

<<Vuoi davvero che te lo dica, Angel?>>

Arrossisco, e faccio un passo indietro.

<<Mi dispiace, Marc. Non posso restare.>>

Lo vedo socchiudere gli occhi, poi accennare un sorriso e scrollare le spalle.

<<Va bene, Angel, è giusto. E scusami. Vai, avanti.>> mi fa un cenno col capo, per poi voltarmi le spalle. Resto lì ancora per qualche istante, ad ammirare la sua ampia schiena, poi scendo le scale ed esco dall'hospitality.

~·~

Sabato arrivano in circuito anche Rafi e Andrew. Dopo aver cenato insieme sabato sera, domenica io, Rafi e Andrew ci godiamo le gare da bordo pista. La gara di Joan in Moto2 è un disastro, mentre Alex, invece, conquista il terzo gradino del podio. In MotoGP, invece, Lorenzo conquista la sua seconda vittoria consecutiva in sella alla Ducati, mentre Marc finisce la gara al secondo posto. Torno al paddock e raggiungo Joan al box. Si è tolto la tuta e sta discutendo con il suo team. Quando mi vede, mi viene incontro e mi abbraccia.

<<Scricciolo, avrei voluto regalarti una vittoria.>>

<<Sarà per la prossima volta, tesoro, davvero, non importa. Arriverà la vittoria, vedrai.>> replico, posandogli un bacio sulle labbra.
Io e Andrew facciamo un giro del paddock. Le ragazze si voltano a guardarlo mentre passa, e le comprendo benissimo. Sembra un principe, con i suoi capelli biondi legati in un codino, la camicia bianca e i pantaloni neri.

<<Sbaglio o quello lì>> e indica Marc poco distante che sta facendo delle foto con dei tifosi. <<è quello che al matrimonio ti guardava come se...ecco...sì, insomma, è lui?>>

<<Sì.>> riesco solo a dire, scostandomi i capelli dal viso.

<<Oh, wow.>>

<<Senti Andrew, io devo andare al motorhome. Vieni con me o...?>>

<<Penso che resterò qui, Angel. Ti da fastidio?>>

<<Figurati! È un posto magico, lo so.>> replico, facendogli l'occhiolino.

Quando raggiungo il motorhome mi sfilo le scarpe e appoggio la schiena contro la porta. Sono esausta. Ho solo voglia di dormire. Il cellulare inizia a suonare, all'interno della mia borsa, e lo recupero.

<<Joan? Perché mi stai chiamando?>>

<<Scricciolo, ecco...vedi, io e il team abbiamo deciso di fare un ultimo briefing stasera, prima dei test. Non abbiamo ancora capito il motivo della caduta, e dobbiamo scoprire quale sia, quindi non potremo andare a cena in quel ristorantino come ti avevo promesso.>>

<<Tranquillo, tesoro, non importa. Sarà per un'altra volta.>>

<<Sei davvero meravigliosa. Se non ci fossi, bisognerebbe inventarti. Ci vediamo più tardi.>> chiudo la chiamata, e sospiro, restando ad ascoltare la voce del silenzio.


[Marc]

Quando ritorno al motorhome, il sole è quasi tramontato del tutto. Io e il team abbiamo in programma di andare a cena tutti insieme, quindi, dopo una doccia veloce, indosso una maglietta nera, e un paio di jeans dello stesso colore. José e Alex hanno già raggiunto gli altri, per cui, devo sbrigarmi. Quando esco dal motorhome, vedo il ragazzo dai lunghi capelli biondi uscire dal motorhome di Mir. Non so perché, ma lo chiamo. Lui si volta subito e mi osserva con curiosità.

<<Marquez, giusto?>>

<<Sì, esatto! E tu sei...>> accidenti, non ricordo il suo nome.

<<Andrew.>> mi viene in soccorso e io scuoto la testa sorridendo.

<<Sì, certo, Angel me lo aveva detto, ma ora mi sfuggiva.>>

<<Hai fatto una bella gara, complimenti. So che non valgono niente, comunque, i miei complimenti, perché capisco di corse quanto di fisica quantistica, ma sei arrivato secondo, quindi è un ottimo risultato.>>

<<Diciamo che la vittoria sarebbe stata meglio.>>

<<Non lo metto in dubbio.>>

<<Hai cenato con Joan e Angel?>>

<<Solo con Angel. Joan è al box con il suo team, quindi ha lasciato me e Angel soli soletti. Ora stavo andando a vedere se riuscivo a trovare del gelato da qualche parte, per Angel. È un po'...giù.>>

D'improvviso, mi ritrovo ad invidiarlo. Lui ed Angel sembrano uniti, uniti come eravamo io e lei prima.

<<Oh...come mai?>>

<<Pensieri.>> liquida la cosa lui. Poi mi guarda più attentamente. <<Tu eri il suo migliore amico, vero?>> lo fisso, sbattendo le palpebre.

<<Sì. Ma poi ho rovinato tutto.>> ammetto, scrollando le spalle.

<<Mi dispiace. Mi sembri triste, quando non pensi alle moto. E lei è triste, ogni volta che sa di non essere guardata.>>

<<Perché è triste?>> gli chiedo, una fitta alla bocca dello stomaco.

<<Beh, diciamo che ha la testa piena di pensieri. Per cominciare l'esame la prossima settimana per i noduli e ->>

Mi si gela il sangue nelle vene, mentre lui si blocca all'istante, sbiancando.

<<Ecco, questo non dovevo dirlo.>>

Mi sento morire, come se qualcuno stesse giocando con le mie viscere.
Sento gli occhi pungere per le lacrime, il mio corpo sta letteralmente andando in tilt. Sento il bisogno di sedermi, ed è quello che faccio, finendo sugli scalini del motorhome.

<<Cosa...cosa...cosa...>> balbetto. Non riesco neppure a trasformare i miei pensieri in parole <<Cosa significa noduli?>>

Andrew mi guarda, bianco come un lenzuolo.

<<Non avrei dovuto dirtelo. Angel non voleva farlo sapere a nessuno, nessuno lo sa oltre me. E ora...te. Neppure sua madre, i suoi nonni o Joan. Per cui, ti prego, non dirle niente, non dirle che ora sai.>> si schiarisce la voce <<Diverse settimane fa Angel ha scoperto che un linfonodo nel collo le si era gonfiato. Ha fatto un'ecografia, e ha scoperto che ha dei noduli, intorno alla tiroide. La prossima settimana dovrà sottoporsi ad un esame per constatarne la natura, se insomma, sono benigni o...>>

Mi gira la testa. Angel, con questa paura, senza dirmi niente? La mia Angel, la mia Angel che potrebbe...

Alzo lo sguardo verso di lui.

<<Potrebbe anche essere qualcosa di...>> non riesco neppure a finire la frase. Andrew deglutisce, gli occhi lucidi. Anche lui ha paura per lei.

<<Potrebbe, ma anche no. È un 50 % di entrambe le cose.>>

Mi alzo di scatto e raggiungo di corsa le scale del motorhome di Mir. Sento Andrew venirmi dietro.

<<Oh Marquez, per l'amor del cielo, non dirle niente!>> busso contro la porta, in preda al panico. Devo stringerla, devo starle vicino.

<<D'accordo, io vado a prendere il gelato. Scoprirò più tardi se devo sparire dalla circolazione perché rischio la vita o meno.>>

<<Chi è che fa tutto questo baccano?>> sento la voce di Angel da dentro il motorhome, poi, apre la porta. Deve aver guardato dalla finestra, perché chiama subito il mio nome.

<<Marc! Che diavolo sta succedendo, hai intenzione di buttare giù la porta?>>

Il mio angelo.

Dio, quanto tempo stiamo sprecando lontani l'uno dall'altro. Quel tempo, quel tempo così prezioso, perché ogni istante potrebbe essere l'ultimo.
È così adorabile, così paradisiaca, con la sua maglietta lunga con una mezzaluna disegnata, gli occhi da cerbiatta così sinceri, così limpidi, così grandi.

<<È successo qualcosa? Mi sembri sconvolto.>> la stringo a me, tenendola come forse non l'ho mai tenuta prima. Mi viene da piangere all'eventualità di poterla perdere - in ogni senso - per sempre.

<<Oddio.>> la sento dire, mentre mi stringe a sé <<Marc, santo cielo, che diavolo succede?>> allontana il viso dal mio e posa le mani sulle mie guance. Ho bisogno di baciarla. Ho bisogno di stare attaccato a lei per sempre.

<<Ho ->> prendo fiato <<ho fatto un brutto sogno.>> la sento sogghignare.

<<Un brutto sogno...da sveglio?>> e indica i miei vestiti.

<<Più o meno.>> una lacrima scorre lungo la mia guancia.

<<Marc, ma che ti prende? Sei bollente e il tuo cuore sta impazzendo, sembra che stia per uscire dal petto. E stai piangendo. È stato così brutto come sogno?>>

<<Mi sono svegliato prima della fine...che spero sia positiva.>> la prendo tra le braccia e lei mi circonda istintivamente il collo con le braccia.

<<Hai bevuto, ammettilo.>> esclama. Poi vedo che sul divano c'è il pc. Stava guardando un film.

<<Che stavi guardando?>>

<<Stavo guardando la versione italiana di Braccialetti Rossi.>>

<<Non dovresti guardare queste cose.>> la rimprovero, tenendola stretta. Non posso lasciarla andare. Ho bisogno di stare con lei.

<<Ma che stai dicendo? Sei ubriaco?>>

<<Spero di sì.>> soffio, scostandole una ciocca di capelli dal viso e ricoprendole le guance di baci.

<<Marc, oddio, Joan potrebbe arrivare da un momento all'altro.>> mormora, lanciando uno sguardo alla porta.

<<Vorrà dire che mi nasconderò nell'armadio.>> replico, inspirando il suo profumo. Lei serra una mano intorno ai miei capelli, e si accoccola contro di me.

<<Sei un idiota.>> commenta, prendendomi il viso tra le mani.

Dio, Angel, ti amo alla follia.

<<Angel, posso chiederti un favore?>> lei annuisce.

<<Ti prego, sbloccami su whatsapp. O su instagram, dove preferisci. Ho bisogno di parlarti, di sentirti, ti prego, giuro che non ti importunerò, né ci proverò, te lo giuro sulla mia moto. Per favore, per favore.>> Angel mi guarda, mordendosi il labbro inferiore.

<<Se me lo chiedi così, sarà dura dirti di no. Ma ora vai, ti prego.>> non voglio andarmene. Voglio stare vicino a colei che è parte della mia anima, del mio cuore, colei senza cui tutto perde sapore. Ho bisogno di starle ancora più vicino adesso. Ne ho bisogno. È come se mi stessero uccidendo. Separarmi da lei è come morire. La metto giù, e lei si sistema la maglia.

<<Buonanotte, Marc. Non bere troppo, mi raccomando.>>

<<Buonanotte, angelo.>> mormoro, la voce strozzata. Quando mi chiudo la porta alle spalle, resto a piangere per qualche minuto seduto sulle scale, poi, mi allontano, distrutto e in preda alla paura.

[Spazio autrice]

Come posso chiedervi scusa dopo tutta questa attesa?
Spero che il nuovo capitolo basti per perdonarmi.
Volevo pubblicarlo ieri sera, ma mancava ancora qualcosa, per cui aggiornamento fuori orario 💘
Non vi prometto che pubblicherò presto, spero di riuscirci.
Fatemi sapere se questo capitolo vi è piaciuto, cosa ne pensate insomma.
Vi abbraccio, vi voglio bene ❤

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