Capitolo 10
Upper East Side, New York City - 24 Settembre 2012
Per Lunedì le temperature erano scese di qualche grado. Se Sabato potevo tranquillamente girare in maglietta e canotta (non che comunque io andassi in giro vestita così) ora mi sarei dovuta mettere almeno una giacchetta e dei pantaloni più lunghi. Purtroppo ieri era piovuto davvero tanto, e seppure ora ci fosse il sole, i suoi raggi non scaldavano abbastanza, si poteva infatti percepire un'arietta fresca provenire dai vari vicoli dove l'ombra regnava per tutto l'arco della giornata.
Con questo in mente, finita la lezione, mi misi la mia giacca e presi la borsa, dirigendomi verso l'entrata e giù dalle scalinate d'ingresso. Proprio al penultimo gradino, fui fermata da una voce conosciuta.
«Dakota, Ehi! Dove vai?» Sentì Brian chiedermi dall'alto della scalinata.
Colta di sorpresa, perché non avevo idea fosse proprio di me, quasi inciampai nello scalino. Con tutta la nonchalance e grazia possibile mi ricomposi e, voltandomi, feci un gran sorriso rispondendo alla sua domanda «Ehi a te! Se non lo avessi visto, sto uscendo, una mia amica mi aspetta all'angolo del Plaza, alla fine di Central Park».
«E' a pochi isolati da qui, ti accompagno!» Esclamò felice lui, scendendo i pochi scalini che ci separavano e mettendosi al mio fianco. Fermi tutti. Cosa stava accadendo? Poteva, l'essere accompagnati a piedi in un luogo, considerato flirtare? Anche se si conosce benissimo la strada e non si ha bisogno di una guida (ed in ogni caso siamo nel 2012, c'è Goooogle!), anche se non vi sono malviventi a minacciare la tua incolumità o non si hanno valigie e borsoni pesanti cui farsi aiutare? Probabilmente ero diventata fucsia in faccia.
Inizia quindi a gesticolare e risposi con un chiaro «Oh no grazie, non devi disturbarti, hai sicuramente qualcos'altro di meglio da fare!» dissi io scuotendo le mani davanti a me in segno di rifiuto. Ero in pura modalità panico.
Lui si mise a ridere e mi convinse con un semplice «Insisto». Diciamo che più che convincermi, lasciai perdere e rimasi in silenzio, per evitare ulteriori pessime figure.
La passeggiata fu più lunga ed imbarazzante del previsto. Le uniche parole che proferimmo, proprio prima di arrivare a destinazione, furono ancora più imbarazzanti del silenzio precedente.
«Allora» disse lui di punto in bianco.
Io, non sapendo cosa dire, risposi ripetendo la medesima parola, con tono di chi non capiva di cosa si stava per parlare «Alloraa... »
Per grazia divina venni salvata dalla voce di Candy in lontananza, la quale poteva essere sentita a miglia di distanza, e di un urlo o esclamazione, provenire da una voce sconosciuta, che ci fece distrarre dalla nostra ''conversazione''.
Girammo l'angolo e ci ritrovammo di fronte Candice e una ragazza alta e bionda, la quale aveva una strana somiglianza con Candy, da lontano, sicuramente qualcuno le avrebbe potute scambiare per gemelle.
«Spiegami esattamente come tu non faccia a congelare!» Disse la ragazza bionda, con un forte accento del Sud. Florida? Oppure Georgia? La ragazze non era chiaramente di queste parti, ne nemmeno di qualche stato del Nord, e ciò si sarebbe potuto notare non solo dal suo forte accento, ma dal fatto che per soli 18° gradi era vestita come se ce ne fossero -10°. Sfoggiava infatti un grande piumone e pantaloni lunghi e chiaramente pesanti, in netto contrasto con la giacchetta di pelle azzurra e il leggero vestito di pizzo bianco di Candy, la quale non stava nemmeno portando delle calze.
«Claire sai che vengo dal Dakota. Questo da noi è il tempo perfetto per andare in piscina!» disse Candy come se ciò fosse la cosa più ovvia di questo mondo.
«Si, forse per gli islandesi» rispose l'amica, mentre incrociava le braccia ed iniziava a battere i denti. Okay, forse la ragazza non era abituata a temperature di questo genere in questo periodo in Florida o da dove cappero provenisse, però stava esagerando, andiamo, stiamo parlando di 18° gradi! «Continuo a non capire come tu possa indossare quel vestito e nient'altro» continuò per l'appunto la sua amica.
«Ti ripeto, questo clima da noi è ideale per andare a farsi un bagno!»
«Si, forse se vuoi ammalarti nuovamente. Ti ricordi due anni fa?» Dissi io intromettendomi nella conversazione e facendo indispettire Candy e rovinandole la sua perfetta facciata coraggiosa. Mi voltai poi verso Florida e con un sorriso amichevole in viso mi introdussi.
«Comunque piacere, sono Dakota, sono un amica di Candice!»
«Tuttora continuo a dare la colpa a quegli strani stuzzichini di cui ancora non ne comprendo il contenuto»
«Certo, l'aperitivo ti ha fatto venire la polmonite. Tutto si spiega.»
Candice si girò con un sorriso sul viso, un sorriso che all'apparenza poteva sembrare dolce e cordiale, ma i suoi occhi raccontavano tutta un'altra storia. E io che la conoscevo da tempo sapevo che sotto quel sorriso vi era un'espressione maligna che ben conoscevo. Così, ripresi con un semplice «Si insomma, ma guarda l'orario! Ma come si sta facendo tardi! Dovremmo proprio andare!» e presi sotto braccio Candy, tirandola un po', in segno di 'andiamo subito via di qui'.
Con un cenno, la nuova amica di Candy, si allontanò «Allora ci vediamo domani, Adios a tutti!» disse e se ne andò.
Al contempo anche Brian piano piano stava indietreggiando, e con una mano in tasca e l'altra alzata a salutarci «Allora ci si vede in giro!» Fece per andarsene, ma Candy, neanche fosse Elastigirl, allungò un braccio e lo afferrò dicendo «Fermo qui, tu non vai da nessuna parte!» pronunciò con la sua voce, usando quel suo particolare tono, che voleva dire una sola cosa.
Perché ogni volta mi cacciavo in queste situazioni? E perché, ogni volta ne venivo trascinata dentro da Candy, non me lo spiegavo, ma inconsciamente ne davo la causa di tutto ciò alla sua incapacità di senso di controllo. Che doveva aver probabilmente perso tra il terzo e il quarto anno di vita. O forse mese.
Brian, colto alla sprovvista, si fermò immediatamente e la guardò in modo strano, ma Candice Evans non notò nulla di tutto ciò, oppure fece proprio finta di non accorgersene, così da avere la possibilità di mettere in atto il suo piano diabolico. Mi girai a fissarla, e i nostri sguardi si incrociarono. Nel suo sguardo pieno di malizia, potevo intravedere tutte le idee che in quel momento le stavano frullando per la testa. Il mio, probabilmente, era un misto tra il ''non ci provare Evans'' e ''questa è la volta buona che ti spezzo un osso''.
Candice non sembrò recepire il mio messaggio perché con un sorriso scaltro stampato in faccia si rigirò a guardare il povero Brian e gli chiese «Ti va magari di andare a prendere un caffè con noi? Chiacchierare un po'.. noi oggi non abbiamo proprio nulla da fare!»
E allora, a mali estremi, estremi rimedi. Con tutta la non chalance di questo mondo, feci finta di sistemarmi la borsa sulla spalla, e contemporaneamente, con il braccio che avevo ancora allacciato a quello di Candy, le tirai una bellissima e perfettamente centrata gomitata in mezzo alle costole. Con un piccolo saltello e un «Mhmm» da parte di Candy, riuscì a toglierle di dosso quell'espressione soddisfatta.
Ma probabilmente non fui così scaltra come credevo perché lo sguardo di Brain atterrò proprio sul mio braccio sinistro e poi di nuovo su ad altezza capo. Proprio per questo, penso che capì il mio stato d'animo non esattamente a favore della situazione, e decise così di rifiutare.
«Ah, no mi spiace, purtroppo dovremo rimandare ad una prossima volta, ho delle commissioni urgenti da fare che non posso proprio rimandare!» disse lui con faccia dispiaciuta. Tutto ciò gli uscì così scorrevole e fluentemente di bocca, che mi chiesi se era davvero una scusa quello che aveva appena detto, oppure aveva davvero degli impegni.
Ferme immobili osservammo Brian allontanarsi nella stessa direzione da dove eravamo arrivati pochi minuti prima. Ed appena lui fu a distanza utile per non sentire le nostre conversazioni, il mio sorriso innocente si spense, sciolsi il braccetto che avevo con Candy e, mettendomici davanti le puntai il mio sguardo addosso.
«Ti pare il momento di fare un'imboscata del genere!» alzai le mani al cielo, perché, se davvero qualcuno lassù esiste, questo era il momento buono per scendere giù e fare qualcosa di utile. Tipo tenermi lontano dal collo di una non così innocente Candice Evans.
«Oops, mi sembrava carino invitarlo con noi. Hai per caso scordato l'educazione?» disse con finta ingenuità, alzando una mano, che io scacciai prontamente via.
«Oh, per favore, ma quale educazione. Quello era un vero e proprio sotterfugio dei tuoi soliti» Incrociai le braccia e la guardai con aria di sfida, da prova-a-controbattermi-se-ci-riesci.
E come volevasi dimostrare Candy fece finta di non avermi neppure sentito e iniziò a blaterare su qualche strano vestito e designer di cui avevano trattato oggi in classe. Sapendo perfettamente che l'argomento mi avrebbe fatto roteare gli occhi e cascare le braccia dalla noia, finendo per farmi pensare a tutt'altro, mentre lei continuava a divagare sull'argomento.
Ci dirigemmo verso la stazione della metro più vicina e poco prima di scendere nel sottosuolo, Candy si fermò da un giornalaio e acquistò l'ultima edizione di Vogue Italia. Si, l'edizione era in italiano, e si, lei si limitava a guardare le immagini (anche se lei non voleva ammetterlo), perché non ne capiva una parola di italiano oltre a ''bella''. Nella sua strana mente era convinta che Vogue Italia fosse nettamente superiore alle edizioni degli altri paesi. Io, invece, un po' per sfizio e un po' per curiosità presi una copia di Nylon. Non che mi interessasse la moda o altro, ma ogni tanto rimanere al passo con le mode, anche se solo mentalmente, non faceva mai male, perché poi, in realtà, indossavo sempre le solite tre cose con leggere differenze ed ero alla disperata ricerca di qualcosa di nuovo da indossare da aggiungere ai miei must-have (cosa che Candy non dovrà mai scoprire, altrimenti sarà la mia morte).
Proprio mentre iniziavamo a scendere le ripide gradinate, iniziammo a sentirle leggermente tremare sotto i nostri piedi, segno che la metro stava arrivando. Velocizzammo quindi il passo, e nell'esatto istante in cui arrivammo alla banchina, il treno si fermò davanti a noi. Purtroppo, come sempre a quest'ora, le carrozze erano piene fino all'orlo e appena le porte si aprirono, una massa di gente si riversò verso di noi. Ci spostammo a lato per permettere a tutti di scendere liberamente, ma evidentemente non abbastanza, perché venni travolta da un ragazzo, la quale spinta mi fece perdere l'equilibro e sbattere contro le pareti della carrozza. Appena ripresi stabilità e mi ricomposi, alzai lo sguardo per cercare di individuare quella sottospecie di giocatore di rugby che mi aveva appena investita, ma non ve ne era più traccia.
Candy si accovacciò a terra e raccolse ciò che neppure mi ero accorta fosse caduto. Alla velocità della luce entrammo nel vagone e tirammo un sospiro di sollievo, quando qualche centesimo di secondo più tardi si chiusero le porte. Lo sanno tutti che la metro non aspetta nessuno, altrimenti, non sarebbe la metro, ma un semplice treno di provincia in costante ritardo.
Pochi minuti più tardi scendemmo alla nostra fermata, dopo averla quasi persa per esserci perse a canticchiare In the Middle di Jimmy Eat World, che tanto adoravamo quando eravamo al terzo anno di scuola. Ci incamminammo verso il nostro palazzo, e mentre salivamo le scale, Candy iniziò a frugare nella sua borsa per trovare le chiavi dell'appartamento. Una volte estratte da quel buco nero che era la sua borsa (seriamente, dentro ci riusciva a far stare di tutto, sebbene le sue dimensioni ridotte non ne consentissero una spiegazione scientifica).
«Reggi questi» mi disse Candice passandomi la rivista e due borse di Boutique in cui doveva essersi fermata prima che la incontrassi. Proprio mentre adocchiavo il contenuto delle buste, Candy mi lanciò addosso la sua borsa. Il suo peso spropositato mi colse di sorpresa, facendomi cadere giù dallo scalino. Per cercare di stabilizzarmi, misi le mani sul corrimano della scalinata, non realizzando che così feci cadere tutto quello che prima avevo sulle braccia.
«Mi state prendendo in giro» mormorai tra i denti, senza un oncia di pazienza. Sul serio? Davvero oggi era già la seconda volta oggi che mi cadevano delle cose dalle braccia? Senza fiatar oltre raccolsi le mie cose e fui infinitamente grata per il silenzio di Candy. Per fortuna le sue cose erano intatte, mentre invece non lo si poteva certamente dire per la mia nuovissima rivista appena acquistata, la quale era tutta spiegazzata e con alcune pagine strappate. Ecco una delle ragioni per cui non compravo riviste, finivano sempre distrutte o sparivano ancora prima che potessi leggerle. Scherzo, come tutte le persone normali finivo per sfogliare le prime due pagine e poi dimenticarla sul tavolino, per poi scordarmene completamente e buttarla via due mesi più tardi.
Salite di sopra, dopo esserci sistemate e io cambiata in vestiti un po' più comodi per stare in casa (Candy invece sosteneva l'utilità dell'essere sempre pronti e preparati nel caso qualcuno si presentasse inatteso, solo per dirvi, cambiava le sue scarpe con delle altre simili che utilizzava solo per stare in casa, andatela a capire). Mi spaparanzai sul letto e presi in mano il mio telefono. Dopo qualche minuto passato ad aggiornare la mia timeline senza novità o foto interessanti, misi da parte il telefono e presi in mano la mia rivista malridotta. Me la misi davanti e sfogliando le prime pagine per saltare l'indice, da essa uscì fuori una busta.
Per un momento pensai fosse uno di quegli inserti con le cartoline e campioncini di cosmetici che ti infilano dentro per pubblicizzarli. Ma la busta era completamente bianca, senza scritte ne immagini, e la carta non era quella di un comune foglio di stampante, ma di un leggero color avorio e un perlato che ne davano un aspetto molto più elegante.
Senza pensarci iniziai a strapparne l'orlo per visionarne il contenuto, ma poi mi bloccai. E se fosse stata la lettera di qualcuno? Un messaggio importante? Ed esattamente come sarebbe finita nella mia rivista? Effettivamente, l'avrei potuta prendere per sbaglio quando mi erano cadute tutte le possessioni nella metropolitana.
I miei dubbi durarono per meno di una frazione di secondo. Perché appena aprii la busta ed estrassi il suo contenuto, la prima cosa che notai fu il mio nome. O meglio, il mio cognome. In caratteri dorati vi era infatti scritto ''Signorina Ferguson''. Continuai a leggere sotto, non riuscendo a capire di cosa potrebbe mai trattarsi.
''Dopo perdurati scrutini e valutazioni, la U.S.A. la invita a partecipare ad un colloquio informativo in funzione di una possibile assunzione come personale fisso, da poter inserire a seguito di formazione nel nostro organico. La risorsa selezionata verrà inserita in una realtà strutturata e in forte espansione. Completano il profilo la facoltà di apprendimento, flessibilità, capacità di lavorare in team, dinamicità e attitudine al problem solving.
La invitiamo pertanto a presentarsi al nostro recapito, con la seguente lettera, alle ore 15:30 di domani 25 Settembre, per un colloquio conoscitivo.''
La lettera si concludeva con un semplice ''Buona Serata''.
Quindi non era una pubblicità, ne una lettera casuale, ma era destinata proprio a me. Ma da dove caspita saltava fuori questa cosa?
———
Teorie? 👀😎
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top