Collide
[Vedrai, neppure te ne accorgerai
Starai ferma lì, e succederà
Ti innamorerai a Marzo
e sboccerai come un fiore a primavera]
[Angel]
Un pallido sole filtra dalle serrande socchiuse della finestra e osservo il modo in cui i raggi accarezzano quasi con timidezza il soffitto.
Il silenzio è spezzato, di tanto in tanto, solo dal canto in lontananza di qualche gallo.
Amo quell'illusione del tempo che pare quasi congelarsi che appartiene all'alba e alla notte.
Sono gli unici momenti in cui mi pare che ogni cosa possa durare per sempre, sono gli unici momenti in cui credo che la pace possa esistere, che non serva molto per farla scendere sul proprio cuore.
Il respiro leggero di Joan al mio fianco fa accrescere ancora di più quella sensazione di pace dentro di me.
Ho dormito pochissimo questa notte, persa in mille pensieri, e più mi addentravo in essi, più mi ci ritrovavo avviluppata, come una mosca nella tela del ragno.
Averlo così vicino mi riempiva il cuore a tal punto da sentirlo scoppiare.
Non riuscivo a credere che stavamo condividendo lo stesso letto, eppure, mi sembrava così naturale, così giusto.
Avevo passato la maggior parte del tempo ad osservarlo, i capelli arruffati, il viso disteso e che lo faceva sembrare anche più piccolo della sua età, ogni suo gesto o movimento mi facevano inspiegabilmente sorridere.
E mentre lo guardavo, non avevo potuto fare a meno di pensare che avevo guardato dormire solo un altro prima di lui.
Dio, mi sentivo così strana.
Quando aveva chiuso gli occhi ed era scivolato nel mondo dei sogni, non ero sgattaiolata via, per rintanarmi nel mio angolino ai bordi del letto.
Ero rimasta lì, vicino a lui, ed era stato bellissimo.
Mi passo una mano sulla fronte, scostando la frangetta, mentre un sospiro lascia le mie labbra.
Mi allungo verso il comodino per recuperare il cellulare, e lancio uno sguardo a Joan perché non voglio che si svegli.
Manca un quarto d'ora alle otto e io non ho più voglia di ascoltare questo silenzio.
Afferro il telecomando e accendo il televisore, mantenendo il volume dell'audio molto basso per evitare che Joan si svegli.
Inizio a fare zapping, alla ricerca di qualcosa di interessante, ma a quest'ora, in televisione, c'è ben poco.
Poi, all'improvviso, tra un canale e l'altro, appare ai miei occhi un immagine che mi attira all'istante.
Alzo di poco il volume, e lancio diversi sguardi a Joan, ma sembra perso in un sonno profondo, per cui, non dovrei disturbarlo.
La sigla di Lady Oscar si diffonde per la stanza, ed io non posso fare a meno di sorridere.
Ho sempre amato Lady Oscar, ci sono praticamente cresciuta.
<<Lady Oscar, Lady Oscar
Nell'azzurro dei tuoi occhi c'è l'arcobaleno.
Lady Oscar, Lady Oscar
Chi lo sa se un giorno poi tu l'attraverserai,
Dovrai riuscire sai, a non cambiare, non cambiare mai.>>
Canticchio, agitando le mani, e mi sembra di essere tornata bambina, perché in fondo, io sono ancora una bambina e non ho nessuna intenzione di crescere.
Mi tiro su a sedere, afferrando le coperte e sistemandoli meglio intorno al corpo.
È il primo di marzo, ma siamo ancora in pieno inverno, ergo, tremo ancora come una foglia al vento.
Alzo un altro po' il volume e noto che si tratta del terzo episodio, per fortuna ho scoperto che lo trasmettono ora che è agli inizi.
Mentre continuo a tenere lo sguardo fisso sul televisore, sento Joan muoversi al mio fianco, e dopo qualche secondo un suo braccio mi circonda i fianchi.
Spalanco gli occhi e mi volto a guardarlo.
Sembra ancora addormentato, mentre mi stringe a sé e non posso negare, almeno a me stessa, il brivido che mi attraversa la schiena nel sentirlo così vicino, in un modo così intimo.
Scuoto la testa e cerco di concentrarmi sull'episodio di Lady Oscar, ma ora mi risulta praticamente impossibile.
Non riesco a smettere di pensare al fatto che Joan sta dormendo con un braccio intorno ai miei fianchi.
<<Scricciolo.>>
Lo sento chiamarmi, la voce bassa e roca, e mi volto a guardarlo.
<<Joan, accidenti, ti ho svegliato?>> gli chiedo, abbassando il volume della televisione. Lo vedo aprire un occhio, poi un altro, infine sorride, mentre affonda il viso nel cuscino.
<<Allora è vero, abbiamo dormito insieme, non è stato un sogno.>>
Sento la dolcezza traboccare dal mio cuore e non riesco a resistere dal chinarmi su di lui per posargli un bacio tra i capelli.
Quando sto per allontanarmi però, sento Joan scostare il braccio dai miei fianchi per andare ad allacciarlo intorno al mio collo e tenermi vicina a lui.
<<Buongiorno, mi luz.>> mormora, posandomi un bacio sulla fronte.
<<Buongiorno, biondino.>> mi tiro su, mentre lui allunga le braccia sopra la testa, stiracchiandosi.
<<Cosa stai guardando?>> mi chiede, sistemando il cuscino dietro la schiena per potercisi appoggiare contro.
<<Lady Oscar.>> dico, voltandomi a guardarlo con un largo sorriso sulle labbra.
<<Ammetto di non averlo mai visto.>>
<<Ed ecco trovato il tuo secondo difetto.>> replico, guardandolo male.
<<La lista si sta allungando, devo iniziare a preoccuparmi.>> sogghigna lui, portandomi un braccio intorno alle spalle e attirandomi vicino a lui, mentre io continuo a tenere lo sguardo fisso sul televisore, <<e vedo che ti piace molto, vediamo un po' di che si tratta.>> scuoto la testa, sorridendo sommessamente.
Quando finisce l'episodio e spengo il televisore, mi volto a guardarlo per sapere cosa ne pensa.
<<Allora?>> lui si gratta la nuca, le sopracciglia aggrottate.
<<Ecco, non ci ho capito molto, se non che parla anche di persone esistite realmente. Ma quell'Oscar è un ragazzo o una ragazza?>>
<<È una donna, ma è stata cresciuta dal padre come se fosse un uomo. Non la trovi meravigliosa? Io stravedo per lei, è di una bellezza che toglie il fiato e ha una personalità così magnetica...>>
<<Sì, ti piace proprio tanto.>> continua lui, scostandomi una ciocca di capelli dal viso.
Arrossisco, abbassando lo sguardo.
<<Molto, sì. Ero piccola quando l'ho visto per la prima volta, piaceva moltissimo a mia madre quando era una ragazzina, ho letto anche il libro che aveva comprato, sempre all'epoca. Quindi, per me è un concentrato di bei ricordi.>>
Joan mi osserva per diversi istanti senza dire nulla, poi, mi circonda la vita con le braccia e mi attira su di lui.
Sento come una specie di allarme iniziare a suonare da una parte della mia mente nel momento esatto il cui il mio corpo aderisce contro il suo.
È mezzo nudo sotto di me, e le mie mani finiscono sulla pelle calda del suo torace.
Non siamo mai stati così vicini, non l'ho mai toccato in questo modo prima.
Joan torna a stendersi sul letto senza smettere di guardarmi, mentre un tenero sorriso gli schiude le labbra.
Sento il suo cuore battere come un tamburo nel suo petto, e mi rendo conto che anche il mio batte esattamente come il suo.
<<Hai dormito bene, stanotte?>>
<<Molto, tu?>>
<<Divinamente.>> mormora, scostandomi una ciocca di capelli dal viso, <<il nostro rapporto, ora, ha raggiunto un nuovo livello.>> continua, scrutando intensamente il mio viso.
<<Ah sì?>>
<<Beh, certo. Abbiamo dormito insieme, scricciolo, e non è una cosa banale. Il dormire con qualcuno è un segno di profonda intimità, quindi...>> mi accarezza la guancia con il pollice, e sento un brivido scorrermi lungo la schiena.
<<Hai fame?>> gli domando, allontanandomi da lui e scendendo dal letto.
Sento il suo sguardo su di me e giurerei di aver visto un sorrisetto compiaciuto sulle sue labbra.
<<Abbastanza, tu?>>
<<Un po'. Ci prepariamo e scendiamo giù? Ovviamente, in bagno andrò prima io.>> lo sento ridere, mentre mi chiudo la porta alle spalle.
Poggio la testa contro il legno della porta, mentre chiudo gli occhi e prendo un respiro profondo.
Dove stiamo andando, io e Joan?
Dove ci sta portando tutto questo?
È come se ogni cosa stesse seguendo un corso che non riesco a fermare, e soprattutto, che non voglio fermare.
Come se ogni cosa stesse seguendo un corso naturale.
Vorrei smettere di essere quella che sono, quella che si fa mille problemi per ogni cosa, che pensa centinaia e centinaia di volte prima di fare qualsiasi cosa.
Vorrei semplicemente vivere, e basta.
Osservo il mio riflesso allo specchio, i miei capelli arruffati e la frangetta spettinata e mi chiedo con quale coraggio io mi faccia vedere dagli altri.
Mi sciacquo il viso, poi mi sistemo i capelli.
Quando esco, Joan mi passa accanto e mi posa un bacio sulla testa, sussurrandomi un "sei bellissima".
Sono più che convinta che abbiano tutti bisogno di un buon oculista.
Tiro fuori dal borsone i vestiti che avevo portato come cambio nel caso avessi dormito fuori casa, e li indosso alla svelta, con un occhio fisso alla porta del bagno.
<<Ehm...Angel?>> mi tiro giù il maglioncino blu notte che avevo portato e mi sistemo la frangetta.
<<Sì?>> mi volto e noto Joan con mezzo busto fuori dalla porta del bagno, le guance spruzzate di un lieve rossore.
<<Ho dimenticato di prendermi i vestiti...puoi passarmi la valigia? O forse, ecco, dato che sono senza niente indosso, potresti passarmeli direttamente tu?>> si gratta la nuca, mentre io lo fisso con gli occhi sgranati, e sento di star arrossendo.
<<Certo, ecco...quindi, mi dai il permesso di frugare nella tua valigia?>> sogghigno, cercando di stemperare l'imbarazzo che aleggia nella stanza.
<<Vai tranquilla.>> replica lui, sorridendo.
Apro la sua valigia e noto subito con quanto ordine ha sistemato ogni più piccola cosa al suo interno.
<<Maniaco dell'ordine?>>
<<Lo ammetto.>>
<<Bene, avrai notato che io invece sono l'esatto contrario.>>
<<E questo è solo uno dei tanti motivi per cui mi piaci da impazzire.>>
<<Cosa?>>
Mi volto di scatto a guardarlo, mentre stringo tra le mani da una parte una maglietta e dall'altra un paio di calzini.
<<Quella maglietta è un po' troppo leggera, forse è meglio il maglione che c'è accanto. Ma i calzini sono perfetti, grazie, mia Belle.>> allunga una mano verso di me, e io mi scuoto, porgendogli i calzini e recuperando il maglione marrone scuro che mi ha appena indicato.
<<Dovresti passarmi anche i boxer e i pantaloni, se non ti dispiace.>> continua, rivolgendomi un sorrisetto innocente.
<<Vedo che ti sei dimenticato proprio tutto stamattina, persino le mutande.>> lo schernisco, recuperando un paio di boxer.
<<Svegliarmi accanto a te mi ha mandato in tilt il cervello, vedi che effetto mi fai, scricciolo?>> cinguetta, per poi sporgersi per posarmi un bacio sulla guancia.
Quando si richiude la porta alle spalle, resto lì, a riflettere sul perché quelle parole mi abbiano sorpreso così tanto.
Mi ha già detto spesso che gli piaccio, e me lo aveva anche fatto capire in tutti i modi possibili.
Mi porto una mano alla fronte.
Diavolo, perché mi sento così strana ultimamente quando si tratta di lui?
Mi infilo le scarpe e in quel momento, Joan esce dal bagno.
<<Eccomi pronto! Scusa se ti ho fatto aspettare.>>
Gli lancio uno sguardo.
È proprio un figurino.
I pantaloni scuri e stretti gli fasciano le gambe lunghe, il colore del maglione fa risaltare quello dei suoi occhi e dei suoi capelli.
Mi rendo conto solo nel momento in cui incrocio le sue iridi scure, che lo sto guardando da troppo tempo, e allontano lo sguardo, ma non abbastanza in fretta da non notare il sorriso che va a colorarsi sulle sue labbra.
<<Cos'hai da sorridere?>> gli chiedo, lanciandogli un'occhiataccia, mentre usciamo dalla stanza.
Lo sento sogghignare.
<<Stavo pensando ad una cosa.>>
<<Meglio che smetti di pensare, allora.>>
<<Non hai idea di cosa avrei voglia di fare ora, se smettessi di pensare.>> lo sento sussurrare, alle mie spalle, e sento un brivido scorrermi lungo la schiena.
Joan sta iniziando a scatenare delle reazioni in me che vanno oltre alla dolcezza e all'affetto, me ne rendo conto ogni istante di più.
Continuo a scendere le scale davanti a lui senza guardarlo, e lascio cadere il discorso, anche perché non avrei idea di cosa dire.
Ed io odio non avere l'ultima parola.
Dopo aver fatto colazione usciamo, e raggiungiamo il centro di Saludecio, un borgo medievale disteso sulle colline, da cui si gode una splendida vista della Riviera.
Una grande chiesa domina la piazza del paese, le mura sono circondate da viali alberati e giardini e al suo interno, eleganti palazzi e casupole di borgo.
<<Adoro questi borghi, è così bello scoprirne uno nuovo ogni volta!>> esclamo, sollevando il capo verso il cielo, stringendomi nel cappotto.
Chiudo gli occhi e ricordo la prima volta che ho espresso il desiderio di scoprire i tanti, bellissimi borghi della Romagna, lo scorso anno.
Solo che, nei miei sogni, c'era qualcun altro ad accompagnarmi in quella scoperta.
Qualcuno a cui sicuramente non sarebbe interessato.
Riapro gli occhi e il pensiero di Marc mi toglie tutto il buonumore che la presenza di Joan mi aveva donato.
Dio, lo detesto.
<<È così bello vederti sorridere, scricciolo, vedere i tuoi occhi brillare, mi riempie di gioia.>>
Joan porta un braccio intorno alla mia vita e mi attira dolcemente contro di lui, per poi posare la testa sul mio capo.
Mi accoccolo al suo petto e sento nuovamente la pace scendere sul mio cuore.
Joan è la persona più dolce e premurosa del mondo, e mi sento così fortunata ad averlo qui, accanto a me.
Mi volto verso di lui, e gli poso le mani sul petto, alzando il viso verso di lui.
<<Ed io sono così felice di essere qui con te, non immagini quanto.>>
Lui sorride, scrutando il mio viso, e mi accarezza la guancia con le nocche di una mano.
<<Quanta strada abbiamo fatto da quel 4 maggio dello scorso anno, eh?>>
<<Ti ricordi addirittura la data?>> sogghigno, strofinando le mani contro il suo cappotto.
<<Vuoi che non ricordi il giorno in cui sei entrata nella mia vita? E la cosa più comica è che devo ringraziare il mio compagno di squadra, per averti portata da me.>> sorride, chinando ancor più il viso verso il mio.
Il suo respiro mi accarezza le labbra e istintivamente, gli circondo il collo con le braccia.
<<Penso che se lo ringraziassi davvero mi stamperebbe un pugno in faccia.>> ride, e io non posso fare a meno di scuotere la testa mentre la mia mente corre ad Alex e a quanto le cose siano cambiate nel giro di pochissimo tempo.
<<E non avrebbe neanche torto.>>
Joan continua a ridere, per poi sfiorare la punta del mio naso con la sua. Lo fisso negli occhi e noto quanto le sue pupille siano dilatate, e sento qualcosa pungermi alla bocca dello stomaco. Il mio corpo gli risponde e la cosa mi manda tremendamente in confusione.
Gli poso una mano sulla guancia, e socchiude le palpebre, come se non aspettasse altro che quel tocco, da parte mia.
<<Angel, senti...>>
<<Ehi, voi due!>> ci voltiamo di scatto e vediamo una macchina scura accostarsi vicino a noi, <<la volete smettere di amoreggiare davanti al sottoscritto? Non vi rendete conto che mi spezzate il cuore ogni volta?>> piagnucola Migno, mentre io mi limito a sollevare gli occhi al cielo e Joan scoppia a ridere.
<<Noi non stavamo amoreggiando!>> ribatto, e lui mi lancia un'occhiata poco convinta.
<<E io non sono qui a morire di freddo, ma su un panfilo alle Maldive.>>
<<Non sarebbe male come cosa.>> concorda Joan, posandomi una mano su un fianco e avvicinandomi a lui.
Non riesce più ad evitare il contatto fisico con me, non riesce più a starmi lontano, me ne sono accorta, inevitabilmente.
Alzo il viso verso di lui e noto che mi stava già guardando.
Ed è una sensazione così bella, così dolce.
<<Comunque, Angel, se volevi fare la turista e scoprire il borgo, potevi anche dirlo, penso di essere più adatto di uno spagnolo, per farti da guida, il sottoscritto è un saludecese doc!>>
<<Come siamo permalosi...che hai mangiato stamattina, a colazione?>> lo punzecchia Joan, per poi scoppiare a ridere.
<<Lo stesso che hai mangiato tu, Miraculous. Non resto qui a parlare con te perché devo andare a Misano e sono già in ritardo. Ci vediamo più tardi.>> dopo averci salutato con una linguaccia, sparisce dalla nostra vista.
Sento il cellulare vibrare nella tasca del cappotto e lo tiro fuori.
È un messaggio di Domizia
<<Domi ci chiede se vogliamo andare con loro a fare un giro.>> informo Joan, voltandomi a guardarlo.
<<Se a te va per me è okay.>>
<<Allora affare fatto.>> mentre digito la risposta a Domizia, sento Joan giocherellare con le dita della mia mano, per poi farle intrecciare con le sue.
Non riesco a trattenere un sorriso, e dopo aver riposto il telefono nella tasca del cappotto, alzo il viso verso di lui.
<<Ci stai facendo l'abitudine?>> gli domando, mentre lui inizia ad incamminarsi verso il bed and breakfast dove abbiamo passato la notte.
<<Può darsi.>> replica, accarezzando il dorso della mia mano con il pollice. Osservo le nostre mani e mi sento così bene, così leggera, dopo mesi in cui non mi ci sentivo più.
Mi sporgo verso di lui e mi sollevo sulla punta dei piedi per schioccargli un bacio sulla guancia.
<<Grazie.>> gli sussurro, e lui lascia la mia mano solo per far scorrere la sua lungo la mia schiena e arrivare alle spalle, per attirarmi a sé.
<<Grazie a te, mi luz, sei un incanto.>> sussurra, per poi posarmi un bacio leggero sulla tempia.
~•~
Il ritorno verso casa sembra estremamente più corto rispetto all'andata.
Io e Joan ci siamo scambiati poche parole, ma tanti sguardi come al solito, e soprattutto, tante piccole carezze.
Quando noto che non mancano molti chilometri a casa mia, gli accarezzo il braccio e mi volto a guardarlo.
<<Devi partire subito?>>
<<Ho l'aereo alle otto e trenta.>> sospira, continuando a tenere lo sguardo fisso sulla strada.
<<Mi dispiace, arriverai tardissimo a casa tua, per colpa mia.>>
<<Scherzi? Non pensarlo neppure, scricciolo, farei qualsiasi cosa per te, anche prendere dieci aerei per vederti cinque minuti, se fossero necessari.>>
Sento il cuore stringersi in una morsa, e lascio una carezza sulla sua guancia.
<<È che...stavo pensando...>> accenno, incerta, mordendomi il labbro inferiore.
<<A cosa?>>
<<Nulla, lascia perdere.>> taglio corto, scuotendo la testa. Lo sento posarmi una mano sul braccio.
<<Ti prego Angel, a cosa stavi pensando?>>
<<Che...avresti potuto restare da me, stanotte, e...partire domattina appena possibile. Ovviamente, sempre che tu non abbia degli impegni per cui devi partire necessariamente questa sera.>>
Joan accosta la macchina in un piccolo spiazzo, e si volta a guardarmi. I suoi occhi lucidi mi osservano per qualche istante, mi par quasi di vederli tremare sotto le ciglia.
<<Dici davvero?>>
<<Certo. Avevo già in mente di dirti che...se tornerai a trovarmi, ovviamente se vorrai, potrai restare da me e...non andare più in hotel.>>
Joan continua a fissarmi senza dire una parola e non ho idea del perché.
I suoi occhi brillano, come due stelle, le sue labbra paiono quasi tremare, la sua presa intorno al volante si fa ancora più stretta e vorrei tanto poter sapere a cosa sta pensando.
<<Dio, Angel...>> sussurra, posandomi una mano sulla guancia, <<grazie.>> si china su di me e mi posa un bacio lento sulla fronte, che mi fa chiudere gli occhi.
Le luci tenui di questo tramonto sembrano perfette per questo momento così delicato, così dolce.
<<Andiamo.>> aggiunge, poi, e rimette in moto l'auto.
Il sole si è appena tuffato dietro le montagne, quando dal nulla sbuca un capriolo, in mezzo alla strada.
<<Joan!>> lo chiamo, d'istinto, ma lui era già intento a frenare.
Il capriolo resta lì, immobile, i grandi occhi neri fissi su di noi, i fari dell'auto che creano due enormi cerchi sull'asfalto.
<<Guardalo.>> riesco solo a dire, senza staccargli gli occhi di dosso.
È bellissimo, due piccole corna troneggiano sulla sua testa, il musetto grigio rivolto verso di noi, è la cosa più dolce che io abbia mai visto.
I fari dell'auto fanno scintillare il colore rossiccio del suo manto.
Un sorriso si disegna sulle mie labbra, mentre continuo a fissare i suoi occhi scuri.
<<È così bello...>>
<<Sembra essere ferito, guarda, vicino alla coda.>> noto il punto indicato da Joan e mi accorgo che in quella zona sembra perdere sangue.
In quel momento, il capriolo sussulta appena e si inoltra nelle profondità del bosco che stavamo attraversando.
<<Deve essere stato sfiorato dalla pallottola di un fucile. Non appena arriviamo a casa devo avvertire il nonno di informare il centro di Recupero del paese, per informarli che c'è un capriolo ferito. Dannati cacciatori, li odio!>> esclamo, a gran voce, mentre sento le lacrime pungermi agli angoli degli occhi, <<e se non riuscissero a trovarlo? Se morisse dissanguato? Non posso pensarci ->>
<<Angel, non ti preoccupare, lo troveranno. Sono abituati a questo genere di intervento, penso, no? Stai tranquilla, non morirà.>> mi posa una mano sulla schiena, lasciandomi una carezza, mentre riprende la marcia.
<<Non sono loro i veri animali. Siamo noi ad esserlo.>> sussurro, mentre una lacrima mi scorre lungo la guancia.
Joan porta una mano sulla mia spalla e mi attira a sé, per poi posarmi un bacio tra i capelli.
Quando raggiungiamo casa mia, il buio è sceso completamente sulla valle. Non appena entro in casa avverto mio nonno di quello che è successo, e lui chiama subito il Centro di recupero per animali selvatici.
<<Oh...Joan resterà qui per la notte, è un problema?>> sento gli sguardi dei miei nonni su di me.
<<Non è affatto un problema, tesoro. Ormai, questa è come se fosse anche casa sua!>> replica mia nonna, e non posso fare a meno di sorridere e di ringraziarla.
La porta alle mie spalle si apre, e Joan entra, portandosi dietro un soffio di aria gelida.
<<Buonasera, signori, vi chiedo scusa per il disturbo...>>
<<Oh, figurati Joan, non disturbi mai!>> continua mia nonna, che ormai lo adora.
<<Avanti, togliti questo cappotto, senti che bel calduccio c'è qui dentro.>> dico, mentre inizio a sbottonarlo.
<<Scricciolo, non sapevo che avessi tutta questa voglia di spogliarmi...>> mormora, suadente, chinandosi verso di me.
Mi stacco da lui, arrossendo all'istante.
<<Cretino.>> borbotto, e lui scoppia a ridere mentre si toglie il cappotto.
Nel frattempo, io salgo di sopra, per farmi una bella doccia calda. Mi avvolgo nell'asciugamano tremando per il freddo come al mio solito, per poi indossare il pigiama. Quando esco dal bagno, trovo Joan seduto sulle scale intento a riempire Duchessa di coccole, mentre lei lo ricambia leccandogli la mano.
<<Vedo che anche lei ti ama!>> esordisco, poggiando una mano contro il muro accanto a me.
Joan si volta a guardarmi, un luccichio nel suo sguardo scuro.
<<Anche?>>
Non capisco subito a cosa si stia riferendo, poi faccio mente locale su ciò che ho detto.
Sento il cuore iniziare a battere come un pazzo nel mio petto, mentre faccio un passo indietro.
Non mi sono neppure resa conto di quello che ho detto, le parole hanno lasciato le mie labbra senza che me ne rendessi conto.
<<Sì, certo, anche lei ti ama, come...come tutte le persone che ti conoscono. Non possono fare altrimenti, sei un'anima bellissima, Joan.>> lui si alza e viene verso di me, un largo sorriso dipinto sulle labbra.
<<Vale anche per la padrona di Duchessa?>> chiede, chinandosi verso di me. Osservo il suo viso, le sue guance lisce, la curva del suo sorriso, che vorrei tracciare con la punta di un dito.
Mi sento tesa come una corda di violino, un brivido che mi saetta lungo la schiena.
<<Lo sai che ti voglio molto bene, Joan.>> mormoro, mentre lui mi sfiora la punta del naso con la propria, e il suo respiro mi accarezza le labbra.
Sento il desiderio di allacciare le braccia intorno al suo collo, di avvicinarlo ancor più a me.
Ma mi riprendo e gli prendo il mento con due dita.
<<Vai a farti la doccia e a cambiarti, che tra poco sarà pronto in tavola.>> lui inarca un sopracciglio.
<<Ehm...Angel?>>
<<Sì?>> lo guardo, confusa a causa dell'agitazione che gli si è dipinta in viso.
<<Devo ricordarti che...io non ho pigiami con me.>>
Oh. Cazzo.
<<Lo avevo completamente dimenticato.>> ammetto, fissandolo.
Non può restare in boxer davanti ai miei nonni, è inammissibile.
<<Aspetta...provo a chiedere a mia nonna. Vedrò di trovare qualche vecchio indumento del nonno. Ti da fastidio?>>
<<Ma certo che no, anzi! Non mi fa impazzire l'idea di cenare in boxer con i tuoi nonni.>> ammette, grattandosi la nuca.
<<Vai, io intanto vedo di recuperarti qualcosa.>>
Alla fine, mia nonna mi passa un vecchio paio di bermuda color beige e una maglia di un pigiama che mio nonno non mette più da un po'.
A cena, mio nonno riempie Joan di domande sull'imminente inizio di stagione, per poi sottolineare che vuole scambiare quattro chiacchiere con lui dopo cena.
<<Ragazzi, devo preparare la stanza degli ospiti per Joan, o...?>> accenna mia nonna, alzandosi da tavola, approfittando della momentanea assenza di mio nonno. Arrossisco di botto e lancio un'occhiata a Joan seduto accanto a me, intento a sorridere sotto i baffi.
<<Ma certo, nonna!>> replico, la voce più alta di un'ottava, le guance in fiamme.
<<Era solo per sapere!>> si limita a dire, candidamente.
Dopo cena, salgo in camera mia, e accendo il PC, alla ricerca di qualche film da vedere.
Alla fine, finisco per iniziare a vedere un documentario sugli antichi egizi.
Quando sento bussare alla porta esclamo un "avanti", e Joan appare sulla soglia, un largo sorriso dipinto sulle labbra. Mi raggiunge sul letto, e si stende accanto a me.
<<Ti chiedo scusa per mio nonno. Deve sempre avere un colloquio ufficiale con tutti coloro che entrano nella mia vita.>> sogghigno, imbarazzata, scuotendo la testa.
<<È il suo modo di dimostrare l'amore che prova per te, il suo modo di proteggerti, e lo comprendo benissimo. Sei un tesoro da proteggere.>> replica, scostandomi una ciocca di capelli dal viso,<<in più, mi ha fatto molto piacere parlare con lui.>>
<<Davvero?>>
Joan annuisce, per poi posarmi un bacio sulla guancia e far scorrere un braccio lungo la mia vita.
<<Non sarebbe stato male dormire con te anche stanotte, sai?>> sussurra, al mio orecchio, e il suo respiro caldo, che accarezza la curva del mio collo, mi provoca un brivido lungo la schiena.
<<Stanotte è stata un'eccezione, biondino. Non accadrà mai più.>>
Joan inarca un sopracciglio, mordendosi il labbro inferiore.
<<Mai dire mai nella vita. Può essere che anche la padrona di una certa gatta finirà per innamorarsi di me.>> replica, rivolgendomi un largo sorriso.
<<Non molli, eh?>> sogghigno.
<<Mai.>> soffia, per poi posarmi un bacio sulla guancia. Si volta poi verso lo schermo del pc, <<cosa stiamo guardando?>>
<<Un documentario su Sobekneferu.>>
Joan mi osserva per qualche istante, le sopracciglia aggrottate.
<<Ti ho sentita parlare in arabo, per caso?>> scoppio a ridere.
<<Sobekneferu, la prima regina egizia a regnare come un faraone. Il suo nome significa "Bellezza di Sobek", il dio coccodrillo. La si conosce molto poco, tutti conoscono le sette Cleopatra, Hatshepsut o Nefertiti, ma in pochi conoscono lei, la prima.>>
<<Certo, che sciocco: tu ami da impazzire la civiltà egizia. È stata una domanda stupida. Ho osservato la tua libreria tempo fa ed è piena di libri a riguardo.>>
<<Libri che acquisto sin da bambina. Ci vuole impegno e passione.>>
<<Soprattutto l'ultima. Mi piace guardarti mentre parli di ciò che ami. Il tuo viso è come se...si aprisse, si illuminasse di luce propria. Diventi ancora più bella.>> mormora, portandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Gli do una leggera spinta, sogghignando.
Smettiamo poi di parlare, e iniziamo a seguire il documentario. O meglio, io inizio a seguire il documentario, perché scommetto che Joan in cuor suo stia chiedendo pietà e non veda l'ora che finisca.
Riprende a parlare solo quando citano la birra.
<<Birra nell'antico Egitto? Non ne avevo idea!>> esclama, mentre io spengo il pc e lo ripongo sulla scrivania.
<<Gli antichi egizi erano grandi bevitori di birra. C'è anche una leggenda sulla birra che placa una furia distruttrice.>> replico, mentre torno accanto a lui, dopo aver acceso la lampada posizionata sul comodino.
<<Una leggenda?>>
<<La mia preferita, per l'esattezza.>> sorrido, poggiandomi contro il muro alle mie spalle. Joan si tira su, incrociando le gambe.
<<Racconta.>>
<<Non me lo faccio ripetere due volte! Ma cercherò di farla molto breve. Dunque, venne un tempo in cui il dio Ra, che era il dio del sole, dopo aver preso il dominio su ogni cosa e su ogni essere vivente, si fece vecchio. Gli esseri umani iniziarono a speculare e a mormorare contro di lui e questo lo ferì molto, e al tempo stesso lo fece infuriare moltissimo. Decise allora di mandare la dea Hathor sulla terra, sotto forma di leonessa, per eliminare coloro che avevano osato parlar male contro di lui.
Subito Hathor obbedì, e scese sulla terra per massacrare gli uomini, che, nel frattempo, per paura, si erano rifugiati sulle montagne.
Dopo averli divorati, Ra chiamò a sé Hathor, dicendole che aveva adempiuto al suo compito, ma non ebbe successo, perché Hathor replicò che aveva ricavato grande piacere dalla sua azione, e continuò il suo obiettivo di massacro, iniziando a divorare tutti gli esseri umani.
Allora Ra, per fermarla, ordinò che si raccogliessero i frutti della mandragora in grande quantità, mentre le ancelle preparavano la birra, per poi mettere in infusione i frutti negli stessi contenitori della birra affinché diventasse rossa come il sangue.
Ra ordinò poi che la birra venisse versata sui campi, per mescolarsi al sangue dei cadaveri. Quando Hathor arrivò, all'alba, trovò i campi inondati di birra, e credendo fosse sangue, iniziò a berla tutta.
Alla fine Hathor finì per ubriacarsi e cadere in un sonno profondo, dimenticandosi del suo piano di distruzione dell'umanità.>>
Joan mi fissa per qualche istante, in silenzio, per poi sollevare il mento dal ginocchio su cui era posato e scuotere la testa.
<<È bellissima. Starei ad ascoltarti per ore quando parli di queste cose.>> sogghigno, scuotendo la testa.
<<Ora esageri, non pensare che ti creda. So che in realtà sono molto noiosa quando parlo di queste cose.>>
<<Ammetto di essere totalmente ignorante e di non essere particolarmente interessato all'argomento, ma te l'ho detto prima, stare a guardarti mentre parli di ciò che ami è bellissimo.>>
Abbasso lo sguardo, e sento di essere sul punto di arrossire.
<<Beh...grazie.>> mormoro e quando rialzo il capo, i miei occhi si incatenano ai suoi.
Sento il cuore iniziare a battere più forte nel mio petto, quando noto il modo in cui la sua mascella si contrae, e i suoi occhi scorrono sulle mie labbra.
D'improvviso, il ricordo delle sue labbra sulle mie, un mese fa, mi attraversa la mente.
E mi ritrovo quasi a sperare che...
Scuoto la testa e Joan si schiarisce la voce.
<<Si è fatto tardi. Domani dovrò svegliarmi presto. Sarà meglio che vada a dormire.>> afferma, alzandosi dal mio letto.
<<Sì, forse è meglio.>> concordo io, seguendolo.
Sto per aprire la porta, quando Joan si volta verso di me, il viso a pochi centimetri dal mio e sento una fitta alla bocca dello stomaco.
Si china su di me e mi posa un bacio sulla guancia.
<<Buonanotte, scricciolo.>>
<<Buonanotte, biondino.>> sussurro, per poi aprirgli la porta, <<dormi bene.>>
<<Non di sicuro come stanotte.>> replica, per poi rivolgermi un sorriso.
Lo vedo esitare, ed come se non volesse andarsene, come se volesse restare qui con me, ed è come se anche una parte di me lo desiderasse. Abbassa poi il capo ed esce dalla mia stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
~•~
<<Joan, come stai?>> gli chiedo, per l'ennesima volta.
<<Angel, davvero, sto bene, sono solo caduto dalla moto da cross e ho urtato il terreno con la spalla, ma non è niente di che, davvero. Sto bene.>>
<<Quindi non hai problemi alla spalla?>>
<<No, tranquilla, va tutto bene. Piuttosto, è la tua mancanza a farmi male.>> sento una fitta al cuore quando lo sento dire quelle parole.
Anche a me è mancato tantissimo questa settimana.
Vorrei poterlo vedere tutti i giorni, sempre, poterlo stringere a me.
<<Mi sei mancato anche tu.>>
<<Il mio scricciolo...>> soffia, e io chiudo gli occhi, <<avrei tanto voluto raggiungerti questo weekend, ma non posso, devo allenarmi, la prossima settimana inizia la stagione e voglio essere pronto, anche se a causa della spalla faccio un po' più fatica ->>
<<Ti sei fatto male, allora!>> lo interrompo, e lo sento trattenere il respiro dall'altra parte.
<<No, è...mi fa semplicemente male, ma non è niente, davvero!>> replica.
Sbuffo e penso a quanto vorrei averlo vicino in questo momento, ma ha ragione, la prossima settimana dovrà partire per il Qatar.
Ora sarà davvero difficile, per noi, vedersi.
<<Comunque, ti dicevo, non ho davvero idea di quando potremo rivederci. E avrei voluto poterti vedere anche solo per cinque minuti prima della partenza.>>
Dio, quanto è dolce.
È una creatura meravigliosa, che non sembra quasi essere reale.
<<Anche io, lo sai...>>
<<Angel, ti prego, non parlarmi così, perché giuro che mollo tutto e corro in aeroporto per prendere il primo volo che mi porta da te.>>
Quanto vorrei che lo facessi.
Mi porto una mano alla fronte, mentre quel pensiero si fa largo nella mia mente.
I pensieri che faccio ultimamente su Joan mi stanno mandando in confusione.
Sento che vorrei stargli più vicina, ancora di più, che vorrei poter stare stretta a lui per un tempo indefinito, ad ammirare i suoi occhi grandi e il suo sorriso dolce, a sentire il suo profumo delicato e a intrecciare le dita con le sue.
Accidenti, perché mi sento così?
Non dovrei, perché non voglio provare di nuovo delle emozioni.
Dopo aver concluso la chiamata, scendo al piano di sotto, e vado a sedermi accanto al camino. Duchessa salta sulle mie gambe, per farsi fare le coccole, e io l'accontento.
È solo affetto, quello per Joan.
Non è niente di diverso.
Non posso permettere che sia qualcosa di diverso.
Non voglio che sia qualcosa di diverso.
Anche perché, sarebbe un'assurdità.
Siamo lontani migliaia di chilometri.
È impossibile.
<<Angel, ti va una cioccolata calda?>> mi volto verso mia nonna e la osservo per qualche istante, come se non avessi capito quello che ha detto.
<<No, nonna, non mi va.>> la vedo strabuzzare gli occhi.
<<Hai detto no?!>>
<<No, nonna, in questo momento non mi va.>> ripeto.
<<Cosa succede?>> mi domanda, sedendosi al mio fianco.
<<Nulla, perché?>>
<<Perché tu di solito non dici mai di no alla cioccolata.>>
<<Oh, non è vero, lo dico spesso.>>
<<Quando hai quella faccia no. Ora, dimmi che succede.>> sospiro.
<<Mi manca Joan, ma non ci potremo vedere chissà per quanto tempo, perché deve prepararsi per la stagione che inizia fra una settimana in Qatar e sento che vorrei passare più tempo possibile con lui, ma non posso e non è giusto, è sbagliato, e io odio provare emozioni. Bene, ho finito.>> con la coda dell'occhio vedo mia nonna accennare un sorriso e vorrei tanto sapere che accidenti ha da sorridere.
<<Beh, se hai voglia di vederlo, ma lui non può venire da te...perché non vai tu da lui?>> mi volto a guardarla, e una fitta mi colpisce al cuore.
<<Andare...da lui? Tornare in Spagna?>>
<<Sì, per il weekend, magari. Potresti fargli una sorpresa, di sicuro da te non se lo aspetterebbe minimamente.>> continua, portandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
<<Tornare in Spagna. Io...>>
<<Solo per qualche giorno, Angel.>> mi volto a guardarla.
<<Sì, va bene. Andrò a Maiorca. Voglio fargli una bella sorpresa.>> affermo, dopo qualche istante, e mi sento elettrizzata.
Una parte di me è anche un po' in ansia, non mi piace viaggiare da sola, ma ce la posso fare.
Mia nonna, felice, mi abbraccia, poi, inizia ad elencare tutte le cose che devo fare in vista del viaggio.
Per prima cosa, inizio a cercare su internet il clima e il meteo che mi aspettano sull'isola più grande delle Baleari. E devo anche comprare il biglietto di andata e ritorno.
Non devo farmi prendere dall'agitazione.
Posso farcela.
Posso fare questa pazzia.
~•~
Metto piede sul suolo maiorchino poco dopo mezzogiorno.
Non appena esco dall'aeroporto di Palma di Maiorca resto per diverso tempo ferma davanti all'entrata, non sapendo bene cosa fare.
È una giornata limpida, ma piuttosto fredda e il mare è a un passo.
Decido di chiamare Joan, per capire dove si trovi.
<<Scricciolo! Stavo per chiamarti io! Come stai?>>
<<Diciamo...bene?>> replico, mentre mi guardo intorno. Prendere un taxi? Assolutamente no, finirei tutti i miei risparmi.
<<Tu?>>
<<Bene, sto andando a prendere qualcosa da bere in un locale in città, ho voglia di tapas. Sono stato in circuito fino adesso, e ho una fame tremenda.>>
<<In città? Dove, per l'esattezza?>>
<<A Plaza Mayor, c'è un localino lì che mi piace molto, si chiama Sa bodegueta, e le sue tapas sono deliziose. Ti ci devo portare, quando vorrai venire.>> chiudo gli occhi, e mi scappa un sorriso, mentre sento un gran calore avvolgermi il cuore.
<<Spero di poter venire molto presto.>> replico, mentre ahimé, opto per il taxi. Plaza Mayor è a nove chilometri da qui, non dovrei né metterci molto, né spendere troppo.
Allontano il cellulare dall'orecchio giusto per dire al tassista la destinazione in cui sono diretta, poi, riprendo a parlare con Joan.
<<Non hai sforzato troppo la spalla, vero?>> gli chiedo, con tono carezzevole.
<<No, tranquilla, Angel. Sto molto meglio, il dolore è pressoché sparito.>>
<<Sono contenta. La prossima settimana sarai in Qatar, prima gara su una Moto2. Scommetto che andrai alla grande.>>
<<Lo spero, ma non mi creo grosse aspettative. Arrivare in top ten alla prima gara in una nuova categoria, sarebbe già un grande successo.>> il tassista si ferma.
<<Hemos llegado, señorita. Desde aquí solo hay que caminar unos metros, ya que no es posible continuar en coche.>>
<<Angel, con chi stai parlando? Ho sentito parlare in spagnolo!>> faccio un cenno al tassista, mentre tiro fuori il portafogli dalla borsa.
<<Sto guardando un film in lingua originale, e mi si è alzato il volume del tutto improvvisamente, scusami Joan.>> pago il tassista, che mi aiuta a recuperare anche la mia valigia, poi inizio ad incamminarmi.
Alla fine, solo ora mi rendo conto quanto mi sia mancato il sentir parlare in spagnolo intorno a me, il leggere i nomi dei locali, delle vie, delle varie indicazioni stradali.
Solo ora mi sono resa conto di quanto mi sia mancata la Spagna.
Afferro il trolley, ed inizio ad incamminarmi in direzione della piazza.
<<Stai guardando un film, quindi?>>
<<Sì, esatto.>> davanti ai miei occhi appare una piazza rettangolare, circondata da porticati e piena di negozi e localini.
<<Di che si tratta?>>
<<Mah, nulla di che...una ragazza ritorna in Spagna dopo diverso tempo.>>
<<Forse ti vuole suggerire qualcosa?>> replica lui, con aria sibillina, mentre io inizio a cercare il locale di cui mi ha parlato prima.
<<Tu dici?>>
<<Dico. Ora potevi essere qui con me a bere una birra e degustare tapas, invece...>>
<<Invece sono a 1400 chilometri da te.>> concludo la frase io, fermandomi davanti al locale che stavo cercando. Mentre continuo a tenere il telefono vicino all'orecchio con la spalla, apro la porta del locale ed entro.
È un bistrot molto semplice, i tavoli in legno sono posizionati lungo una parete giallo paglierino.
<<Mi uccide saperti così distante.>> mi guardo intorno, e lo riconosco subito, anche se mi da le spalle.
<<A volte però...la distanza si può anche annullare...>> lo raggiungo, e vado a sedermi al posto vuoto di fronte a lui, <<che dici?>>
Joan strabuzza gli occhi e per poco la birra che sorregge con una mano, e il telefono che sorregge con l'altra, non scivolano dalle sue mani.
<<Scricciolo!>> esclama, a gran voce, facendo girare verso di noi i pochi presenti, ma non mi importa. Salta in piedi e mi afferra per una mano, tirandomi su e attirandomi tra le sue braccia. Sogghigno, mentre mi ricopre le guance di baci, e sento il cuore battermi come impazzito nel petto.
<<Sei qui, sei qui, sei qui!>> ripete, a voce sempre più alta.
<<Mi sembri molto felice di vedermi!>> lo canzono, mentre gli circondo il collo con le braccia.
<<Scherzi?! Sono al settimo cielo, non ci credo, sei davvero qui, io...>> mi prende il viso con le mani, tenendomi vicina a lui e scrutandomi con gli occhi lucidi, <<mi hai fatto una bellissima sorpresa.>> mormora, e io sorrido.
<<Era quello che volevo.>>
Afferra la sedia che si trova all'altro capo del tavolo e la porta accanto a sé per farmi sedere, portando un braccio intorno alla mia vita per tenermi vicina a lui.
<<Come è andato il viaggio?>>
<<Tutto bene. Ero un po' in ansia, ma è andato bene.>> ammetto, e lui mi accarezza la guancia con la punta delle dita.
<<Davvero? Hai avuto...problemi?>> mi chiede, titubante, ma so a cosa si sta riferendo.
<<No, per fortuna no.>>
Joan mi rivolge un dolcissimo sorriso, e mi posa un bacio sulla fronte, e non posso fare a meno di chiudere gli occhi.
<<Il mio scricciolo...faccio fatica a realizzare.>> gli poso un bacio sulla guancia.
<<Sono proprio qui, biondino - non più tanto biondo.>> sogghigno, accarezzandogli i capelli. Il biondo si è ridotto ormai ad una striscia centrale sulla sommità del capo, come la cresta di un gallo.
Devo dire però, che gli dona particolarmente.
<<Devo farti vedere tantissime cose, e stiamo già perdendo tempo! Quanto resterai?>>
<<Ho l'aereo lunedì mattina.>>
<<D'accordo. Adesso andiamo a casa mia, non vedo l'ora di farti conoscere i miei genitori!>> mi si blocca il respiro per un istante.
<<I tuoi cosa?>> domando, nervosamente.
<<I miei genitori. Non vedono l'ora di conoscerti!>>
<<Tu gli hai parlato di me?>> continuo, stupita.
<<Ho dovuto farlo, quando...beh, quando ho iniziato a fare avanti e indietro dall'Italia.>> ammette, e lo vedo arrossire.
<<Oh.>> è l'unica cosa che riesco a dire.
<<Vedrai, ti adoreranno, è impossibile non adorarti.>> dice, alzandosi, ed io lo imito, afferrando il trolley. Non ho più idea di cosa dire, mi si è inceppato il cervello.
<<Ecco, io...dovrei passare in hotel, prima ->>
<<Hotel? Vorrai scherzare, tu starai da me!>> replica, voltandosi a guardarmi.
<<Da te? Oddio, Joan, non me la sento proprio di stare in pigiama in presenza dei tuoi.>>
<<Non preoccuparti Angel, non vivo più con loro, ho preso in affitto un appartamento poco distante da casa ad inizio anno.>>
<<Oh.>> ripeto, e lui mi accarezza la guancia, <<quindi...io e te...da soli...a casa tua?>> farfuglio, e sento le guance andare a fuoco.
<<Se non ti fa sentire a tuo agio l'idea, puoi restare in hotel, se preferisci.>> accenna Joan, voltandosi a guardarmi.
Ho già trascorso una notte sola con lui, e sono stata benissimo.
Sorrido.
<<No, va benissimo.>>
Joan sorride, e mi prende per mano.
<<Ma come faccio con l'hotel?>>
<<Non ti preoccupare, ci penso io. Andiamo, ho la macchina qui vicino.>>
Usciamo dal locale, e raggiungiamo la sua auto. Quando mi siedo accanto a lui, dal lato del passeggero, Joan mi osserva come se fossi frutto della sua fantasia.
Mi prende il viso tra le mani e mi schiocca un bacio sulla guancia.
<<Ho sognato così tanto che tu venissi sulla mia isola, e ora che sei qui...non riesco a crederci.>>
<<Tu sei venuto spesso da me, e mi hai riempito di sorprese. Questa volta, volevo essere io a farne una a te.>>
<<E ci sei riuscita in pieno.>>
Avvia poi il motore e parte, inoltrandosi per le vie di Palma.
È una città piena di vita e colorata, che sa di mare.
Cerco di non pensare al fatto che Joan stia per presentarmi i suoi genitori.
Mi sembra una cosa così seria, così importante.
<<Bene, siamo arrivati!>> mi informa.
I genitori di Joan vivono in una casa poco distante dal centro, una villetta su due piani color panna circondata da un piccolo giardino ben curato.
Non appena scendiamo dall'auto, Joan mi prende per mano.
Se i suoi genitori ci vedranno arrivare mano nella mano che cosa penseranno?
Sento il cuore iniziare a battere come impazzito nel mio petto, ma ci pensa lui a risolvere i miei dubbi, quando sfila la mano dalla mia per aprire la porta di casa.
<<Sono tornato!>> esclama, a gran voce, per poi posarmi una mano alla base della schiena, rivolgendomi un largo sorriso, <<e ho anche una bella sorpresa per voi!>> aggiunge, dopo qualche istante.
Sento lo stomaco contorcersi in una morsa per l'agitazione.
Dalla scala a chiocciola che porta al piano di sopra appare una donna alta, dall'aspetto molto giovane e i capelli castano chiaro.
<<Non mi dire, la famosa Angel, finalmente?>> sento di star arrossendo, mentre si dirige verso di noi.
<<Mi ha fatto una sorpresa!>> spiega Joan, avvolgendomi un braccio intorno ai fianchi. Io invece, non riesco a dire neppure una parola.
<<Piacere di conoscerti Angel, io sono Ana, la madre di Joan.>> esclama, porgendomi la mano che io subito stringo.
<<Sua madre?!>> replico, di getto, estremamente sorpresa.
Quella donna pare così giovane, non riesco a credere che sia sua madre.
Ana sogghigna.
<<Perché fanno tutti così quando lo scoprono?>> chiede, scuotendo la testa.
<<Oh, io...ecco, lei è bellissima e mi pare incredibile che possa avere un figlio di vent'anni!>> ammetto.
<<Grazie, cara, sei molto gentile. Joan mi ha parlato tanto di te, davvero, è dalla scorsa estate che mi racconta di te e ->>
<<Mamma, papà è tornato?>> Joan la interrompe prontamente, e lei gli lancia un'occhiata sorniona.
<<Non ancora, tornerà a momenti. Avanti, Angel, togliti quel cappotto, fa come se fossi a casa tua! Tra poco sarà pronto in tavola, Angel, per te va bene il gazpacho?>>mi chiede Ana.
<<Sì, certo!>> Ana per tutt risposta mi sorride, per poi tornare sui suoi passi, mentre un cane ci corre incontro.
<<Dakota!>> esclama Joan, chinandosi verso il suo cane, <<oggi ti faccio conoscere una persona speciale...>> lascio una carezza sulla testa di Dakota, che inizia a riempire anche me di feste.
Sembra felice di conoscermi.
<<Ma come sei bella...lo sai che il tuo padrone non ha fatto altro che parlarmi di te?>> Joan, accanto a me, sogghigna, e proprio in quel momento la porta alle nostre spalle si apre.
<<Joan, cosa - oh, non sapevo avessimo ospiti.>> afferma quello che deve essere il padre di Joan, un uomo alto, dai capelli e gli occhi neri, il naso identico a quello del figlio e una barba ben curata a sottolineare la mascella squadrata.
<<Lei è Angel, papà, mi ha fatto una sorpresa!>>
<<Molto lieto di conoscerti, Angel, non vedevamo l'ora. Io sono...Joan!>> si presenta, stringendomi la mano.
<<In fondo, non è male come nome, vero?>> chiede Joan, voltandosi a guardarmi.
<<Certo!>> replico, abbassando lo sguardo.
Il padre di Joan si allontana, e io mi volto a guardarlo.
<<Tua madre è bellissima!>> affermo, sbattendo le palpebre, mentre Joan Joan sogghigna.
<<Me lo dicono spesso, adesso capisci da chi ho preso.>> replica, abbracciandomi da dietro e posandomi un bacio sotto l'orecchio.
Un brivido mi attraversa la schiena, e socchiudo gli occhi.
Non voglio tornare a provare emozioni, eppure sento, sento, che aprirmi con qualcuno di prezioso come lui può aiutarmi a voltare pagina definitivamente, e a cancellare una volta per tutte ciò che non fa più parte del mio presente.
A pranzo i genitori di Joan mi fanno diverse domande sull'Italia, sul mio rapporto con la Spagna e se ne ho avvertito la mancanza.
<<Ora basta con tutte queste domande!>> esclama Joan ad un tratto, prendendomi per mano e facendomi alzare da tavola, <<abbiamo molte cose da fare, quindi, se non vi dispiace, noi andiamo!>> conclude, e dopo aver mandato loro un bacio volante, usciamo di casa.
<<Fa ancora un po' troppo freddo per portarti nel posto speciale a cui penso da molto tempo, ma, ti ci porterò appena farà più caldo.>> dice, non appena saliamo in macchina.
<<Non vedo l'ora.>> mormoro, inclinando la testa senza smettere di guardarlo.
Joan sorride e mette in moto, per poi prendermi la mano e intrecciarla con la sua. È una cosa così bella, così delicata e dolce, che mi scalda il cuore.
Torniamo in città, e mi porta a visitare la cattedrale gotica di Santa Maria, il simbolo di Palma di Maiorca.
È bellissima e immensa, e recupero vari opuscoli che parlano della storia di questa cattedrale e le sue caratteristiche.
Resto incantata alla vista del rosone delle volte che scopro essere tra le più alte al mondo.
<<Oh Joan, sono così felice che tu mi abbia portato a visitare questa bellissima cattedrale! È meravigliosa!>>
<<Sapevo che avresti apprezzato.>> replica, in un sorriso, mentre mi circonda la vita con un braccio e mi attira a sé. Poso la testa sul suo petto e mi sento leggera, felice.
Joan mi fa stare bene semplicemente con la sua presenza.
Ci incamminiamo per le vie del centro, girando per la città fino a che non fa buio.
Ceniamo in un ristorantino poco distante dalla spiaggia, e mentre siamo diretti verso casa sua, sento il cuore iniziare a battere contro la mia cassa toracica per l'agitazione.
Saremo soli.
A casa sua.
Non dovrei sentirmi come una ragazzina alla sua prima cotta, eppure, ogni volta mi sento allo stesso identico modo.
L'appartamento di Joan è situato in una palazzina a pochi passi dalla casa dei suoi genitori.
È piccolino, ma perfetto per un ragazzo che può già permettersi di vivere per conto proprio e godersi la propria privacy.
Dopo una bella doccia calda finisco sul divano, portandomi le ginocchia al petto, le mie immancabili calze azzurro chiaro ad avvolgermi le gambe fin sopra il ginocchio.
<<Allora scricciolo, cosa vogliamo vedere?>> mi chiede, dopo essere uscito dal bagno, venendosi a sedere accanto a me.
<<Siamo a casa tua, quindi, tocca a te scegliere il film.>> affermo in un sospiro.
<<Sicura sicura?>>
<<Sicura, tanto so che stai pensando di vedere Il Gladiatore.>> Joan si volta a guardarmi, sorpreso.
<<Devo iniziare a preoccuparmi? Come fai ad averlo capito?>>
<<Perché è il tuo film preferito e sai che non l'ho mai visto.>>
<<Giusto. Ma solo se a te va bene l'idea.>>
<<Va bene, tranquillo.>> sospiro.
Alla fine, seguo davvero poco del film.
I pensieri continuano ad arrovellarsi nel mio cervello, il fatto che Joan negli ultimi mesi sia riuscito a conquistarmi definitivamente con la sua dolcezza e la sua delicatezza, e che io avessi iniziato a provare tutte quelle emozioni che mi ero ripromessa di non provare mai più, ogni più piccola cosa, mi manda in confusione.
Sento come mi stringe a sé, tutte le attenzioni che mi rivolge, i gesti e quando si volta ad un tratto verso di me e accenna un sorriso, penso, per la prima volta da quando ci conosciamo, a quanto vorrei che mi baciasse adesso.
Spalanco gli occhi quando realizzo quello che la mia mente ha appena pensato.
Scuoto la testa e Joan mi accarezza una spalla.
<<Angel, tutto bene?>>
<<Certo.>> mi limito a dire, accennando un sorriso.
Ma è una bugia.
~•~
Il giorno dopo, decidiamo di andare un po' in spiaggia.
Il mare è calmo sotto il cielo limpido e la spiaggia sembra essere tutta per noi.
Tira abbastanza vento, e tiro su il cappuccio del cappotto.
<<No, scricciolo, proprio ora che volevo scattarti qualche foto!>> esclama Joan, e io lo guardo male.
<<Fa freddo, mezzo biondo, non so se te ne sei accorto.>>
<<Mh, già.>> replica, pensieroso, <<aspetta!>> mi prende per mano, e inizia a dirigersi verso gli scogli poco distanti da noi che congiungono la spiaggia alla costa, <<ecco, qui il vento non arriva!>> esclama, portandomi tra due scogli.
<<È vero, qui si sta decisamente meglio!>>
Joan si inginocchia ai miei piedi, mentre tira fuori il telefono dalla tasca. Scuoto la testa, ridendo.
<<Per un secondo ho pensato che mi stessi per chiedere di sposarti!>>
<<Cosa che avverrà molto presto.>> replica lui, inarcando un sopracciglio e rivolgendomi un largo sorriso.
<<Tu sei fuori di testa.>> commento, scuotendo la testa e sogghignando.
<<Lo ammetto.>> replica lui, per poi iniziare a scattare le foto.
<<No, Joan! Vengo malissimo nelle foto se non mi metto in posa!>>
<<Ah, non è assolutamente vero, guarda qua.>>
Joan mi raggiunge, e mi mostra le foto che mi ha scattato.
Alcune sono venute mosse ma altre sono venute veramente bene.
Osservo le mie guance rosse, il modo in cui rido, in cui mi porto le mani al viso.
Sento Joan accanto a me ridere e dire qualcosa, ma io non lo sento neppure.
Mi volto a guardarlo, e lo sento.
Lo sento.
Il cuore che batte all'idea di averlo così vicino, i brividi, la voglia di stargli sempre più vicino, di ricoprirgli le guance di baci, di voler passare ogni secondo libero con lui, la voglia di sentire le sue labbra sulle mie.
Lo guardo, ed è come se un'onda anomala mi travolgesse e mi spingesse sott'acqua.
Io provo qualcosa per Joan.
E non è più affetto, simpatia, tenerezza.
È qualcosa di diverso.
<<Hai visto quanto sei bella?>> sussurra, mentre la voce del mare, poco distante da noi, si fa sempre più forte.
Non riesco a dire niente, resto solo lì, a scrutare il suo viso, come se lo vedessi per la prima volta.
Le premure e le attenzioni di Joan hanno fatto cadere tutti i miei muri.
Con lui sono sempre stata un'Angel diversa da quella che sono sempre stata con tutti gli altri.
Joan tira fuori il lato più bello e leggero di me, ed è questo quello che voglio continuare a vivere.
È questo quello di cui ho bisogno.
<<Angel, tutto bene?>> mi chiede, accarezzandomi una guancia.
<<Nulla, io...>> lascio cadere il discorso, e noto lo sguardo di Joan farsi più cupo mentre scruta il mio viso.
Lo vedo mordersi il labbro inferiore, poi puntare gli occhi nei miei, infine, si china su di me, e mi posa un bacio leggero e quasi timoroso sulle labbra.
Sento il respiro smorzarsi in gola, mentre resto lì, ad occhi chiusi, ma so che si è accorto di come ho stretto la stoffa della sua giacca a vento.
<<Angel, c'è una cosa che devo dirti, che non riesco più a tenermi dentro.>> soffia, sulle mie labbra.
<<Ossia?>> mormoro, aprendo gli occhi per andare ad incrociare i suoi.
Si china ancor più su di me, le mani che scorrono sulla mia schiena e mi portano ancor più vicino al suo corpo.
Le sue labbra finiscono per sfiorare le mie mentre parla.
<<Mi sono pazzamente innamorato di te.>>
Sento il cuore battere ancor più forte di prima al sentire le sue parole. Affondo una mano tra i suoi capelli, mentre Joan apre gli occhi per andare a incrociare i miei.
Non riesco a non sorridere, mi sento così maledettamente bene.
Tre mesi fa non avrei mai immaginato che sarei tornata a sentire simili emozioni.
Ma ora lo so.
Ora so che posso sentire il cuore che batte in questo modo, i brividi, quella morsa allo stomaco, anche se non è più lui a darmi tutto questo.
<<E io penso di essermi presa una cotta per te.>> ammetto, e vedo i suoi occhi sgranarsi, le sue labbra aprirsi in un ampio sorriso.
Gli poso un bacio leggero sulle labbra, e lui mi prende il viso tra le mani tenendomi stretta a lui, mentre preme le sue labbra contro le mie con estrema urgenza.
E non esiste sensazione più dolce.
[Spazio Autrice]
Vi chiedo umilmente perdono per l'immenso ritardo 🙏🏻🙏🏻🙏🏻
Non sono state due settimane facili, e me ne aspetta un'altra abbastanza pesante.
È stato difficile scrivere questo capitolo, ma finalmente, ce l'ho fatta.
Joan e Angel hanno fatto un grande passo l'uno verso l'altro 👀👀
E chi li ferma più questi due ora?
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e, se vi va, fatemi sapere quello che succederà secondo voi ora che siamo arrivati a questo punto 🐾
Vi voglio bene, alla prossima ❤
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