Come mondi lontani

"tu dormi, ché t’accolse agevol sonno
nelle tue chete stanze;
e non ti morde
cura nessuna;
e giá non sai né pensi
quanta piaga m’apristi in mezzo al petto."
[Giacomo Leopardi]

[Angel]

[Ottobre 2011]

L'attesa sta iniziando a diventare estenuante.
Continuo a battere il piede per terra nervosamente, a camminare avanti e indietro lungo la sala d'attesa dell'aeroporto.
Ogni tanto sollevo gli occhi al cielo e scuoto appena la testa.
Quando accidenti arriva?
Il suo aereo deve essere atterrato ormai mezz'ora fa.
Scrollo le spalle, affranta.
È tutta colpa mia.
Non avrei dovuto affezionarmi ad un tipo così...particolare.
Avevo sempre tenuto le distanze da tutti, e a chi andavo ad affezionarmi?

Ad un ragazzo che amava giocare con il pericolo una settimana sì e una settimana no.

Le immagini del suo incidente in Australia e della sua caduta in Malesia sono ancora vive davanti ai miei occhi.
Ma è stata la morte di quel pilota in MotoGP, Marco Simoncelli, ad aprirmi una voragine al centro del petto.
Ero rimasta scioccata, d'improvviso mi sono resa conto di quanto quello sport, la passione più ardente dell'unico ragazzo di cui io mi fossi mai affezionata, poteva essere crudele.
È stato il realizzare quella realtà a portarmi qui, all'aeroporto, ad aspettare il ritorno di Marc.
Non gli ho mai dimostrato il mio affetto in questi mesi, se non attraverso piccoli gesti che mi sono comunque costati tanto, sono sempre stata molto chiusa ed introversa.
Ma ora, ora tremo quasi dalla voglia di vederlo, di fargli capire quanto è importante per me.
Non avevo mai provato simili sensazioni, prima.

<<Angel!>> la voce di mia madre, seduta poco distante da me, mi richiama all'attenzione, e io sussulto appena, per poi voltarmi di scatto verso di lei. La vedo indicare qualcosa dal lato opposto al nostro, e seguo il suo sguardo.

<<Marc!>> lo chiamo, in un sussurro, quando vedo la sua figura apparire davanti ai miei occhi.
Ci sono anche Emilio, suo padre e Santi con lui, ma il mio sguardo è concentrato solo su di lui.
Sento il cuore iniziare a battere come impazzito nel mio petto, le lacrime salirmi agli occhi all'improvviso.
Non ho idea di quello che mi stia succedendo, mi sento totalmente in balia delle mie emozioni.

<<Marc!>> lo chiamo ancora, questa volta più forte, mentre inizio ad avviarmi verso di lui, e lo vedo sollevare la testa di scatto.

Sento un tuffo al cuore quando noto come è ridotto.

La parte superiore del volto è tumefatta e piena di ematomi, gli occhi circondati da due profondi cerchi neri.
I miei piedi si bloccano solo per un istante sul pavimento, a causa di quella visione per me spaventosa, e lo sento dire il mio nome.

<<Angel!>>

Sento le lacrime rigarmi il volto e riprendo a correre verso di lui.
Lo abbraccio stringendolo forte, e lui mi stringe allo stesso modo, ma allo stesso tempo, lo sento rigido contro di me e un piccolo lamento gli sfugge dalla gola.

<<Ti ho fatto male?>> gli chiedo, preoccupata, allontanando il viso dalla sua spalla e incrociando il suo sguardo. Lo vedo sorridere appena, ma so che è in realtà una smorfia di dolore.

<<No, non ti preoccupare. Questo è il dolore più dolce che io abbia mai provato. Sei venuta. E sei venuta per me.>> punta lo sguardo nel mio e io poso le mani sulle sue guance, mentre continuo a piangere.

<<Certo che sono venuta per te, razza di ->> mi blocco, e gli accarezzo le guance morbide e lisce, <<mi hai fatto quasi venire un infarto, ti rendi conto?>> cerco di mostrarmi arrabbiata con lui, ma il suo sguardo sorpreso continua a scrutare il mio viso con attenzione.

<<Mi dispiace, non avrei voluto farti piangere.>> mi asciuga una lacrima e realizzo solo in quel momento quanto mi faccia male vederlo ridotto in quel modo, <<dovevo rischiare di spezzarmi l'osso del collo per ricevere un abbraccio da te?>> scherza, e io lo guardo male, sciogliendo l'abbraccio.

<<Oh avanti, Angel, non rovinare il nostro primo abbraccio!>> sogghigna, posandomi una mano sulla spalla e attirandomi a sé.

È vero.
Questo è il nostro primo abbraccio.
Finora mi ero limitata a stringergli la mano, prima della sua partenza per l'Asia, ora invece ho annullato ogni distanza fisica tra noi ed è stato così bello e naturale.

Cammino al suo fianco mentre attraversiamo l'aeroporto, e affondo il viso nella sua spalla. Sento il suo calore, il suo essere vivo, e mi viene nuovamente da piangere.

<<Sei qui, e sei vivo. Ho avuto così tanta paura, non hai idea...>> mormoro e lui mi stringe più forte.

<<Allora anche la regina dei ghiacci prova delle emozioni...>> sogghigna, prendendomi in giro, per poi posarmi un bacio sull'orecchio, <<e da oggi, la nostra amicizia ha sbloccato un nuovo livello. Non mi aspettavo di vederti qui e non mi aspettavo di vederti così. Ma ho sempre saputo che sei una creatura tutta da scoprire, Angel. E me ne stai dando la conferma ogni giorno che passa. Ora siamo davvero inseparabili.>>

Non so cosa dire, per cui, mi limito a sorridere, e ad appoggiare la testa sulla sua spalla.

<<Sai, mentre ero in volo, ho pensato ad una cosa...cioè, ho pensato a te.>> lo sento dire, ad un tratto, le guance spruzzate di un lieve rossore.

<<A me?>> gli chiedo, sorpresa.

<<Sì, ecco...pensare a te era l'unica cosa in grado di farmi stare meglio e di non pensare al mondiale andato. Ho pensato che...tu sei una persona che ama la solitudine, quindi non sei disposta a passare il tuo tempo con chiunque per paura di stare sola. Quindi...se scegli di passare il tuo tempo con me significa che...che non sono poi così male. Che sono un po' speciale.>> gli circondo la vita con un braccio, e lo stringo a me, inspiegabilmente emozionata.

<<Tu sei molto speciale, Marc. Non hai neanche idea di quanto.>>

                                 ~•~

Mi scosto di dosso le coperte, e vado a sedermi accanto alla finestra.
Non riesco a prendere sonno, l'agitazione e il dolore che continuano a tormentarmi.
Ero convinta di essere riuscita a trovare un equilibrio.
Di essere riuscita a mettermi il passato alle spalle e di essere pronta per ricominciare.
Tutto questo però, era andato in frantumi quando la figura di Marc era apparsa davanti ai miei occhi.

Avevo realizzato in un istante che non  ero riuscita a superare un bel niente, che ero ancora bloccata su di lui, che ero ancora innamorata di lui.
Avevo cercato in tutti i modi di nascondere quello che provavo per lui anche a me stessa, di trincerarmi dietro il mio orgoglio e la mia rabbia, e di uccidere quella sensazione che mi faceva tremare il cuore alla sua vista e alla sua vicinanza, le farfalle nello stomaco che mi impedivano quasi di respirare dall'intensità di ciò che stava provando.

Ero crollata per un istante quando le sue labbra si erano posate sulle mie.
Mi era venuta la pelle d'oca, non ero riuscita a controllare il mio corpo dal tremare appena, contro di lui.
I miei occhi si erano chiusi e avevo finito per delirare.
Alla mia mente si era affacciato il pensiero che potevo lasciar cadere tutti i miei muri, lasciar andare la rabbia, ignorare l'orgoglio e dimenticare ogni cosa, ricominciare con lui, se potevo sentirmi in quel modo, così viva, così in fiamme, se potevo averlo sempre, sempre, sempre.
Se potevo avere quelle labbra morbide e deliziose contro le mie sempre, se potevo avere il suo corpo contro il mio sempre, se potevo tornare a passare le notti stretta a lui.
Mi ero aggrappata al suo collo a quel pensiero, ma quando la sua lingua aveva accarezzato la mia, l'immagine di lui con le labbra incollate a quelle di lei, era apparsa davanti ai miei occhi, riportandomi alla realtà.

Non potevo farlo.
Non potevo permetterlo.

Non potevo perdonarlo, non potevo fargli credere che potesse fare quello che voleva perché tanto io sarei stata sempre lì, pronta a perdonarlo.
Non potevo lasciare che mi si mancasse di rispetto.
Lui lo aveva fatto, e chi lo fa una volta, lo farà sicuramente anche una seconda e una terza.

Ero stata brutalmente onesta con lui.
Non mi fidavo più di lui, facevo fatica a fidarmi anche prima di vederlo con lei, perché ero diffidente per natura, ma ora per me era impensabile stare con lui senza temere che mi tradisse ogni volta che non eravamo insieme. L'idea che in fondo poteva anche rimorchiare altre ragazze semplicemente tramite i social mi faceva impazzire.

Non potevo stare con qualcuno se non mi fidavo, se non credevo neppure ad una sua parola.
La fiducia è tutto, ed io inizio a credere che non riuscirò mai a fidarmi di qualcuno completamente.

Eppure, perché mi sento come se mi avessero strappato qualcosa da dentro?
Perché il realizzare che il nostro rapporto è finito per sempre mi uccide?
So bene che non posso più vivere con lui.
Ma so anche che non posso vivere senza di lui.

Le parole di una delle mie canzoni preferite mi salgono alle labbra senza  quasi che io me ne accorga.

"I can't live with or without you..."

Mi porto le ginocchia al petto e poggio la testa contro il vetro freddo della finestra. Neppure il cielo trapunto di stelle riesce a far scendere la calma sul mio cuore.
Sento le lacrime iniziare a rigarmi il volto, e cerco a stento di trattenere un singhiozzo.
Ho così paura di quello che provo per lui.
Ho paura che non riuscirò mai ad annientare ciò che provo, che non riuscirò mai a dimenticarlo, che continuerò a sentire questo vuoto al centro del petto per sempre.

Gli ho detto che gli passerà, e ne sono certa, sono certa che volterà pagina il prima possibile, sono certa che tornerà ad essere il Marc che ho sempre conosciuto già da domani, e che fra qualche settimana, non sarà rimasta neppure una goccia di quell'amore che ha affermato di provare per me, dentro di lui.

Ma io inizio a temere che a me invece, lui non passerà mai.
E questo mi spaventa enormemente, perché io devo dimenticarlo, voglio dimenticarlo, non posso continuare a vivere con lui nella mia mente.

Mi sfugge un singhiozzo, che si perde nel silenzio della mia stanza.
Perché abbiamo distrutto tutto?
Non abbiamo più niente, dopo tutto quello che avevamo costruito in sei anni.
Sento la mancanza del nostro rapporto, della nostra amicizia, come un assetato sente la mancanza dell'acqua.

Oggi pomeriggio ero sembrata indistruttibile, inattaccabile, ora invece ero letteralmente a pezzi.
Ad un certo punto, Marc era quasi riuscito a convincermi.
In effetti, il suo ragionamento, che era lo stesso di mia madre e mia nonna, filava.
Mi aveva voluto accanto a sé in Asia, mi aveva chiesto di accompagnarlo al galà della FIM, mi aveva riempito di attenzioni e ricoperto di regali.
La casa piena di fiori, la maglietta di Dybala, i biglietti per il Sudafrica...

Ma niente poteva convincermi perché tutto spariva di fronte all'immagine di lui che baciava un'altra.
Quello contava più di mille parole, di mille regali e anche di mille dimostrazioni.
Ogni cosa spariva di fronte a quell'immagine.

E lui aveva persino osato dirmi che presto mi sarei pentita della mia presa di posizione e che avrei dovuto trovare il coraggio per chiedergli scusa, io, chiedere scusa a lui!
La rabbia che ho provato oggi pomeriggio al sentire quelle parole torna a riempirmi il cuore.
Come si fa ad essere così pieni di sé, così arroganti, così presuntuosi?
Come avrei potuto chiedergli scusa, dopo quello che lui aveva fatto, dopo che era stato lui a distruggere tutto quanto?

Aveva distrutto ogni cosa, la nostra amicizia che sembrava potesse durare per sempre.
I ricordi si affacciano alla mia mente, iniziano a tormentarla.
Era davvero finita in quel modo, dopo tutto quello che avevamo vissuto insieme.
I momenti belli, quelli un po' meno belli, le discussioni, le risate, le paure, le confidenze.
Era tutto finito.

Tutto.

Ad un tratto, sento il battito del cuore iniziare ad aumentare drasticamente, la testa inizia a girarmi vertiginosamente, un peso opprimente al centro del petto e mi sembra quasi di non riuscire più a respirare.
Mi alzo di scatto e poggio una mano contro il muro, mentre sento la disperazione invadermi, e più lei aumenta, più a me sembra di essere sul punto di soffocare.
Scivolo giù contro la parete, mentre mi porto una mano al petto, e cerco di riprendere il controllo, iniziando ad inspirare ed espirare molto lentamente. Chiudo gli occhi, e dopo minuti che mi sono parsi interminabili, la disperazione mi abbandona, e torno a respirare regolarmente.

Mi alzo e il realizzare di riuscire a respirare senza problemi mi fa sentire più leggera.
Raggiungo il bagno e mi sciacquo il viso con dell'acqua fredda, per poi osservare il mio riflesso mentre mi porto una mano alla fronte.
Non avevo un attacco di panico da anni, da quando ero arrivata a Cervera.
Quella sensazione di essere sul punto di morire mi terrorizzava ogni volta.
Ero convinta di esserne uscita, invece non è così.
Quanto vorrei sparire, dissolvermi in una nuvola di fumo.
Si prospetta una fine dell'anno pazzesca.

                                ~•~

[Marc]

Ero stato uno stupido.
Un cretino.
Un idiota.
Ma soprattutto, mi ero illuso.
Mi ero illuso che lei potesse davvero credermi, che tutte le dimostrazioni che le avevo dato potessero bastare per convincerla che non l'avrei mai tradita, che non l'avrei mai ferita, che non l'avrei mai colpita alle spalle.

Invece, quel maledetto istante, aveva rovinato ogni cosa.
Ci è voluto una frazione di secondo per distruggere un rapporto di sei anni.
Probabilmente dovrei arrendermi, accettare l'evidenza, accettare il fatto che non posso fare più niente per sistemare le cose, che è tutto finito, ma non ci riesco.
Non fa parte di me arrendermi.
Ancor di più in una situazione come questa, dove è stata una bugia a distruggere ogni cosa.
Non riesco a farmi andare giù la cosa, mi è impossibile, come posso accettare una cosa del genere?

Se l'avessi tradita davvero, non avrei nessuna ragione di ribattere. Non riuscirei neppure a guardarla in faccia, avrebbe tutte le ragioni e accetterei tutto, perché avrebbe ragione. Sarebbe il minimo, io in primis mi farei schifo.
Ma così no.
Non me lo merito.
Non merito di essere trattato in questo modo, non merito di essere guardato con sufficienza, con freddezza e durezza, non merito che i miei sentimenti vengano ridotti ad uno stupido capriccio che passerà presto.
Quando Angel mi ha detto che il mio amore sarebbe passato, perché destinato a finire come ogni cosa, avevo sentito il cuore spezzarsi a metà.
Il modo in cui mi aveva guardato, quasi con indifferenza, mi aveva portato a pensare che era davvero tutto finito, per lei.
Che non c'era più amore dentro di lei, per me.
Che i sentimenti che provava per me, erano svaniti nell'aria come in una nuvola di fumo.
La disperazione mi aveva morso alla bocca dello stomaco quando questo pensiero si era affacciato alla mia mente.

La mia vita fa schifo senza di lei.
Lei invece, sembra vivere benissimo anche senza di me.
Io non riesco ad immaginare la mia vita senza di lei.
Non riesco più ad immaginare le mie giornate senza vederla, senza parlarle, senza i nostri battibecchi, senza i suoi commenti ironici e pieni di sarcasmo.

E dopo aver scoperto quanto era bello stare con lei, ora non riesco più ad immaginare la mia vita senza i suoi baci dolci e lenti, senza il suo modo di stringermi la mano, di tenermi stretto a lei, di fare progetti con lei, non riesco più a concepire il non averla accanto a me nel letto la notte, il dormire senza di lei, mi fa impazzire l'idea che non farò mai più l'amore con lei, che non mi perderò mai più né nel suo sguardo, né dentro di lei, che non avrò mai più la sua pelle contro la mia, che non ci scambieremmo mai più quelle parole appena sussurrate mentre siamo una cosa sola.

Il realizzare tutto questo mi fa letteralmente impazzire.
Io non voglio vivere senza di lei.
Io non voglio vivere senza tutto questo, dopo aver scoperto quanto è bello averla.

Come può invece lei non sentire neppure un po' la mia mancanza?
Davvero non le manca niente di me?
Non le manca stare con me, tutti i momenti che abbiamo condiviso?
Sento le lacrime pungermi agli angoli degli occhi, mentre il cartello che mi indica che mancano pochi chilometri a Cervera, scorre all'angolo della strada.

È inutile continuare a pensare al passato.
Le nostre strade si sono separate, io non faccio più parte della sua vita e lei non fa più parte della mia, per quanto io ne possa soffrire, così stanno le cose.
Così vuole lei, e io non posso fare altro che accettare.

Arrivo a casa a notte inoltrata.
Avrei potuto partire domattina, ma di restare in quel posto senza Angel non mi andava per niente.
Era casa sua, e volevo andarmene il prima possibile.
Il suono della risata sarcastica di Angel riecheggia in un angolo della mia testa.
È scoppiata a ridermi in faccia quando le ho detto che un giorno si sarebbe pentita di quella sua decisione e che avrebbe dovuto trovare il coraggio di chiedermi scusa.
Il modo in cui mi ha guardato poi, piena di fierezza e superiorità, con quel sorrisino ironico stampato sulle labbra, ha aperto una piaga sul mio cuore.
E il fatto che lei sembrava non saperlo, né rendersene conto, mi feriva enormemente.
Per lei io stavo solamente giocando, fingendo di essere ferito per poterla prendere in giro.

So che avrei dovuto capire tutti i motivi di quei muri che aveva alzato in sua difesa, tutti i motivi di quel suo aver paura, di quella sua diffidenza, ma non potevo non soffrire come un cane per il fatto che non mi credesse, che non si fidasse di me, dopo tutto quello che avevamo vissuto insieme.

Parcheggio l'auto sotto casa e apro il portone principale cercando di fare il minor rumore possibile.
Quando raggiungo la camera che divido con Alex, apro la porta molto lentamente, ma non appena sono sul punto di richiuderla dietro le mie spalle, la luce della lampada si accende e Alex si tira su dal letto.

<<Sei già tornato?>> mi chiede, strofinandosi un occhio con una mano.

<<E tu non dormi?>>

<<No, non dormivo, e non si risponde ad una domanda con un'altra domanda.>>

<<Perché, dove avrei dovuto essere?>> replico, non riuscendo a trattenere un sospiro, mentre mi sfilo il maglione.

Alex si gira su un fianco, e sento il suo sguardo su di me.

<<Sempre ferma sulle sue decisioni?>> arriva dritto al punto, e bastano quelle parole a farmi esondare come un fiume in piena.

<<Non vuole più saperne di me, per lei io non esisto più. Anzi, secondo lei è andata meglio così, perché tanto fra un mese o due io avrei incominciato ad annoiarmi della nostra storia, quindi mi ha tolto anche questo peso. Sono più che convinto che non mi voglia davvero più, che mi abbia fatto fuori dal suo cuore e dalla sua mente. Le ho detto che la amo, e lei mi ha risposto che presto mi passerà. Spero solo che abbia ragione, voglio che mi passi, perché di continuare a soffrire a causa sua non ne ho voglia.>>

Alex viene verso di me e mi posa le mani sulle spalle, per poi scuoterle, mentre cerca il mio sguardo.

<<Le hai raccontato bene quello che è successo?>>

<<Ma sì, eccome se l'ho fatto, ma non mi crede Alex, non mi crede. Per favore, non voglio parlarne con te...cioè, vorrei, ma non voglio far soffrire anche te. So che non l'hai ancora superata.>>

<<Io posso cavarmela benissimo, ormai ci sono abituato.>> sogghigna appena, per poi scuotere la testa, <<ma ora conti tu. Sei tu ad avere più bisogno, ora. Ci siamo fatti la guerra abbastanza, e io ho capito che voglio vederti felice. Conti più di qualunque cosa per me, fratello. Abbiamo fatto entrambi degli sbagli, l'importante è averlo capito e andare avanti. Ora, dimmi tutto.>> lo abbraccio, stringendolo forte, poi ci sediamo sul mio letto.

<<Ho cercato di farle capire che non aveva senso esporsi così tanto con lei se in realtà stavo ancora con Linda, che se davvero avessi voluto baciarmi lei o un'altra non lo avrei sicuramente fatto davanti a tutti, davanti alle telecamere, ma lei non mi ha creduto. Mi ha visto baciarla e questa è l'unica cosa che conta, le altre sono tutte scuse.
Avresti dovuto vederla come mi guardava, tra l'indifferente, il furioso e l'ironico. E con gli occhi fiammeggianti di orgoglio.
Ho creduto per un istante di essere riuscito a convincerla, quando l'ho vista pensierosa, e l'ho baciata e lei non mi ha respinto, anzi, mi ha ricambiato.
Poi però mi ha allontanato e ha detto che non ce la fa, che non mi crede, che non sono quello che lei vuole, che sono troppo sotto i riflettori, troppo conosciuto, che vuole una persona ->> mi interrompo, e solo in quel  momento mi rendo conto di quanto quelle sue parole mi abbiano ferito, <<che vuole una persona straordinaria, ma con una vita normale, non una persona normale con una vita straordinaria.>> sento gli occhi farsi lucidi per l'ennesima volta e mi sento un idiota.

<<È proprio vero che quando vuole sa essere più stronza di me e te messi insieme. Ma lo sapevamo benissimo, no?>> mi volto a guardarlo, sorpreso, e lui sbuffa, per poi riprendere a parlare, <<forse questa è l'unica cosa che pensa veramente, il fatto che sei conosciuto, e lei così riservata che non ha per niente voglia di apparire...ma per il resto Marc, non dirmi che le hai creduto.>>

<<Scusa? È un dato di fatto che non mi crede.>>

<<Okay, hai ragione, quindi sono due le cose che pensa veramente, ma Marc ti prego, non dirmi che la conosco più io di te. Hai detto che ti ha ricambiato quando l'hai baciata, no?>>

Mi limito ad annuire.

<<Se ti ha ricambiato è perché ti vuole ancora. È perché ti ama ancora. Se non provasse davvero più niente per te, neppure un briciolo di affetto, non potrebbe neppure pensare di baciarti. Se ci è riuscita con me è perché ero io, una persona per cui provava comunque un affetto molto forte. Penso che con te, ora, lei abbia capito cosa voglia dire stare con qualcuno che si ama veramente. Se davvero gli eri totalmente indifferente e ti odiava semplicemente, non ti avrebbe mai ricambiato. Era l'orgoglio a parlare, Marc, la paura, il dolore, la rabbia. Ma ti ama, eccome se ti ama.>> vedo un lampo passare nei suoi occhi e gli poso un braccio intorno alle spalle.

<<Ma lei vuole così, Alex. Io non posso  fare più niente, se lei non mi vuole più. Se mi ama ancora, ma non mi crede e non si fida di me, è inutile, non può stare con me. Evidentemente doveva andare così, forse non eravamo destinati a stare insieme. Forse davvero mi passerà prima di quanto io creda. O forse arriverà il momento in cui scoprirà la verità e si renderà conto dello sbaglio che ha fatto. Ma io non posso più fare nulla.>>

<<Quindi ->>

<<No, non mi arrendo, Alex. Mi devo arrendere per forza. Ci ho provato, con tutto me stesso, ma non mi crede, non posso costringerla a credermi, né tantomeno a stare con me. Ora io...io devo solo...solo capire come...come affrontare questo dolore, come conviverci. Tra una settimana e mezza sarà anche il suo compleanno e per la prima volta dopo sei anni non lo trascorreremo insieme.>>

"E avremmo dovuto partire per il Sudafrica." non posso fare a meno di pensare.

Invece, è tutto andato in frantumi.

Ed io non riesco ad accettarlo.

[Spazio Autrice]

Finalmente, ecco il primo capitolo di A fior di labbra!
Ci ho messo un po', e vi chiedo scusa, ma ho fatto fatica a scrivere la descrizione iniziale della storia non avevo la minima idea di come riassumere in poche righe questa storia, ma ora che sono pronta a pubblicare, non sono per niente convinta dell'incipit 😭
Detto questo, mi rendo conto che questo primo capitolo è abbastanza noioso, ma preparatevi, il prossimo sarà scoppiettante 🤭
Vi voglio bene e vi ringrazio

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