Capitolo 1 parte 6

Seattle.
Il sole rilucente irradia gli edifici della città.
La mia città.

Il finestrino opaco della vettura in movimento mi mostra la raffigurazione di uno dei centri più importanti in termini di commercio, cultura, tecnologia avanzata, alta moda e lusso. La metropoli del mutamento. O è almeno ciò che credono le persone che la scelgono come nuova patria con l'intenzione di sperimentare le loro vite. La maggior parte delle volte finiscono per iniziare da capo in un'altro stato.

Lo schermo del mio cellulare si illumima richiamando la mia attenzione. Il Web, come mi aspettavo, è ricolmo di articoli che riguardano il mio fidanzamento con Alexander.

Scorro in basso e do un occhiata ai primi commenti che mi ritrovo, nonostante non sia ignara dei rischi.

"Non riesco a immaginare con quale coraggio Alexander abbia accettato di vivere con una che non ha il coraggio di farsi vedere per quanto sia brutta!"

"🤢🤢🤢"

"Mi dispiace sinceramente per Alexander. Probabilmente è stato costretto a sposare una donna con uno stile di vita così ambiguo, altrimenti non me lo spiego."

"Boh, non mi è mai andata giù onestamente."

"Sono sicuro che questo matrimonio non farà altro che portare problemi ai Moore. I Harrington Levine sono strambi quanto ricchi."

"Perché me lo aspettavo? Senza una faccia cosa avrebbe potuto fare?"

"Rispetto e ammiro questa donna più di ogni altra cosa. È per colpa dei vostri commenti se sono cauti con ogni azione che compiono."

"Questa stronza pensa di aver fatto qualcosa ora che ci ha portato via Alexander"

"È così disgustosamente magra che sembra la stiano facendo morire di fame. Assolutamente orripilante! Come fa un miliardario a volerla?"

"Uno schifo! Non voglio neanche pensare agli scempi che le sue sorelle staranno combinando"

"È un abile ricercatrice, ma credo che la morte della madre l'abbia scossa e fatta uscire fuori di senno. Perché sposarsi così giovane e con un membro dei Moore?"

"Non ho nulla da dire. Che orrore"

"Ma cosa diavolo ha passato? Perché è così sciupata?"

Non capirò mai il perché il modo ha un'idea così oltraggiosa e negativa di me. La nostra famiglia cela innumerevoli misteri, ma ciò che li preoccupa è il mio peso e i sentimenti di Alex. Ridicolo come le persone siano involontariamente crudeli e allo stesso tempo ottuse.

Prendo un respiro profondo e ripongo il dispositivo a posto, insieme le mie preoccupazioni.

"Sii cautaa e risoluta. Spero che l'affidare questo compito a te non sia un errore. Non deludermi."
Mi volto verso mio padre, che rassettando la sua cravatta, sospira.

Joseph Harrington Levine Astor

Età: 62 anni
Altezza: 172 cm
Professione: Amministratore Delegato

"Non lo farò."
Il tono tremolante della mia voce dimostra il contrario, nondimeno, non mi faccio prendere dal panico.

La vita di innumerevoli persone è legata al mio nome. Non posso permettermi un attimo di concitazione. Un singolo irrilevante errore è ciò che attendono impazientemente.

La cosa tuttavia non risulta inopinata.

Quando si tratta dell'Apex Corporation, ogni cosa comprende cimento.

L'apice dell'ingegno umano.

Nel 1988, circa trentacinque anni fa, l'Apex T Corporation fu fondata da Joseph Harrington Levine come una ristretta società di biotecnologie.
In pochi anni, propagandosi come una piaga, diventò la più grande potenza commerciale mai esistita.
Una dei principali fornitori di servizi di gestione degli investimenti e leader di svariati settori come: farmaceutica, apparecchi medici, manufatture, tecnologie e innovazioni.

Dai satelliti che costellano i nostri cieli alle futuli penne che rabboccano nelle cartolibrerie. Ogni singola cosa su questo pianeta è legata in qualche modo a questo nome.
Banche, scuole, laboratori, stadi, centri commerciali, aziende immobiliari, ospedali, brand di lusso...

Lo spaventoso potere che possiede l'Apex Corporation è terribilmente incommensurabile. Ha la facoltà di ideare qualunque cosa razionalmente possibile, per cui, nelle mani sbagliate, potrebbe segnare la letterale fine della nostra realtà.

Questo rende svariate decisioni aberranti di mio padre totalmente sensate. Dal celare la mia identità al mondo, al mentire riguardo l'avere altre sorelle così da non rendermi un bersaglio unico, fino al dare tutte le case del nostro quartiere in custodia a guardie del corpo e impedire a chiunque di avvicinarsi.

I miei pensieri si dissolvono nel momento in cui mi posiziono dinanzi al microfono, priva di un discorso preparato in precedenza.

Gli occhi di personaggi politici, giornalisti e varie persone oggettivamente rilevanti, sono su di me, e nonostante non siano in grado di vedermi direttamente, non posso che sentirmi infastidita dal loro sguardo.
Sguardo disgustato, curioso... Qualunque cosa sia, mi atterrisce ogni volta, senza però intimorirmi.

Nel corso degli anni ho imparato a conoscerli.
Più sono rilevanti e più banali sono i loro obiettivi.
Coloro che hanno abbastanza potere da credere di riuscire ad avere il totale controllo sull'Apex Corporation, e di conseguenza sul mondo, non fanno altro che affondare nella cupidigia, salendo scale infinite costruite su vite rovinate di persone innocenti.
Poi ci sono gli alternativi che non sono tanto coraggiosi da puntare in alto, e semplicemente mirano a rovinare la reputazione di chi prova ad arrampicarsi.

Qualunque sia la categoria, si tratta di persone subdole e ripugnanti. Il dover stare in mezzo a loro mi da il voltastomaco. È buffo trattandosi della figlia dell'uomo più influente del mondo.
Dovrei essere un'avara manipolatrice, non una menefreghista emotiva.

Le mie mani prendono a sudare. L'aura oppressiva è palpabile.

"Siamo in diretta tra: tre...due...uno...ora!"
Una voce fuori campo richiama la mia attenzione.

"Signore e Signori, ringrazio della vostra preziosa presenza a questa conferenza stampa, in particolar modo, quella del vice presidente e sua moglie."
Prendo un respiro profondo prima di procedere.

"Il tempo è prezioso. Il tempo è denaro. Il tempo è felicità. Il tempo è irreparabile. Il tempo è limitato...
Il tempo rappresenta la cornice nella quale avviene la nostra esperienza del mondo e struttura la nostra esistenza. Scandito da lancette e rappresentato come una ruota, il tempo è il fondamento delle vite umane.
La verità è che il tempo non è altro che una goffa lepre incapace di proteggersi. Una lepre pedinata da un reprobo lupo, divorato dall'impazienza dell'azzannare la sua preda. Scappare, tremare e nascondersi sperando in una sorte differente non aiuterà la miserabile lepre a scongiourare l'insidia.
Il solo fatto che è nata segna il suo destino. Tutto quello che può fare è raggirare il suo predatore, ma ahimè, alla fine della giornata, il lupo ottiene sempre ciò che vuole."
La mascherina chirurgica, che indosso per avere un aspetto lievemente più professionale e umano, al di sopra della maschera in lattice che solitamente porto non fa altro che complicare il mio colloquiare.
Nonostante la struttura studiata appositamente per servire le mie esigenze, e i filtri che costantemente depurano l'aria, la sensazione isolante di claustrofobia mi offusca la vista.

"Mio padre spesso mi raccontava questa sorta di favola alquanto contorta quando ero solo una bambina, non per aiutarmi a scivolare più rapidamente tra le braccia di morfeo, al contrario, per sollecitarmi a vedere chiaramente come funziona il mondo. Come funziona la natura umana. Tutti noi siamo lepri indifese nella tana del lupo. Insulse marionette tra le mani della morte. In quanto mortali, è una realtà con la quale ormai, conviviamo. Come la lepre, tutto quello che è in nostro potere è l'allontanarci il più lontano possibile dall'inevitabile fato, in modo da vivere una vita apparentemente ilare.
Tuttavia, non tutti riescono ad arrivare così lontano..."
La mia voce si spezza.

"Oggi, 21 ottobre 2023, Leila, un'innocente bambina, colma di letizia e stravaganza, avrebbe dovuto compiere cinque anni. Se non fosse stato per un avido lupo libero in giro, Leila starebbe tra i banchi delle nostre scuola adesso. Ci è stata strappata tra le braccia una limpida e pura anima che avrebbe regalato tanto al mondo. Avrebbe conosciuto nuovi amici e narrato delle sue spassose avventure. Se si fosse nascosta meglio, tra un paio di anni avrebbe conosciuto il suo primo ragazzo, scelto il percorso universitario, avuto un futuro tanto sfolgorante quanto il brioso sfavillìo dei suoi occhi dallo sguardo perennemente sbigottito..."
Sento la gola prendere a bruciare.
Nonostante abbia a che fare con questa funesta realtà ogni giorno, fatico ancora ad avvezzarmi. Trovo le atroci sorti che coinvolgono persone innocenti estremamente ingiuste e ardue da digerire.

"Ogni anno vengono diagnosticati dai settecento agli ottocento ragazzini con il neuroblastoma. Il cosiddetto "tumore della prima infanzia". Il 6% della popolazione ne è colpito e le età si aggirano intorno all'anno e i due anni di vita. Questo tumore è capace di localizzarsi a ridosso dei surreni, a livello del torace, sul collo o su un punto della colonna vertebrale. Ad oggi una cura vera e propria non esiste. I rimedi che si cercano di utilizzare come la chemioterapia, la radioterapia e la chirurgia, spesso causano danni a lungo termine. Alterazioni ormonali, renali, cardiache e di tutti i principali organi del corpo."
La mia attenzione viene catturata da mormorii e commenti sfavorevoli indirizzati al mio discorso.
Le mie certezze prendono a traballare.

"È dal settembre del 2013 che nei laboratori dell'Apex Corporation è in corso una ricerca sperimentale che ha come obiettivo principale il rinvenire una possibile cura contro il neuroblastoma. Questa ricerca ha coinvolto 27 pazienti, di cui due hanno risposto positivamente alla cura. Nonostante il numero possa suonare non tanto impressionante sotto certi versi per i meno esperti, questo incredibile rinvenimento ci sta avvicinando sempre di più al trovare una cura definitiva ed efficiente."
Vengo interrotta ruvidamente da un giornalista che, senza nemmeno prendersi la briga di sembrare rispettoso, si alza in piedi dissentendo.

"Tuttavia una cura al momento non c'è. Verificarne l'effettiva efficienza richiederà anni. Siete sicuri di voler correre un rischio del genere? Se c'è una cosa che abbiamo imparato con il tempo è che l'unica cosa che può sovrastare il pericolo di una malattia è la sua stessa cura."
I presenti in sala ammiccano.
Le mie mani tremolanti, e il sorriso dell'uomo hanno probabilmente lo scopo di incoraggiare un'indole aperta.
Tuttavia, lo sguardo glaciale di mio padre, mi ordina di non iterare, mantenendo intatta la reputazione della famiglia.

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