Capitolo 2 parte 9

Una scossa mi attraversa nel vedere i suoi lineamenti sbalorditivi.

Il suo sguardo spento, privo di vita, ma al contempo terrorizzato e ricolmo di sentore, mi pietrifica.
Pura, semplice. Così giovane e bella.
Rinchiusa in un covo come se fosse un mostro.

"Tu sei un'altra, invece."
Attendo vari secondi prima di procedere.

"U-un'altra...?"
La giovane fanciulla presta poca attenzione alle mie parole.

"Cosa ti hanno raccontato di me?"
Qualcosa mi dice che questi occhi spalancati, così verdi da mozzare il fiato, abbiano visto e dovuto convivere con orrori che nessun essere umano ha mai neppure immaginato.

"N-niente. Ho a malapena sentito una novizia parlare di te."
Raccontarle il terrore che provano le altre nel sentire il suo nome non sembra essere un'idea brillante.
Non conosco a fondo la sua storia. Qualunque sia però, è crudele il modo in cui viene trattata.

Annuisce comprensivamente.
I suoi movimenti sono lenti e forzati. Privi di gioia. Privi di vita...

È come se vivere per lei fosse una costrizione da parte di qualcun'altro.
Un'impresa che non ha mai avuto intenzione di realizzare.

Mi si forma un groppo in gola nel pensare al tempo indeterminato che ha trascorso e che continuerà a trascorrere qui, lontana dal mondo e privata da ogni contatto con ciò che si trova all'esterno.
Perfino il cibo che mi è stato chiesto di portare è...ordinario. Fin troppo ordinario.
Il luogo del suo soggiorno è piuttosto inquietante. Freddo. Triste. Soffocante.

Sulla sua pelle scura e rilucente, scivola una ciocca di capelli neri, perfettamente arricciata, fuoriusciente dal velo color crema che cela il resto della sua chioma.
Brahina si dirige verso un lettino prendendo tra le braccia una coperta raggomitolata.
Mi ci vogliono istanti per rendermi conto che in realtà la coperta è un... bambino.

"È morto."
Il mio cuore salta in un battito. È come se per un momento il mondo fosse totalmente crollato in un nulla abissale. Forse in quel caso tutto avrebbe più senso.
Porto una mano al petto aggrottatando le sopracciglia.

"Non continuare a fissarmi in quel modo. Avanti. Chiedi pure."
Mi coglie alla sprovvista.
Spalanco gli occhi in cerca delle parole giuste. Si tratta pur sempre di una ragazzina. Devo cercare quantomeno di essere cauta.

Brahina mi sorride debolmente.
Qualcosa nel suo sorriso spezzato, quasi diabolico, mi inquieta. 
Rimette in una culla il suo neonato con smodata delicatezza e ripresta l'attenzione su di me.

"È mio figlio"
Prende una pausa come per cercare di riformulare infinite volte la stessa frase.

"Era mio figlio."
Sospira profondamente.

"Sono la nipote della Madre. La nostra stirpe è l'unica che può procreare nonostante siamo suore. Dicono che in realtà siamo uomini maledetti in corpi di donne. Probabilmente è il motivo per cui ci temono. Ad ogni modo, non posso che sperare che il mio prossimo figlio sia la futura Madre, altrimenti  dovrò ingorare i pianti insistenti di una parte di me, un'ennesima volta. Noi non possiamo. È illecito. Un maschio nato da una madre deve morire. Non può vivere."
Percepisco un filo di insania nelle sue parole.

"Perché?"
Riassumo il mio intero sgomento, perturbazione e confusione in una secca e banale parola.

Perché ha lasciato suo figlio morire di fame per una mera setta religiosa?
Perché si trova isolata da tutto e tutti come una criminale?
Perché non prova a fuggire?
Perché continua ad accettare un destino tanto crudele?
Perché nessuno ha mai fatto nulla?
Perché nonostante sia così giovane debba soffrire in questa atroce maniera?

"Perché il mondo è un posto crudele, e perché alcune volte le speranze di persone perse dipendono da te, indipendentemente dalla loro assurdità."
Suona stranamente come Giselle.

"Quante volte hai dovuto..."

"Quattro. Lei sarà l'ultima. Lo sento."
Porta una mano tremolante sul grembo.

"Chi è il padre?"
Sussurro.

"Il creatore. Lui è il padre di tutti noi."
Provo una fitta al cuore. Come fanno a essere così crudeli. È completamente persa idealizzando la sua misera realtà.
È sbagliato. Tutto così dannatamente sbagliato che non dovrebbe esistere neppure nella mente del più perfido dei nevrotici.

Mi monta in petto una sensazione soffocante. D'acchito, tutto intorno a me prende forma reale. È come il realizzare lentamente la propria esistenza...e quella degli altri.

"La tua amica. So che sei qui per lei."
Spalanco gli occhi.

"Cosa? T-tu...come fai?"
Si dirige verso un polverulento tappeto nell'angolo della stanza, e lo sposta rivelando... un passaggio.

"Vieni."
Fa cenno di avvicinarmi.

Malgrado la mia forza di volontà, le mie gambe prendono a muoversi senza il mio comando.

È decisamente poco illuminato.

Una volta al suo fianco, do un'occhiata all'entrata.
I miei pensieri sono annebbiati. Così tanto che non riesco ormai a distinguere più il razionale dall'irragionevole.

"È..."

"...sangue."
Conclude amareggiata la mia frase.

Ai piedi dell'ultimo gradino delle scale per scendere nel passaggio, vi è quella che pare essere una fontana di sangue immensa. Non sembra esserci un modo per evitarla. Per procedere a quanto sembra, bisogna immergersi in essa.
Non vedo però il continuo. Non ho la certezza che ci sia qualcosa veramente lì.

La paura prende il sopravvento.

Entra

Affondo le unghie nella mia pelle, scacciando questo orripilante pensiero dalla mia testa.

Come posso entrare ed essere certa che nulla mi capiterà? Chissà cosa diavolo ci sarà mai lì sotto. È fin troppo rischioso. Non so ne ne varrà la pena.

"L'hanno portata qui dentro. Non so cosa c'è oltre. Non posso aiutarti più di così."
Mi volto nella sua direzione.

"Non hai mai provato a entrare?"
Mi fissa a lungo stranita, come se fosse scossa dell'assurdità delle mie parole.

"Perché mi aiuti?"
Riprendo.
Scrolla le spalle.

"Qualunque cosa che possa rovinarli mi è d'aiuto."
Mi appoggio lentamente al muro che si trova alle mie spalle.

Cosa?

Un paio di minuti fa condivideva perfettamente le assurdità che le venivano imposte senza replicare, e adesso... sembra accecata da un sentimento inestinguibile.
Vendetta.

Sembra sapere più di quel che dice.

Perché però?

Che senso ha stare al gioco di qualcuno rovinando i propri figli per poi provare a lavare col sangue?

Perché non declinare semplicemente all'inizio?
Cosa potrebbe mai succedere?

Ho così tante domande senza risposta... Cosa dovrei fare adesso?

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