11

Non sapevo cosa mi fosse passato per la testa. Portare Louis ad una vicinanza così intima aveva reso tutto così difficile. Era stato durissimo per me non permettergli di arrivare lì, dove già ero fradicia, non permettergli di possedermi. Accidenti, se era bravo. Ero ancora eccitata, quando si era fermato, al punto dal dovermi trattenere dal salire a cavalcioni su di lui, baciandolo, e lasciare che mi prendesse. Avevo visto l'evidente rigonfiamento dei suoi pantaloni e mi ero sentita accaldata. Dovevo assolutamente uscire da quella stanza, se non volevo perdere completamente il controllo di me stessa. Quindi, mentre Louis scappava in bagno, io uscii dalla sua camera per dirigermi a passo svelto nella mia. Ero ancora in corridoio tentando di sistemarmi i capelli ed i vestiti, quando incrociai Dylan, con Mark tra le sue braccia.
«Accidenti, stai bene?» mi chiese il più grande dei due.
«Sì, perché?» risposi, tentando di regolarizzare il mio respiro.
«Sembra che tu abbia appena corso la maratona della città.»
«Davvero?» feci finta di niente. Di certo non potevo dirgli "Ho quasi scopato con tuo fratello", e non perché Mark fosse presente.
«Sei tutta ross...»
Vide qualcosa alle mie spalle e il tono della sua voce calò drasticamente. Guardai in quella direzione, la direzione da cui ero venuta: la camera di Louis era ancora aperta e suo fratello si stava sistemando i capelli sparati da tutte le parti per colpa mia entrando.
«Puoi portare Mark in camera, per favore?» mormorò Dylan. «Non sta tanto bene.»
«Certo» sussurrai, prendendo il piccolo tra le braccia. «Che cos'hai, Mark, mal di pancia?» gli chiesi mentre lo portavo nella sua stanza.
«Dylan dice che ho la febbre» borbottò lui con aria afflitta.
«Sarà un po' d'influenza, di questi tempi la prendono in molti. Te l'ha misurata con il termometro? Ti ha dato qualcosa per guarire?»
«Ha chiamato la mamma. È andata in farmacia.»
«Vedrai che con una bella aspirina starai meglio» lo rassicurai, mettendolo a letto. «Hai freddo?»
«Un po'» rispose ed io mi sentii davvero male nel vederlo così giù. Gli rimboccai le coperte, quando entrò la piccola Jessica e si sedette al suo capezzale.
«Sta' attenta a non ammalarti anche tu» le dissi.
«Va bene. Tu sai perché Dylan e Louis stanno litigando?»
«Stanno lit...? Guarda un secondo tuo fratello, per favore, vado a vedere che succede» conclusi, prima di correre dagli altri due Brooks.
«Che cazzo, non pensavo lo dicessi per scopartela appena mi sono levato dai coglioni!» stava gridando Dylan.
«Dyl, non me la sono scopata» scandì Louis.
«Ah, no? Sei sicuro, Louis? So riconoscere una ragazza che ha appena scopato, sai?»
«Non sono affari tuoi!»
«Ragazzi» intervenni entrando, ma mi ignorarono.
«Sai quanto io tenga a lei e te la sei portata a letto!» continuò Dylan.
«Ragazzi!» urlai, facendoli ammutolire, finalmente. «Mark sta male, abbassate la voce.»
«Mark sta male?» ripeté preoccupato Louis.
«Sì, mentre tu ti scopavi la mia ragazza, Mark si è preso la febbre» rispose con criticità suo fratello.
«Non l'abbiamo fatto» mormorai io.
«E lei non è la tua ragazza» aggiunse Louis a capo chino.
«Dimmi che non ci sei andata a letto insieme» mi supplicò Dylan.
«Non l'abbiamo fatto» ripetei. «Senti, Dyl, è complicato. Prima o poi dovrà succedere ed io non voglio sentirmi come se lo stessi facendo solo perché tutti si aspettano che dopo il matrimonio io dia a Louis dei figli. Quindi gli ho chiesto... una cosa» esitai alla fine.
«Che genere di cosa?» indagò lui.
«Ci siamo toccati» rispose Louis senza tante cerimonie. «Solo questo.»
«Voglio arrivarci gradualmente» tentai di spiegare.
Dylan scosse la testa, deluso. «Scusate, non riesco a sopportarlo.»
«Non ero obbligata a dirtelo» puntualizzai mentre se ne andava, facendolo congelare sul posto. «Questa era una cosa mia e di Louis. Tu non c'entri niente. È un favore che gli ho chiesto, tu non eri autorizzato a saperlo. Ti ho fatto un piacere a darti una spiegazione, quindi non andartene stizzito. So che...» dissi a fatica, mentre si voltava di nuovo verso di me. «So che ti fa male, vedermi con tuo fratello, vedermi con un altro in generale, ma io un giorno dovrò sposarlo, dovrò dargli dei figli, e quando arriverà il momento voglio sentirmi donna, non solo un'incubatrice sforna pargoli. Voglio provare il mio piacere, sentirmi bene e a mio agio. Se non riesci ad accettare questo, be', mi dispiace, ma non sono comunque affari tuoi.»
«Va bene» si arrese Dylan, sconfitto. Non pensavo me l'avrebbe data vinta così in fretta, sul suo volto addirittura si scorgeva del senso di colpa. «Sei libera di fare ciò che vuoi, non stiamo più insieme. E se questo è il modo migliore per sentirti bene in futuro, allora fallo. Come hai detto tu, non sono affari miei. Non più.»
Mentre uno dei Brooks prendeva la direzione della camera di Mark, l'altro, Louis, mi posò una mano sulla spalla in modo rassicurante.
«Qualcosa non va» dissi senza distogliere lo sguardo da suo fratello. «È troppo calmo, arrendevole.»
«Hai ragione, c'è qualcosa sotto» mormorò Louis. «Solo... Chissà cosa.»

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