Capitolo 2 Parte 2

Tamina's Pov

...Avrei ambito una catastrofe piuttosto. Un uragano o un qualsiasi altro disastro che avrebbe soppresso la mia mera esistenza.
Qualcosa detonò dentro di me, attraversando tutto il mio corpo come una mordace scossa elettrica. La mia rabbia ribolle, dandomi la forza di rialzarmi dal pavimento.
Terribilmente inibita, abbassai lo sguardo, distogliendo la mia attenzione dalla belluina donna che mi ritrovai davanti.
"...Esattamente ciò che mi aspettavo. Non sei altro che una codarda marmocchia. Non ti azzarderesti a dire una singola parola contro di me, e finché vivrai sotto questo tetto, farai meglio a tenerlo a mente."
Le mie piccole mani ricoperte di sangue, gradualmente si abbassarono, tremolanti.
La donna fece spazio ad un uomo di mezza età, dai baffi e un'esorbitante cicatrice sul volto.
"Allora? Dov'è la mia piccola?"
Senza staccare il mio candido sguardo da bambina dall'uomo, dissi a denti stretti:
"Sono qui"
Il viso dell'uomo in vista del mio volto cambiò, arricciandosi in una smorfia inquietante...

~~~

Spine nere e marroni avvolgono il luogo granguignolesco, quasi come denti in attesa di azzannare.

Gli alberi sembrano chiudersi, soffocando la luce e lasciando che la nebbia rotoli intorno come un soffio.

Ombre nitide, scure quanto la cripta più abissale, scivolano appena fuori dalla vista, e alberi ad alto fusto crescono e si diffondono spontaneamente.

Non rammento il momento in cui siamo giunti in questa foresta truculenta.
Ho perso completamente la cognizione del tempo.

Il tassista si ferma di colpo sconvolgendo i miei pensieri caotici.

"Mi dispiace, Signorina, non posso procedere oltre. È stato un piacere!"
Esibisce un ghigno decisamente infido, giocherellando con gli orecchini che gli ho offerto poco fa.

Annuisco comprensivamente.
"Va benissimo così. Grazie infinite. Potrebbe per favore chiamare la polizia? Sper lei capisca che questa è una situazione di emergenza."
Lentamente, chiude le palpebre.

"Senz'altro!"
Sorrido debolmente.

Sconsolata, scendo dal sudicio veicolo che immantinente parte spedito come un fulmine, allontanandosi il più possibile da questo luogo terrificante.

Come posso biasimarlo?
Non avrei mai pensato di poter finire in una situazione del genere in vita mia! Non posso credere di essermi cacciata in questo genere di guai.

Prendo un respiro profondo.

Fatti coraggio, Tamina!

Mi nascondo dietro un tronco d'albero umettato e guardo la scena raccapricciante.

Una fitta nebbia si raccoglie al centro del terreno. Sopra un crinale a nord, circondato da colline su ogni lato, un pietrificante monastero si erge isolato e abbandonato.

Viticci, come dita, si fanno strada con artigli soffocando lentamente il sentiero aperto che conduce all'ingresso della porte di quercia del monastero. Allo stipite nocciola della porta principale, da dove gli acari hanno masticato per secoli, manca un angolo tutto scheggiato e fratturato.

Il metallo della maniglia della porta è stato eroso dalla ruggine e il colore è sbiadito da un dorato rame che era una volta, a un grigio opaco.

Un brivido di terrore mi percorre la schiena.

La ragazza che ha finto di far parte del personale dei Thompson un paio d'ore fa, scende per prima dal furgone togliendosi la parrucca bionda e scoprendo dei lucenti capelli rosso ciliegia.

Viene seguita da un uomo in cravatta che con noncuranza porta Giselle sulle spalle come se fosse un sacco di patate.
Una rabbia incessante inizia a consumarmi facendomi desiderare di affrontarli.

Non sono nient'altro che luridi criminali senz'anima!

Sono sempre stanta piuttosto sconsiderata e tonta a differenza di Giselle, lo ammetto, tuttavia, perfino per me questo atteggiamento sarebbe estremamente stupido.

Il resto degli uomini, ispeziona l'area per diversi minuti, per poi entrare nella struttura.

Un silenzio assordante cala sulla foresta.

Esito per un attimo.

Quello che all'apparenza sembra essere un monastero, circondato da un'orrida foresta sommersa dalla nebbia, non rassicura affatto la mia concitazione.

Chiudo gli occhi appoggiandomi ad un tronco d'albero e rifletto.

Nessun'arma, nessuno nelle vicinanze, nessuna via di fuga...

Il mio istinto mi esorta a fuggire senza voltarmi indietro. Come al solito.

Ma cosa penserebbero di me i miei genitori?
Hanno impiegato anni nel crescere con amore e affetto una donna dai nobili principi, non una codarda. Probabilmente li deluderei!

È sempre stato così semplice agire per Giselle. Persino la sua imprudenza è calcolata nei minimi dettagli.
Non posso di certo dire lo stesso di me.
Mio malgrado, non riesco a oltrepassare questo muro. È alto, spesso e terribilmente spaventoso.

Tuttavia, sono arrivata fin qui per un motivo.
Avrei dovuto pensarci quando ne ho avuto la possibilità. Ciò che è fatto è fatto ormai.

Mi alzo stringendo i pugni, e avanzo in direzione dell'ingresso del raggelante monastero con in mano il mio cellulare.

Una strana sensazione mi divora facendomi venire un lancinante mal di stomaco. Le mie gambe iniziano a tremare. Il vestito lungo e rovinato, mi fa da ostacolo, rendendo difficili tutti i movimenti.

Guardo in alto verso il cielo. Alcune nuvole oscure gettano un'ombra sulla luna.

Afferro la ringhiera della mirabile scalinata di pietra che porta all'ingresso.

Mentre salgo le scale, provo la strana sensazione di essere osservata.
Accidenti!

Intravedo quasi un bagliore.
Non è possibile.
Sono l'unica rimasta qui fuori.

Una volta in cima, provo a calmare l'ansia che mi monta in petto.

Digito presto il numero della polizia e alzo in aria il telefono, proprio davanti alla porta. In questa maniera chiunque aprirà dovrà vedersela con le forze dell'ordine.

Un improvviso suono stridulo mi fa sobbalzare.

Girati.

Il mio respiro accelera rapidamente. Mi volto di scatto.

Qualcuno mi sta forse inseguendo?
Sono solo paranoica.

Scaccio i pensieri negativi e alzo la mano pronta a bussare ma un brivido mi attraversa bloccandomi.

Perfino l'aria sembra avvertirmi!

Bussa alla porta.

Respiro profondamente e stringo in mano il battente.
Busso due volte.

Cosa diavolo ho fatto?

Il suono sembra echeggiare all'interno delle mura. Di tanto in tanto mi giro per assicurarmi di essere davvero sola, in attesa che arrivi qualcuno.

I reclami che vengono dalla foresta mi fanno venire la pelle d'oca. In fondo so di non essere sola e che il pericolo è imminente, ma non posso ammetterlo.
Non voglio. Finirei per fuggire.

La porta si spalanca all'improvviso, per poi aprirsi completamente.
La curiosità su cosa si cela all'interno della struttura è l'emozione più grande che riesco a provare in questo momento. È talmente grande che ragionare con lucidità mi è quasi impossibile.

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