Capitolo 10: Ciglia lunghe e labbra carnose

Il risveglio di Drew, l'indomani, è decisamente traumatico: sbarra gli occhi di scatto facendomi prendere un colpo e si solleva rapido sul letto premendosi lo stomaco con forza.

Capisco subito cosa succederà di qui a poco.
Mi dirigo, quindi, a passo lesto verso il bagno, alla ricerca di una bacinella o qualsiasi altro aggeggio che possa rivelarsi utile, ma il mio amico mi batte sul tempo: dopo un paio di conati, ecco che rimette la causa della sua notte brava sul parquet di camera mia.

Sbuffo accompagnata dai suoi gemiti, e mi avvicino per tranquillizzarlo.
Un senso di disgusto mi pervade, ma mi faccio coraggio e gli accarezzo la schiena, colpita da potenti spasmi, in attesa della fine di questo scempio.

«Mamma!», strillo per ottenere rinforzi. «È successo di nuovo!»
Mia mamma si volatilizza alla mia porta, armata di straccio in una mano e di un bicchiere da  frappè nell'altra.
«Ti ho preceduta!», esclama soddisfatta, come se si aspettasse da un momento all'altro un'incoronazione solenne, o qualcosa di simile.

Mi lancia lo straccio e si avvicina a Drew, che ora mi sta fissando con le lacrime agli occhi. Pare davvero distrutto.
Mia madre oltrepassa per un pelo il rigurgito a terra, si controlla ben bene le suole delle sue ciabattine piumate e poggia il bicchiere sul mio comodino.

«Mi dispiace», biascica Drew ancora ansimante, poi si accascia a letto, al mio fianco.
«Oh tesoro, non ti preoccupare», fa mia mamma. «Bevi qualche sorsata di frullato di cetrioli, vedrai... Ti farà bene!»

Le lancio un'occhiata minatoria.
Non preoccuparti... Certo! Tanto alla fine devo pulire io, giusto?

Mi rispondo da sola alzandomi in piedi per passare lo straccio, e con un poco di olio di gomito, in un paio di minuti il parquet è come nuovo.

«Voglio andare a casa...», fa Drew con gli occhi chiusi. «Mi sembra di essere su quella giostra con i cavallini, quella che c'era in piazza lo scorso mese».

Alzo gli occhi al cielo, perché persino quando si sente morire, Drew non perde occasione per fare andare la lingua.
«Chiederó a mia madre di darti un passaggio...», tento di calmarlo, e lui annuisce.
«Le mie chiavi sono nella tasca dei miei jeans», indica per terra con gli occhi chiusi.

Seguo la sua indicazione e trovo i jeans gettati malamente a terra.
Deve averli tolti durante la notte.
Li raccolgo e comincio a tastare nella tasca.
«È vuota...», constato ad alta voce.
«Prova nell'altra, dannazione!», Drew si massaggia le tempie nervosamente, così obbedisco.
«Nemmeno», sibilo, ed è allora che collego.

«Newt. Le ha ancora Newt!»
Drew strabuzza gli occhi, come se non credesse alle mie parole. «Che diavolo intendi?»
«Come credi che siamo tornati sani e salvi in questa casa, Drew? Ci ha accompagnati lui!», strillo, delusa da me stessa per aver dimenticato una cosa tanto ovvia.

Si mette le mani nei capelli. «Quel teppista potrebbe addirittura avermela rubata, l'auto!»
Lo guardo di sottecchi, decisamente poco convinta della sua affermazione, ma per rassicurarlo sbircio dalla mia finestra, spostando la tendina blu notte in raso che mamma ama particolarmente.

«La macchina è lì, intatta e in bella vista». Lui sospira di sollievo portandosi una mano al petto.
«Bene», comincia rassicurato. «Allora recuperami quelle chiavi».
Ora sono io a strabuzzare gli occhi. «Come hai detto, scusa?»
Aggrotta la fronte, prelevando il bicchiere di frullato dal comodino e aspirando dalla cannuccia. «Hai combinato un gran bel pasticcio.»
«Io? Ma se eri tu quello incosciente!»
«Appunto... In-co-scien-te!», sillaba con fare ovvio.

____________

Ho cercato in ogni come un modo per mettermi in contatto con lui, ma sui social, di Newt Benson nessuna traccia.
Voglio dire, siamo nel ventunesimo secolo... Tutti hanno un profilo facebook o qualcosa di simile!

Nel momento in cui, però, realizzo che si tratta di Newt, effettivamente lo stupore si allevia.
Da quel ragazzo mi aspetterei di tutto.

Ecco il motivo per il quale sto attraversando mezza New Hope con la bicicletta che la signora Rosie, anziana e scorbutica vicina di casa, mi ha cortesemente prestato.
Direzione? Casa di Calvin, l'unico luogo dove sono certa che lo troverò.

D'altronde, è stato proprio Newt a dirmi che si sarebbe fermato da lui, per tutta l'estate.

Mentre pedalo a fatica, dato che i miei poveri piedi non si sono ancora ripresi del tutto, ripenso alla strana situazione che si è venuta a creare la sera prima: il suo tocco sulla mia guancia, la mia gola secca, il tremolio alle dita, il gorgoglio del mio stomaco.

L'ultima volta che ho provato qualcosa del genere è stato quando il nipote del vecchio pastore Hooper, che da piccola mi invitava spesso al suo agriturismo, mi ha dato una pacca sulla spalla per congratularsi con me dell'ottima mungitura di Sally, la mucca più piccola della mandria.
Gran bel ragazzo era, Larry Hooper.
Avevo 12 anni.

Completamente immersa nei miei pensieri, non mi accorgo che sto vagando per i campi, e che la casa di Calvin l'ho sorpassata da ormai un bel pezzo, così faccio retrofront e in poco tempo la raggiungo.

Ripercorro lo stesso vialetto di ieri sera. È completamente invaso da bottiglie in vetro e bicchieri in plastica.
Provo a suonare il campanello e attendo ciondolando su me stessa.
Dopo una manciata di minuti mi arrendo all'idea che in casa non ci sia nessuno.

Un fruscio in lontananza, tuttavia, attira la mia attenzione, così, a passo felpato, mi avvio sul prato più curato che abbia mai visto, dirigendomi sul retro, dove, se non erro, dovrebbero esserci le stalle.

Il rumore proviene da Calvin, che sta spazzando il terreno sotto di lui, raccogliendo l'immondizia creatasi.
È stupito di vedermi: me ne accorgo dal labbro inferiore che sporge, dalle sopracciglia inarcate.
È la stessa espressione che faceva quando da bambini riuscivo a rintanarmi prima di lui, a nascondino.
Mi accorgo che, muscoli e capelli rasati a parte, sul suo volto la fanciullezza non si è poi dissolta del tutto.

«Lorraine?»
«Scusa, Calvin... Newt è qui, per caso?»
Sembra scosso dalla mia domanda. «No, è uscito giusto ora a fare delle commissioni. Perchè?»

Gli spiego delle chiavi e di Drew accasciato sul mio letto dolorante, e lui annuisce divertito.
«Vediamo che posso fare...», accantona la scopa e mi fa strada verso casa, per poi farmi entrare.
L'interno è quasi più sconvolgente dell'esterno.
Mi chiedo quanto ci metterà a pulire tutto quanto...

«Mi dispiace», fa scrutandosi attorno e grattandosi la nuca.
Io scuoto la testa, seguendolo su per le scale.
«Potrebbero essere in camera sua...», si massaggia il mento pensieroso.
Apre la porta e io mi sento il cuore in gola. Ora sono io a violare la sua privacy, e non so se sentirmi vendicata o in colpa.

Mi dico che è per una causa più che giusta e lo seguo.
«Guardati attorno, se trovi delle chiavi che riconosci».
Obbedisco. Scruto sui comodini e mi permetto di frugare in un paio di cassetti, ma il più grosso lo fa Calvin, che non sembra preoccuparsi troppo.

Piuttosto, decide di interrompere il silenzio. «Andate d'accordo voi due, eh?»
Sto per rispondere alla sua domanda mentre apro un terzo cassetto, ma un foglio attira la mia attenzione.
È un disegno incompleto, ancora a matita: un mezzo volto di una ragazza dalle ciglia lunghissime.
Un naso minuto e delle labbra carnose.
Deve essere uno dei ritratti di Newt, lo capisco dalle linee nette che ricoprono buona parte dello sfondo.

«Lorraine?», Calvin richiama la mia attenzione, e mi riscuoto dalla trance. Richiudo il cassetto di scatto e mi volto nella sua direzione.
«Oh beh, non direi... Credo che mi odi»
Calvin ride. «Oh, no... No che non ti odia», poi si fa serio. «Non è un atteggiamento che riserva a tutti, quello che tiene con te, sai?»
Sgrano gli occhi, confusa. «Che intendi dire? Dovrei sentirmi onorata perchè mi prende in giro dal mattino alla sera?»

Calvin scuote la testa. «Non capisci... Lui è...», qualcuno ci interrompe.
«Lui è qui», sussulto, quando la voce più profonda che abbia mai sentito giunge alle mie orecchie.

Newt, impalato alla porta, che ci fissa con aria minacciosa.
Un mazzo di chiavi con un pon-pon giallo penzola dalle sue dita.






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