Capitolo 9
Dopo un po' di assenza eccomi di nuovo! E Buon Natale 🎁💫🎄💖
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New York City - 19 Settembre 2012
Non c'è niente di più bello e soddisfacente di entrare a scuola, o all'università, e sapere di aver completato tutti i compiti e letto il nuovo capitolo assegnatoti. L'essere sicuri di se e l'essere preparati per qualsiasi domanda o test che ti verranno proposti quella giornata. Non aver nessun peso sulle spalle o ansia, perché si è fatto tutto quello che si doveva fare.
Beh, sognatevelo, perché se ad Arte Romana avete la Bercklam, nessuno dei vostri giorni sarà mai così. La Professoressa Linda Bercklam era infatti una delle persone più rigide e sorprendenti che avessi mai conosciuto. Seppur le sue lezioni, i suoi metodi di insegnamento e il modo in cui spiegava le nozioni era impeccabili, perfette e comprensibili, aveva quella innata capacità di prenderti alla sprovvista e fare leva proprio su quell'unica dimenticanza, dettaglio o stupidaggine, che tu non avevi soppesato più di tanto, ridicolizzandoti e facendoti imbarazzare, davanti a tutto il tuo corso. Immancabilmente, ci riusciva sempre. E mi erano bastate solo 3 lezioni con lei per farmelo capire. Era sicuramente una signora sicura di sé, non si nascondeva sotto le apparenze, e non era certo intimorita da quello che la gente pensava di lei. Proprio per questo, seppur un po' la odiassi perché rendeva la vita un po' più complicata, continuavo comunque a stimarla.
Appena tutti entrarono in aula e si sistemarono, lei iniziò a parlare.
«Da tutti, i Romani vengono considerati come un popolo che ha sempre avuto molta cultura e passione per il 'bello'. Ma non è così. All'inizio della loro storia, infatti, i Romani consideravano l'arte inutile» si spostò verso una delle imponenti finestre e guardò giù, facendo una lunga pausa, come ad enfatizzare le nozioni che stava esponendo. «Quando i Romani vennero a contatto con l'arte Greca, iniziarono a porsi il problema se accettare o meno queste opere, quello stile di vita. Catone, che veniva anche chiamato il 'Censore', era completamente contrario al 'Bello', tanto che impose una tassa sul lusso. Un vero idiota se volete il mio parere.» La classe si mise a ridere per l'umorismo arguto della professoressa.
«Per fortuna di li a poco entrò in scena Cicerone, uomo di nota perspicacia. Il quale, non trovò una ragione per abbracciare l'arte, ma bensì tre. La prima, era quella dell'arte come bottino di guerra. E sappiamo che, per i Romani, la conquista di nuovi territori era il loro principale scopo.» Disse contando sulle dita della mano le tre motivazioni che decantava, muovendosi avanti e indietro nell'aula. «La seconda ragione, e quella che ci riguarda fino ai nostri tempi, è l'arte come monumento. L'arte come mezzo per ricordare in eterno il grande passato e la storia del loro popolo. E se ci pensate bene, Roma cosa sarebbe senza questo?»
«Ed ultimo motivo, ma non per questo meno importante, è quello di utilizzare l'arte come strumento di comunicazione, e forse, anche di manipolazione. Un modo per esprimere il proprio potere al popolo povero ed ignorante, che non sapeva né leggere né scrivere. Dopotutto, nulla è più potente di un'immagine» e lei non avrebbe potuto pronunciare parole più sagge e veritiere di quelle. Un'immagine, oltre che a poter essere manipolata, può manipolare. Ti entra in testa e ne compromette l'operato del cervello, ti condiziona e a volte ti sconvolge.
Infiniti minuti più tardi, la lezione finalmente finì, l'unica della giornata. Raccolsi i miei appunti e mi diressi verso l'uscita. Scendendo giù dalle scale, vidi una persona ferma, lì, in netto contrasto con l'orda di persone che scendevano per uscire dall'edificio. Il ragazzo misterioso si girò, e capii che poi tanto misterioso non lo era. Era Brian.
Nei giorni passati avevo avuto modo di conoscerlo meglio. Avevo chiacchierato con lui più di un paio di volte, forse quasi tutti i giorni in cui avevo lezione qui. Ed ero arrivata alla conclusione che fosse un ragazzo davvero simpatico, anche se ancora non ero riuscita a capire il motivo per cui fosse qui a studiare arte.
Con calma, non fraintendetemi, ma proprio non mi dava l'impressione di esserne il tipo (non perché esista uno stereotipo, sia chiaro, ma perché, dalle discussioni che avevamo avuto, non mi sembrava uno dei suoi interessi).
Mentre mi avvicinavo, lo salutai. Poi feci per proseguire. Ma lui, avendo altri piani, si mise davanti a me, bloccandomi la strada. Mi salutò con un semplice «Ehi» ed un sorriso a 32 denti.
«Ciao anche a te Brian» indietreggiai salendo sul gradino più in alto e, guardandolo, scherzai con un innocente «Sembriamo incontrarci troppe volte per essere una coincidenza»
Preso probabilmente alla sprovvista e non intuento il mio tono sarcastico, il suo viso passò dallo shock, al pensieroso, all'imbarazzato nel giro di due nanosecondi. Si mise la mano fra i capelli e guardandosi in giro disse «Iooo, ma che di... » Con un oncia di rimorso, mi sentii in colpa per aver fatto imbarazzare un'altra persona con una delle miei innumerevoli battute che non sempre venivano percepite come tali. Decisi così di intervenire, salvandolo con un: «Ma dai, scherzavo, siamo tipo in trecento in questa università, ovvio che ci si incontra ogni tre minuti.» E gli sorrisi per rassicurarlo. Lui si mise a ridere, capendo ora il mio umorismo.
Ricomponendosi, si appoggiò al corrimano della scale e mi chiese «Questa sera una delle confraternite darà una festa. Io e alcuni del mio corso ci andremo, ti va di venire con noi?»
Ora. Prendiamoci un secondo per riflettere assieme sul perchè della risposta che diedi pochi secondi dopo:
Pro: Ero appena stata invitata ad una festa. Di una confraternita. Anche se ero del primo anno. Lo sanno tutti che non succede praticamente MAI.
Contro: Ero stata invitata ad una festa. Io odiavo i party.
Pro: Io odiavo i party liceali. E questo era di un college.
Contro: Ero stata invitata ad una festa dove ci sarebbero stati collegiali superficiali ed ubriachi, a ballare musica orrenda.
Pro: Candy mi aveva dato buca per questa sera perchè doveva andare ad un pre-party di un qualche stilista che avrebbe sfilato alla NY Fashion Week tra qualche giorno. Quindi ero libera di andare dove volevo senza rimorsi.
Così, con un minimo di convinzione acconsentì all'invito con un semplice «Sì».
------ Qualche ora più tardi -------
Questa serata si sarebbe prospettata interessante. La mia prima festa universitaria. La prima volta che avrei messo piede in una confraternità. L'occasione richiedeva quindi un outfit adatto. Superando quindi i miei limiti, mi misi i miei soliti jeans neri e la mia maglietta degli Who, giacca di pelle, e, con un grande sforzo, presi in prestito da Candice degli stivaletti scamosciati blu che mi arivavano alla caviglia e che avevano un leggero tacco (il che, dovete capire, per me era una gran cosa). Apprezzate lo sforzo per una volta, okay? Non giudicatemi.
Scendendo dal taxi, alzai lo sguardo e mi ritrovai davanti ad una palazzina della Downtown Manhattan, completamente addobbata a festa. Sulla ringhiera vi erano appesi vari festoni a tema ed un foglio con scribacchiato ''Brenton, terzo piano''. Suonai quindi il campanello e, dopo pochi secondi, senti un leggero ronzio, a segnalare che qualcuno mi aveva appena aperto (immagino che il chiedere chi sia al cancello in questo caso sia un optional, considerando l'alto volume della musica che vi era probabilmnete nell'appartamento, la quale si poteva sentire rimbombare fin qui in strada. Scommetto che non avrebbero sentito nemmeno la sirena dell'allarme antincendio, figuriamoci il mio nome dal citofono). Aprii il cancelletto e, salendo gli scalini d'ingresso, mi diressi alla porta. Arrivata al terzo piano, trovai la porta dell'appartamento spalancata, un chiaro invito ad entrare e partecipare alla festa.
Oltrepassai lo stipite della porta ed entrai in una realtà completamente differente. Fermi tutti: per caso ero appena stata catapultata in un universo parallelo? L'atmosfera era quasi surreale. Le luci erano estremamente soffuse, a parte la solita palla stroboscopica (non credo esista nulla di più trash e prevedibile a questo mondo), la musica era ovviamente a tutto volume, superando in alta misura il livello sopportabile da un comune mortale. In questo preciso istante era appena iniziata una canzone di Flo Rida, quella dove fischiettano, tormentone di questa estate e dal ritmo che immancabilmente ti entra in testa, anche se neppure ti piace realmente .. sì, insomma, avete capito di quale canzone sto parlando.
Cercai volti famigliari tra la folla, ma mi ritrovai di fronte una calca di sconosciuti che ballavano e si muovevano a ritmo di musica. Mi diressi nella parte meno movimentata dell'appartamento, ovvero la cucina. Sull'isola centrale vi erano diversi barilotti di birra e pile di bicchieri dove ci si poteva rifornire. Ora, se c'era una cosa che non mi piaceva particolarmente, era proprio la birra (si insomma, ammettiamolo, ci sono alcolici e bibite migliori), ma ero già da sola ad una festa dove tutti sembravano conoscersi, divertirsi, ed un po' ciucchi. E chiariamo subito la situazione: quello che feci, lo feci solo per mimetizzarmi e non dare troppo nell'occhio. Presi quindi un bicchiere rosso e mi versai un po' di birra in quantità simbolica. Quel tanto da essere socialmente accettabile e che desse l'impressione che io avessi già bevuto leggermente più di metà bicchiere.
Mi rigirai con il mio bicchiere in mano, fingendo di prendere un sorso, per ingannare eventuali sguardi che avrei potuto avere addosso (non si sa mai), quando la vidi.
Il mio sgurado si era posato su una ragazza dai capelli color mogano, raccolti in un'alta coda di cavallo. Fui come trasportata in un altro luogo, vidi il suo viso combaciare con quello della persona che mi osservava giorni fa, dall'altra parte di una vetrina di una lavanderia self service. Un viso che non avrei pensato di conoscere fino ad ora.
Quello che feci, o meglio, quello che le dissi dopo, probabilmente non l'avrei mai fatto, se non fosse stato per Candy. Quest'oggi ero per l'appunto davvero paranoica, senza una precisa ragione, se non per il fatto che ieri sera Candice mi aveva costretto a vedere The Stragers con lei. E tutti sanno che io odio gli horror (in realtà li odio perchè mi fanno troppa paura e non riesco mai a vederli, ma dettagli). Quindi stavo vivendo la mia giornata in un continuo stato di stress (o paranoia) post traumatico.
Con le mani sui fianchi e voce indispettita pronunciai quello che neppure io credevo sapere «Mi stai per caso seguendo? Perchè mi sembra di vederti ovunque io vada!»
La ragazza, con faccia alquanto scocciata, il che mi fece abbastanza infuriare (perchè: Ehi! Ero io la presunta vittima qui, non lei, quindi non aveva il diritto di essere scocciata, niente affatto!) mi rispose con un solo: «Finalmente»
Ero già pronta a controbattere, quanto sentii una mano poggiarsi sulla mia spalla.
«Ecco dove eri finita, non ti ho vista arrivare!» disse Brian con un caldo sorriso in viso, mi voltai a guardarlo, ma una volta guardatami indietro, della ragazza non vi era più traccia.
«Oh, sono arrivata circa quindici minuti fa e mi sono rifugiata qui, non conosco nesuno oltre a te e non ti trovavo»
«Potrei introdurti ad alcuni dei miei amici, sono qui solo dall'inverno scorso, ma conosco un po' tutti qui» Mi invitò lui. Quindi non aveva sempre frequentata la NYU, si era trasferito qui il semestre precedente! Ora i miei dubbi avevano trovato finalmnete risposta. Non mi dilungai su ciò, ne gli chiesi di più, perchè, proprio in quel momento mi prese una mano, tirandomi verso la folla.
«Oh grazie, ma non devi preoccuparti, sto benissimo così» Alzò un sopraciglio con una smorfia dubbiosa sul viso.
«Non avrai per caso un fidanzato o qualcosa del genere vero?»
E a quella domanda fui colta alla sprovvista. Non che fossi stata una suora nella mia breve vita, ma non avevo mai avuto un fidanzato ufficialmente (ufficiale quanto possa esserlo tra dei teenager). Mi ero sempre detta che era perchè non ne avevo bisogno, ma la realtà era che inconsciamente sapevo che non mi sarebbe mai stato concesso avere un fidanzato qualunque. Non secondo i miei genitori. Il fidanzato sbagliato avrebbe rovinato l'immagine della famiglia. Fingendo sicurezza nell mie parole dissi: «No. Non credo di volere in questo momento la distrazione che esso ne comporta. Sto benissimo così»
Si mise a ridere e con le mani in tasca. «Sai, ogni tanto sono delle buone distrazioni, ci aiutano a non andare fuori di testa»
«Oh, ma a me la pazzia piace» sorrisi e poi presi un sorso di birra dal mio bicchiere; e mentre sul mio viso si formava una smorfia di disgusto per quella sottospecie di pipì d'asino chiamata birra, lui mi disse: «Ci sono cose più belle che potrebbero piacerti. Magari provale ogni tanto» Mi sorrise e andò a salutare un gruppo di suoi amici che erano appena entrati. Fui lasciata così in mezzo alla festa, da sola, a fingere che mi piacesse una delle nuove canzoni sdolcinate dei Maroon5.
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