Capitolo 20
~ Cris ~
Tornare alla civiltà mi fa uno strano effetto, risentire i ragazzi mi ha fatto venire una nostalgia terribile, ho percepito tanto affetto, quanto disagio. Chissà se lei era lì con loro, non so nemmeno che ore sono a Milano. So solo che quando sono salita sulla jeep e Cesare mi ha passato la birra e la sigaretta, mi sono sentita come svegliata e riportata alla realtà.
Siamo tornati nella stessa casa dove eravamo quando siamo arrivati, ritrovo tutte le mie cose così come le ho lasciate, Anna mi si avvicina e mi dice: «Vai a fare una doccia, dopo ci mettiamo a tavola. Ho chiesto di portarci delle pizze, non sono come quelle italiane, ma dopo quasi due mesi di carne di serpente e salsa di formiche sono sicura che le troverai buonissime.»
«Ci facevano la salsa con le formiche nei barattoli?» chiedo sconcertata, lei sorride e annuisce.
Faccio la doccia, ritrovando tutti i confort che in questo periodo mi sono mancati, anche se trovavo più appagante il bagno nel lago e molto più efficace e delicato lo strano sapone dei kubut.
Esco dalla doccia, i miei occhi si soffermano sul water e penso ad alta voce: «Tu sei decisamente la più grande invenzione dell'uomo.»
Mi preparo per la cena, vado in soggiorno dagli altri e Anna mi suggerisce: «Chiama subito i tuoi amici, in Italia è già notte, gli hai detto che li chiamavi appena arrivavi, finirai per non farli dormire.»
«Sì, lo faccio subito, non avevo idea di che ora fosse lì, qui c'è ancora il sole» le rispondo aprendo il mio pc, lo accendo e la foto mia e di Roby sullo schermo mi illumina la vita. Chiamo i ragazzi e non appena li vedo apparire, il mio cuore impazzisce.
«Piccola che bello rivederti» esordisce subito Tommy
«Sei dimagrita tanto, ma che hai fatto?» mi chiede Pitt come suo solito.
«Sto bene Pitt, ed è bellissimo rivedere anche voi. Come state? Come vanno le cose lì?»
«Stiamo bene non preoccuparti, ma prima di parlare di noi, dicci tutto quello che hai fatto.»
«Vi manderò i video, Cesare ne ha fatti molti, non posso riassumervi tutto in pochi minuti. Adesso ho solo bisogno di sapere come vanno lì le cose, come sta Roby?» chiedo loro senza mezzi termini.
«Sta bene.» risponde Pitt serio.
«Ehi, basta bugie, voglio la verità.» So che qualcosa non va, lo leggo sui loro volti.
«Ok, sei seduta?» mi domanda Tommy.
«Sì dai, dimmi tutto e non preoccuparti, mi aspetto già il peggio» gli rispondo sperando che non lo sia tanto quanto immagino.
Tommy accenna un sorriso poi mi dice: «Lei ha reagito a modo suo, ha lasciato il vostro appartamento, noi abbiamo portato tutte le tue cose da noi.»
«Dove vive adesso?» gli chiedo sentendo la terra mancarmi sotto i piedi.
«È tornata dai suoi e da qualche settimana ha cambiato lavoro. Ha avuto una buona offerta da una azienda di cosmetici e sembra che questo lavoro la stia aiutando molto e poi...»
«E poi? Tommy non tentennare, non puoi rendere indolore la cosa, quindi dilla e basta!» gli chiedo un po' nervosa, lo vedo dai loro sguardi e da come si strofinano le mani nervosi che c'è di peggio.
«Sta frequentando una donna, ma per adesso sono solo amiche» mi dice di botto Pitt e per quanto fastidiosa e preoccupante sia la notizia, noto che il loro nervosismo non è passato.
«Tommy cos'altro devo sapere? Ragazzi ditemi la verità è inutile rimandare.»
«Piccola, lei non sta ancora bene, inizialmente ha fatto di tutto per dimenticarti, adesso grazie al nuovo lavoro e a Chiara, la tipa con cui si frequenta, sta reagendo. Stasera quando tu hai chiamato c'era anche lei e quando ha sentito che eri tu non ha reagito bene, mi ha detto chiaramente che non è pronta a rivederti, non sa come reagirebbe e non lo so neanch'io.»
Sento il cuore stringersi, accartocciarsi su sé stesso, preso da qualcosa che non ha pietà per lui, gli rispondo d'impulso cercando di non far notare il mio sgomento.
«Io non pensavo di tornare subito, con Anna ho ancora del lavoro da fare Roma.» Mento per evitare di preoccuparli.
«Cris non ti sto dicendo che non devi più tornare.»
«Lo so Tommy, e io vi sto dicendo che non posso rientrare subito, non so di preciso quanto mi fermerò a Roma.»
«Non abbatterti, lei ritroverà la ragione prima o poi» mi dice Tommy, gli sorrido e annuisco.
«Ragazzi state tranquilli, adesso devo andare, credo siano arrivate le pizze di là e ho bisogno di cibo vero, vi chiamo domani.»
«Ok, ciao piccola.»
«Ciao tesoro, chiama domani non scordarti.»
«Certo mamma, vi voglio bene.»
Chiudo la chiamata e posso lasciare andare le lacrime, sento una mano poggiarsi sulla mia spalla, «Non è andata come pensavi?» mi chiede Anna.
«No, è molto peggio di quanto immaginassi, non posso tornare a Milano e non so quando potrò farlo.»
«Sì ho sentito, scusami, sono rimasta sulla porta ad ascoltare.»
«Sei una Tesò invadente, lo sai?» le chiedo scherzando fra le lacrime.
«Già, ma dovrai farci l'abitudine, ho sentito che vuoi venire con noi a Roma»
«No, io ho solo cercato di tranquillizzare i ragazzi. Non ho idea di cosa farò o dove andrò, ma non voglio abusare della tua ospitalità.»
Mi abbraccia, poi mi passa un fazzoletto. «Per adesso andiamo a mangiare, se no dovrai abituarti in fretta a Cesare che finisce la pizza prima che tu possa vederla.» Annuisco e mi alzo seguendola.
Dopo mangiato prendo tutte le memori card e carico le foto sul mio pc, mi faccio dare tutti i video da Cesare, passandoli al setaccio perché non ho idea di cosa abbia filmato. Trovo tutti i video delle mie prove, altri di giornate tranquille al villaggio e infine i primi che mi ha fatto, quando eravamo in viaggio ed ero bendata, ne seleziono un paio tra i più leggeri evitando di proposito quelli delle prove kibin e li mando ai ragazzi.
Anna mi viene vicino e mi suggerisce: «Non metterti subito a lavorare, riposati.»
«Se non lo faccio penso che impazzirei in questo momento» le rispondo istintivamente.
«Ok, allora lo facciamo insieme, così ti dico subito quali foto vanno bene.»
Rimaniamo ore a guardarle, mi piacciono molto, in ogni volto penso di aver colto la vera essenza di ogni kubut, anche in quelli che apparentemente possono sembrare tristi vi è sempre un piccolo segno di pace e soddisfazione per ciò che stanno facendo.
«Sono tutte perfette, non so come decidere quali inserire nel libro, hai fatto un lavoro straordinario, riesco a leggere i pensieri di tutti.»
«Mi fa piacere, avevo paura di non aver capito bene cosa volessi davvero. Ho fatto solo quello che mi piace fare. Ma dobbiamo controllare bene se in qualche foto c'è qualcosa che possa far intuire dove si trovano. Non mi perdonerei se per colpa delle mie foto...»
«Non preoccuparti, a questo ci penso io.»
«Posso aiutarti a ritoccarle se serve, non immagini quanto una foto possa rovinare la vita...»
«Smettila Ruma! Le tue foto non rovineranno la vita di nessuno.» Il suo tono duro mi riporta in me, «Smettila con questa insicurezza, tu hai un grande talento Cris, sei una fotografa di pensieri.»
Di colpo mi ritrovo a sorridere e senza pensarci le dico: «Lo ha detto anche Roby una volta.»
«Bene, almeno a lei spero crederai!»
«Credo anche a te, però non ho idea in che modo usare questo talento, come lo definisci tu. Nel mondo della fotografia non so come mi può essere utile, non tutti devono fare libri su tribù sconosciute, lì fuori questo non interessa a nessuno» le rispondo scettica.
«Hai detto che al villaggio hai fatto solo quello che ti piace fare, lo hai fatto altre volte?» mi interroga curiosa.
«Sì, ne ho cartelle piene se vuoi, l'ho sempre fatto durante le ferie a Catania e il primo anno a Milano, negli ultimi tre anni ne ho fatte meno, in giro per l'Italia, sono tutti scatti fatti di nascosto a persone che non si accorgevano che li stessi fotografando.»
«Posso vederle?»
«Certo, guarda pure, nella cartella foto Cris, trovi tutto» le rispondo passandole il comando del mouse e del pc.
Vado a sedermi fuori per godermi la birra accompagnata da una buona sigaretta. Cesare e Jessy vengono a sedersi accanto a me, lei mi chiede: «Come stai? Ti stai riabituando al solito mondo?»
«Purtroppo, sì, e mi spiace farlo, ma avendo tutto a portata di mano non ci faccio nemmeno caso. È una strana sensazione, come se avessi vissuto un sogno.»
«Ti capisco, è successo anche a me la prima volta, stavolta però è diverso, guardo questa bottiglia e mi chiedo se davvero ne abbiamo bisogno per vivere.»
«Hai ragione» le rispondo, pensando alle ciotole fatte di foglie dove bevevamo il the o chissà quale strana bevanda.
«Com'è stato risentirei i tuoi amici?» mi chiede Cesare.
«Bello, emozionante e devastante.»
«Che ti hanno detto di tanto terribile?» interviene Jessy dispiaciuta.
Racconto loro quanto i ragazzi mi hanno comunicato, evitando troppi particolari che ancora non riesco a metabolizzare.
«Sti cazzi!» esclama Cesare, poi mi guarda e mi chiede: «Ti va di andare a fare un giro nella civiltà?»
«Che intendi?»
«Prendere la jeep e andare nel primo paese abitato qui vicino.»
«Ma possiamo farlo? Non capirei dove siamo?»
Lui mi fissa scettico e scherzando mi chiede: «Perché hai forse capito quale lingua parlassero i tizi che ci sono venuti a prendere nella foresta? O dal loro aspetto hai intuito di che nazionalità sono?»
«Assolutamente no» gli rispondo sincera.
«Allora andiamo, ti farà bene andare un po' in giro.»
Anna è d'accordo con lui e salto sulla jeep con uno strano entusiasmo, andiamo in un paesino molto carino, camminiamo guardandoci intorno, non ci sono grandi monumenti o qualcosa che riconosco e avendo portato la macchina fotografica con me, torno a fotografare la gente.
Un tizio cammina lentamente, portando sulle spalle un grosso sacco, sembra davvero pesante dalla sua espressione di fatica, si ferma a riposare esausto siede su un muretto, mi sorride mostrandomi due denti mancanti, ma ha l'espressione del tipico siciliano che pensa "Bedda vita si durasse.", riferendosi al mio periodo di vacanza, lo guardo e vorrei potergli dire "Non immagini invece quanto vorrei potesse finire subito."
Mi sembra di girare in tondo, ci fermiamo a bere qualcosa di alcolico, è parecchio forte che mi stona, ma davvero buono, dolciastro quanto basta per buttarlo giù.
Compriamo della frutta, ma prego Cesare di non prendere cocco e banane, non li sopporto più.
Poi ci fermiamo a prendere del cibo, roba fritta, di varia natura credo, timorosa chiedo a Cesare: «Che roba è?»
«Tranquilla, è pollo fritto, molto aromatizzato.»
Faccio ancora qualche scatto in giro alle persone che non si accorgono della mia presenza, poi torniamo a casa da Anna e mangiamo. Per quanto il cibo kubut fosse del tutto naturale e nutriente questo pollo fritto mi rimette al mondo, è molto meglio della pizza (che di pizza non aveva nulla in realtà.)
Vivo il resto della serata ancora stordita dall'alcol bevuto in quel paesino e mischiato alla birra mi da quella leggerezza capace di non farmi pensare alle cose brutte, a cosa dovrò fare quando lasceremo questo luogo. Mi siedo fuori guardo le stelle e penso a Roby, non posso farci nulla, lei sarà sempre nei mei pensieri. Mi chiedo se le sta guardando adesso, chissà se da Milano si vedono le stesse?
Non dimenticarmi Amore, dimentica di me quella parte che non esiste, quella che pensi ti abbia tradita. Ma non preoccuparti, conserverò io i ricordi per entrambe, quando starai meglio e mi farai tornare, li ritroverai tutti nei miei occhi.
«Ehi... sogni ad occhi aperti?» Anna mi prende alla sprovvista, non l'ho sentita arrivare.
«No, ero solo assorta nei miei pensieri.»
Mi osserva un po'. «Non erano belli, da quello che ho intuito.»
«I soliti» le rispondo nostalgica.
«Parlami dei tuoi amici.» Trovo strana questa sua richiesta, ma le rispondo sentendomi a mio agio con lei.
«Pitt e Tommy li hai conosciuti, Pitt lo conosco sin da quando ero bambina, Tommy da pochi anni, ma con lui ho un rapporto per certi versi più forte di quello con Pitt. Poi ci sono Valentina e Serena due donne sui quarant'anni o qualcuno in più, anche loro stanno insieme e hanno un bambino di tre anni, Serena è sempre stata più legata a Roby, mentre io a Vale il primo anno che mi sono trasferita a Milano. Poi però quando è nato Riccardo lei è cambiata, ha preso tutto il peso della famiglia solo sulle sue spalle, ha cominciato a lavorare più del dovuto e ci siamo allontanate un po'. Poi ci sono Stefano e Angelo, anche loro una coppia, sia nella vita che nel lavoro, Stefano lavora per la camera nazionale della moda; invece, Angelo è un modello molto bravo, ma poco conosciuto. A Stefano devo molto, lui mi ha aiutato tantissimo, grazie a lui ho potuto fare le mie prime foto durante la settimana della moda e da lì ogni anno è sempre stato più facile farlo. E per ultima ma non meno importante c'è Sara, una collega di Vale che si è unita al gruppo negli anni, lei è un ottimo medico, credo sia specializzata in chirurgia d'urgenza o non so cosa, in questi anni ha avuto un paio di storie, ma poco durature, in realtà lei è sposata al suo lavoro e non lascia molto tempo al resto della sua vita. Ma è una vera amica, molto discreta come me, ma con cui mi sono sempre trovata bene. E scusa c'è anche Matilde, lei in realtà è la migliore amica di Roby, non si unisce spesso al nostro gruppo, ma è molto simpatica e mi piacevano molto le giornate che trascorrevamo con la sua famiglia, ha una bambina di quattro anni ed è bellissima. C'è anche Agnese, la vecchietta che vive al piano di sopra, nel palazzo dove vivevamo, lei è fantastica, adoravo trascorrere il tempo con lei, mi manca molto.»
«Come hanno reagito al tuo falso tradimento.»
«Mi hanno dato tutti addosso, tranne Sara e Matilde, loro non erano con noi la sera che la bomba è scoppiata, anzi adesso che ci penso non le ho proprio viste. Non so cosa Vale abbia raccontato a Sara di preciso ma di certo nulla di buono, lei è stata quella che mi ha massacrata di più. Matilde suppongo che avendo sentito la versione di Roby, dubito la pensi diversamente. Ad Agnese non ho avuto il coraggio di spiegarle nulla, l'ho solo salutata quando sono andata via.»
«Come mai?»
«Non so, non sapevo cosa dire ad Agnese e dopo quella sera, ogni volta che incontravo al locale i ragazzi mi guardavano tutti male, stavo finendo per credere d'essere davvero colpevole.»
«E della tua famiglia cosa mi racconti?» mi chiede curiosa.
Mi fa sorridere come lo fa, mi piace il suo interessarsi a me, le sorrido e le chiedo: «Vuoi la versione corta o lunga?»
«Lunga è ovvio, voglio sapere tutto.» risponde ridendo.
Accendo una sigaretta, mi metto comoda e le racconto tutta la storia terminando con: «Ma in questi anni sono migliorati molto, ci hanno ricevuto con affetto tutte le estati per le ferie, in camera mia hanno messo un letto matrimoniale. Purtroppo, non riesco a rimanerci insieme per più di quindici giorni, mio padre ha sempre il pensiero fisso a ciò che può dire la gente della figlia lesbica che gira in paese; quindi, ci resto giusto il tempo che riesco a reggere. E ovviamente siamo sempre tornate il venticinque novembre per il nostro anniversario, io e Roby ufficialmente ci siamo dichiarate entrambe sugli scogli, di fronte al mio mare e ogni anno siamo tornate lì con una buona bottiglia di spumante a brindare.»
«Oggi ho visto parecchie foto vostre, credo di aver visto anche quelle con il tuo mare.»
«La prima che abbiamo fatto è il selfie che trovi come immagine del desktop.»
«Nelle foto e in qualche video che mi sono permessa di sbirciare, ho intuito che Roby ti ama davvero molto e non mi è sembrato che temesse un tuo tradimento.»
«È vero, era solo una mia paura.»
«Ruma, lei ha preso una botta molto forte, non si aspettava nulla, per lei quella foto deve essere stata un grosso shock, quindi credo che dovrai darle davvero tanto tempo.»
«Lo so» le rispondo a malincuore consapevole che è la realtà.
«Ascolta, io devo finire di scrivere il libro dei kubut, ho una bozza da rivedere e sistemare e mi ci vorrà un bel po', le tue foto mi hanno fatto notare che stavo dimenticando di inserire molte cose. Io posso scrivere ovunque, quindi ti faccio una proposta o per lo meno ti accenno un'idea.»
«Che idea?» le chiedo non capendo dove vuole arrivare.
«Molti mi conoscono più come talent scout che come antropologa e scrittrice, perché nei miei numerosi viaggi tutte le volte che ho conosciuto persone con un talento raro mi è sempre piaciuto aiutarli. Ho molte conoscenze in giro per il mondo, non raccomando nessuno, non pensare male, ma spesso chi ha talento rischia di rimanere in un angolo e non viene notato. Io faccio solo in modo che ciò avvenga.»
«È molto bello da parte tua, di sicuro non è facile farsi notare.»
«A me non costa nulla farlo. Comunque, non divaghiamo. Oggi guardando le foto che hai fatto in giro per l'Italia e quelle del popolo Kubut ho avuto la certezza che il tuo è davvero un grande talento e ho pensato ad un progetto un po' folle di cui adesso non ti dico nulla, prima voglio sentire delle persone e avere delle conferme, quindi mi limito solo a chiederti, vuoi trascorrere con noi il tempo che dovrai rimanere lontana da Milano?»
«Tesò ti ringrazio e capisco che sentendomi parlare con i ragazzi ti ho dato l'idea che volessi rimanere con voi, ma posso organizzarmi, posso tornare a Catania. Lì ho degli amici, il mio vecchio datore di lavoro credo sarà contento di riprendermi a lavorare.» le rispondo di getto, non so davvero cosa farò, ma non voglio esserle di peso.
«E cosa facevi a Catania?» mi chiede curiosa.
«Lavoravo in uno studio fotografico, mi occupavo di cerimonie e cose del genere.»
«Scusa, fammi capire. Io ti sto proponendo un progetto in grado di far emergere il tuo talento e tu mi dici che vuoi tornare a fare foto ai matrimoni?»
«Tesò, non voglio esservi di peso, io non voglio ostacolare il vostro lavoro o i vostri impegni.»
«Non lo sarai mai e non ostacoli nulla, anzi, mi daresti una mano a tenere impegnati quei due» mi risponde sorridendo
«Perché cosa fanno di solito?»
«Lavorano nell'agenzia pubblicitaria che ci ha lasciato Gianni, ma non sono due fenomeni, devo ancora trovare il loro vero talento» mi risponde scherzando.
«Non ci credo.»
«E fai bene, sono molto bravi nel loro lavoro e saranno preziosi nel progetto che ti riguarda.» Parla come se per lei è già tutto organizzato.
«Tesò io ho la sensazione che ti stai inventando questo progetto solo perchè credi che io non sappia dove andare.» So che è questo il vero motivo e la sua disponibilità in questo momento mi mette a disagio.
«Se il motivo fosse questo non avrei bisogno di inventarmi nessun progetto, mi limiterei ad offrirti un lavoro nell'agenzia pubblicitaria a Roma, un buon fotografo serve sempre. Ma tu hai davvero talento e se il mio progetto andrà come credo, abbiamo entrambe da guadagnarci.»
«Ok.» le rispondo sentendomi un po' più leggera. Non voglio essere di peso a nessuno, ma il pensiero di lasciare loro e ritrovarmi da sola chissà dove, mi terrorizzava. Per quanto poteva essere un'opzione tornare in Sicilia, so che da sola avrei finito per spegnermi del tutto.
Al mattino mi risveglio dolorante sul pavimento della mia camera, ieri sera ero troppo stanca per ricordarmi che cado dal letto.
Mi alzo, non appena riesco a rimettere dritta la schiena, vado in sala trovando Anna al telefono, parla in inglese e dal tono che usa sembra molto soddisfatta dalla conversazione.
Cesare non appena mi vede esordisce felice: «Ci divertiremo un mondo, non ti lascerò un momento, sarò la tua ombra.»
Ancora intontita dal sonno lo guardo scioccata. «Mi fai paura Ce'!»
Anna finalmente si libera del telefono si avvicina e mi informa: «Allora, credo che sia tutto più facile di quanto credevo, comunque a te spiego tutto stasera non appena ho il programma definitivo.»
«Va bene, ma giusto per capire, cosa dovrei fare?» chiedo ancora insonnolita.
Mi serve un caffè. «Ti fidi di me?»
«Certo, che mi fido Tesò, ma prima di farti organizzare tutto vorrei capire se sono ne sono all'altezza.» le dico sincera, non voglio deluderla, la vedo così impegnata in questa cosa già di prima mattina.
«Lo sei, quindi rilassati, oggi vai con Cesare e Jessy in giro e fai quello che ti piace, io ho bisogno di casa libera per lavorare senza avervi intorno» risponde sicura.
Dopo un buon caffè, mi preparo per uscire, prendo la macchina fotografica e salto sulla jeep con Cesare e Jessy e appena ci allontaniamo da casa chiedo loro: «Voi sapete qualcosa del progetto che sta preparando Anna?»
«Certo, ed è fantastico, quindi accetta perché è il sogno della mia vita» mi risponde Jessy euforica.
«E di che si tratta?» chiedo curiosa.
«Ma stai scherzando?» mi interroga Cesare serio.
«No, sono solo curiosa.»
«Aspetta stasera, se ti anticipiamo qualcosa penso che Tesò ci staccherebbe la testa» risponde Jessy ridendo. Ci rinuncio, questi due sono peggio di Anna, così mi limito a vivere questa giornata con loro, passando di paese in paese.
Cesare mi sta incollato, temo davvero di confonderlo con la mia ombra, camminiamo quasi sempre nella stessa posizione, io con la macchina fotografica sempre in mano pronta a fotografare quei volti che mi emozionano e lui con la telecamera pronto a riprendere chissà cosa. Jessy invece cammina spensierata, guardandosi intorno. Si ferma nei negozietti del posto o davanti i vari ambulanti e ogni tanto mi passa un frutto o una bibita, qui c'è caldo e per un attimo fatico a capire in che mese siamo.
Giriamo tutto il giorno, mangiucchiando qua e là. Cesare è deciso ad assaggiare tutto, ma io e Jessy ci asteniamo il più delle volte.
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