7 e 40 (Larry Stylinson)
Canzone: http://youtu.be/nvBKNH1Lnck
L'Inghilterra è grande e tu vuoi percorrerla in treno per tornare nella tua città e ti darei dello stupido se non avessimo litigato e non avessi paura di allontanarti ancora di più.
Vuoi partire, allontanarti da me, da noi, perché sta per arrivare lei, e io non posso chiederti di restare, non posso sapendo di farti del male.
“Mi sono informato, c'è un treno che parte alle sette e quaranta” ti dico distrattamente nella nostra camera d'albergo – che poi chissà perché non siamo tornati a casa nostra, ieri sera.
Perché nessuno lo sa, certo, ma tutti lo pensano: ne condividiamo ancora una, di casa.
E questa notte abbiamo dormito assieme, nel nostro solito modo, nella nostra dolce abitudine, abbracciati stretti, senza alcuna possibilità di cercare altro ossigeno perché ci bastano i nostri respiri divenuti un tutt'uno; ma poi ti ho detto, svegliandomi con le mie paure, che “oggi arriva lei” e tu “io vado via” hai risposto, alzandoti per farti una doccia.
In realtà, lo so, volevi fare l'amore con me, nonostante l'avessimo fatto poche ore prima, subito dopo la fine del concerto, e io ti ho allontanato nell'unico modo in cui faccio sempre.
Tornerai ancora una volta da me anche se cercherai sempre di andar via?
Quando sei venuto fuori, mi hai trovato seduto vicino al tavolo, con un giornale tra le mani; quelle hanno continuato a tremare finché i miei occhi, fingendosi distratti, si sono posati sul tuo petto, timorosi di incontrare quel verde delle iridi splendenti e ora tristi che ogni tanto, soprattutto appena sveglio, si nascondono sotto i tuoi ricci.
Fisso quel petto dove sostano quei due teneri uccellini, il terzo è con me e mi volto a cercarlo, sul mio braccio, per non dover ritrovarmi impudicamente a fissarti. E lo guardo, mentre in un sussurro, per non farti render conto della mia voce tremula “non hai molto tempo, il traffico è lento nell'ora di punta” ti dico.
Perché hai deciso di partire, lei sta per arrivare, e io non posso fermarti. Tu annuisci e queste parole “ti bastano dieci minuti per giungere a casa, la nostra” mi muoiono in gola con la stessa velocità con cui si è spento il tuo sorriso.
Perché hai dato a me questo brutto affare, Harry? Perché fra tante persone solo io sono capace di far nascere i tuoi sorrisi più belli, più miracolosi, accompagnati da quelle stupide fossette che mi hanno fottuto anima e cuore? E perché, allo stesso tempo, ho il potere di spezzartelo? Perché mi hai insegnato a farti del male? Perché mi hai concesso questo dannato e terribile privilegio?
Sei come un fiore tra le mie mani, appena colto, ancora vivo che piano, piano appassisce. Poi miracolosamente, come ogni lieto fine, tu torni a sorridere di gioia, senza che io mi capaciti di come tale fortuna sia potuta accadere; e ogni volta mi domando se questo miracolo sia l'ultimo e se un giorno finalmente ti stuferai della tua vita da fiore, custodito inopportunamente nelle mie mani. Perché io ti renderei eterno solo per non farti più morire, solo per tenerti al sicuro tra le mie mani, e cullarti, e accarezzarti, e darti tutto l'amore possibile; ti renderei immortale solo per la rassicurazione di non doverti far più del male, solo per far in modo che tu risplenda sempre, Harry...
Eppure è impossibile, perché, vedi?, ora stai appassendo. Ancora. E io muoio assieme a te, ed è colpa mia. È colpa mia anche quando, in realtà, non lo è. Perché ti avevo promesso che nulla avrebbe potuto farti del male, nulla, ma non avevo pensato a me: ci sono io, sempre pronto a procurarti altro dolore.
Dimmi, Harry, ci riuscirò tutte le volte a fare in modo che tu non muoia a causa mia?
Giro un foglio con le mani ormai sporche di nero e “la chiave ricorda che è sempre lì, lì sulla finestra” vorrei ricordarti, ma è inutile farlo; ce l'hai messa tu in quel nascondiglio e lo ricordo ancora, assieme al bacio che mi donasti, afferrandomi frettolosamente lungo la vita e ridendo tra le mie labbra.
“Lo sapremo solo noi” mi dicesti prima di mordermi un labbro, ma poi un uccellino fu il primo a scovarla, quella chiave, facendoci ridere mentre lui in silenzio continuava a guardarci come fossimo degli idioti.
Ti muovi e ti vesti, riportandomi alla cruda realtà del presente; quanto era bella l'ingenuità del nostro passato? Quando credevamo che nessuno sapesse realmente cosa fossimo e quando, invece, per inesperienza, credevamo che potessimo vivere insieme, felici, giovani per sempre... Sospiro.
Non hai voglia di parlare e ti rinchiudi nel tuo maledetto silenzio, custodito in quella faccia assonnata e malinconica che spezza ogni parte di me, anche la più immutabile.
Ti osservo ancora e le parole mi muoiono di nuovo sulla bocca dello stomaco, proprio a me che ne ho sempre una con cui ribattere.
Ma tu mi spiazzi, come sempre, come quando mi dicesti di esserti innamorato di me e io, come un idiota, non potevo credere che ti fosse successa la stessa cosa che era accaduta a me. E ricordi come ridevo? Ridevo facendoti credere il contrario e umiliandoti.
Tu mi spiazzi come quando, poi, nonostante ti sentissi rifiutato, mi baciasti e mi costrinsi a ricambiare.
“Io ti amo, spicciati a farlo anche tu” mi dicesti sulle labbra e io ero troppo sconvolto dopo quel bacio violento – e tanto, tanto bello, Harry - per dirti che già lo facevo, che già t'amavo da un po', seppur in silenzio.
Inizi a preparare le poche cose che hai qui e vorrei urlarti per rabbia e frustrazione “e nel far le valigie ricordati di non scordare, qualche cosa di tuo che a te poi mi faccia pensare” ma taccio, perché qualcosa di te, sulla mia pelle, ci sarà sempre, anche quando sarai andato via.
A volte mi pento di questi tatuaggi, perché è proprio per questo motivo che sono stato tanto restio nel farli inizialmente. Sarebbero rimasti per sempre, anche nel caso in cui tu o io, invece, avessimo deciso di cambiare quell'unione, quel noi.
E ogni volta che scappi in America, ogni volta che giri il mondo senza di me, una parte di me si ricorda di quell'incerto “per sempre” al quale ci siamo aggrappati, per il quale spesso ci hanno criticato, non credendoci, e, sai?, inizio a crederci anch'io: un giorno finirà, perché io ti farò male e tu ti stancherai di me. Definitivamente. Magari lo farai tra le braccia di qualcun altro. Magari qualcuno finalmente ti farà credere quanto io non sia poi così tanto speciale, come tu ti ostini a voler credere.
E di te non mi resterà nient'altro che il ricordo sussurrato di questi tatuaggi. Farà male, Harry, e fa male ora perché tutte le volte che scappi via, spero come un fottuto egoista che non sia questa, la volta definitiva.
Ma prima o poi arriverà.
Dilaniato da questi pensieri, perdo le speranze di fare una buona colazione, perdo le speranze per noi, e mi alzo. “Buon viaggio” esclamo, “ma torna” penso, mentre dentro di me la mia voce, ormai fattasi flebile e insicura ti prega “ora basta non stare più qui. Ti rendi conto anche tu? Che noi soffriamo di più, ogni istante che passa di più...”
Ma no, non devo piangere. No, non piangere nemmeno tu, non guardarmi con quegli occhi, ti prego Harry, perché non ti lascerei andare, comportandomi da egoista.
“Presto, presto vai... o farai tardi” te lo dico, mentre ti supplico con lo sguardo; una mano si posa sul tuo braccio, quello dove c'è una nave a ricordarmi che io ho una bussola, per te.
E penso: punta a Nord, Harry, tutte le volte che deciderai di tornare con la tua nave. Perché è qui che mi troverai ad aspettarti.
Perché tornerai, non è così?
Mi chiudo in bagno, quando non solo la mia porta sbatte ma anche quella della stanza d'albergo che abbiamo condiviso, prima per amarci come folli, poi per abbandonarci ragionevolmente.
Sei andato via.
Da un minuto sei partito e sono solo, sono strano e non capisco cosa c'è. Ho quel magone nella pancia, quella paura che ormai col tempo ha mangiato insaziabile ogni parte di me. E ora la mia pelle non sa a cosa appigliarsi per rimanere stabile, per non impazzire.
Sui miei occhi da un minuto è sceso un velo, ora lo sento benché ci fosse da quando, alzandoti, mi hai detto che saresti andato via. Forse è solo suggestione o paura o chissà che; lo sento tutte le volte che succede, ma stavolta è così diverso, così smanioso. Questa volta non riesco a trattenere le lacrime.
È possibile che abbia fin da ora già bisogno di te?
E la risposta è una soltanto, quella che mi fa mettere in piedi e agire senza pensare con razionalità.
Che si fotta la ragione! Non posso perderti fingendo di non essere malato. Io sono un pazzo, assieme siamo sempre stati perfetti per questo motivo e ora che la paura ha fame e potrebbe avere la meglio su di me, come su di te, io devo fare in modo di impedire, a tutto ciò che non siamo noi, di vincere questa battaglia.
Perché, Harry, a costo di perdere tutto per tutto ciò che riguarda me e te, vinciamo noi.
Controllo sul computer la tua prenotazione, per poi fare la mia. Tu vuoi girare in treno, perché sei un masochista e vuoi farti del male con i tuoi pensieri, mentre ti allontani da me. Io, invece, ho bisogno di un mezzo più veloce e se ci fosse il teletrasporto sarei lì da te ad asciugare ogni lacrima che stai versando, ma devo accontentarmi di un aereo e per consolarmi all'idea di un Harry disperato, devo sforzarmi di pensare che rimedierò a tutto il dolore che gli sto causando.
Ti sorprenderò, Harry. E vinceremo noi.
Mi sono informato c'è un volo che parte alle otto e cinquanta; non mi interessa dell'arrivo di lei, non ho cura del nostro lavoro, né della nostra copertura. Per vincere c'è bisogno di correre dei rischi e io non ho molto tempo, il traffico è lento nell'ora di punta. Se non manderemo tutto a rotoli, se qualcosa si salverà, penseremo dopo ai guai che sto per combinare.
Mi bastano dieci minuti per giungere a casa, la nostra, e appena arrivo, nella mia testa riecheggiano i passi che hai fatto per giungere nel nostro nascondiglio. C'è il ricordo del tuo passaggio, come le impronte sul fango bagnato, che mi consola e che mi sprona ad insistere in quella follia. Perché è Destino che io debba farla, considerata la fortuna che ho avuto nel seminare i body guard in albergo e tutto lo staff. Grazie, soprattutto, all'aiuto complice di Niall, prima o poi lo ripagherò per tutto quello che ha fatto per noi.
La chiave l'hai messa senz'altro lì, lì sulla finestra. Ma non è nella stessa posizione di prima, la polvere lo sussurra dolcemente ai miei occhi. Sei passato a casa per prendere alcune cose e chissà se lo hai fatto davvero, chissà se hai portato via tutto ciò che mi avrebbe fatto pensare a te.
Quando entro, però, mi investe il tuo odore di fiore ancora vivo, ancora speranzoso, ancora rigoglioso e, forse, non ancora scivolato del tutto dalle mie dita. Lo respiro a pieni polmoni e nel far le valigie stavolta non devo scordare di mettere un fiore che adesso ti voglio comprare.
Sorrido e faccio tutto di corsa, ho poco minuti a disposizione e devo arrivare da te in tempo per sistemare tutto, per non perderti. Con l'aereo in un ora son lì, spengo il telefono altrimenti inizieranno a chiamarmi per scoprire dove sono finito. Ci riusciranno comunque e sarà un casino, ma non ci penso, l'unica cosa che importa al mondo sei, e sarai sempre, tu.
Tutto ciò per cui vale la pena sperare, credere, far follie non sei altro che tu, e se manderò tutto a puttane, sarà per un valido motivo che, benché stenteranno a credere, tutti saranno obbligati a capire.
In viaggio qualcuno mi riconosce, ma non presto attenzione a nessuno, mentre osservo fuori il paesaggio e lascio che la mia gamba picchietti freneticamente a terra.
Mi vorrai? Mi respingerai quando mi ritroverai di fronte a te a chiedere di essere tuo nonostante tutto?
Sono ancora tuo, benché di mio non sia rimasto nulla più se non il mio amore per te?
Appena arrivo, corro senza attendere, prendo la valigia e poi di corsa un tassì, mi fermo per quel fiore e compro un grande mazzo di rose; mi perdonerai subito, certo, e la speranza inizia a fomentarmi, perché sei buono di cuore e di anima, perché mi ami, forse come non sarò mai capace di fare io, arrendevole e fiducioso. Ma è raro che io ti compri qualcosa per dimostrarti ciò che provo e, nonostante questa pazzia, so che non basta, non bastano nemmeno i fiori, né tutto me stesso, né tutto il mondo perché, Harry, tu sei spettacolare, sei meraviglioso e nulla esiste che possa essere comparata a te. Ma io, da sciocco uomo follemente andato per te, ti do tutto ciò che posso donarti: quel mazzo di rose che seccherà, presto o tardi, e tutto me stesso, assieme alla follia che mi ha fatto volare da te non appena sei andato via; perché sono certo così, ti basterà, per questa vita, senza chiedermi nulla più in cambio.
Perché, io lo so, l'ho sempre saputo anche se spesso sembra che io me ne dimentichi... Io so che Harry Styles ha scelto Louis Tomlinson per la vita.
E per quanto possa valere, Harry, ti porterò sempre nel mio cuore, perché sono tuo, e lo sarò sempre.
E con quei propositi mi metto ad aspettarti davanti al binario. Le stazioni mi ricordano tutti gli Addii che ci siamo dati, nonostante spesso siano accaduti fra quattro mura. I treni che partono sono l'essenza della malinconia, ma in questo momento sono euforico e speranzoso, davanti a due rotaie con un mazzo di rose fra le mani. Un idiota – commenterei se non fossi troppo agitato ad attendere il tuo arrivo.
La gente mi adocchia e mi sorride. “Aspetta la sua fidanzata” si sussurrano, ma non li ascolto.
Sorprenderemo anche loro. E quando arrivi col treno, io sto lì a cercarti tra mille volti spenti e mille gambe che camminano frettolosamente.
Ti trovo grazie ai tuoi capelli ricci, alzandomi sulle punte: hai il capo chino, uno zaino a tracolla e quelle mani lunghe e affusolate calate verso il basso, inermi. Ti ho permesso di perdere tutto, ma mi aggrappo alla speranza di quel miracolo. Sei ancora un fiore tra le mie mani, Harry? Posso ancora prendermi cura di te?
Così quando alzi gli occhi, come attratto dai miei che ti si sono piantati addosso senza più avere voglia di guardare altrove e mi vedi, io ti sorrido ma non solo con la bocca, con tutto me stesso.
Faccio un passo e tu mi osservi ancora, ti togli i tuoi occhiali da sole, mi squadri e te lo leggo negli occhi, stai pensando “mi sono rincoglionito o quello è il mio ragazzo, folle, che si è fatto trovare in stazione con delle rose in mano, pronto a chiedere scusa?” e allora rido, questa volta solo con la bocca, e quando quella che tu descrivi “limpida e delicata”, la mia voce, arriva alle tue orecchie, ci credi. Ci credi che un pazzo rincoglionito ha fatto tutto questo per raggiungerti e... “non piangere,” ti sussurro quando ti avvicini, tentando invano di arrivare alle tue gote rosee per asciugartele, ma non riesco a dire altro perché tu mi travolgi, come è tua abitudine, per abbracciarmi e stringermi. E mi togli il fiato, mi togli le paure, ricomponi tutto ciò che è andato perduto, come per magia, in un attimo; scacci via il dolore e infiammi la speranza. Lasci intatto l'amore, il nostro, mentre ti stringo anch'io e affondo il capo nell'incavo del tuo collo. “Ti amo, spicciati a perdonarmi” ti dico mentre sento di nuovo il tuo odore travolgermi; sei ancora un fiore, e mi stringi, e ti stringo e ridi per quel che ti ho detto. Mi hai perdonato, siamo felici.
Ti cullo e ti terrò ancora tra le mie dita, preservando la tua bellezza, custodendoti con profonda gelosia e possessione. E con ossessione farò in modo che tu non appassisca mai più, Harry.
Perché forse non avevo bisogno soltanto io di credere in questa battaglia, non avevo creduto solo io che fossimo arrivati alla fine di tutto, agli sgoccioli della nostra storia.
E allora non ho sbagliato a mandare tutto all'aria, né a voler vincere con tutto me stesso, apparendo il pazzo in mezzo ad una folla di persone ordinarie.
Avevi bisogno di questo. Abbiamo bisogno di crederci ancora.
E vinciamo, Harry. Noi vinciamo sempre.
Mi guardi e “presto, presto” mi sussurri. “Nascondiamoci, magari dietro una colonna, e baciami” sembra che tu voglia dirmi.
“Presto, presto” dici ancora.
“Andiamo a casa a far l'amore, andiamo nell'unico luogo dove è possibile farlo” i tuoi occhi mi pregano in silenzio.
Ma io nego col capo e tu crucci la tua fronte, facendomi sorridere. Ti accarezzo una guancia e mi mordo un labbro. “Presto, presto vai...” insisti, ma ti faccio tacere poggiando l'indice sulle tue labbra gonfie e rosse.
Abbiamo vinto, Harry.
E mentre i miei occhi azzurri si mischiano nei tuoi verdi ancora un po' lucidi – e forse lo sono anche i miei – mi alzo sulle punte, come ho sempre detestato fare, e ti sorprendo.
Ti bacio, posando le mie labbra fra le tue; ti avvolgo e tu ti arrendi come hai sempre fatto, nonostante per un attimo ti sia mostrato spaventato delle mie azioni, come io al nostro primo bacio.
Ci baciamo, allora, schiudendo le labbra, sciogliendoci in quel calore e abbracciandoci ancora più forte.
Ci baciamo perché siamo nati per farlo e perché anche se così non fosse stato, avremmo fatto in modo di peccare pur di concedercelo. Ti bacio perché sei mio, mi baci perché sono solo tuo. Ti bacio e fanculo a tutto l'odio che la gente ci riversa contro. Mi baci e mandi a farsi fottere tutte le persone che ora ci guardano stupiti, curiosi e scioccati.
Ti bacio perché abbiamo vinto, Harry, ancora una volta, quindi facciamolo sapere a tutto il mondo.
*Le parti in corsivo, come sempre, fanno parte del testo della canzone usata.
Angolo VenerediRimmel
Dico subito che mi sono dovuta adattare un po' al testo della canzone, i Larry sono in una stanza d'albergo e poi vanno a casa, la loro (aw ♥) e fanno tante cose assurde, ma la canzone era troppo bella per non poter scrivere una tale follia.
Quando l'ho ascoltata per la prima volta in macchina pensando ai Larry, e quindi plottando automaticamente, mi sono messa a piangere. Sul serio, il cuore è partito stracolmo di emozioni e gli occhi hanno fatto tutto il resto.
Stasera sentivo la nostalgia dei miei Larry, del mio Louis paranoico, maledettamente melodrammatico e quindi ho permesso alle mie dita di scrivere e alla mia mente di snodare la matassa.
Spero sia piaciuta! ^^ Se così fosse, ho scritto un'altra song fic "e penso a te", la trovate nel mio profilo.
Un abbraccio,
VenerediRimmel
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