9. Buone notizie, ma in nero


Non ho idea di che ore fossero quando mi svegliai.

Dovevo essere crollata, completamente prosciugata dal pianto che mi ero fatta. La cosa strana era che non mi trovavo per terra, dove ricordavo di essere: ero nel mio letto, con una coperta scura a coprirmi. Come avevo fatto a-

TIC.

Mi issai su un gomito con la fronte aggrottata. Da dove veniva quel suono? Mi resi conto che era stato quello, a svegliarmi. Di immortales, quanto ero lenta... mi sentivo la testa ovattata e pesante, senza contare che avevo il naso semi-tappato.

TIC. TIC.

Mi girai, perché capii che proveniva dalla finestra. Scostai la tenda e sbirciai fuori: c'era una figura scura e vagamente allampanata a qualche metro di distanza.

TIC.

Stavolta lo vidi in diretta: un sassolino colpì il vetro proprio davanti a me. Mi strofinai gli occhi, mettendo finalmente bene a fuoco la sagoma. Lo riconobbi immediatamente.

Mi alzai in piedi, infilandomi in fretta le ciabatte. Raggiunsi l'ingresso a grandi passi e, quando lo aprii, mi trovai direttamente davanti Nico di Angelo. «Ehi, Morticino» lo salutai, la voce roca e vagamente impastata di sonno.

«Ciao, Lampadina» mi salutò tranquillo con un minuscolo sorriso.

Era più alto di quanto ricordavo. Ormai mi aveva superato di una buona quantità (per me imbarazzante, visto che fisicamente avevo quasi quattro anni più di lui) di centimetri, e stava facendo crescere liberamente i capelli corvini -che ora gli incorniciavano il viso, leggermente mossi. Era più pallido che mai, e il fatto che fosse vestito tutto di nero non aiutava a non farlo risaltare. Assicurata alla cintura c'era la sua spada di ferro dello Stige. Mi schiarii la gola, portandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. «Che ci fai da queste parti? Sono mesi che non ti fai vedere»

Nico annuì. «Sì, io... ho avuto da fare. Sai com'è». Lanciò un'occhiata nervosa alla mia Casa. «Devo parlarti di una cosa. Puoi... ecco...» e mi fece segno di avvicinarmi.

Probabilmente la Casa Uno lo metteva un po' a disagio -un po' come metteva a disagio me entrare sottoterra. A conti fatti, io e Nico eravamo due estremi completamente opposti. Tenebre&Luce. Curioso come riuscissimo ad andare d'accordo.

Uscii, chiudendomi la porta alle spalle. Non mi preoccupavo nemmeno più delle arpie e del coprifuoco dopo quanto successo l'anno prima; mi stavano alla larga. Sospettavo di averle un po' traumatizzate.

Mi sedetti sull'ultimo gradino; Nico si sedette di fronte a me, nell'erba, ad un metro di distanza. «Va tutto bene?» gli domandai.

«Sì, diciamo di sì». Fece una pausa, scrutandomi. «Ho sentito di quanto è successo sulla Principessa Andromeda»

«Ah» mormorai. Nico sentiva quando qualcuno moriva, quindi aveva probabilmente avvertito che Beck... mi strofinai il viso prima di incrociare le braccia, stringerle al petto e appoggiarle sulle gambe. «Immagino che tu abbia avvertito... ehm...»

Nico mi fissò per un lungo momento. Poi fece qualcosa che non mi aspettavo: scosse la testa. «Niente» replicò.

Lo guardai sorpresa, sbattendo le palpebre. «Come... cosa?» domandai sorpresa.

«Non ho avvertito niente»

«Ma... non mi hai detto che senti quando qualcuno muore, una volta?»

«Sì. E ti sto dicendo che non ho sentito niente»

«Ma... ma... Beck...» farfugliai.

Nico sembrò pensieroso per un attimo. Poi scosse la testa. «Non è morto»

Rimasi completamente a corto di parole per un lungo minuto. Come era possibile una cosa del genere? Percy aveva detto... aveva detto... Percy...

E il mio cervello straordinariamente lento, finalmente, ci arrivò: c'era un posto dove gli dei mandavano degli eroi praticamente spacciati, di tanto in tanto. Un posto dove avrebbero trovato riparo, un posto dove potevano guarire. Il ciondolo con il tridente che portavo al collo mi sembrò pesare una tonnellata. Di immortales...

«Cioè, non è che non è morto» specificò Nico dopo un po', probabilmente allarmato dalla mia espressione «è morto per qualche secondo, ecco. Ma poi... be', non è facile da spiegare. E' come se fosse tornato indietro, ma non qui. Non so dirti che cosa gli è successo, ma-»

«Ogigia» mormorai.

«Cosa?»

Alzai lo sguardo, incrociando il suo. Un piccolo sorriso mi si formò sulle labbra. Sentii qualcosa di caldo nascermi al centro del petto: l'avevo provata solo una volta, ed era quando avevo capito che Percy non era morto. Speranza. «Ogigia» ripetei un po' più forte «Beck è lì! Ogigia!»

Nico mi fissò, confuso. «Ehm... mai sentito. Che posto è?»

«E' un'isola» spiegai «Percy ci è finito quando il Monte Sant'Elena è esploso con lui dentro. Ci vive Calipso, figlia di Atlante. E' condannata ad innamorarsi di ogni eroe che gli dei mandano sulla sua isola, e-»

Chiusi la bocca di scatto. Beck era su Ogigia, quindi voleva dire che Calipso si sarebbe inevitabilmente innamorata di lui. Certo, era vivo, ma... la maledizione funzionava anche in senso inverso.

Realizzai due cose: che non potevo assolutamente dirlo a Silena... e che saperlo lì era confortante perché era vivo, sì, ma non per altro. Se Beck avesse deciso di rimanere con Calipso non l'avremmo mai più rivisto. Come se fosse morto, in pratica, anche se a conti fatti non lo era. Sospirai. «Grazie per avermelo detto, Nico» dissi, un po' cupa «è bello saperlo vivo, ma potrebbe anche decidere di non tornare più. Non posso dirlo alla sua ragazza»

«Perché? Credo che gli farebbe piacere saperlo...»

Scossi la testa. «La maledizione di Calipso funziona anche in senso inverso. L'eroe mandato dagli dei si innamora di lei, Nico, al punto di non volerla più lasciare»

«Oh». Nico aggrottò la fronte. «Speravo di farti piacere dicendoti che non è morto, ma se decide di non tornare, be'... mi dispiace, forse era meglio se andavo dritto al punto»

«Non preoccuparti, hai fatto bene a dirmelo» lo rassicurai «e di quale punto stai parlando?»

Nico trasse un bel respiro. «Il motivo per cui sono venuto a parlarti» replicò «non so se Percy te lo ha già detto...»

Mi accigliai. «Detto cosa?»

Nico aggrottò la fronte. «Ah. Non l'ha fatto, allora» borbottò, assorto «mi chiedo come mai...»

Raddrizzai la schiena, stizzita. «Con quello che ultimamente Percy non mi dice potrei riempirci un libro, Nico. Forse anche due»

Una delle sue sopracciglia scure si inarcò. «Problemi in paradiso?»

Alzai gli occhi al cielo. «Sputa il rospo»

«E va bene». Nico sospirò. «Ho fatto alcune esplorazioni, un anno fa. Il giorno del quindicesimo compleanno di Percy sono andato a casa sua per parlargliene, e-»

«Eri lì?» lo interruppi, incredula «C'ero anche io! Perché non mi è stato detto niente?»

Nico si strinse nelle spalle. «Non ha importanza, adesso» minimizzò «il punto è che ho trovato un modo per sconfiggere Luke»

Dovevo ammetterlo, stavo adorando la visita improvvisa di Nico. Mi stava dando una buona notizia dietro l'altra. «Davvero? E qual è?» domandai, impaziente.

«Prima che te lo spieghi devi sapere una cosa: l'ho proposto a Percy. Deve ancora darmi una risposta. Ma se lui mi dice di no, ecco... puoi farlo tu»

Cercai di non rimanerci troppo male per il fatto che, qualunque cosa prevedesse quel piano che aveva escogitato, aveva proposto prima a Percy di metterlo in pratica. Insomma, credevo che io e Nico avessimo un rapporto un po' più stretto di quanto lo avessero loro... «Di che si tratta?»

Nico strinse le labbra. «Conosci la storia di Achille, sì?»

«Certo» replicai immediatamente. Siccome quella era una storia che non ne voleva sapere di entrarmi in testa chissà per quale ragione, Chirone me l'aveva fatta studiare una marea di volte, anche in greco antico. Ci teneva particolarmente che la imparassi, visto che l'aveva allenato lui. «Sua madre Teti aveva avuto una visione di come sarebbe morto a Troia. Lo immerse quindi nello Stige appena nato, rendendolo invulnerabile a qualunque tipo di arma a patto che non venisse colpito nell'unico punto che non era stato immerso, cioè il tallone»

Nico annuì. «Esatto»

Aggrottai la fronte. Era quello, il suo brillante piano? Far fare a Percy una nuotatina nello Stige? Dei, doveva essere impazzito! «Nico, non puoi dire sul serio. E' pericoloso! Percy potrebbe morire!»

«Lo so» concordò lui «ma fidati... conosco il modo per non farlo succedere. Ho fatto un sacco di ricerche. E so per certo che anche Luke si è immerso»

Ah. Ecco cosa intendeva Crono quando aveva detto a Percy che il corpo di Luke era stato preparato a dovere: si era immerso nello Stige. Voleva dire che era invulnerabile a qualunque cosa gli avessimo lanciato addosso, in pratica, a meno che non fossimo riusciti a scoprire il suo Tallone d'Achille. Questo implicava anche riuscire ad avvicinarsi abbastanza per trovarlo, ed essere invulnerabili come lui era sicuramente un vantaggio. «Posso sapere perché non lo hai chiesto a me?» gli chiesi, incapace di tenere la domanda per me.

Nico giocherellò con un filo d'erba, che ingiallì immediatamente. «Bianca si è sacrificata per lui, e... be', glielo deve»

«C'ero anche io quando ha fatto quella scelta, Nico»

«Sì, ma non avevo chiesto a te di proteggerla» puntualizzò lui «e poi, se proprio vuoi saperlo, penso che tu abbia uno spirito più forte del suo. Lui si dovrà immergere, sì... ma il tuo compito sarà più difficile»

Aggrottai la fronte, senza capire. «Quale compito?»

«A Percy serve un'àncora, Alex» rispose serio.

«Un'àncora?»

«Sì. Qualcosa che lo tenga legato alla sua vita mortale, che lo faccia tornare indietro. Altrimenti morirà»

Sbuffai. «Dovresti chiederlo a Rachel, allora» brontolai.

Nico fece una smorfia, accigliandosi. «La mortale non viene menzionata dalla Profezia e non ha un oggetto che la lega a Percy, a differenza tua»

Le mie dita scattarono verso il tridente. «Come fai a-»

«Irrilevante» mi interruppe lui «quell'oggetto è legato alla forza vitale di Percy, Alex. Come il ciondolo a forma di fulmine che gli hai regalato l'anno scorso è legato alla tua. E' un legame simile a quello che Percy ha con Grover, anche se il vostro non è empatico»

Aggrottai la fronte, riflettendoci. In effetti era vero. Ma come aveva fatto, lui, a scoprirlo? «Nico, come fai a saperlo?»

«Irrilevante» ripetè vago.

«No, non lo è» lo contraddissi torva.

Nico sbuffò. «Te l'ho detto: ho fatto delle ricerche»

«E...?»

«"E" niente. L'ho scoperto così»

«Sì, ma così come?»

«Facendo ricerche»

Alzai gli occhi al cielo. Ottenere risposte da lui era come cercare di convincere Clarisse a lasciar perdere quello stupidissimo carro. «L'alone di mistero fa parte dell'essere figli di Ade, per caso?»

Le labbra di Nico si incresparono leggermente in un minuscolo sorriso. «Forse» mi provocò.

Sbuffai dal naso. La mia pazienza era pericolosamente vicino all'esaurimento totale. «Morticino, tu sai qual è il mio difetto fatale, vero?» domandai a denti stretti «No perché sono a tanto così dal lanciarti in faccia una delle mie pantofole»

Nico sospirò, appoggiando i gomiti alle ginocchia. «E tu sai qual è il mio?» chiese di rimando «Se mi lanci la pantofola ce l'avrò con te per sempre, Lampadina»

Di immortales, che conversazione assurda. Ci fissammo per una manciata di secondi prima di ridacchiare entrambi. «Touchè» concessi «allora... questo tuo piano geniale che cosa prevede che io faccia?»

L'espressione di Nico tornò seria. «Quello dei ciondoli è un legame magico che avete creato voi stessi» spiegò «tu vuoi che Percy non muoia nello Stige, vero?»

Feci una smorfia. «Certo»

«Bene. Allora non avrai problemi a fargli da àncora. Devi dare al ciondolo il potere necessario, tutto qui»

Inarcai un sopracciglio. «E come cavolo si fa?»

Nico sembrava un po' in imbarazzo. «Ehm... nello stesso modo in cui hai creato il primo legame, credo»

«Fin lì ci arrivavo anche io». Alzai gli occhi al cielo. «Nico, io non ho idea di come ho fatto a crearlo. Efesto mi ha dato il ciondolo, l'ho messo e dieci minuti dopo è diventato caldo»

Le sue sopracciglia schizzarono verso l'alto. «Tutto qui?»

«Già. Tutto qui»

Nico sospirò. «Immagino che anche questa sia una cosa su cui dobbiamo fare delle ricerche...» borbottò assorto. Aggrottò leggermente la fronte, fissando un punto davanti a sé. Poi alzò lo sguardo su di me. «Senti, domani raggiungimi alla radura dove il Consiglio dei Satiri Anziani si riunisce di solito. Ti aspetterò lì, circa un'ora dopo il funerale. Dobbiamo prepararci».

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