6 - Bronzo e vetro

Prima che tutto si macchi di sangue e diventi troppo violento per dei ragazzi di diciassette anni, suoni di colpi di pistola echeggiano per tutto il ristorante, facendomi sobbalzare, insieme ad un allarme che mi spacca i timpani. I grovigli di nervi tesi come corde che ho sparsi per tutto il corpo si sciolgono e quando la creatura che mi stava violentando casca a terra balzo giù dal tavolo e rotolo per alcuni metri, prima di andare incontro ad un'altro essere nero alato. Si sta dimenando, e sbatte la braccia all'impazzata a destra e a manca, come se una forte scossa elettrica gli stesse attraversando il corpo. Vedo che ha un piccolo buco sul petto, proprio sul punto in cui le vene grigie si incontrano confusamente. Solo a quel punto un susseguirsi di spari mi fa alzare di fretta. Metto a fuoco tutte le figure intorno a me. Erwood divella i tavoli di legno e li lancia contro i mostri con una forza che non gli ho mai visto nelle braccia, e dietro di me Danielius e Dusnatt caricano e sparano proiettili da quelli che sembrano dei vecchi revolver.

«Dietro di noi!» Mi urla il falso giapponese muovendo la testa di scatto all'indietro per sistemarsi i capelli neri che gli arrivano alle spalle, sovrastando l'allarme del KFC. Loro due sparano a raffica, come se stessero dentro un videogioco, mentre io mi sistemo dietro di loro, davanti il bancone delle casse. Sono molto abili, le braccia che si muovono come se fossero telecomandate.

Solamente ora mi accorgo dei ruggiti delle creature. In aggiunta ai rumori dell'acqua scossa, di qualcosa di denso sbattuto contro qualcos'altro di denso, le urla stridule e i bisbigli innaturali, ora ci sono anche questi ruggiti fastidiosi.

Quando gli esseri vengono colpiti dai proiettili non muoiono, bensì si accasciano a terra e cominciano a dimenarsi per qualche secondo, per poi ricominciare ad attaccare come se non fossero mai stati colpiti. Le loro piccole ali tagliuzzate coperte di striature rosso sangue si muovono velocissime, e creano piccoli getti d'aria che mi scompigliano i capelli. E, mettendo a fuoco gli occhi che sembrano non voler funzionare bene, noto più dettagli delle creature. Hanno i capelli tutti neri, chi corti, chi lunghi e unticci fino alle spalle, chi raccolti perfino in una coda di cavallo, come Erwood. Chi il naso dritto, chi spaccato o tutto tagliuzzato. E occhi grigi. Dilavati. Completamente privi di colore. Niente iride, niente pupilla, solo grigio, come se qualcuno vi avesse spruzzato della tempera. E, almeno secondo me, i loro occhi sono un po' più gradi rispetto a quelli umani, come se la pelle intorno fosse stata scavata ancora di più. E le loro bocche nere... così fine e screpolate... mi viene da vomitare solo a guardarle.

Dietro di me, il mio nome viene chiamato per l'ennesima volta in questa notte.

Mi giro di scatto, pronta a tutto, ma è solamente Mariangel, la mia ex compagno di banco che Erwood ha baciato alla festa, le guance rosse e il vestitino blu elettrico attillato al suo super corpo. I suoi lunghi capelli biondi luccicano in questo posto oscuro.

«Vieni qui! Al riparo!» Sussurra lei, rossa in volto. Mi chiedo come cavolo abbia fatto a venire fino a qui in pochi minuti dalla casa di Dusnatt con gli stivaletti neri come i miei, ma un po' più alti. Accanto a lei c'è un'altra ragazza, ma non riesco a capire chi sia. Porta i capelli tinti di bianco legati in un alto chignon voluminoso. Sembra avere gli occhi spiritati, e anche lei mi sta incoraggiando a mettermi al riparo. Lascio il bancone delle casse e mi metto accanto alle due ragazze, sulla soglia di una porta sul retro del ristorante. Il calore che sprigiona Mariangel mi si sparge per tutto il corpo. Ringrazio Dio per non farmi sudare quasi mai.

Ci mettiamo al riparo dietro la porta aperta, mentre la ragazza sconosciuta si mette di guardia alle nostre spalle per assicurarsi che non arrivino altri demoni. Erwood continua a prendere a calci e a pugni - e anche a staccare da terra i tavoli per poi lanciarli - contro le creature, che, come contromossa, non smettono di dimenare le ali e di muoversi freneticamente anche in piedi. Quelli colpiti dai proiettili sono accasciati a terra, ruggendo, e io capisco la tattica di Danielius e Dusnatt: stanno mirando tutti e due sulla massa confusa di nervi al centro del petto dei mostri. Poi sento Erwood urlare, il sangue che pare un ruscello sul suo viso, mentre serra tra le gambe la testa di un demone e la tempesta di pugni.

«Datemi qualcosa con cui sparare!»

«Va bene.» Gli risponde Dusnatt, i capelli tinti di viola appiccicati sulla fronte. «Tieni qualcosa di leggero!» Mentre ricarica il revolver, sfila dal suo fianco e dalla sua cintura quello che, almeno da quanto ho capito dai film di Schwarzenegger, dovrebbe essere un kalashnikov. Il mio migliore amico lo prende al volo quando Dusnatt glielo lancia e, sbraitando parolacce ai demoni, comincia a sparare a raffica.

«E tu dicevi che ero fatto! Ma porca puttana! Guarda che roba!» Dice rivolto verso di me. Lo vedo ridere mentre spara a più demoni possibili. Riesco a percepire l'adrenalina nel suo corpo, come se la rilasciasse sotto forma di fumo. E a proposito di fumo...

«Ma... di nuovo!» Ora è Mariangel a sbraitare, indicando con la mano tremante il fumo nero passare da un conduttore dell'aria bucato. Ci vogliono cinque secondi per il fumo a comporsi per bene dentro il KFC, e ora cominciano a spuntare le prime mani, come quando ero stata catapultata all'indietro alla festa. Mani che si attorcigliano su se stesse... E i bisbigli dei demoni ora si uniscono a quelli del nuovo arrivato, che incombe su di noi come un'unica, orrenda, gigante creatura. L'odore di fumo e di fragola ora diventa quasi insopportabile, e mi copro la bocca con il colletto abbassato del mio vestitino nero. Il gemito che esce dalla bocca della ragazza sconosciuta mi dice che c'è qualcos'altro che non va affatto bene. Mi giro verso di lei, sul corridoio aperto e sudicio del retro: un'onda di altro fumo nero come la pece, stavolta con lunghissime braccia fuoriuscenti, ci viene incontro, più veloce delle due che ho visto nell'arco di mezz'ora.

«VIA DI QUI!» Urla Mariangel prendendomi per mano e facendosi strada in mezzo alla caterva di demoni a terra che si muovono come anguille. Un proiettile di Dusnatt mi sfiora di così poco che ne sento la forza scostarmi una ciocca di capelli. Mi volto verso di lui, correndo all'indietro.

«Ma sei cretino! Andiamo! Saremo divorati dal fumo!»

La battuta di Erwood che segue subito dopo mi sconvolge.

«Be', in realtà quelli ad essere divorati dal fumo sono sempre i filtri.»

«Ma vaffanculo a te e ai filtri!» Gli urla la ragazza sconosciuta raggiungendo finalmente la porta aperta del ristorante. Fuori sulla strada, proprio come prima, non c'è anima viva, ma a destra, molto in lontananza, riesco a vedere il bagliore luminosissimo bluastro di alcune macchine della polizia che campeggiano nel buio.

«Andiamo!» Urlo ancora rivolta verso Erwood, Danielius e Dusnatt, che, camminando verso di noi, continuano a sparare come se non ci fosse un domani. Il mio migliore amico, in vestito elegante e con un kalashnikov in mano, sembra proprio un 007; peccato che i colori dei suoi vestiti non siano come quelli degli agenti 007. Le sue scarpe lucide sono macchiate di gocce rossastre, mentre la sua giacca celestina è praticamente scheggiata dal sangue. Ma ciononostante, ha un piccolo sorriso in bocca.

«Via. VIA!» Urla Dusnatt accorgendosi delle sirene della polizia in lontananza. Ha il viso madido di sudore e il suo ciuffo viola si è appiattito così tanto che sembra una frittata. Il suo naso a forma di fischietto perde sangue e le sue mani sono tutte rosse a causa del metallo del revolver che gliele graffia.

Mentre mi chiedo come Erwood mi abbia fatto entrare dentro il KFC tramite la porta, il fumo nero sfiora di quelli che potrebbero essere un paio di centimetri le spalle di Danielius. Lui aumenta il passo, e ci ritroviamo tutti e sei a correre per Peckham Road. L'odore di fumo e di fragola diminuisce col passare dei secondi, ma i bisbigli rimangono, come se fossero generati dalle mie orecchie, o persino dai miei amici.

«Avanti, diritti alla stazione!» Ordina Danielius con il revolver in mano. Erwood corre con il kalashnikov su una spalla, mentre Mariangel e l'altra ragazza sembrano molto aitanti, sebbene indossino dei vestiti e delle scarpe che dovrebbero farle cadere. Le mie orecchie vengono imbottite da qualcosa, e non riesco a sentire più alcun suono, se non quello del mio cuore e del mio respiro. Le mie labbra sono bagnate di saliva e sento come se qualcuno mi avesse infilato una spada giù per l'intestino: una sensazione disgustosa, visto che alla festa mi sono ingozzata di dolci e anche di un po' di alcool. Non è proprio un granché, tutta questa corsa, ma è l'unica cosa che possa fare per mettermi in salvo dal fumo e dai demoni. Tutto questo è irreale, immondo. Non posso credere a tutto quello che è successo nell'arco degli ultimi quarantacinque minuti. Il mio corpo sbanda a destra e a manca mentre corriamo nel centro della strada. I negozi e ristoranti di fast food ci scivolano velocissimi  ai lati degli occhi. È tutto un turbine di colori oscuri intorno a me, come se fossi veramente ubriaca. Forse lo sono davvero, visto che a casa di Dusnatt non ho risparmiato sulle bevande alcoliche. E quella sensazione di essere fatta che mi persuade da tanto... non riesco a sopportarla più.

Non può essere accaduto davvero.

«La polizia... deve appena essere entrata dentro il KFC.» Annuncia la ragazza sconosciuta allungando sempre di più le gambe, che mi fa rinvenire le orecchie. Ha un fondoschiena niente male - porta dei leggins neri - e ha belle gambe lunghe. I suoi occhi spiritati sono dello stesso colore dei pini d'inverno, quelli che si usano per gli alberi di Natale. Le sue pupille, invece, sono bianche, con un piccolo puntino nero al centro, come se avesse un'altra piccola pupilla. Sembra la neve. Ed è tutto perfetto nei suoi occhi: il verde del pino e il bianco della neve.

«Scommetto... che sono morti prima... di scendere dalla macchina.» Si intromette Erwood ansimando e guadagnandosi le approvazioni di tutti noi. È tragicamente vero. Quei demoni devono averli squartati a metà prima che potessero solo tirare fuori le armi.

Le sirene non stanno più emettendo alcun suono.

Il silenzio opprimente che segue negli istanti a venire è tremendo, perché non riesco più a sopportare solo i tonfi del cuore contro le costole. I piedi mi stanno dolendo un sacco, tutta colpa degli stivaletti neri della madre di Erwood. Oh, povera Adrianna. Chissà a cosa sta pensando in questo momento.

«Bel culo, dolcezza.» Mi sento dire da Dusnatt dietro di me.

Ma come fanno ad essere sarcastici anche di fronte ad una situazione del genere?

«Grazie mille, Ciuffo Viola.» Gli rispondo correndo sempre di più. Solamente ora le ferite dietro la testa mi cominciano a pulsare, come piccoli cuori che pompano più sangue del dovuto. Con grande sollievo, realizzo di trovarmi alla fine della strada. Ora c'è solo la sinistra e la destra, e diritto a noi la stazione.

«Abbiamo tutti un bel culo, qui.» Urla Erwood mentre attraversiamo la strada senza preoccuparci di una macchina che passa a tutta velocità. Cosa potrebbero pensare quelle poche persone vedendo una banda di adolescenti con armi, sangue sparso per il corpo e vestiti eleganti? Forse potrebbero pensare che siamo sul set di un film di Quentin Tarantino. Ah, sarebbe davvero bello.

«Ma che...»

Alzo la testa bruscamente, e sento un susseguirsi di scricchiolii lungo il collo. Erwood si è fermato, il kalashnikov puntato contro di me. Ma non su di me. Su un'altra me.

Proprio come nelle macerie di cadaveri a casa di Dusnatt subito dopo l'esplosione, la mia stessa persona sta davanti ai miei occhi, lo sguardo perso e vuoto. È del tutto nuda, pallida e scialba, e mi sale il sangue al cervello davanti alla sua nudità. È come se mi stesse mostrando a tutti senza vestiti, ed oltre alla paura, un senso di vergogna mi comincia a mangiucchiare la mente. Sento gli sguardi dei miei amici spostarsi su di me e il mio riflesso che di sicuro non è generato da alcun specchio posto sulla strada. E io la continuo a fissare, terrorizzata, il battito cardiaco alle stelle.

E poi cominciano gli spari e le urla.

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