Capitolo 1
- 1 Anno Prima
Tutto iniziò quando l'anno prima la nostra scuola ci organizzò delle sedute per scegliere l'indirizzo e i college più adatti alla nostra personalità. Sapete no, quei corsi dove sei OBBLIGATO ad iscriverti (che poi, se uno non volesse continuare a studiare che fa? Ci va lo stesso, ecco la conclusione). Quei corsi dove ti spiegano una ad una le possibilità che hai, cosa potresti scegliere e ti fanno compilare quel mega test a crocette di 100 domande per capire a cosa sei più propenso, in cui a volte ti esce che dovresti fare lo scienziato, quando magari odi biologia e chimica, insomma, una perdita di tempo.
Io e Candy (la mia migliore amica, amica del cuore, definitela a vostro piacimento) non eravamo particolari fan delle cose proposte dalla scuola, o almeno, io non lo ero di certo. Dopotutto le scuole superiori a Sioux Falls erano un po' patetiche, si chiamavano tutte con il cognome di un presidente degli Stati Uniti ... Lincoln, Washington e Roosevelt. La nostra era la Lincoln High School una scuola pubblica della zona ovest della città. Anche se eravamo ricchi e mio padre mi voleva spedire in un collegio in Scozia, ero riuscita a fare leva sulla mamma per convincerlo a farmi rimanere qui, volevo una vita normale.
Già era dura essere figlia di un senatore, sei poi lui era uno stronzo colossale, la tua reputazione non migliorava, quindi, passare come una ragazza normale, ai tempi del liceo, era il mio obiettivo principale (dopo cercare di conquistare Shane Coleman, ovviamente, quel figo che frequentava Arti figurative con me, quel figo che non mi aveva filato minimamente per tutto l'ultimo anno).
La scuola di per se non era male (se si omette il fatto che dall'esterno sembrava proprio una caserma, di certo non come quelle bellissima High School in Florida arancioni, con le palme e le fontane in giardino). Erano tutti abbastanza simpatici, ovviamente vi erano le solite oche 'inaridite' (se così si possono definire) che non perdevano mai l'occasione di infastidirti e mandarti frecciatine. Per il resto era tutto secondo lo standard della tipica scuola americana. Tutti stavano con i propri gruppi, c'erano i secchioni, c'erano i musicisti (Allarme! Shane Coleman! Allarme!), le cheerleader ovviamente insieme ai giocatori di football, quelli di pallacanestro, i nullafacenti, i cannaioli (con cui ogni tanto ero uscita per farmi un tiro o due, dopotutto bisogna fare esperienza prima di giudicare no?), vi erano le Fashioniste (ossessionate dalla shopping, di cui Candy faceva ovviamente parte) e infine vi erano gli artisti (con cui passavo la maggior parte del mio tempo, alternandomi con Candy), un po' strambi, ma adatti a me.
La Lincoln High era una tra le scuole più patriottiche del paese, guarda caso i suoi colori erano rosso, bianco e blu. Era affiliata con il Corpo dei Marines, aveva una Banda per le parate, il team del giornale e dell'annuario e potevi praticare tantissimi sport. Il fiore all'occhiello della nostra scuola erano i 'Lincoln Patriots'. In realtà non erano molto bravi, per niente, se proprio lo dobbiamo dire, il football non faceva per loro, ma il loro aspetto bastava ad oscurarne le prestazioni in campo. (Non sono una che va dietro ai ragazzi, tranne Shane Coleman si intende, ma certo non posso negare l'evidenza, giusto?)
Fatto sta che io non avevo intenzione di andarci, ma Candice 'Candy' Evans sapeva essere convincente, non facevamo nulla da sole, dove andava una andava l'altra. Tranne quando stava con le Fashioniste, allora li dovevo scappare e andarmene per non entrare in un vortice di maglioncini di cashmere che mi avrebbe portato direttamente ad un girone dell'inferno riservato ai maniaci dello shopping
Così, per colpa sua, mi ritrovai a compilare moduli di partecipazione a quegli inutili corsi.
Non avevo mai pensato di andare al college, insomma, studiare non era di certo la mia priorità e dopo undici anni passati a scuola, l'idea di perderne altri quattro sopra a dei volumi che non mi avrebbero mai insegnato quello che io volevo sapere, non mi ispirava granché.
Però le cose a casa si stavano mettendo male. Mia madre, Elizabeth Ferguson, era stata Miss Alabama nel 1986 all'età di 18 anni, era un vero e proprio raggio di sole, la tipica bella ragazza. Alta, boccoli biondi, grandi occhi azzurri e labbra carnose. La mamma era morta solo sei mesi fa in un incidente di cui non sapevo praticamente nulla. Lei mi aveva sempre trattato bene, si insomma, non era mai stata realmente materna, ma non mi aveva mai trattato come mio padre. Papà invece mi aveva sempre 'accolto' con pura indifferenza, da ex senatore del South Dakota e uomo politico in carriera, non era mai a casa. Quelle poche volte che tornava, faceva buon viso alla mamma, mentre a me riservava la sua parte fredda e spregevole. In nessuno dei miei ricordi d'infanzia vi era qualche segno d'affetto da parte sua, non mi aveva mai voluta bene, di questo ero certa. Ancora oggi mi chiedo cosa io gli abbia mai potuto fare. Ora che la mamma era morta era diventato un tutt'uno con il Polo Nord, probabilmente se si fosse avvicinato e mi avesse alitato addosso sarei diventata un cubetto di ghiaccio, come in quella pubblicità delle cicche che fanno sempre vedere in TV. Ovviamente sto scherzando sul fatto delle cicche, ma davvero, non avevo mai conosciuto una persona più fredda e calcolatrice di lui. Un tratto che sembrava ricorrente tra i politici.
Io invece Dakota Ferguson, fino a poco tempo fa ero stata una bambina chiamata col nome dello stato governato dal padre, ma dopo la scomparsa della mamma, ero diventata una ragazza intrappolata a casa di un uomo che non conosceva. Ultimamente mi sentivo soffocare. Tutti mi rispettavano per quello che era mio padre, mai nessuno per quello che ero io. Odiavo questa sensazione, la odio ancora oggi se ci ripenso. Nessuno mi adorava per le cose che facevo, tutti solo per quello che faceva lui. Ero sempre in secondo piano, un'ombra delle sue azioni. Ero stufa di essere sempre quella nascosta, si lo ammetto, non mi piace stare al centro delle situazioni, ma in quel periodo era tutto davvero troppo opprimente.
Ma dopo aver partecipato al corso, a casa continuavano ad arrivare domande di iscrizione da tutti i college del paese, la scuola doveva avermi inserito in qualche sottospecie di lista strana. La cassetta della posta era sempre piena fino all'orlo (ovviamente, anche in questo caso, i college non mi scrivevano per le mie capacità ,ma perche ero la figlia di una qual certa persona) . Ricordo ancora che un giorno la cassetta era così piena che il postino era stato costretto a lasciare alcune lettere appoggiate per terra. Il caso volle che Spike, il famigerato bulldog distruttore, sempre in giro a fare danni e di cui non si sono mai capiti i veri proprietari, ovviamente, appena vide la posta a portata di bocca, se le smangiucchiò tutte. Fatto sta che ogni giorno ero sempre all'erta per sapere quando arrivava il postino e vedere cosa mi avesse portato. Ero così emozionata a leggere tutte quelle presentazioni di college, alcuni sembravano davvero favolosi, altri invece erano in Alaska e non sembravano poi troppo affascinanti. Ma qualche bel college in un altro stato? Quelli erano fattibili. Dopotutto significava che finalmente me ne sarei potuta andare da Sioux Falls. In realtà adoravo la mia piccola cittadina, adoravo il suo parco di sera e quelle magnifiche cascate proprio in centro città! Quale città poteva vantarsi di avere delle vere e proprie cascate nel suo centro? Ammettiamolo è una cosa rarissima! Per non parlare della brezza rinfrescante che creano e ti dà sollievo nelle giornate più calde d'estate, il fruscio rassicurante dell'acqua che si increspa sui sassi. Sembrava di essere in montagna quando invece eravamo in un'infinita distesa piatta. Ma la gente che vi abita non è così maestosa, ed era proprio da loro che volevo fuggire. Fu così che capii che forse l'idea di andare al college non era poi tanto brutta.
Desideravo andare in un posto in cui nessuno sapesse chi ero (anche se è alquanto improbabile dopo che uno finisce sulla prima pagina del Times, ma questa è un'altra storia), o almeno in un posto in cui qualcuno mi aveva vista sui giornali, ma non era a conoscenza di altro, mettiamola così. Desideravo andare in un posto dove le persone non rimanessero deluse se facevo qualcosa che non rientrasse nel copione della 'figlia del senatore'. Io volevo e voglio essere chi voglio, qualsiasi cosa sia. Desideravo la libertà, senza sapere che dietro di essa si celassero altre conseguenze.
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