5. Sacrificio, parte 2 (P)
Tenete bene a mente questa frase, semmai vi venisse voglia di insultarmi: LE COSE, SPESSO, NON SONO COME SEMBRANO.
Luke era affacciato sul balcone sopra la mia testa, con un sorriso sul volto sfregiato dalla cicatrice. Indossava un paio di jeans, una maglietta bianca e le infradito come un normalissimo ragazzo del college, ma i suoi occhi tradivano la verità. Erano d'oro massiccio. «Ti aspettavamo da giorni, sai»
All'inizio mi sembrò normale. Il Luke di sempre. Poi un fremito passò sul suo viso. Fu scosso da un brivido, come se avesse appena bevuto qualcosa di indigesto. La sua voce si fece più cupa, antica e potente: era la voce di Crono, il Signore dei Titani. Le parole mi graffiarono la schiena come la lama di un coltello. «Vieni a inchinarti al mio cospetto»
«Aspetta e spera» borbottai.
Dei Lestrigoni si disposero ai lati della piscina, in attesa di ordini. Semidei armati di arco comparvero sul tetto sopra Luke. Due segugi infernali balzarono giù dal balcone e mi ringhiarono contro. Nel giro di una manciata di secondi mi ritrovai circondato.
Era una trappola. Non avrebbero mai potuto prendere posizione così in fretta se non avessero già saputo del mio arrivo. Guardai il mio acerrimo nemico, fremente di rabbia. Non sapevo se la coscienza di Luke fosse ancora viva dentro quel corpo. Forse, dal modo in cui la voce era cambiata... o forse era soltanto Crono che si adattava alla sua nuova forma. Mi dissi che non importava. Luke era pazzo e malvagio già da prima che il Signore dei Titani si impossessasse di lui. Una voce nella mia testa disse: "Alla fine dovrò battermi comunque con lui. Perché non ora?"
Stando alla famigerata Profezia ero destinato a fare una scelta che avrebbe salvato o distrutto il mondo quando io e Alex avremmo compiuto entrambi sedici anni. Mancavano solo nove giorni. Perchè non ora, quindi? Se avevo davvero quel potere, che differenza avrebbe fatto poco più di una settimana? Potevo porre subito fine a quella minaccia, distruggendo Crono. Ehi, avevo già combattuto contro mostri e dei! E poi Alex sarebbe stata più al sicuro in quel modo: avrei azzerato del tutto la possibilità che la Profezia riguardasse lei. "Uno influenzerà la scelta dell'altro", ci aveva spiegato Annabeth. Era la cosa giusta.
Come se mi avesse letto nel pensiero, Luke sorrise. No, era Crono. Dovevo ricordarmelo. «Fatti avanti» mi sfidò «se ne hai il coraggio»
La folla di mostri si divise. Io salii le scale, con il cuore che mi martellava nel petto. Ero certo che qualcuno mi avrebbe pugnalato alle spalle, invece mi lasciarono passare. Mi tastai in tasca e trovai la mia penna che mi aspettava. Tolsi il cappuccio e Vortice prese la sua forma di spada. Fra le mani di Crono comparve la sua arma: una falce lunga un metro e ottanta, per metà bronzo celeste, per metà acciaio mortale. Solo a guardarla mi sentivo le ginocchia di gelatina. Ma prima che potessi cambiare idea, partii all'attacco.
Il tempo rallentò. Cioè, rallentò letteralmente, perché quello era il potere di Crono. Era come muoversi immersi nella melassa. Avevo le braccia così pesanti che riuscivo a malapena a sollevare la spada. Crono sorrise, roteando la falce a velocità normale e aspettando che io mi avvicinassi lentamente alla morte.
Cercai di oppormi alla sua magia. Mi concentrai sul mare, la fonte del mio potere. Ero diventato più bravo a incanalarlo nel corso degli anni, ma ora non sembrava succedere nulla. Mossi un altro lento passo avanti. I giganti fecero un verso di scherno. Le dracene sibilarono una risata. "Ehi, oceano" supplicai "quando vuoi..."
All'improvviso avvertii una stretta dolorosa allo stomaco. La nave sobbalzò e si inclinò di lato, rovesciando i mostri a terra. Quindici tonnellate di acqua salata si sollevarono dalla piscina, inondando me e Crono e ogni altra creatura sul ponte.
L'acqua mi rivitalizzò, spezzando l'incantesimo, e mi tuffai in avanti. Menai un affondo, ma ero ancora troppo lento. Feci l'errore di guardarlo in faccia, e la faccia era quella di Luke, uno che un tempo era stato mio amico. Per quanto lo odiassi, era difficile ucciderlo.
Crono invece non ebbe esitazioni. Menò un fendente con la sua falce. Io balzai indietro e la lama mortale mi mancò di un paio di centimetri, aprendo uno squarcio sul ponte proprio fra i miei piedi. A quel punto lo colpii con un calcio in pieno petto. Crono arretrò un po' goffamente, ma era più pesante di quanto avrebbe dovuto essere Luke. Era come prendere a calci un frigorifero.
Sferrò un altro colpo con la falce. Io lo intercettai con Vortice, ma era così potente che riuscii soltanto a deviarlo con la lama. Il filo della falce si portò via una manica della mia maglietta e mi graffiò il braccio. Non avrebbe dovuto essere grave, però mi sentii esplodere la ferita di dolore. Ricordai quello che un demone marino aveva detto una volta a proposito della falce di Crono: "Attento, sciocco. Sfiorala e la lama separerà la tua anima dal corpo".
Ora capivo cosa intendeva. Non stavo semplicemente sanguinando. Sentivo la mia forza, la mia volontà, la mia identità scivolare via. Mi feci un poco indietro, barcollando, strinsi forte la spada con la mano sinistra e mi slanciai in un affondo disperato.
La lama avrebbe dovuto trafiggere Crono, ma rimbalzò sul suo petto come se avessi appena colpito una lastra di marmo. Impossibile! Come poteva sopravvivere a un colpo del genere?
Crono rise. «Che spettacolo mediocre, Percy Jackson. Luke mi dice che non sei mai stato uno spadaccino alla sua altezza»
Mi si appannò la vista. «Luke si era montato la testa» replicai «ma almeno la testa era la sua»
«Che peccato ucciderti ora» rifletté Crono «prima che si attui il mio piano finale. Mi piacerebbe molto vedere il terrore nei tuoi occhi quando ti renderai conto di come distruggerò l'Olimpo»
Mi pulsava il braccio. Dei puntini neri mi danzavano davanti agli occhi. «Non porterai mai questa nave a Manhattan»
«E perché non dovrei?». Gli occhi dorati di Crono scintillarono. Il suo volto –il volto di Luke– somigliava a una maschera, innaturale e illuminata da un potere malvagio. «Forse stai facendo affidamento sul tuo amico con gli esplosivi?». Abbassò lo sguardo verso la piscina e chiamò: «Nakamura!»
Un ragazzo vestito con l'armatura greca si fece largo tra la folla. Aveva l'occhio sinistro coperto da una benda nera. «Operazione riuscita, mio signore» gridò «lo abbiamo trovato dove ci era stato detto». Batté le mani e due giganti avanzarono, trascinando Beckendorf.
Per poco non mi si fermò il cuore nel petto. Aveva un occhio nero ed era pieno di tagli sul viso e sulle braccia. Non aveva più l'armatura e la maglietta era strappata. «No!» gridai.
Beckendorf incrociò il mio sguardo. Si lanciò una rapida occhiata alla mano, come se cercasse di dirmi qualcosa. L'orologio. Non lo avevano ancora preso, e quello era il detonatore. Possibile che gli esplosivi fossero innescati? Di sicuro i mostri li avevano smantellati subito. O no? «Lo abbiamo trovato al centro della nave» disse uno dei giganti «stava cercando di intrufolarsi in sala macchine. Ora possiamo mangiarlo?»
«Tra un attimo». Crono squadrò Ethan, accigliato. «Sicuri che non abbia piazzato gli esplosivi?»
«Stava andando verso la sala macchine, mio signore»
«Come lo sai?»
«Ehm...». Ethan si agitò, imbarazzato. «Andava da quella parte. E ha confessato. Ha ancora la borsa piena di esplosivi»
Lentamente, cominciai a capire. Beckendorf li aveva ingannati. Quando si era reso conto che l'avrebbero preso, aveva cambiato direzione, come se stesse andando da quella parte. Li aveva convinti di non essere ancora arrivato in sala macchine. Forse il fuoco greco era ancora innescato! Ma la cosa non ci sarebbe servita a molto se non riuscivamo a lasciare la nave e a farlo detonare. Dovevano bersela, altrimenti sarebbero stati guai. Mi rivolsi quindi a Ethan: «Alex avrebbe dovuto ucciderti!» gli gridai. E lo pensavo davvero.
Crono esitò. "Bevitela, ti prego" supplicai. Il braccio mi faceva così male che riuscivo a stare in piedi a malapena. «Aprite la borsa» ordinò alla fine.
Uno dei giganti strappò la sacca degli esplosivi dalle spalle di Beckendorf. Sbirciò dentro, sbuffò e la capovolse. Gli altri mostri arretrarono subito in preda al panico. Se la borsa fosse stata davvero piena di fuoco greco saremmo saltati in aria, ma a terra cadde soltanto una decina di barattoli di pesche in scatola.
Crono respirava pesantemente, per lo sforzo di controllare la rabbia. «Forse, e dico forse» esordì «avete catturato questo semidio vicino alla cambusa?»
Ethan impallidì. «Ehm...»
«E forse, dico sempre forse, non avete mandato qualcuno a CONTROLLARE LA SALA MACCHINE DI PERSONA?»
Ethan arretrò terrorizzato, girò sui tacchi e corse via. Imprecai in silenzio. Ora avevamo solo pochi minuti prima che le bombe venissero disinnescate. Incrociai di nuovo lo sguardo di Beckendorf e gli rivolsi una muta domanda, sperando che capisse: "Quanto tempo abbiamo?"
Lui unì il pollice e l'indice in un cerchio: Zero.
Non potevamo tardare in nessun modo. Se riusciva a premere il pulsante del detonatore, la nave sarebbe esplosa subito. Non saremmo mai riusciti ad allontanarci a sufficienza prima di usarlo. I mostri ci avrebbero ucciso, o avrebbero disinnescato gli esplosivi, o tutte e due le cose. Crono si voltò verso di me con un sorriso malvagio. «Devi scusare la mia manodopera incompetente, Percy Jackson. Ma non ha importanza. Sapevamo del vostro arrivo da settimane». Tese una mano e fece penzolare un braccialetto d'argento con un ciondolo: una falce, il simbolo del Signore dei Titani.
Il braccio ferito mi stava risucchiando la lucidità mentale, ma borbottai: «Un dispositivo di comunicazione... una spia al Campo»
Crono ridacchiò. «Non puoi contare sugli amici. Ti deluderanno sempre. Luke ha imparato la lezione a sue spese. Ora getta la spada e arrenditi, o il tuo amico morirà»
Deglutii. Uno dei giganti teneva la mano attorno al collo di Beckendorf. Non ero nelle condizioni fisiche adatte per salvarlo, e anche se ci avessi provato, sarei morto prima ancora di sfiorarlo. Saremmo morti entrambi. Beckendorf sillabò una sola parola: "Vai".
Io scossi la testa. Non potevo abbandonarlo così. Il secondo gigante stava ancora frugando tra i barattoli di pesche in scatola, il che significava che il braccio sinistro di Beckendorf era libero. Lo sollevò lentamente verso l'orologio che portava al polso destro.
Avrei voluto gridare: "NO!". Poi giù, vicino alla piscina, una dracena sibilò: «Che sssta facendo? Che cosss'ha sssul polssso?»
Beckendorf strinse gli occhi e si portò la mano al polso.
Non avevo scelta. Scagliai la spada contro Crono, come un giavellotto. L'arma gli rimbalzò sul petto senza conseguenze, ma servì a spiazzarlo. Mi feci largo in mezzo alla folla dei mostri e saltai giù dalla nave, verso l'acqua, trenta metri più in basso.
Udii un cupo brontolio all'interno della nave. I mostri che mi urlavano dietro. Una lancia mi passò accanto, a pochi centimetri da un orecchio. Una freccia mi colpì una coscia, ma quasi non percepii nessun dolore. Mi tuffai in mare e ordinai alle correnti di portarmi lontano, il più lontano possibile, cento, duecento metri.
Perfino a quella distanza l'esplosione fece tremare il mondo. Mi sentii scottare la nuca.
La Principessa Andromeda saltò in aria da ogni lato, un gigantesco bolide di fiamme verdi che intorbidì il cielo notturno, consumando tutto.
"Beckendorf" pensai. Poi svenni, piombando come un'ancora verso il fondo del mare.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top