Away from you

[Parlami di quando
Mi hai visto per la prima volta
Ti ricordi a stento
O rivivi tutto come
Come fosse allora?
Avevo l'aria stanca
Appeso ad una luna storta
O forse ero attento
A non perdermi negli occhi
Nei tuoi occhi ancora]

[Marc]

[Estate 2011]

Esiste qualcosa di più noioso ed estenuante del dover trascorrere una caldissima giornata di inizio luglio in città, per di più tra una folla di gente in attesa di entrare in una cattedrale che hai già visitato, almeno all'esterno, all'incirca una decina di volte da quando eri piccolo?

Io ne dubito fortemente.

I miei genitori hanno deciso di dedicare questa domenica di luglio alla Sagrada Familia, perché, a detta loro, era inammissibile che io ed Alex non avessimo ancora visitato l'interno della cattedrale.
Anche se in realtà l'abbiamo visitata da piccoli, durante gli anni delle elementari, ma, onestamente, non mi ricordo nulla.

Sbuffo, guardandomi intorno, come se fossi in cerca di una via di fuga.

<<Arrenditi Marc, non c'è via d'uscita, dovremo restare qui per le prossime ore, e io sto iniziando a pensare che ci lasceremo anche le penne sotto questo sole!>> esclama mio fratello, scrollando le spalle, e calcandosi di più il cappellino sulla testa.
Io invece, da gran cretino quale sono, non mi sono neppure portato un cappello.

Sono sull'orlo di una crisi isterica.
Il mare è a un passo, se potessi solo scappare via dagli assurdi programmi organizzati dai miei genitori...
Necessito di fare una bella nuotata, ne ho proprio un bisogno fisico.

All'improvviso, qualcosa attira il mio sguardo.

O meglio, una figura, una figura esile e minuta poco distante da me, attira il mio sguardo.
I miei occhi si fissano su di essa, come se non riuscissi più a staccarli.

È interamente vestita di bianco, in perfetto contrasto con i lunghi capelli castani che sotto la luce accecante del sole, si tingono di decine di sfumature dorate. Un paio di occhiali da sole scuri le coprono parte del viso, ma in quel momento, li solleva per un istante, portandoli sul capo, e resto letteralmente incantato dai suoi occhi.

Sono così scuri, così grandi, così profondi, come un baratro oscuro e talmente penetranti che mi pare quasi di sentire la mia pelle bruciare, nonostante non stia guardando me ma la facciata della cattedrale.
E soprattutto, sembrano in tempesta, pieni di rabbia e delusione.
La vedo chinare il capo verso il suo cellulare, portarsi le cuffie alle orecchie e inforcare nuovamente gli occhiali.

Non posso restare qui immobile, devo parlarle.

Devo assolutamente parlarle.

Ad ogni costo.

Non so perché io senta questa spinta verso una persona che non ho mai visto prima, ma sento di doverla conoscere, sento l'istintivo e sconosciuto bisogno di andare da lei, come se mi stesse chiamando.

Eppure, a giudicare dal suo sguardo di prima, sembra tutto fuorché ben
predisposta a parlare con qualcuno, anzi.

Scrollo le spalle.
Che sciocchezze.
Con quale scusa vado da una perfetta sconosciuta per parlarle?
Non voglio essere scambiato per un maniaco e con molta probabilità verrei scambiato per uno di loro.

Osservo la fila di fronte a noi e mi sfugge un verso di esasperazione mentre cerco di ignorare quel richiamo che mi porta verso una ragazza che non ho mai visto prima.

Fanculo.

Io mi butto.

Mi allontano dai miei e mi avvicino a lei, che mi da le spalle.
Mi blocco all'improvviso, colto dall'agitazione.
Che diavolo le dico?
Dio, perché sono così agitato?
Nell'ultimo periodo avevo imparato a mostrarmi un po' più sicuro di me con le ragazze, rispetto anche solo all'anno scorso, quando ero estremamente impacciato.
Sto cercando in tutti i modi di far scomparire la mia timidezza, e pensavo di essere già a buon punto, invece, ora, mi sento un completo idiota senza aver neppure ancora aperto bocca.

Preso dall'agitazione, il cervello mi va in tilt, e decido che l'unica cosa che posso fare è una sola.

Chiudo gli occhi e faccio un passo verso di lei.
Le finisco addosso, e sollevo le palpebre.

La vedo sfilarsi una cuffietta, mentre si volta di scatto verso di me.

<<Capisco di non essere un palo della luce, ma non pensavo di essere diventata invisibile!>> esclama, in italiano, forse pensando che io non la capisca.

Resto per un secondo immobile a fissarla, non sapendo bene cosa dire. Avrei dovuto prepararmi all'eventualità che fosse straniera, e ora, mi sembra quasi di non ricordare neppure una parola d'italiano.

<<Scusami, io...ecco, stavo ammirando la facciata della Sagrada, e...non ti ho notato, perdonami.>> replico, e mi sento tutt'a un tratto imbarazzato.

La vedo sfilarsi gli occhiali da sole, e per la prima volta, i suoi occhi incrociano i miei.
Sento un brivido scorrermi lungo la schiena quando realizzo che quegli occhi incantevoli e magnetici stanno guardando proprio me.
È più bassa di me, ed è estremamente esile e minuta.
Il suo viso dalla forma ovale e dai tratti dolci e regolari, la fossetta sul mento e un neo solitario all'angolo destro delle labbra rosate e a forma di cuore e quegli occhi grandi e penetranti la fanno sembrare un angelo caduto in volo.

La vedo chinare il capo e fermare la musica che stava ascoltando.

<<Parli italiano?>> mi domanda, rivolgendomi un'occhiata sorpresa. Mi gratto la nuca, imbarazzato.

<<Sì, anche se mi rendo conto di non essere bravissimo a parlarlo...>> replico, incerto e insicuro sulla pronuncia delle parole che stanno uscendo dalla mia bocca.

<<Non sei male in realtà.>> ribatte subito lei, scrollando le spalle.

<<Oh...grazie. Comunque, ti chiedo ancora scusa per esserti venuto addosso.
Ho spesso la testa tra le nuvole.>> continuo io, sogghignando per il nervoso.
Mi sento stranamente agitato di fronte a questa ragazza, e non riesco a capire il perché.
Lei mi rivolge un sorriso tirato, e inizia a guardarsi intorno, forse alla ricerca di qualcuno.
Pensavo di aver iniziato bene, invece sta scalpitando per andarsene.

<<Be', io...io sono Marc.>> riprendo, porgendole una mano, come se bastasse quello per trattenerla almeno un altro istante con me.
Lei la osserva per qualche istante, poi la stringe, e sento il calore di quella mano piccola e candida diffondersi dentro di me.

<<Angel.>> si presenta.

<<È un bellissimo nome!>> non posso fare a meno di dire, pensando a quanto sia ironico il fatto che il suo nome sembra essere fatto apposta per lei che ricorda una creatura paradisiaca.
Non riesco a trattenere un sorriso e vedo un lampo passare nel suo sguardo, mentre sembra finalmente guardarmi con attenzione per la prima volta da quando ci siamo "scontrati".

<<Grazie.>> si limita a dire.

<<Sei qui in vacanza?>> continuo, e lei sospira stringendosi le braccia al petto.

<<Purtroppo no.>>

Quindi vive qui?
Mi sento stranamente felice al pensiero che ci può essere l'occasione di rivederla, se vorrà.

<<Oh, dunque vivi qui?>>

<<Sì e no...sono arrivata da qualche giorno, mi sono appena trasferita.
Ma non vivrò a Barcellona, ma in una...cittadina sperduta a centinaia di chilometri da qui!>> risponde, acida e piena di rabbia.
Non mi sembra particolarmente contenta di questo trasferimento.

<<Davvero? E...sai il nome di questa cittadina, per caso?>>

Forse è più vicina a Cervera!

<<Perchè ti interessa?>> mi domanda, con fare circospetto, e mi rendo conto che ha perfettamente ragione. Per lei sono praticamente uno sconosciuto, potrei avere delle cattive intenzioni.
Mi gratto nuovamente la nuca, come al mio solito.

<<Be', perchè sono nato e cresciuto qui, in Catalogna, e conosco ogni cittadina, o paese.>> spiego, e in fondo è proprio così.

<<Non mi ricordo bene...ha un nome strano...simile ad un cervo...Cervica? No, decisamente.
Ehm...cerveza?>> scoppio a ridere per il modo in cui ha chiamato la mia città, ma sento il cuore fare le capriole nel petto.

Si è appena trasferita a Cervera!

Non posso crederci, faccio davvero fatica a crederci.

<<Perchè stai ridendo?>> mi domanda.

<<No, scusami, è che...cerveza...vuol dire birra, e dubito esista un paese con quel nome!>> le dico, smettendo pian piano di ridere.

<<Oh.>> mormora, e vedo le sue guance tingersi di una lieve tonalità di rosa.

<<Forse, volevi dire...Cervera.>> la istruisco, con dolcezza.

<<Oh sì, ecco! Bravo!>>

<<La conosco, non è così male, anzi.
Si trova nell'entroterra, a Lleida, circondata dalle colline.>>

<<Sì, d'accordo, parli bene tu, che vivi in una città dinamica e bella come Barcellona!>> ribatte lei, inarcando un sopracciglio.

<<Veramente, non vivo qui!>> replico, mentre lei mi guarda confusa,

<<Vivo a Cervera, hai presente?>>

Lei spalanca gli occhi, così come la bocca.

<<Stai scherzando.>>

<<Assolutamente no, nato e cresciuto a Cervera, e trascinato a Barcellona in un'afosa domenica di luglio dai propri genitori per visitare l'interno della cattedrale perché è inammissibile che un catalano a diciotto anni non l'abbia ancora visitata, a detta loro. E mio padre, nonostante sia andaluso, è d'accordo.>>

<<Beh, è come dire che un romano non è mai andato a visitare il Colosseo. Inammissibile.>> replica lei, inarcando un sopracciglio, mentre un sorriso ironico va a disegnarsi sulle sue labbra, e d'improvviso mi rendo conto che nonostante io sia ancora sotto il sole cocente di questa domenica pomeriggio, la cosa non mi urta più, anzi.
Mi piace infinitamente.

<<Stai davvero dando ragione ai miei genitori?>> le chiedo, usando il suo stesso tono di ironia.
Lei annuisce, stringendo le labbra, e in quel momento vedo una donna alta poco più di Angel, dai lunghi capelli biondo ramati venire verso di noi.

<<Angel?>>

<<Oh, mamma, scusa, vengo subito, io stavo ->>

<<Mi scusi signora, è colpa mia, le sono finito addosso e poi, ecco, l'ho trattenuta qui in chiacchiere inutili, solo che quando ho saputo che vi siete appena trasferite nella città in cui vivo, mi sono incuriosito...>>

<<Lui è Marc, mamma.>> mi presenta Angel, prima che possa farlo io e quando sento il mio nome pronunciato da lei sento una strana sensazione alla bocca dello stomaco.

La madre di Angel mi rivolge un largo sorriso, mentre mi porge la mano.

<<Piacere di conoscerti Marc, io sono Dina, è bello conoscere qualcuno della città dove ci siamo appena trasferite, oltre a mia sorella, s'intende. Avrai capito che Angel non è particolarmente entusiasta della cosa...>>

<<Mamma?>> la riprende Angel con tono di rimprovero.
Noto subito che Angel è più diffidente e introversa di sua madre, e questo contrasto mi incuriosisce ulteriormente.

<<Beh, penso sia normale. Immagino che i trasferimenti siano un grande cambiamento, immagino che abbiate lasciate un luogo che amavate...>>

<<Angel lo amava sicuramente, ma ->> socchiude gli occhi e s'interrompe, come se fosse sul punto di dire troppo, e la comprendo benissimo.

<<Beh, ora dobbiamo andare.>> taglia corto Angel, e vengo bruscamente riportato alla realtà. Sta per andarsene, come farò a rivederla se so a malapena il suo nome?
Cervera non è Barcellona, certo, ma non è neppure un paese di trenta anime.

<<Ci vedremo sicuramente in giro.>> continua lei, posando una mano sulla schiena della madre, come a dirle di muoversi.

<<Angel, ma perché non dai a Marc il tuo numero di telefono? Conoscere una persona del posto non potrà che esserti utile, potrà darti una mano per ambientarti meglio.>>

Cerco di non mostrare la gioia che sto provando, mordendomi quasi a sangue le labbra per trattenere il sorriso che vorrebbe dipingersi sulle mie labbra.
Se solo Dina potesse vedere quanto la sto mentalmente ringraziando.
Reprimo la mia assurda e ingiustificata felicità dietro un sorriso cordiale e gentile.

<<Sarebbe un piacere per me, davvero.>> non posso fare a meno di notare lo sguardo torvo che Angel lancia alla madre e realizzo che non impazzisce all'idea di lasciare il suo numero di telefano a qualcuno che ha conosciuto da cinque minuti.

<<Ma Angel, capirò benissimo se preferirai non darmi il tuo numero, ci conosciamo da cinque minuti, non sai praticamente niente di me se non il mio nome, da dove vengo e che sono qui con i miei genitori e mio fratello trascinato con la forza. Va benissimo comunque, anzi.>>

Angel inclina di poco il capo e pare quasi che mi stia analizzando.

<<Non sembri un pazzo maniaco, ma ovviamente l'apparenza può ingannare.>> dice, senza peli sulla lingua.

<<Puoi stare sicura che non ti importunerò mai!>> mi porto una mano al cuore, e la vedo sospirare, per poi tendere una mano verso di me.

<<Se mi passi il tuo telefono ti segnerò il mio numero.>> stringo le labbra per non mostrarle la mia felicità, e tiro fuori il cellulare dalla tasca dei jeans.
Angel me lo restituisce dopo qualche secondo e vedo il suo numero brillare sotto il mio sguardo.
Lo ha già salvato in rubrica e cerco di calmare i battiti frenetici del mio cuore.

<<Ti faccio uno squillo o ti mando un messaggio così potrai salvarti il mio, va bene?>> lei solleva le spalle.

<<Come preferisci.>>

<<Allora ci sentiamo.>> continuo, mentre arretro di un passo.

<<Certo.>> continua Angel, accennando un sorriso. Sua madre mi saluta calorosamente, poi entrambe spariscono tra la folla.

Resto come un cretino a fissare lo schermo del telefono.
Le scrivo subito?
No, sembrerai appiccicoso e disperato.
Le scriverò tra qualche ora.
Eppure, quanto vorrei già rivederla.

~·~

[Ti ricordi quando
Mi hai ucciso per la prima volta
Hai mirato al centro
O hai colpito un po' per sbaglio
E per sbaglio hai vinto]

<<Sono stata una stupida a credere ad uno come te, a credere che uno come te, totalmente inaffidabile, che non sa cosa vuol dire amare nessuno, che sa solo usare le persone per il proprio piacere, potesse amare una come me.
Hai giocato bene, complimenti.
I "ti amo", i biglietti per il Sudafrica, la maglia di Dybala, la gelosia, la tua recitazione, perché ti ho creduto davvero, lo ammetto. Tutto perfetto. Forse però avresti dovuto nasconderti meglio, e non baciare la tua ragazza davanti a tutti.
Quella con cui ti sei divertito subdolamente in questi due mesi, e che credeva di essere la tua ragazza, avrebbe potuto vederti e rovinarti il gioco.
Dio, hai giocato anche con il mio senso di colpa!
Ma non ti fai un po' schifo?
Ho passato giorni a non capire perché uno come te, abituato a ragazze così diverse da me, potesse volere una come me. Ora ho capito. Sono io a non meritarmi uno come te, Márquez. Io sono troppo per uno come te, che non è neppure degno di starmi vicino.>>

<<Tu non mi ami in realtà, Marc.>>

<<Angel, io ti amo, puoi pensare quello che vuoi, ma i miei sentimenti non li puoi cambiare.>>

<<Beh, allora...vedrai, passerà.>>

<<Come?>>

<<Ti passerà. Ogni cosa finisce. Niente dura per sempre. Ti passerà prima di quanto credi, e mi ringrazierai. Vedrai.>>

<<Mi passerà?>>

<<Assolutamente sì. Non preoccuparti.>>

Riapro gli occhi e come uno stupido, per la millesima volta nell'ultimo mese e mezzo, mi volto istintivamente verso l'altra metà del letto.

Io continuo a cercarla, ma lei non c'è.
Non c'è e non tornerà mai più.

Io continuo a sognarla ogni notte, a sognare il momento in cui ci siamo incontrati, davanti alla Sagrada Familia, a sognare il nostro primo bacio, a sognare tutte le volte in cui abbiamo fatto l'amore, a sognare tutti i momenti che abbiamo trascorso insieme, mentre lei invece è già andata avanti, mi ha già dimenticato, cancellato, rimosso dai suoi pensieri e dal suo cuore, a lei probabilmente è già passata, come aveva detto che sarebbe successo a me.

Ricordo quelle parole che mi sussurrò all'alba, all'orecchio, pochi giorni prima di partire per l'Asia, mentre eravamo intrecciati.

<<Dimmi che ti ricorderai di me, per sempre, in piedi, contro il sole, il giorno in cui ci siamo incontrati, o così, con i capelli arruffati, le labbra gonfie e le guance rosse, letteralmente ubriaca di te.
Dimmi che anche quando tutto questo finirà, mi vedrai ancora nei tuoi sogni più selvaggi, dimmi che il mio ricordo continuerà sempre a vivere dentro di te.>>

Ricordo che non avevo potuto fare a meno di ridere, pazzo di lei com'ero, mi ero limitato a dire che non sarebbe mai finita tra di noi, che sarebbe sempre stato così tra noi, e che lei già viveva nei miei sogni, perché anche quando chiudevo gli occhi era lei la protagonista dei miei sogni, anche quando dormivo sognavo di essere unito a lei.

Ora, vorrei smettere di trovarmela davanti ogni volta che chiudo le palpebre, vorrei smettere di pensarla, di sentirmi come se fossi sull'orlo della pazzia.

È questo, dunque, l'amore?

Ora capisco perché Angel lo considerava distruttivo, qualcosa da cui scappare a gambe levate.
Mi sono messo in gioco, e ne sono uscito distrutto.
In questa storia, tra me e lei, è stata lei ad uscirne vittoriosa.
Alla fine, si è presa il mio cuore, quello di mio fratello, ed è scappata via, portandosi via anche le briciole.

Non sono neppure riuscito a sentirla dire, almeno una volta, quel "ti amo" che desideravo sentirmi dire da lei da un tempo indefinito.
Non me lo ha detto neppure una volta.

Esco con le prime luci del mattino, e raggiungo il circuito di motocross più vicino a casa.
Passerò anche l'ultimo giorno dell'anno facendo quello che amo, perché è l'unica cosa che mi fa sentire vivo.
Ultimamente non riesco a fare altro.
I ragazzi hanno deciso da giorni che sarei dovuto uscire con loro per festeggiare l'inizio del nuovo anno, e se prima pensavo che fosse una cattiva idea, ora non vedo l'ora di sbronzarmi.
È curioso notare come sia lo scorso capodanno che quello che mi appresto a trascorrere l'ho vissuto dicendo addio ad Angel.
Fino a poco più di un mese fa ero convinto che avremmo accolto il nuovo anno insieme, trascorrendolo nell'emisfero opposto per festeggiare solo noi due, anche il suo compleanno.

Lei invece inaugurerà il nuovo anno con i suoi nuovi amici e Joan, che pur di conquistarla definitivamente, è andato a trascorrere le sue vacanze in Italia, solo per lei.
Sa di avere, ora, completo campo libero, anzi, intere praterie sconfinate.

La cosa mi manda letteralmente in fumo il cervello, ma non posso farci niente, e questo mi getta nella disperazione.
Il dover mollare, il non poter fare nulla.

So che il vederla con qualcun altro dopo quello che abbiamo vissuto insieme mi ucciderà definitivamente, ma ormai Angel mi ha ucciso così tante volte che penso di averci fatto l'abitudine.

Come un idiota, l'altra notte, dopo aver buttato su carta quelle parole deliranti, sono uscito di nuovo di casa per spedirle quella lettera piena di dolore, disperazione e amore.
La mattina dopo ero già pentito.
Odio essere così maledettamente istintivo, al contrario di lei.
Io sembro elemosinare amore da lei che non è più intenzionata a darmi neppure un briciolo di affetto, lei invece, che si nutre del suo orgoglio, non si abbasserebbe mai ad una simile cosa.
Pur di non ammettere il suo amore per qualcuno preferirebbe morire dentro, e per un istante mi ritrovo ad invidiarla.
Se fossi stato anche io come lei, non mi sarei sentito un essere ridicolo e privo di amor proprio, nonostante abbia anche io il mio ego da nutrire, che ultimamente però è stato letteralmente soppiantato dal bisogno disperato di Angel anche a costo di calpestarlo, il mio orgoglio.

Poi però mi ricordo che io non potrei mai essere così.
Non mi sentirei a posto con me stesso se non dessi voce ai miei sentimenti, se lasciassi vincere il mio orgoglio, e a chiedermi poi come sarebbe potuta andare se non avessi pensato al fatto che aprire il proprio cuore sembra essere una debolezza, quando in realtà, per farlo, ci vuole grande coraggio.

Quando chiudo il gas, le luci del tramonto iniziano a dipingere il cielo.
Lavo la moto, la carico sul furgone e mi cambio.
Ora non mi resta che farmi una bella doccia e prepararmi per stasera.

~·~

[Angel]

Osservo per un'ultima volta il mio riflesso allo specchio, mentre gli ultimi stralci di questo tramonto svaniscono nel cielo.
Un pallido spicchio di luna ha già fatto capolino tra le nuvole.
I ragazzi avrebbero già dovuto essere qui, ma può essere che abbiano trovato traffico sulla statale.

Ho già preparato l'occorrente per la notte, nel caso riesca a dormire per qualche ora, Domizia ha detto che potrò dormire nella sua stanza e che Pecco se ne andrà da Migno.
Mi scappa da ridere se mi immagino quei due a dividere la stessa stanza.

Ho scelto di indossare un abito nero dalle maniche lunghe e in pizzo, e dallo scollo quadrato, e un paio di collant neri velati. Un paio di orecchini a cerchio, ossia i miei preferiti, e il ciondolo che mi ha regalato Joan completano l'outfit.
Do un'ultima sistemata ai capelli, controllo il trucco, che consiste in una passata di mascara, matita nera e ombretto viola, e sono pronta.

Sento suonare alla porta e recupero il telefono, che infilo nella borsa, mentre sento che mia nonna va ad aprire.
Mi chiudo la porta alle spalle e mi sporgo dalle scale.

La testa bionda di Joan appare ai miei occhi e mi mordo il labbro inferiore per reprimere il sorriso che era già pronto a disegnarsi sulle mie labbra.

<<Joan, sei venuto tu!>> esordisco, fermandomi a due scalini di distanza da lui, che si volta verso di me non appena sente il suono della mia voce.
Vedo un lampo passare nei suoi occhi scuri, che scorrono lentamente lungo il mio corpo.

<<Wow.>> lo sento dire, poi lo vedo scuotere il capo e abbassare lo sguardo.

<<Ho dovuto sfidare Migno per decidere chi tra noi due avrebbe avuto l'onore di venire a prenderti, e beh, hai davanti a te il vincitore!>> replica, allargando le braccia e rivolgendomi un largo sorriso.

<<Ma tu conosci le strade ancor meno di loro, avresti potuto perderti!>> continuo, inclinando il capo, mentre ammiro quel suo viso così dolce e bello.

<<Le abbiamo già percorse diverse volte negli ultimi giorni, e per fortuna ho una buona memoria, non è stato difficile scricciolo, anzi, è stato un piacere, perché c'eri tu ad aspettarmi alla meta.>> tende una mano verso di me ed io la afferro subito, annullando la distanza che ci divideva.

<<Noti niente?>> gli chiedo subito, abbassando lo sguardo sul ciondolo che porto al collo.
I suoi occhi seguono il mio sguardo, e lo vedo sorridere.

<<Il ciondolo che ti ho regalato.>> sussurra, gli occhi, estremamente carezzevoli che tornano ad incrociare i miei.

<<Penso che avrai capito che ne sono profondamente innamorata.>>

<<Magari presto ti ritroverai innamorata anche di colui che te l'ha regalato.>> mormora al mio orecchio, chinandosi verso di me.
Sorrido, scuotendo la testa, ma il suo respiro caldo contro la curva del mio collo mi fa venire i brividi.

<<Vedo che non molli, biondino.>> replico, per poi tirargli giù il cappello sugli occhi e scoppiare a ridere.
In quel momento vedo mia nonna tornare verso di noi.

<<Mai.>> lo sento sibilare alle mie spalle, e io mi limito a rivolgergli un'occhiataccia, mentre abbraccio mia nonna.

<<Divertiti, tesoro.>> mi sussurra, mentre mi stringe forte a sé.

<<Lo farò, nonna. Ti voglio bene. Vi chiamerò più tardi, per farvi gli auguri.>>

Joan mi aiuta ad indossare il cappotto, poi raggiungiamo l'automobile.

<<Pronta?>> mi chiede, mettendo in moto.
Io gli sfilo il cappello dalla testa e affondo una mano tra i suoi capelli ossigenati.

<<Prontissima, biondino!>> scoppio a ridere, quando lo vedo sollevare gli occhi al cielo, esasperato.
Dopo pochi minuti l'abitacolo dell'auto è abbastanza caldo da permettermi di togliere il cappotto, e Joan fa lo stesso dopo pochi minuti.

<<Comunque, ecco...prima non ti ho detto che...sei bellissima.>> mi volto verso di lui e incrocio i suoi occhi, che tornano subito sulla strada che si snoda davanti a noi.

Dio, quanto è dolce, vorrei così tanto lasciargli una carezza.

Lo osservo per qualche istante, mentre quel pensiero attraversa la mia mente.
Anche lui sta particolarmente bene stasera, anche se indossa una banalissima camicia nera e dei jeans dello stesso colore.
Mancano solo i capelli neri, ma in fondo, a Joan dona sempre tutto.
Lo trovo sempre bello.

<<Grazie, Joan. Anche tu stai davvero bene, stasera.>> lo vedo lanciarmi uno sguardo, mentre un sorriso sornione va a disegnarsi sulle sue labbra.

<<Cretino.>> lo riprendo, sogghignando, per poi allungare una mano verso i suoi capelli e accarezzarli con la punta delle dita.
Non faccio minimamente caso al fatto che il suo viso si è fatto serio, nonostante sia concentrato sulla strada, e che i suoi occhi si sono fatti lucidi e cupi.
Stacca ad un tratto una mano dal volante per portarla sulla mia, e tirarla giù, unita alla sua, sul cambio dell'auto.
Sento quello strano formicolio al centro del petto mentre fisso le nostre mani unite.
Mi accarezza appena il dorso con il pollice, e mi pare di sentire i miei nervi rispondere al suo gesto.

<<Ti va di ascoltare un po' di musica?>> gli chiedo subito, la voce stranamente più alta del solito, sfilando la mano dalla sua e iniziando a frugare nella mia borsa. So di avere le guance in fiamme, ma non voglio che lui se ne accorga.

<<Certo, anzi.>> lo sento dire, mentre tiro fuori il cellulare per collegarlo all'auto.

Quando sento le prime note di When you look me in the eyes dei Jonas Brothers sento il mio cuore mancare un battito.

<<Oddio.>> soffio, portandomi una mano alla fronte.

<<Che succede? Non ti piace questa canzone?>>

<<Mi piace troppo. Se inizio ad ascoltare i Jonas adesso, mi ritroverai riversa nelle mie lacrime tra meno di dieci minuti.>> lo vedo sogghignare.

<<Perché?>>

<<Perché inizierò a sentire la nostalgia di quegli anni in cui ero una tredicenne che cercava di non lasciarsi ingannare dai sogni, e perché io sono una persona estremamente nostalgica, a prescindere. Le cose che non tornano più, il tempo che non torna più, la vita che va solo avanti senza avere la possibilità di tornare indietro, tutto questo mi uccide davvero dentro.
La nostalgia è una di quelle cose che finiranno per uccidermi.>> mi rivolge un'occhiata piena di interesse.

<<Davvero?>> annuisco.

<<E poi sento nostalgia di quel periodo in cui ho perso letteralmente la testa per Nick Jonas.>> ammetto, abbassando la testa e portandomi la sciarpa a coprirmi il viso, in pieno imbarazzo.

<<No, sul serio?>> intuisco la sorpresa dal suo tono di voce.

<<È stato la mia prima cotta in assoluto, davvero, ero davvero pazza di lui, ma non volevo ammetterlo neppure a me stessa, già allora non mi piaceva provare emozioni per qualcuno. Ma è stato importante per me, perché è solo grazie al modo in cui lui mi ha ispirato se ho iniziato a scrivere.>>

Joan sorride e mi fa cenno con una mano di continuare.

<<Amo questa cosa.>>

<<Quale cosa?>>

<<Scoprirti. Scoprirti poco alla volta. È bellissimo. Non fermarti, ti prego, continua.>>

Sento la dolcezza traboccare dal mio cuore e mi allungo verso di lui, per andare a posare un bacio sulla sua guancia morbida.
Joan approfitta del doversi fermare in coda ad altre macchine per circondarmi i fianchi con un braccio e posare un bacio intenso sulla mia guancia. Continua però a tenere il viso vicino al mio quando le sue labbra si allontano dalla mia pelle, per accarezzarmi la guancia con la punta del naso, e andare a posare un altro bacio, più lento e delicato accanto all'orecchio.

I miei occhi si chiudono, ma d'improvviso il viso di Marc appare come un flash dietro le mie palpebre chiuse.
Sussulto, e Joan se ne accorge.

<<Angel, tutto bene?>> mi allontano da lui, scuotendo la testa.

<<Sì, non preoccuparti Joan.>> mi limito a dire, mentre That's just the way we roll dei Jonas Brothers sostituisce When you look me in the eyes.

<<Accidenti, cosa sarà successo?>> domanda Joan, scrutando la fila di macchine davanti a noi, come se bastasse quello per capire quale sia la causa del traffico improvviso sulla statale.
Poso una mano sul suo braccio.

<<Tranquillo, vedrai che ci rimetteremo presto in marcia. Piuttosto, potremmo approfittarne per cantare insieme.>> alzo il volume della musica, e lo vedo lanciarmi un'occhiata incuriosita.

<<And I know, we get a little crazy
And I know, we get a little loud
And I know, we're never gonna fake it, we are wild, we are free, we are more than you think, so call us freaks, but that's just the way we roll.>> canto a gran voce, per poi scoppiare a ridere. Joan mi segue nella risata, mentre io continuo a cantare.

<<Ma tu devi cantare con me, biondino!>>

<<Ti lascio cantare con il tuo primo grande amore!>> mi schernisce, e io gli lascio uno schiaffetto sul braccio.

<<Non prendere in giro Nicholas, per me resterà sempre il più bel quindicenne che io abbia mai visto!>>

<<Addirittura.>>

<<Già, labbra a cuore e una testa piena di ricci, poi ha deciso di tagliarsi i capelli perché è un ragazzo, ergo, non capisce un cazzo, ma è da lì che ho capito che i ragazzi dai capelli ricci hanno quel qualcosa in più, per me.>>

<<Molto interessante...allora devo fare qualcosa per questi capelli.>> replica, guardandosi nello specchietto retrovisore. Scoppio a ridere, e gli accarezzo i capelli sulla nuca.

<<Non ci provare, sei perfetto così come sei. Limitati a farli tornare del loro colore naturale.>>

<<Davvero sono perfetto per te?>> mi chiede, voltandosi a guardarmi. Lo fisso negli occhi, mentre continuo ad accarezzargli i capelli.

<<Davvero.>> riesco solo a dire, e vedo il suo sguardo farsi più carezzevole, più intenso, più lucido.
Si morde il labbro inferiore, poi abbassa il capo.

<<Joan, devi cantare con me!>> lo riprendo, guardandolo con aria di rimprovero.

<<Ma non conosco le parole, Angel, ti prego!>> piagnucola lui, mentre Burnin' Up inizia.

<<Per il primo ritornello passi, ma il secondo lo devi cantare con me!>>

<<Sei terribile.>>

<<Vero.>> confermo, per poi iniziare a cantare.

<<I'm hot, you're cold, you go around like you know who I am but you don't, you've got me on my toes.
I'm slippin' into the lava
And I'm tryn' keep from goin' under
Baby, who turned the temperature hotter?
'Cause I'm burnin' up, burnin' up
For you baby!>>

<<Questa non è difficile, anzi, sembra quasi che l'abbiano scritta per me!>> lo sento dire, e mi limito a scuotere la testa.

Tiro fuori il telefono e riprendo la neve che ha ricominciato a cadere fuori dall'auto.

<<Dovresti riprenderti mentre canti, hai una voce bellissima!>>

<<Agli ordini, biondino!>>

Mi sento leggera e felice, ma invece di riprendere me stessa mentre canto, riprendo lui e i suoi goffi tentativi di cantare con me, ed è adorabile vederlo mentre sbaglia tutte le parole.

<<Questo finirà nelle tue storie, già lo so.>> piagnucola lui, e io non posso fare a meno di sogghignare.

<<Proprio così.>> confermo, mentre il cartello che ci indica che mancano una manciata di chilometri per raggiungere Cortina scorre sopra le nostre teste.

Raggiungiamo il locale dove i ragazzi hanno scelto di passare la serata e Joan spegne il motore dell'auto. Per qualche istante restiamo in silenzio, poi le note di Hello beautiful sostituiscono il silenzio.
Chiudo gli occhi.
Questa era una delle mie preferite.

<<Questa ti piace particolarmente, vero?>> mi chiede e io annuisco.

<<Possiamo ascoltarla, per favore?>>

<<Ma certo, mia Belle.>>

La ascoltiamo in silenzio e sento i miei occhi farsi lucidi. Vorrei non sentire le cose così in profondità.
Vorrei essere sempre dura, impenetrabile, priva di emozioni, come se davvero niente a questo mondo potesse scalfirmi.

In quel momento sento Joan posarmi una mano sulla guancia, e accarezzarmi appena con la punta del pollice.

<<Forse sarà stupido per te, ma questa frase descrive appieno ciò che sento quando penso a te.>> sussurra, il viso poco distante dal mio.

<<Quale...quale frase?>> nonostante la penombra in cui riversa l'abitacolo dell'auto noto le sue guance tingersi di un lieve rossore, mentre abbassa lo sguardo.

<<Quella che...che dice che potrei attraversare il mondo e vedere tutto, qualunque cosa e non essere mai soddisfatto se non potessi vedere quegli occhi. E quegli occhi sono i tuoi, Angel.>>

È sempre così diverso quando mi chiama per nome, capisco che è più serio che mai, ogni volta che nomina il mio nome.

I suoi occhi si posano sulle mie labbra, mentre continua a disegnare cerchi immaginari sulla mia guancia.
Gli poso due dita sotto il mento e i suoi occhi tornano ad incrociare i miei.

<<Ci sono così tante cose che ancora non sai di me, Joan...>>

<<Io voglio scoprirle tutte queste cose, Angel, tutte. Un poco alla volta, ma voglio scoprirti, ogni giorno, un po' di più. Sai che so aspettare, non ho fretta. Voglio godermi ogni singolo frammento di secondo passato con te con ogni fibra di me stesso.>> posa la fronte contro la mia e chiude gli occhi, mentre io con un gesto spengo la musica.

Ho il cuore che batte come impazzito nel petto perché Joan mi sta mandando in confusione ogni giorno di più.
Non voglio perderlo, lo voglio vivere perché è talmente prezioso e magico che sta scavando dentro di me come l'acqua, che con pazienza e perseveranza scava nella roccia.

<<Usciamo insieme.>> ripete, come l'altro giorno, solo che questa volta non è una domanda.

<<Usciamo insieme.>> soffio, riaprendo gli occhi e fissandoli nei suoi. Lo vedo rivolgermi il sorriso più splendente che io abbia mai visto sul suo viso, e posa anche l'altra mano sul mio volto, per poi posarmi un bacio sulla fronte.

<<Vieni qui, siamo troppo belli per non catturare questo momento in una foto.>> dico, portando un braccio intorno al suo collo e sbloccando il telefono.

<<Posso scattarla io?>> annuisco, mentre gli porgo il telefono. Allaccio anche l'altro braccio intorno al suo collo, mentre lui posa l'altra mano sulla mia schiena.
Chiudo gli occhi, mentre lo sento scattare la foto.

<<Ora, andiamo, o i ragazzi penseranno che ci siamo persi!>> indosso il cappotto, la sciarpa e scendo dall'auto.
Attraversiamo il parcheggio e raggiungiamo il locale, una costruzione decisamente grande che ricorda un rifugio ad alta quota.
Il vento freddo e pungente mi sferza il viso, poi, quando entriamo dentro il locale, mi sento avvolta all'istante dal calore del grande camino che troneggia nell'ampia sala.

<<Ragazzi, non vi muovete!>> esclama Domizia, venendo verso di noi.

<<Ciao anche a te Domi, sì, abbiamo trovato un po' di traffico in strada ma ce l'abbiamo fatta ad arrivare.>> ribatto, inarcando un sopracciglio, mentre Joan accanto a me sogghigna.

<<Dovete baciarvi.>> continua Domizia, ignorando le mie parole.

<<Sei già ubriaca alle sette di sera, per caso?>> replico, confusa, mentre anche gli altri ci raggiungono.

<<Siete sotto il vischio, dovete baciarvi, è la tradizione.>> io e Joan solleviamo il capo e notiamo il vischio che pende sulle nostre teste.
Torniamo poi a guardarci l'un l'altro, e lo vedo sorridere, mentre si morde il labbro inferiore.

<<Ci sono io sotto il vischio con lei, prego!>> esordisce Migno, venendo verso di noi a passo svelto, per poi prendere Joan per un braccio e allontanarlo da me. Si piazza poi al mio fianco e mi rivolge un sorriso innocente.
Scoppio a ridere e gli poso un bacio sulla guancia.

<<Hai assolutamente ragione, Mig!>> esclamo, abbracciandolo, e lui di rimando, mi posa un bacio sulla guancia.

<<Sei una sventola, Angel, ti va di ubriacarti con me?>> propone, mentre mi prende sottobraccio.

<<Questa è un'offerta che non posso assolutamente rifiutare. La mia prima sbronza la voglio vivere con te, Mig.>>

<<Hai scelto il meglio della Romagna, angelo, non te ne pentirai.>>

<<Se ne pentirà al primo shottino di alcol, mi ci gioco i boxer.>> esordisce Nicco, che ci affianca.

<<Lo dici solo perché sei invidioso, non ascoltarlo Angel.>> continua Mig.

In quel momento Domizia viene verso di me e mi toglie dalle grinfie di Migno.

<<Lei viene in bagno con me.>>

<<Dimenticavo che le ragazze vanno sempre al bagno insieme, ti aspetto qui vita mia, non sentire troppo la mia mancanza mentre fai pipì!>> Andrea mi manda un bacio volante che io ricambio, ridendo.

Io e Domizia entriamo in bagno, ma io, ora che ci penso, non devo fare niente in bagno.

<<Non sapevo come toglierti dalle grinfie di Migno!>> mi dice, in un sorriso.

<<Figurati Domi, io adoro Andrea!>>

<<Sì, lo so, è praticamente impossibile non volergli bene.>> concorda con me.

<<Solo che volevo scambiare due parole con te in privato, e con quei pazzi là fuori è praticamente impossibile.>> osserva il suo riflesso allo specchio, per poi incipriarsi il naso.

<<Non hai portato il cambio per stanotte, nel caso ti serva?>> mi chiede, guardandomi attraverso lo specchio.

<<Sì, certo, l'ho lasciato in macchina, nel caso lo recupererò.>>

<<Bene. Sono felice del fatto che tu sia qui con noi, davvero, mi fa tanto piacere.>> sorrido.

<<Anche a me, davvero. Siete adorabili, e infinitamente gentili con me. Non è un periodo facile, sto cercando di rimettere insieme i pezzi della mia vita e ->> mi blocco, deglutendo a fatica, e Domizia mi posa una mano sul braccio, rivolgendomi un dolce sorriso.

<<Non devi spiegarmi niente, Angel, sul serio. Non ti chiederò cosa è successo, il motivo che ti ha portato a tornare in Italia su due piedi, voglio solo allietarti un po' l'umore e aiutarti in questo tuo nuovo inizio.>> mi abbraccia e la ringrazio. È davvero un'anima bella.

<<Comunque, non trovi che Joan sia adorabile?>> mi chiede, senza guardarmi, mentre si sistema una spallina del vestito.
Sento di essere sul punto di arrossire.

<<Beh sì, lo è. È una creatura preziosa.>> ammetto, e lei mi lancia un'occhiata.

<<E non trovi che siate adorabili insieme?>> boccheggio, mentre alzo lo sguardo verso il suo. Non so cosa dire, perché non riesco più a formulare un pensiero di senso compiuto.

<<Oh, ecco, io...non lo so, cioè...mi trovo bene con lui ma...non ho idea di come ci vedono gli altri al di fuori.>>

<<Beh, io vi trovo adorabili.>> mi fa l'occhiolino, e arrossisco, <<e si vede lontano un miglio che lui è perso per te.>> sollevo il capo, mentre sento il cuore iniziare a battermi contro la cassa toracica come impazzito.

<<Io - perso, dici?>>

Domizia annuisce, per poi sogghignare.

<<Mi sciolgo ogni volta che vi vedo vicini, o lo becco a guardarti, quando tu non lo vedi.>>

<<Mi guarda quando io non...quando io non lo vedo?>> continuo, sempre più confusa.

<<Eccome.>> scuoto la testa.

<<Joan è un ragazzo meraviglioso, ma...io sono troppo confusa in questo periodo, e siamo anche troppo lontani per...per qualunque cosa. Non sono pronta a buttarmi in questa storia, non sarebbe neppure giusto per lui. Voglio davvero passare del tempo con lui, e spero di poterne passare tanto con lui, ma...ora come ora non voglio niente che abbia a che fare con le relazioni, voglio stare per conto mio, che è la cosa migliore.>>

Domizia mi posa le mani sulle spalle e le stringe appena.

<<È giusto, Angel, anzi. Devi fare ciò che ti senti. Voglio solo che tu sappia che se avrai bisogno, per qualunque cosa, io ci sono.>>

<<Grazie, Domi.>>

<<Ora andiamo, avanti.>>

~·~

[Marc]

<<Buon anno, fratello! Ti voglio bene!>> Alex mi abbraccia di getto, stringendomi forte, mentre mi urla queste parole alle orecchie, <<e vedrai che andrà tutto bene.>>

Lo stringo allo stesso modo, affondando il viso nella sua spalla.
Lui è davvero il mio tutto, il mio migliore amico, la mia famiglia.

<<Buon anno anche a te, fratello. Andrà bene per entrambi, te lo assicuro. Ti voglio un mondo di bene.>> ci guardiamo negli occhi per diversi istanti, prima che gli altri ci piombino addosso per festeggiare.
Dopo quello che è successo il mio rapporto con Alex, se possibile, si è intensificato ancora di più.
Ci siamo fatti la guerra, ci siamo detestati, poi abbiamo capito che noi eravamo la cosa più importante, il bene l'uno dell'altro, l'essere uniti sempre e comunque, il nostro rapporto era più forte e più importante di tutto.

È passata la mezzanotte, il nuovo anno è arrivato e io sono ancora troppo sobrio al contrario di José che è letteralmente andato.
Nuria gli ha già strappato di mano per tre volte consecutive la birra di mano, birra che José per altrettante volte è riuscito a riprendersi.
Mi guardo intorno e sento la sua mancanza.

Ora mi avrebbe abbracciato, mi avrebbe stretto a sé e mi avrebbe urlato un "buon anno, Marquez!" all'orecchio.

Sento l'irresistibile bisogno di vederla, di sentirla, ma mi ha fatto fuori dalla sua vita senza diritto di replica.
Prendo un lungo sorso di birra, nel disperato tentativo di dimenticarla almeno un po', ma al contrario, nella mia mente balena un'idea.

Osservo José.
È sbronzo come non mai.
Mi avvicino a lui e gli faccio un cenno.

<<Mi presti il telefono? Il mio è scarico.>> gli chiedo, ma lui annuisce prima che io finisca di parlare. Fa per prendere il telefono, ma gli faccio cenno di non preoccuparsi, e lo tiro fuori dalla sua tasca dei jeans.
Mi allontano un po' dagli altri ed entro su instagram, diretto al profilo di Angel, che non ha ancora bloccato José.
Ha pubblicato un post per il suo compleanno con tutti i ragazzi che erano con lei per festeggiare, e cerco di ignorare la fitta al cuore che sento quando noto che Joan è vicino a lei in ogni singola foto.
Osservo il cerchio luminoso che circonda la sua foto profilo e mi dico che se devo andare a fondo, allora ci andrò in piena consapevolezza.

Apro le sue storie e ci trovo colui che mi aspettavo di vedere: Joan.
È alla guida di una macchina, e canticchia parole sconclusionate, mentre Angel, che evidentemente è seduta al suo fianco, pronuncia le parole corrette della canzone che stanno ascoltando e ride, ride, ride.

Ride con uno che non sono io.

L'immagine dopo, è soltanto l'ennesimo colpo al cuore.
Deve essere stato lui a scattare quell'immagine, e ciò che mi uccide è vedere Angel contro il suo viso, ad occhi chiusi.

Mi prende l'istinto di lanciare il telefono contro il muro, ma mi trattengo, e decido di fare quello che volevo fare in precedenza.
Entro nella casella di posta di Angel e le invio un messaggio, come se fossi José.

"Buon anno Angel, ti auguro un anno pieno di gioia."

Osservo quelle parole mentre sento gli occhi pungermi per le lacrime.
So che risponderà fra ore molto probabilmente, ma non mi interessa.

Solo che invece, il suo messaggio di risposta arriva dopo qualche minuto e il telefono quasi non mi scivola dalle mani.

"Buon anno anche a te, José! Fai tanti auguri anche a Nuria, e dille che le voglio bene. Sì, ne voglio anche a te, tranquillo. Vi auguro un anno pieno di gioia, felicità e successi. Grazie per questo messaggio. Un bacio."

Sento una lacrima scorrermi lungo la guancia, perché so che è solo un'illusione.
Lei in realtà pensa di parlare con José, non con me.
Mi asciugo gli occhi con il dorso della mano, per poi prendere l'ennesimo sorso di birra, mentre sento il telefono vibrarmi nuovamente tra le mani.

"Senti, posso chiamarti un attimo? Giusto perché vorrei sentire Nuria, e farle gli auguri a voce! Devo aver perso il suo numero e non ho il suo contatto su instagram. Ti disturbo?"

Cazzo, cazzo, cazzo!
Devo dirle assolutamente che ora sono impossibilitato a rispondere.
Sono ubriaco.
C'è troppa confusione.
Nuria è sparita.

Invece, le mie dita fanno quello che vogliono.

"Certo."

Mi accorgo che pur di sentire la sua voce, farei qualunque cosa.
Il telefono inizia a suonare tra le mie mani e il nome di Angel appare sullo schermo.
Chiudo gli occhi, deglutendo a fatica, e rispondo.

<<José, ancora buon anno! Scusa la confusione - no, Mig, basta, non vedi che mi hai riempito il bicchiere di spumante? - scusa l'interruzione, senti, mi sono accorta che ho perso il numero di Nuria, e volevo farle gli auguri, è lì con te immagino, no?>>

Sento il cuore scoppiarmi nel petto quando torno a sentire la sua voce. Un brivido così intenso tanto da scuotermi fin nel profondo, mi scorre lungo la schiena.

La voce di Angel, al mio orecchio, di nuovo.
La mia Angel, di nuovo.

<<José, ci sei? Mi senti?>>

Si accorgerà subito che io non sono José, ma me stesso medesimo, come diavolo faccio?
Mi schiarisco la voce e approfitto della confusione per provare a cammuffare la mia voce.

<<Sì, sì, Angel...Nuria è al bagno...>>

<<Ehi, che voce! Convinto di stare bene?>>

<<Ecco, sono...semplicemente sbronzo.>>

Beh, in fondo è vero.
José è proprio andato.

<<Avrei dovuto immaginarlo. Beh, allora, ti lascio. Grazie ancora José, mi manchi, mi mancate tutti - cioè...oh, non importa, tanto sei ubriaco. Lascia perdere. Ti voglio bene.>>

<<Io invece ti amo, e tu lo sai benissimo, Angel.>> mormoro, in un sussurro, e mi sento morire nell'istante esatto in cui quelle parole lasciano le mie labbra.

<<Cosa? Non ho capito che hai detto!>> esclama a gran voce dall'altra parte.

Dio, per fortuna.

<<Nulla, borbottavo tra me e me.>>

<<Certo...beh, buonanotte José. E buon anno.>>

<<Buon anno, Angel.>>

Chiude la chiamata e sento il cuore accartocciarsi nel mio petto.

A modo nostro, io e Angel ci siamo scambiati gli auguri anche quest'anno.
Anche se ora non ho più voglia di festeggiare.

[Spazio autrice]

Salve mie care,
Eccomi qui con un nuovo capitolo alle 00:03, ma ormai sono una creatura della notte 😂
Ho adorato scrivere questo capitolo, lo ammetto, come adoro scrivere di Joan, ma immagino che voi non ve ne siate accorte 😂
Sempre più vicini quei due, vero? Sapete di chi sto parlando 👀
Well, fatemi sapere che ne pensate di questo capitolo, fatemi sapere quello che vi passa per la testa, tutto tutto❤
Vi voglio bene ❤

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