Capitolo 2

~ Cris ~

La parte che detesto delle feste è quando finiscono e dobbiamo rimettere tutte le decorazioni nelle scatole. Roby è incredibile, ha conservato le stesse scatole con cui le abbiamo comprate e sono ancora integre dopo questi anni. Ho provato una volta ad accartocciarne una, era quella minuscola delle campanelline, mi ha fatto un casino pazzesco e l'ho rimessa a posto con lo scotch.

Io metterei tutto in una scatola grande, così facciamo prima, ma lei no. Lei vuole tutto separato e dopo prende ogni piccola scatolina e con un'abilità da campionessa di Tetris, le mette dentro una scatola più grande. Il problema è che oggi non ho proprio voglia di farlo, quindi provo ad evitarlo. «Perché dobbiamo togliere tutto oggi? Le decorazioni si tolgono domani, oggi è ancora il sei.»

«Perché domani non siamo a casa.»

«Come no? È domenica.»

«Stasera i nostri mariti ci portano a cena fuori e poi andiamo a dormire da loro.»

«Lo sai che mi fa impressione quando li chiami così?»

«Perché? È divertente e poi mi fa ridere pensare che ce li siamo invertiti.»

«Solo perché tu faresti impazzire Tommy e lui è già abbastanza esaurito con Pitt» le spiego scherzando.

«No, solo perché tu adori Tommy, quanto lui adora te. Se non fosse un uomo ne sarei seriamente gelosa.»

«Sei seria?»

«No. Forse solo un po'» mi risponde baciandomi.

Mi fa sorridere saperlo, poi mi torna in mente il rapporto che lei ha con Pitt e preciso. «Ma stasera niente scenette se becchiamo i soliti impiccioni che ci fanno i complimenti perché siamo due belle coppie.»

«Se lo fanno dando per scontato che siamo due coppie etero lo sai che devo farlo. Ormai è un patto tra me e Pitt, ed è divertente. Soprattutto quando gli spieghiamo che nell'insieme siamo un'unica famiglia» risponde convinta.

«Ecco, è proprio la parte della famiglia unificata che viene male, ancora non abbiamo trovato un modo carino per dirlo, per come lo spiegate voi sembra che tutti e quattro facciamo le orge» le spiego, nella speranza che capisca il mio disagio.

«Va bene, stasera proverò ad evitare, ma non dipende da me, lo sai. Sono le persone invadenti e ignoranti che ci provocano».

È inutile, so che anche stasera faranno la solita scenetta, poi dipende dal locale in cui andremo. Abbiamo preso l'abitudine di girare per locali quando loro hanno il sabato sera libero, di solito due al mese e per evitare di discutere per ore, saggiamente abbiamo deciso di scegliere a turno il locale dove andare. Stasera tocca a Tommy decidere e io so che ci porta al sushi, sa quanto lo adoro e con le feste in mezzo non ci vado da un po'. In ogni caso la meta resta segreta finché non si arriva al locale prescelto, perché chi decide dove andare, guida.

Come previsto il sushi mi ha salvata, Roby era tanto presa dal cibo che non ha fatto caso a chi ci fosse intorno a noi. Per noi il sushi ha sempre qualcosa di magico, ogni volta che ci troviamo in quel ristorantino è come tornare indietro a quel pranzo. I suoi occhi mi guardano sempre come quel giorno e a volte ho la sensazione di aver cominciato davvero a vivere da quando mi sono persa in loro.

Il nostro ultimo fine settimana di festa lo trascorriamo sereni a Cassinetta, ormai mi sono abituata alla campagna. Però la casa dei ragazzi è piccola per tutti e quattro, e dormire nella camera accanto alla loro non è il massimo. Pitt urla quando fanno l'amore, e per quanto gli voglio bene e siamo uniti, a questo non mi abituerò mai, e credo neanche Roby, ogni volta che succede finiamo per ridere come due sceme.

La settimana lavorativa ricomincia, le feste sono finite e si ricomincia seriamente o quasi: stamattina per prima cosa ho un appuntamento con una tizia di Roma, un'amica di Marco a cui lui tiene molto. Mario, infatti, viene a prendermi prima, per arrivare puntuale alle nove in ufficio.

«Buongiorno», dico non appena entro nell'ufficio di Marco, dove ancora la tizia di Roma non è arrivata.

«Vieni Cris, siediti che parliamo dell'appuntamento che avrai tra poco.»

«Ok, dimmi tutto.»

«Anna Ricci è una delle mie più care amiche, lei si occupa di molte cose, ha ereditato un grosso patrimonio dal padre all'età di vent'anni e da allora ha iniziato a girare il mondo. Lei è un'antropologa fondamentalmente, ma ha anche una laurea in lingue, possiede una casa editrice e un'agenzia pubblicitaria ed è la migliore talent-scout che ho mai conosciuto. Oggi ti proporrà qualcosa di molto importante e voglio che tu ci rifletta bene prima di darle una risposta.»

«Di che si tratta?»

«Lei sta scrivendo un libro su una tribù indigena che si trova in una foresta non so dove, e vuole te per le foto da inserire nel libro. Non mi ha spiegato i particolari, ma da ciò che ho capito...»

Lo blocco immediatamente. «Aspetta, quindi si tratta di un lungo viaggio?» chiedo terrorizzata pensando al volo e alla mia paura folle degli aerei.

«Sì Cris. Oggi lei ti darà un'occasione unica nella tua vita, lavorare per lei significherebbe per te una svolta professionale totale. Lei può fare di te una professionista ai massimi livelli.» É così serio ed eccitato allo stesso tempo che mi fa quasi paura.

«Marco per favore fermati. Cosa intendi per lavorare per lei? E poi stai parlando di cose a cui non sono interessata, a me basta lavorare qui, tornare a casa e vivere la mia semplice vita di tutti i giorni.»

«La vuoi smettere? Ma allora non mi ascolti? Quello che ti proporrà Anna è l'occasione della tua vita!» lo afferma talmente convinto e serio che mi spiace deluderlo.

«Mi conosci e sai bene che la carriera, i soldi e il successo non mi sono mai interessati. L'occasione della mia vita la sto già vivendo e sai bene che nome ha, quindi...»

Mi interrompe frettolosamente. «Va bene, sei innamorata di Roby e non sai separarti da lei, ma qui stiamo parlando di qualcosa che può cambiare la tua vita e la sua.»

«Ecco vedi, le nostre vite sono già perfette così.»

«Cazzo, ma puoi per un attimo separare la tua vita privata da quella lavorativa?» mi chiede nervoso.

«No Marco! Io lavoro per vivere, non vivo per lavorare, mi piace il mio lavoro, mi piace farlo qui e non mi interessa fare altro!» gli rispondo decisa, capisco che mi vuole bene e mi sta consigliando di sicuro una grande occasione, ma io ho già la vita dei miei sogni.

«Sei impossibile! Comunque, Anna sta arrivando, non essere irriverente con lei. Non permetterti di dire che la sua proposta non ti interessa, dì soltanto che ti serve del tempo per valutarla.»

«Ok, come vuoi, quindi le dirai tu in un secondo tempo che non mi interessa.»

«Ti prenderei a sberle!» sbotta nervoso.

«A me serve un caffè, tu vuoi una camomilla?» gli chiedo scherzando, mentre mi alzo per andare a prenderlo, ma nel frattempo sentiamo parlare di là e lui mi ferma.

«Siediti, è arrivata, il caffè lo prenderai dopo.»

Rimango seduta, quasi fossi in punizione, poco dopo entrano in ufficio. Lei è una donna dall'aspetto molto sicuro, sulla cinquantina, ha un carisma molto particolare.

Mi guarda sorridendo. «Tu devi essere Cris. Se no, questo scemo lo prendo a calci nel culo» esordisce scherzando e mi fa sorridere, non mi aspettavo un'entrata così, mi ricorda la Ferilli.

«Sono io, non picchiarlo.»

«Bene, l'hai salvato per oggi, sto scherzando ovviamente» precisa sorridendo.

Marco ci lascia da sole con la scusa di andare a prendere i caffè, io resto con lei che si siede accanto a me, non perde tempo e mi chiede: «Allora Cris, Marco ti ha anticipato qualcosa su questo incontro?»

«Non molto, mi ha parlato di una tribù indigena o qualcosa del genere.»

«Si tratta di una spedizione a cui tengo molto, ma non posso rivelarti il luogo finché non accetterai l'incarico e nel contratto avrai una clausola che ti vincola a mantenere segreto il luogo dove andremo.»

«Perché?» chiedo curiosa.

«Due anni fa ho avuto un incidente in elicottero con mio figlio, mentre stavamo sorvolando una foresta, ci siamo ritrovati in mezzo agli alberi, miracolosamente vivi, ma feriti. Non avevamo la più pallida idea di dove fossimo, ma Dio ci ha mandato degli angeli a soccorrerci. Ci hanno salvati i cacciatori di una tribù del luogo, ci hanno portato nel loro villaggio, curandoci e aiutandoci in seguito a tornare nella civiltà.» Si interrompe sentendo la porta aprirsi, Marco torna con i caffè, li poggia sulla scrivania dicendo: «Vi lascio parlare con calma, a dopo.» Lo guardo, cercando di fargli capire che vorrei che restasse, ma va via subito dopo.

Lei mi passa il caffè e continua. «Io sono un'antropologa, ho sempre studiato le tribù in giro per il mondo, ma quella che mi ha salvata non è conosciuta, sono rimasta nel loro villaggio per due mesi imparando il loro linguaggio, rimanendo affascinata dal loro stile di vita e dai loro sani principi. Sono tornata altre volte da loro, con il permesso del capo tribù, perché non si fanno avvicinare da nessuno. Sono una tribù pacifica, anche troppo probabilmente e per questo evitano intrusi, onde evitare che il loro equilibrio venga distrutto. Proprio per questo, dopo averli conosciuti bene in questi anni, ho deciso di scrivere un libro su questo stupendo popolo. Loro possono davvero insegnare molto al mondo, ma devo mantenere segreto il posto dove vivono, per proteggerli. Nel libro ovviamente voglio inserire le loro foto e questo è il lavoro che dovresti fare tu.» Fa una pausa mangiando la brioche.

È chiaro che si aspetta un mio intervento o qualcosa del genere. «Quanto tempo occorre per fare tutto?»

«Più o meno un mese e mezzo. Ovviamente non possiamo portare cellulari e non avremo internet.»

«Ah... Ma se dovessimo star male o qualcosa del genere?»

«Non sarebbe un problema, lì avremmo tutto il soccorso possibile.»

«Perché io?» le chiedo curiosa, visto che sembra intenzionata a convincermi.

«È una bella domanda» mi risponde sorridendo, mentre apre una cartelletta e prende da questa una foto, me la mostra e afferma: «Per questa.»

È la foto di un clochard, l'ho fatta tempo fa in metro tornando a casa, una di quelle fatte per caso, quando vedo un'espressione in qualcuno che mi incuriosisce e mi trasmette qualcosa.

«Come fai ad avere questa foto?»

«Perché hai fotografato quest'uomo?» mi chiede senza rispondere alla mia domanda.

«Stavo tornando a casa, sono uscita dalla metro e lui era seduto lì per terra, molto composto con la sua birra in mano e quel sorriso, quell'espressione di chi si guarda in giro e vedendo la gente correre chi sa dove pensa "Io sì che ho avuto una buona giornata!"»

Lei mi sorride soddisfatta. «Ti sei risposta da sola alla tua domanda.»

«In che senso?»

«Tu fotografi i pensieri della gente Cris. Io guardando questa foto, ho visto lo stesso pensiero in quel clochard, anche se non conosco cosa lo circondava. Tu hai del talento e io ho bisogno di qualcuno che sappia far vedere questo degli indigeni di cui voglio scrivere. Le tue foto renderebbero vere e vive le mie parole su quel libro.»

«Ti ringrazio, ma temo sia un progetto che va oltre le mie possibilità.»

«La possibilità te la sto dando io, tu devi solo accettare» insiste sicura.

«Davvero, ti ringrazio e non voglio offenderti in nessun modo, credimi ti sono grata per aver pensato a me, ma...»

Lei mi ferma e con un tono molto calmo continua per me. «Ma prenditi del tempo, non ho intenzione di partire domani.»

«Va bene.»

«In giornata ti inoltro l'accordo per mail, tu prenditi il tempo che ti serve per pensarci, e leggi bene tutte le varie clausole e i vantaggi che avresti. Ti anticipo solo che ho previsto un compenso molto generoso. Un mese credi sia sufficiente?»

«Grazie, ma non voglio che tu tardi a partire per me» le rispondo sentendomi decisamente in colpa.

«Un mese è quello che mi serve per organizzare tutto, quindi non dipende da te.»

«Ma nel frattempo cerca anche qualcun altro, se io non...»

Mi ferma di nuovo. «Se non accetti farò io le foto, o mio figlio, ormai non ho il tempo di trovare un altro fotografo e sinceramente non voglio trovarlo, perché l'ho già trovato.»

«Ok», le rispondo dispiaciuta. So di non poter accettare, non voglio accettare, non voglio stare lontana dalla mia vita un mese, isolata da tutto e tutti. Però mi spiace, lei mi sembra una brava persona e di sicuro il lavoro di cui mi parla è quello che mi piace fare di più.

Ci salutiamo e lei sembra molto speranzosa. «Spero di ricevere una tua telefona quanto prima.» Le stringo la mano e non dico nulla.

Marco mi guarda e allora come promesso rispondo: «Ci penserò.»

Torno al mio lavoro, mando un messaggio a Roby per informarla dell'incontro e lei curiosa non vede l'ora di sapere tutto nei minimi dettagli.

A pranzo, infatti, la trovo ansiosa al locale, non mi dà nemmeno il tempo di salutarla e mi riempie di domande. Le spiego della proposta e del modo carino con cui Anna mi ha elogiato, è evidente che mi ha fatto molto piacere, così come lo è che mi spiace non poter accettare, tanto che lei mi interrompe. «Da come ne parli credo che Marco abbia ragione, è una grande opportunità per te.»

«Amore so bene che lo è, ma dovrei stare lontana per un mese e mezzo, non ci potremmo sentire né vedere. Poi c'è il volo, magari più di uno...»

«Magari è la volta buona che superi la paura di volare» dice scherzando infastidendomi.

«Ma ti pare il momento di scherzare?»

Lei mi bacia e aggiunge. «Credo che prima di prendere qualsiasi decisione sia il caso di valutare bene la proposta, e poi decidiamo insieme. Per adesso non escludiamo nulla.»

Per tutto il pomeriggio sto con questo pensiero fisso e a quanto pare anche lei. Ogni tanto mi scrive chiedendomi se sono sicura che Anna mi manderà la proposta oggi, perché la sua mail non è ancora arrivata e Roby continua a controllare la mia casella di posta frequentemente, in poche ore questa storia sta diventando un'ossessione per entrambe.

Nel tardo pomeriggio però, rientrano Stefano e Angelo da Parigi. Pitt con la complicità di Roby e un giro di messaggi interminabili, ha organizzato una piccola rimpatriata a casa nostra per festeggiare il loro ritorno. Quindi la nostra attenzione si sposta sulla serata da organizzare. Mi fanno impazzire per le poche ore che mi restano da lavorare. Detesto quando fanno così, ma questa è la mia vita e l'adoro così com'è, non la scambierei con nessun successo al mondo.

Questa è la mia solita, matta e rassicurante routine ed è tutto ciò che voglio.

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