Capitolo 8: Il tè dell'una

Corro, arranco sulle scale, ma non cesso di correre.
L'imbarazzo mi sta ancora letteralmente travolgendo, l'espressione sconvolta sul suo volto è ben salda nella mia mente.

Una volta raggiunto il pianterreno svolto l'angolo per raggiungere la mia postazione iniziale, convinta di dover attendere Drew.
In realtà, sembra sia lui ad attendere me. Praticamente collassato. Sul divano.

Calvin gli sta vicino, cercando di farlo riprendere dalla trance, ma lui continua a mugulare e lamentarsi, sbracciando sotto gli occhi di tutti.

«Dannazione, Drew!», faccio raggiungendolo e abbassandomi alla sua altezza. «Non è trascorsa nemmeno un'ora!».
Il mio rimprovero non sembra essere d'aiuto, poiché il mio amico si rivela incapace addirittura di tenere gli occhi aperti. 

Sbuffo indispettita, sotto lo sguardo allarmato di Calvin.
«Lo porterò in macchina, non ho intenzione di dare spettacolo», lo avviso io tentando di sollevarlo a fatica, ma lui mi ferma.

«Aspetta, aspetta... Tu non hai la patente, se non sbaglio»

Come diavolo fa a saperlo?
Mi stupisco di quanto le voci corrano in fretta, qui.

«Lo so. Ma posso benissimo aspettare che si riprenda da lì...», cerco di nuovo di sollevarlo di peso, ma Calvin me lo impedisce. 
Comincia a scocciarmi.

«Ti accompagno io, Lorraine... Sai meglio di me che i parcheggi a quest'ora non sono affatto sicuri»
Alzo gli occhi, e lui sembra divertito dalla cosa. 
«Qualche problema?», una terza voce si insinua nella conversazione.

Sobbalzo quando, voltandomi, mi ritrovo di fronte a Newt. 

Calvin si passa una mano tra i capelli. «Mi assenterò per un po', li accompagno a casa», fa un cenno col capo a Drew, che nel frattempo abbozza un sorriso da ebete, per una ragione a noi ignota. O forse no. 

Newt aggrotta la fronte. «Lascia, ci penso io»
«Come? Cosa?», sono incredula, ma decisa a declinare la sua offerta. «No, davvero. Non ce n'è affatto bisogno»

Come se non avesse sentito, mi tende la mano, pronta a ricevere le chiavi di Drew. 
Insisto e mi impunto, incrociando le braccia, facendolo spazientire. 

Si avvicina a Drew e armeggia nella sua tasca, estraendone le chiavi, poi si fa strada tra la gente, senza nemmeno voltarsi per accertarsi del fatto che lo seguiremo. 
Mi fa imbestialire... Ma chi si crede di essere?

La cosa deve essere evidente, dal momento che Calvin sbuffa in una risatina. 
Tuttavia, solleva di peso Drew e lo segue. 
Delle ragazze si riappropriano del divano, scrutandomi di sottecchi.
Le ignoro, raggiungendo Calvin e cercando di aiutarlo a portare il mio amico. 

Una volta giunti al parcheggio, Newt si arresta proprio di fronte al Maggiolino giallo.
«E questa sarebbe una macchina?», domanda con aria schifata, alchè deduco che non apprezzi il gusto di Drew. Chissà perché, ma non ne avevo dubbi. 

Calvin è divertito, lo si denota dalla buffa smorfia che ha stampato in volto, adagia Drew sul sedile posteriore, per poi tirare un'amichevole pacca sulla spalla a Newt. 
«Grazie amico, ti devo un favore...»
«No, non sei tu a dovermene uno», fa un cenno nella mia direzione, e io non ci vedo più.
«Diamine, Newt. Sei stato tu a insistere!», strillo agitando le braccia nervosamente.

Mi ignora, ovviamente, e va a sedersi sul sedile del conducente. 
Lo imito, occupando quello del passeggero. 
Sbatto bruscamente la portiera, lanciando a Calvin un'espressione di supplica, ma che a quanto pare non coglie. 

Newt è silenzioso come suo solito.
Dà l'impressione di essere scocciato per il trambusto che si è venuto a creare.
Sapesse quanto lo sono io. 

«So cavarmela anche da sola, sai?», mi allaccio la cintura e lui ingrana la prima. 
Gira la chiave nella serratura e un rombo scoppiettante - e decisamente poco rassicurante - si propaga nell'auto. 
«Oh, sì... Vedo», volge lo sguardo a Drew tramite lo specchietto retrovisore.
Non so come ribattere, così mi limito a incrociare le braccia e osservare i campi che sfrecciano via, fuori dal finestrino. 

Restiamo in silenzio per tutto il tragitto, accompagnati solo dalla radio, che a quest'ora non trasmette altro che stupide canzonette di scarsa qualità, e dai mormorii di Drew, ormai sprofondato in un sonno profondo. Di tanto in tanto fornisco al conducente le scorciatoie per raggiungere casa mia, dal momento che non vedo l'ora che questo martirio cessi. 

Quando scorgo la mia modesta casetta in lontananza, pare un miraggio. 
Newt accosta il Maggiolino sul vialetto, si sgancia la cintura e fa per scendere. 
Apre la portiera posteriore ed estrae Drew, che gli avvolge serenamente le spalle con il suo braccio.
«Che buon profumo!», commenta il mio amico inspirando a pieno polmoni vicino al suo collo.
Newt alza gli occhi al cielo, scocciato.
Drew ricomincia a lamentarsi, strillando a tratti. 
Fortunatamente è ancora abbastanza presto. Non oso immaginare cosa sarebbe successo se fossimo tornati all'alba, come siamo soliti fare quando Drew non si sbronza a tal punto.

In ogni caso, la luce del soggiorno in camera mia si accende. 
«Merda, è sveglia», impreco.
«Chi è sveglia?», fa Newt.
«Mia madre...»
«Ah, benissimo. Ci mancava solo questa!», sbuffa, stringendo la presa su Drew, che inspiegabilmente prende a dimenarsi.

Lo fulmino con lo sguardo.
«Posso pensarci io, se la cosa ti fa diventare così scorbutico!», mi avvicino per sollevarlo io stessa, ma Newt fa un passo indietro, impedendomelo.
Ma che gli prende, a tutti?

Faccio spallucce, avviandomi verso casa. 
Tuttavia, mia madre ci precede, sbucando dalla porta con indosso la sua adorata vestaglia in raso rosa. 
Si strabuzza gli occhi con i pugni chiusi, e non appena scorge la presenza di una terza figura, si schiarisce la gola, sorridente come suo solito.
«Dio, no...», mormoro impercettibilmente, certa delle mosse che mia mamma metterà in atto. 

«Che succede, ragazzi?», domanda, come se non fosse ovvio. 
«Drew.», mi limito a rispondere.
«Accidenti a lui. Di nuovo?»
Annuisco, e lei fa cenno di entrare con la mano. 

Faccio strada a Newt verso la mia camera.
Quando abbasso la maniglia, inspiegabilmente mi sento avvampare. 
Accendo la luce, lasciando che questo psicopatico acquisisca il potere di curiosare nel culmine della mia sfera personale. 
Questo è il mio covo, il mio nascondiglio più intimo, e gli sto permettendo di deriderlo, sminuirlo.
Se l'avessi saputo prima, avrei certamente nascosto l'imponente peluche a stegosauro ai piedi del letto. 

Non l'ho mai preso in considerazione, quel dannato stegosauro, e per qualche strano motivo, vorrei lo sapesse. 

Mi scuoto dai miei pensieri, concentrandomi sul mio amico.
Lo faccio adagiare sul letto, mentre scorgo Newt dare una rapida occhiata alla mia stanza. 
Ovviamente, si sofferma particolarmente sul peluche, ma non me lo fa notare.
Probabilmente per il solo fatto che dietro di lui, mia mamma ci fissa compiaciuta appoggiata allo stipite della porta.

Si avvicina a Drew per rimboccargli le coperte, poi gli dà un buffetto sulla guancia. 
«Un frullato di cetrioli domattina, e sarà come nuovo», commenta sorridente. «E' il suo preferito», si rivolge a Newt, che da burbero quale è, non si degna nemmeno di rispondere. 

Il disagio è alle stelle, così lancio una smorfia supplicante a mia madre, che pare coglierla. 
Balza in piedi. «Beh, io... Tolgo il disturbo. Che ne dici di una tazza di tè...», si accorge di non conoscere il suo nome. 
«Newt»
«Newt», ripete lei.

A questo punto mi intrometto: «Grazie, mamma. Ma Newt deve tornare alla festa. Ha degli impegni che non può rimandare», marco la parola impegni.
Mamma aggrotta la fronte. «Non c'è impegno che tenga, se messo a confronto con una bella tazza di tè fumante!»
Newt, inaspettatamente, sorride, lasciandomi decisamente attonita. «Vada per il tè.»

Lo fisso sconcertata, ma lui pare non accorgersene.


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