Cap. 4: Emma

Caro diario,

Ti stavo raccontando che il nostro lungo viaggio intorno al globo era appena iniziato e già avevo avuto una delusione d'amore.

Fantastico, no?

Eravamo stati in Francia durante una rivolta e ora ci trovavamo a volare sopra gli Appennini. Eravamo in Italia pronti per prendere il treno che ci avrebbe condotti a Brindisi e da lì in Africa per poi arrivare in India.

Non sapevo che proprio in quel Paese avrei avuto tutte le risposte alle mie domande.

Atterrammo malamente vicino a dei binari e, mentre attendevamo il treno, Abigail non perse tempo a fare qualche domanda a Phileas.

«Innanzitutto, cosa le fa pensare di essere capace di viaggiare attorno al mondo in 80, semplici giorni?»

Questa è veramente un eccellente domanda Abigail.

«Le migliorie sulla velocità e...l'affidabilità di treni e navi, dovrebbero fare un'enorme differenza.» le rispose piuttosto tranquillo.

«Speravo in un po' più di colore. Viaggiava molto da ragazzo? Per questo ha questa fissa?»

«L'innovazione tecnologica...e i nuovi mezzi di trasporto.» iniziò a parlare a vanvera e compresi che non le avrebbe MAI veramente risposto.

Cosa mi nascondi Fogg? È tutto legato a quella donna misteriosa?

In tutto quel tempo ascoltai la conversazione ma appena Phileas non le rispose mi alzai dal prato verdeggiante per andare a scrivere qualcosa sul mio taccuino.

Abigail, testardamente, continuava a fargli domande ma lui pareva chiuso nel suo guscio.

A un certo punto il treno arrivò e Phileas gli si frappose davanti.

«Ci fermiamo da qualche parte?» chiesi una volta saliti a bordo.

«Va diretto a Brindisi»

«Fantastico. Da lì possiamo prendere una nave per il canale di Suez» affermò sorridente Phileas.

Il gentile signore ci mostrò le nostre cabine: per la mia fortuna sarei stata in compagnia di Phileas.

Il capotreno poi ci domandò se volessimo fare la conoscenza dei nostri compagni di viaggio. Io ne fui felice.

Dopotutto il viaggio sarebbe stato molto lungo e delle nuove conoscenze non sarebbero state male.

Pensai allegra ed emozionata.

Speravo che il mio italiano non fosse troppo arrugginito.

Quando arrivammo in una cabina del treno occupata da diversi signori, signore e anche un bambino, venimmo presentati come l'eroe del giorno, riferendosi a Fogg, che aveva volato fin lì da Parigi sotto un pallone pieno d'aria, e le sue accompagnatrici miss Fix e Williams. Alla pronuncia del mio cognome feci un verso di disgusto e, in un perfetto italiano, dissi che mi sarebbe piaciuto essere chiamata solo Emma. L'uomo comprese.

Un ragazzo, con corti capelli neri e un abito da perfetto signorino, ascoltò la conversazione rapito e l'avventuriero gli chiese come si chiamasse. Un uomo con una folta barba marrone e capelli neri tirati a lucido con qualche tipo di gel lo presentò come suo figlio Alberto e, il capotreno, presentò il padre del ragazzo come Niccolò Moretti.

Il tempo passò in fretta e lo passammo a chiacchierare nella cabina dedicata alla cena. Si parlò soprattutto di Fogg e di quanto fosse meraviglioso essere un avventuriero di questi tempi. Io ascoltai tutto il tempo rapita dai suoi discorsi e dai suoi sorrisi.

Poi il discorso cadde naturalmente sulla scommessa.

Misi giù la forchetta e lo guardai. I nostri sguardi si incrociarono e da solo quello capii che c'era una motivazione nascosta.

Philieas quando sarai pronto per dire la verità? Al ritorno a Londra il 24 dicembre? Quanto vorrei che tu me lo dicessi!

Pensai con il cuore e i pensieri in subbuglio.

Moretti continuò a fare domande quando io sola sapevo, insieme a Bellamy, che lui non si era mai mosso da Londra. Non sapevo ancora che era stato per una motivazione molto sciocca.

Ma non ti voglio rivelare troppo prima del tempo.

Poi venne fatta una domanda da una donna. Quella domanda mi fece in parte battere forte il cuore dall'altra mi fece ritornare alla memoria Estella. Ero gelosa di una sconosciuta che non aveva un volto ma solo un nome.

«A sua moglie non dà fastidio che lei gironzoli per il mondo, signor Fogg?»

Lui mi guardò di sbieco e rispose:

«Non c'è nessuna signora Fogg, ancora»

«Non ha mai trovato la donna giusta, o...» continuò la donna.

«Oh, beh...è stato molto tempo fa»

Sapevo che si stava riferendo a Estella.

Poi Alberto gli si avvicinò e gli chiese se avesse mai letto Verne e se l'uomo sarebbe mai riuscito ad andare sulla luna. Moretti rise della fantasia di suo figlio. Io invece lo trovai molto tenero così come anche i modi gentili di Fogg. Un pensiero invase la mia mente.

Se un giorno io e Fogg avremmo dei figli lui sarà sicuramente un grande padre. Ma cosa sto a pensare! Magari lui ama di più questa Estella che me! Devo smetterla di illudermi!

Philieas continuò a parlare a quel bambino che pareva estasiato dalle sue parole e io dalla scena che mi si stava parando davanti ai miei occhi.

Lui era così gentile invece al signor Moretti sembrava non gli importasse niente di suo figlio. Il ragazzo tornò con un modellino di un razzo che aveva costruito e, accidentalmente, versò un po' d'acqua sulle vesti di Fogg. Il padre, arrabbiato e furioso, cercò di prendergli il modellino ma tirandolo si ruppe. Alberto, distrutto dalla tristezza, si allontanò dalla cabina.

Quella scena mi ricordò tanto un avvenimento accaduto tra me e mia madre. Avevo la medesima età di Alberto e una grande fantasia; per mostrare alla mia genitrice che ero molto brava nella scultura creai un modellino di una piccola nave. Mia madre, contraria a quelle fantasie futili, me la calpestò con i piedi. Il mio cuore infantile si spezzò come una statua di ceramica.

Fu terribile come quella scena del piccolo Alberto.

Colpita dalla scena mi rintanai nella mia cabina a piangere e vi ci trovai una lettera, o meglio, un telegramma.

Mi asciugai le lacrime e lo iniziai a leggere. Riconobbi la calligrafia dolce di mia madre.

Cara Emma,

Sono preoccupata per te perché a Londra nessuno sa dove sei. Poi, due giorni fa, leggo sul giornale che sei partita per un giro del mondo in 80 giorni con QUEL Fogg. Cosa ti salta in testa? Vuoi per caso morire? Oh, figlia mia. Non voglio che tu venga strappata alla vita troppo presto. Mi dispiace per tutto per quello che ho fatto e detto nella tua vita. È arrivato il momento che tu sappia la verità tra me e il padre di Phileas. Douglas in realtà non è il tuo vero padre, lo è quello di Fogg. Io e lui ci incontrammo in pub e da lì scoppiò la scintilla o così credevamo. Quando le rivelai di essere in dolce attesa mi pugnalò alle spalle non volendo farsi carico di questa responsabilità. Mi allontanai e Douglas mi prese sotto la sua ala protettiva. Quindi come avrai ben capito Phileas Fogg è il tuo fratellastro. Sarai sconvolta e ti posso ben capire figlia mia. Non dire ancora niente a quel pover'uomo.

Spero che tu stia bene tua madre Emily.

Finii di leggere ed ero sconvolta. Misi la lettera in tasca guardando fuori dal finestrino il panorama che correva davanti ai miei occhi.

Phileas è il mio fratellastro! Io mi sono innamorata di lui! Oddio! Che cosa posso fare?

I miei pensieri turbolenti vennero interrotti dall'avventuriero che sembrava anche lui scosso. Mi voltai nella sua direzione.

«Ehi, Phileas, che cosa succede? Ehi, vieni qui»

Lo avvicinai e lui mi raccontò tutto quello che era successo con il signor Moretti. Ne fui veramente arrabbiata e furiosa. Quello non si poteva di certo chiamare padre. In quel momento, tra le mie braccia, sembrava tanto un bambino indifeso. Lo cullai dolcemente come una madre fa con il proprio figlio.

Il giorno seguente, dopo una colazione abbondante, vidi che Fogg non si trovava nella nostra cabina e lo andai a cercare dappertutto. Vidi poi il piccolo Alberto andare all'esterno e compresi che Phileas si trovava lì. Ascoltai nascosta tutta la conversazione.

«Mi dispiace, signor Fogg»

«Per cosa?»

«Credo di averle provocato problemi con mio padre»

«No, dovrei essere io a scusarmi. È arrabbiato con te per colpa mia»

«Lo deludo sempre»

«Sono sicuro che non è così»

«Lo è. Pensa che io sia debole, un codardo»

«Può darsi...l'opportunità per dimostrargli il tuo coraggio non si è ancora presentata»

A tutto ciò il mio cuore si scioglieva dalla tenerezza.

Sì, lui è l'uomo giusto per me. Peccato che il suo cuore sia occupato da un'altra donna. Vorrei dargli un figlio, vorrei che fosse mio marito... Ma non sarà mai possibile.

Mi sciolsi in un pianto celato.

«Com'era suo padre, signor Fogg?»

«È morto qualche tempo fa. Lo ricordo a malapena.»

«Era orgoglioso di lei?»

Dalla sua risposta compresi che non lo era stato.

Quando Alberto rientrò mi asciugai le lacrime e uscii andando da Phileas che aveva gli occhi lucidi. Mi vide e gli strinsi una mano.

«Ci riuscirai in quest'impresa. Pensa in positivo. Se fossi tua moglie sarei fiera di te, sappilo» a quella risposta avvampai e il cuore ricominciò la sua folle corsa.

«Se riuscirò in questa folle e pazza impresa sarà solo grazie a te Emma»

I nostri sguardi si incrociarono, lui mi toccò il volto con le sue mani così delicate. Avevo troppo caldo. Stavamo per unirci in un bacio quando una frenata improvvisa del treno ci fece avvicinare le labbra. Ci riprendemmo appena in tempo rossi in volto per l'azione appena commessa.

Fogg mi ha baciata! Ha baciato me! Ha scelto me a quella Estella! Ma forse non si può considerare un vero e proprio bacio. Ma comunque lo stava per fare. Oddio!

Scesi e vidi che il ponte era stato distrutto e che non si poteva proseguire. Sospirai.

Rientrammo appena un urlo proveniente da Alberto ci fece avvicinare a lui. Quello che mi si parò davanti alla vista mi gelò il sangue nelle vene: il ragazzino aveva un pezzo di legno conficcato nella gamba e stava perdendo molto sangue.

Il momento romantico di prima era completamente sfumato nel nulla come se non ci fosse mai stato.

Ma poi vidi un illuminazione comparire sul volto di Fogg.

«Tecnicamente è possibile. Non sarebbe privo di rischi, ma sarebbe fattibile. Bisognerebbe sganciare tutte le carrozze tranne l'ultima. Solo la locomotiva e una carrozza attraverserebbero il ponte. È tutta questione di equilibrio. Dovremo scaricare tutto il carbone e parte dell'acqua. » spiegò.

Se la maggior parte delle persone era riluttante a credergli io invece ero dalla sua parte.

«Se Phileas dice che si può fare, si può fare. Io gli credo. Abbiate fiducia in lui»

Facemmo come aveva detto e in poco tempo eravamo in partenza.

Sapevo che l'avrebbe fatta avevo fede nel suo piano.

Io insieme a Passepartout avevo cosparso un po' di sabbia sui binari per evitare l'attrito. Stava andando tutto bene. Un movimento improvviso però fece cadere il nostro secchio. Abigail arrivò portandone un altro. Tirai un sospiro di sollievo. Poi si ritirò nuovamente da Moretti. Il treno, appena passato il ponte, riprese la sua normale velocità.

Il sorriso allargò le mie labbra e, stando attenta a non cadere, mi avvicinai a Phileas nel locale caldaia. Troppo emozionata e felice lo baciai. Poi mi accorsi di quello che avevo fatto e mi ricomposi. Lui però riprese il mio volto e ricambiò con fervore il bacio.

Non avevamo finito di festeggiare che il carbone era terminato.

Perché tutti i momenti più belli devono essere interrotti in questo modo?

Sapendo che il tempo era nostro nemico decidemmo di distruggere la cabina per usare il legno come motore per far funzionare la locomotiva.

Grazie a quel piccolo strategemma riuscimmo ad arrivare a Brindisi e a salvare la vita al piccolo Alberto.

Ora ci aspettava solo l'attraversata del canale di Suez per arrivare infine in India.

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