II - In esilio dalla vita Pt. 1
La fortuna. Quella che ho avuto finora. Non ci crederai, é stata solo la mia fortuna. A scuola. Ero libero davvero? Verrò bocciato, lo so. Penso di essermi fottuto con le mie stesse mani. Penso di essere stato un'idiota. Libertà? Anticonformismo? Tutte puttanate! Sono stato solo un idiota, solo un fottuto idiota! E ora, che faccio? Mi sentirò ancora "libero? O "fortunato"?!?
Guardo il mare, adesso. É bianco, riflette le navi e il cielo. L'orizzonte si confonde con il fondo del cielo, bianco e con ombre azzurre; come al solito, la giornata riflette il mio umore: bianco e nebbioso fuori, nero dentro. Cosa ci faccio qui? Perché sono venuto qui? Sono venuto qui per riflettere, per capire che non devo basare la mia vita sulla fortuna che posso avere per evitare fatica e disillusioni inutili. Ci sono tanti turisti qui. Loro cosa sono venuti a fare? Ad ammirare la bellezza di questo paesaggio, e il fatto che questi vengano qui riflette bene questa bellezza. Devo andare, non ho avuto tempo di riflettere meglio. I turisti si avvicinano. E mi guardano. Io non sono una delle bellezze del posto... Passano avanti, e mi lasciano lentamente solo. Uno di questi si ferma davanti a me. É un vecchio con un cellulare touch screen datato. Questo non smette di suonare, e chiede il mio aiuto. Risolvo il problema, il vecchio ringrazia e se ne va. Ecco, sono di nuovo solo, l'unica cosa che sento ora non é più il balbettio dei turisti, ma solo un cinguettio di uccellini. Un venticello fa da padrone, in questo attimo di pace. Come se il tempo si fosse fermato, come se non esistesse una scuola, una famiglia o un mondo. Anche il mio umore si é fermato un attimo: i miei pensieri non degenerano più. Mi godo questo attimo di pace, di buon umore, di poesia. Ma é quasi ora di andare, prendo le cuffie e mi preparo a camminare, a rimettermi in marcia.
Questa é stata la mattinata del mio penultimo giorno di scuola. Uscito prima, andai a piedi nella poco lontana e tranquilla Tropical Town, e vi rimasi un po'.
Oggi sono tornato qui, ma non per rivedere il mare; sono tornato qui per riflettere sul mio "auto-esilio dalla vita". Sì. Io odio vivere. O almeno vivere così. Vorrei vivere in un posto tropicale, dove tutto mi viene servito: cibo, acqua, vino, ragazze... Ogni cosa servita al mio cospetto, come un re, senza che io faccia una minima fatica... Ma, mi rendo conto che questo é impossibile: l'uomo non nasce per vivere e morire da solo. Se scegliessi di voler fare davvero questa vita, anche se, certo, non posso permettermi mica di poter essere servito, ma se potessi permettermelo, in ogni caso, ricco o povero che sia, da buono e gentile potrei essere scambiato per uno scorbutico e meschino, ed essere abbandonato da tutti. Amici, famiglia... conoscenti. Non posso vivere questo tipo di vita, anche se ci provo, ma ad essere odiato da compagni di classe e famiglia ci sono riuscito. Conduco una vita solitaria, e, già a diciotto anni, da perfetto bohémien. Salto, cioè, saltavo, la scuola, ho i capelli lunghi e ribelli, passo i pomeriggi ad oziare, a criticare questo, a criticare quello, a farmi le seghe, anche mentali, e la notte faccio tardi, passandola con gli altri miei amichetti strampalati. I miei genitori hanno sempre qualcosa da dire per il mio comportamento, e anche mio fratello e mia sorella. Mi dicono "Tagliati i capelli!" o "sei un bidone!" oppure "sei un addormentato!" o ancora "smettila con quella chitarra!" o quando ascolto musica "Togli 'sta merda!"(a parte mio padre, che ha buoni gusti musicali, in effetti é lui che mi ha "iniziato" alla musica). Insomma, posso dire di essere la pecora nera della famiglia. Anzi, non penso di seguire qualcuno, come una pecora. Sono controcorrente, gli altri vanno avanti, ed io vado indietro. O forse, resto indietro. É semplice, io non voglio vivere. Io non voglio studiare, io non voglio perdere qualche chilo, io non voglio faticare, voglio starmene in un letto a dormire, mangiare, bere, segarmi, scopare. Allora, se non posso vivere così, che faccio? Propongo di uccidermi, di suicidarmi, tanto la mia vita é inutile. Non so come, però. Avessi qualcosa per vivere...
Che senso ha, allora, questo esilio, se non quello di rifiuto di vivere? Cosa devo fare? Cosa devo fare??
Devo adattarmi, e faticare, ecco tutto. Non posso vivere solamente nel mio mondo, il paradiso che mi sono fatto nella mia testa. É il mio paradiso mentale, il mio ideale, la mia carta stradale, che mi porterà a qualcosa di male. Sto morendo. Piango. Con le parole della mia mente. Che fuoriescono dalla porta del mio paradiso mentale. Artificiale. Come quello di Baudelaire. Non esiste. Non ne esistono. É l'inferno il mondo in cui viviamo. Il paradiso può solo essere costruito artificialmente. E non é infinito. Anzi, svanisce subito. Nel dolore della vita. Nel dolore di questo inferno.
Io non voglio vivere questo inferno. Io non voglio vivere questa vita. Lasciatemi qui, nel mio paradiso mentale, dentro la mia testa. Presto svanirà, e io ne costruirò un altro. E così farò per il resto della mia vita. L'inferno può farmi solo una pippa.
Ed io, sarò il Dio di questi tanti paradisi artificiali, che costruirò nella mia mente.
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