47. L'anima eroica
Rabbia. Determinazione. Potenza. Inarrestabilità. Invincibilità.
Erano tutte cose che stavo provando in quel momento. La benedizione di Zeus mi aveva colpita all'improvviso, spazzando via ogni traccia di paura che si era annidata in me. Mi aveva rinvigorita come niente era mai riuscito a fare in tutta la mia vita, e mi aveva gonfiato il cuore di una cosa che stavo perdendo: la speranza.
Noi avremmo sconfitto Crono.
Fu questo sentimento a spingermi: mi scagliai immediatamente contro il re dei Titani, determinata a proteggere Annabeth, Grover, Percy... tutti quanti. Non avevo paura di morire. Non più.
Grover era al fianco di Annabeth, adesso. Aveva smesso di suonare e la stava imboccando con l'ambrosia. Ovunque Crono avanzasse, le radici gli si avvolgevano attorno ai piedi, ma il satiro aveva interrotto la sua magia troppo presto. Le radici non erano abbastanza robuste o forti per essere più che una piccola seccatura per il Titano. Percy mi affiancò immediatamente, e la sua presenza mi diede più sicurezza. Se dovevamo farlo, l'avremmo fatto insieme.
Combattemmo passando sopra i resti del fuoco, sollevando carboni e scintille. Crono mozzò di netto un bracciolo del trono di Ares, e poi ci costrinse ad arretrare contro il trono di Poseidone. «Oh, sì» esclamò «questo brucerà a meraviglia nel mio nuovo fuoco!»
Le nostre lame si scontrarono in una pioggia di scintille. Crono era più forte di noi, ma eravamo pur sempre due contro uno. La nostra coordinazione in battaglia era perfetta, dopo tanti anni passati a combattere insieme. Mentre io lo costringevo a parare i colpi delle Gemelle, Percy lo colpì sul pettorale della sua armatura. Ci mise talmente tanta forza da squarciare il bronzo celeste.
Crono batté di nuovo il piede a terra e il tempo rallentò. Cercammo di attaccare, ma eravamo più lenti di un bradipo, e lui poté arretrare in tutta calma per riprendere fiato. Si esaminò lo squarcio nell'armatura, mentre io e Percy arrancavamo, maledicendolo in silenzio. Poteva prendersi tutto il tempo che gli serviva. Poteva bloccarci quanto e come voleva. «È troppo tardi» esclamò «guardate». Indicò il fuoco e le braci brillarono.
Un velo di fumo bianco si levò dalle fiamme, formando immagini come in un messaggio-Iride. Vidi Nico e genitori di Percy sulla Quinta Strada, impegnati in una battaglia disperata, circondati dai nemici. Sullo sfondo, Ade combatteva dal suo carro, riversando ondate su ondate di zombie sul campo di battaglia, ma le forze dell'esercito dei Titani sembravano infinite. Nel frattempo, Manhattan veniva distrutta. I mortali, ora del tutto svegli, fuggivano terrorizzati. Le macchine sbandavano e si scontravano. La scena cambiò e vidi qualcosa di ancora più terrificante: una tempesta si stava avvicinando all'Hudson, spostandosi rapidamente lungo la Jersey Shore. Dei carri vi roteavano attorno, in una battaglia serrata contro la creatura della nube. Gli dei attaccarono. Lampeggiarono fulmini e saette. Frecce d'oro e d'argento striarono la nube come missili, esplodendo.
Lentamente la nube si squarciò, e per la prima volta vidi Tifone con chiarezza. La sua testa mutava di continuo. In ogni singolo istante era un mostro diverso, ognuno più orribile del precedente. Guardarlo in faccia mi avrebbe portato alla pazzia, perciò mi concentrai sul suo corpo, che non era molto migliore. La forma era umanoide, ma la pelle era cosparsa di macchie verdi, con delle pustole grandi quanto palazzi e delle chiazze annerite dovute ai secoli di prigionia nel cuore del vulcano. Le mani erano umane, ma munite di artigli d'aquila. Le gambe erano da rettile, ricoperte di scaglie. «Gli dei dell'Olimpo stanno facendo l'ultimo sforzo». Crono rise. «Patetici!»
Mio padre scagliò una folgore dal suo carro. L'esplosione illuminò il mondo. Riuscii a sentirne l'impatto e la potenza devastante persino da lì, sull'Olimpo, però quando la polvere si diradò, Tifone era ancora in piedi. Barcollò un poco, con un cratere fumante in cima alla testa deforme, ma ruggì di rabbia e continuò ad avanzare.
La benedizione di Zeus mi aveva appena lasciata del tutto. I capelli tornarono ad incorniciarmi il viso, corvini come sempre. Mi sentii appena più stanca, ma anche un po' più libera dalla magia di Crono. Riuscivo a muovermi meglio. Lui non sembrò farci caso. Era concentrato sulla battaglia e sulla sua vittoria finale.
Tifone entrò nell'Hudson e l'acqua gli arrivò solo a metà polpaccio. In quello stesso momento, nella visione si udì il suono di una conchiglia. Percy sembrò estremamente sollevato, e io intuii che doveva trattarsi di Poseidone. Come infatti, tutt'intorno all'immenso gigante il fiume eruttò, sollevando onde alte più di dieci metri. Un carro proruppe dall'acqua, trainato da enormi ippocampi, che nuotavano nell'aria come se fossero in mare.
Poseidone in persona, contornato da una potentissima aura azzurra, lo guidò con audacia attorno alle gambe del gigante, disegnando un cerchio. Quando fece roteare il tridente, il fiume rispose, chiudendo il mostro in un vortice. «No!» ululò Crono dopo un attimo di silenzio sbigottito «NO!»
«ORA, FRATELLI MIEI!». La voce di Poseidone era così forte che non capii se proveniva dall'immagine di fumo o direttamente dall'altra parte della città. «COLPITE, PER L'OLIMPO!»
Dalle acque del fiume proruppero guerrieri sulla cresta delle onde, in groppa a squali enormi, draghi e cavalli marini. Era una legione di ciclopi, e in testa a tutti c'era... «Tyson!» gridò Percy.
Lo fissai sbigottita. Era cresciuto per magia. Era alto quasi dieci metri, grosso quanto i suoi cugini maggiori, e per la prima volta indossava un'armatura da guerra completa. Accanto a lui c'era Briareo, il gigante centimano. Tutti i ciclopi erano armati di enormi catene di ferro nere (grandi tanto da ancorare una corazzata) con degli uncini da arrembaggio alle estremità. Le rotearono come dei lazi e cominciarono a intrappolare Tifone, scagliandogliele attorno alle gambe e alle braccia, sfruttando il moto rotatorio delle correnti, aggrovigliandolo lentamente. Tifone si scuoteva e ruggiva e strattonava le catene, disarcionando qualcuno dei ciclopi, ma erano troppi e cominciò a piegarsi sotto il loro peso. Poseidone scagliò il tridente e lo trafisse alla gola. Un sangue dorato (l'icore immortale) schizzò dalla ferita, creando una cascata più alta di un grattacielo.
Il tridente tornò nelle mani di Poseidone. Gli altri dei colpirono con rinnovata forza. Ares conficcò la spada nel naso di Tifone; Artemide bersagliò l'occhio del mostro con una dozzina di frecce d'argento; Apollo scagliò una raffica di dardi e gli incendiò il perizoma, mentre mio padre continuava a bombardarlo di fulmini.
Alla fine, lentamente, l'acqua si alzò, avvolgendo il gigante come in un bozzolo, e Tifone cominciò ad affondare sotto il peso delle catene. Ululava agonizzante, dimenandosi con una forza tale che le onde si abbatterono sulla costa, investendo interi edifici e allagando il ponte George Washington, ma continuò a sprofondare, soprattutto dopo che Poseidone aprì una galleria apposta per lui sul fondale del fiume: uno scivolo infinito che lo avrebbe condotto dritto nel Tartaro.
La testa di Tifone scomparve in un vortice gorgogliante, e un attimo dopo il mostro non c'era più. «AH!» esclamò Crono. Menò un fendente nel fumo, riducendo l'immagine a brandelli.
«Stanno arrivando» disse Percy
«Hai perso» aggiunsi io.
«Non ho nemmeno iniziato»
Mi sentii scagliare all'indietro. Percy gridò il mio nome nello stesso momento in cui Greer e Orion, due degli spiriti dei venti che mi seguivano dal ponte di Williamsburg, riuscirono a prendermi a mezz'aria. Mi posarono gentilmente a terra, ma mi bastò lanciare un'occhiata a Crono per capire che non sarei mai riuscita ad intervenire in tempo.
Avanzò a una velocità accecante. Grover cercò di proteggere Percy, ma Crono lo scagliò via come una bambola di pezza. Spedii Greer e Orion ad aiutarlo. Percy schivò l'affondo e ne tentò uno sotto la sua guardia. Era un bel trucco, ma purtroppo Luke lo conosceva. Parò il colpo e lo disarmò usando una delle prime mosse che gli aveva insegnato. Vortice scivolò via sul marmo e cadde in uno degli squarci del pavimento.
«FERMO!». Annabeth sbucò dal nulla. Crono si voltò ad affrontarla e menò un fendente con Vipera, ma in qualche modo lei riuscì a bloccare il colpo con l'elsa del suo coltello. Era una mossa che solo il guerriero più rapido e abile con il pugnale avrebbe saputo fare. Non chiedetemi dove trovò la forza, ma avanzò, facendo leva, e le due lame s'incrociarono.
Il terrore mi serrò la gola. Annabeth rimase faccia a faccia con il Signore dei Titani, obbligandolo a una battuta d'arresto. «Luke» disse, a denti stretti «ora capisco. Devi fidarti di me»
Crono ruggì sdegnato. «Luke Castellan è morto! Il suo corpo brucerà non appena io assumerò la mia vera forma!»
Cercai di muovermi, ma mi resi conto che Crono mi aveva bloccata di nuovo. A giudicare dall'espressione di Percy, aveva bloccato anche lui. E Annabeth? Malconcia e sfinita com'era, come poteva avere la forza di opporsi a Crono?
Il Titano la incalzò, premendo in avanti, cercando di liberare la spada, ma lei riuscì a tenerlo ancora bloccato, con le braccia tremanti e Vipera a pochi centimetri dal collo. «Tua madre» boccheggiò Annabeth «ha visto il tuo destino»
«Servire Crono!» ruggì il Titano «Questo è il mio destino!»
«No!» insisté Annabeth. Aveva gli occhi colmi di lacrime. «Questa non è la fine, Luke. Lei ha visto quello che avresti fatto... la profezia riguarda te!»
«Ti schiaccerò, ragazzina!» urlò Crono.
«Non lo farai» disse Annabeth «hai promesso. Potevi uccidere Alex, e non l'hai fatto. L'hai trattenuto. Stai trattenendo Crono persino in questo istante»
«TU MENTI!»
Crono spinse di nuovo e stavolta Annabeth perse l'equilibrio. Con la mano libera, il Titano la colpì sul viso e lei scivolò all'indietro. Non so come, ma Percy riuscì ad alzarsi. Io ero ancora inchiodata a terra. «NO!» gridai. Ero disperata, e questo mi aiutò finalmente a prendere una decisione: credere a Luke e fidarmi di Annabeth. «Luke!» lo chiamai. Lui girò la testa verso di me. «Non farle del male» lo pregai con le lacrime agli occhi «ti prego. Hai promesso. So che non hai dimenticato»
Crono mi fissò come se volesse uccidermi. Con il sangue a un angolo della bocca, Annabeth sussurrò: «Sì. Siamo una famiglia, Luke. Hai promesso»
Con uno sforzo tremendo, Percy riuscì a fare un passo in avanti. Accanto al trono di Era, Grover si era rimesso in piedi, ma anche lui sembrava muoversi a fatica. Prima che riuscissero ad avvicinarsi, Crono vacillò. Fissò il coltello nella mano di Annabeth, il sangue sul suo viso.
«Ho promesso». Poi ansimò, come se non riuscisse a respirare. «Annabeth...». Ma non era la voce del Titano. Era la voce di Luke. Avanzò zoppicando, come se faticasse a controllare il proprio corpo. «Stai sanguinando...»
«Il mio coltello». Annabeth cercò di sollevare il pugnale, ma le cadde di mano. Aveva il braccio piegato in una strana angolatura.
Riuscivo di nuovo a muovermi. Mi alzai in piedi mentre Percy si tuffava a raccogliere il coltello. Colpì la mano di Luke e Vipera volò via, atterrando fra i resti del fuoco. Lui ci badò a malapena. Avanzò verso Annabeth, ma lui gli sbarrai la strada. «Non la toccare» disse.
Un moto di rabbia scorse sul suo viso. La voce di Crono ringhiò: «Jackson...». Il suo corpo cominciò a brillare, trasformandosi in oro. Raggiunsi Percy di corsa; Luke boccheggiò di nuovo. E la sua voce tornò: «Sta cambiando. Aiutatemi. È... è quasi pronto. Non avrà più bisogno del mio corpo. Vi prego...»
«NO!» ululò Crono. Si guardò attorno alla ricerca della spada, ma era lontana e brillava fra le braci del fuoco. Fece qualche passo incerto per raggiungerla. Cercammo di fermarlo, ma ci scansò con una spinta così forte che atterrammo di fianco ad Annabeth. L'urto mi svuotò i polmoni. Percy sbattè la testa sulla base del trono di Atena. «Il coltello» mormorò Annabeth. Parlava con un filo di voce. «L'anima eroica... l'orrida lama...»
Crono che afferrò la sua spada, ma urlò di dolore e la lasciò cadere. Si era ustionato le mani. L'arma era diventata incandescente, come se la falce fosse incompatibile con le sue fiamme. Vidi scintillare fra le ceneri un'immagine di Estia che guardava Crono con disapprovazione. Luke si voltò e crollò a terra, reggendosi le mani ustionate. «Vi prego...»
Percy si rialzò. Prese il coltello e andò verso di lui. Luke si inumidì le labbra. «Non... non puoi farlo tu. Lui piegherà il mio controllo. Si difenderà. Solo la mia mano. Io so dove. Posso... posso tenerlo sotto controllo». Stava decisamente brillando, ora, e la sua pelle cominciava a fumare. Mi guardò. «Permettimi di rimediare. Ti prego...»
Le sue parole mi colpirono dritta al cuore. Mi alzai in piedi mentre Percy sollevava il coltello. «Percy, no» gli dissi.
Lui si girò a guardarmi. «Alex...»
Scossi la testa. "Una sola scelta verrà influita dal suo spirito affine"... e d'improvviso mi fu tutto chiaro. «Devi fidarti di me» mormorai «dagli il coltello. Sta dicendo la verità, deve farlo lui. Ti prego»
«Non c'è tempo» gemette Luke. Se Crono si fosse evoluto nella sua vera forma, sarebbe stato impossibile fermarlo. Al suo confronto, Tifone sarebbe sembrato un bulletto dell'asilo.
Percy esitò. Mi lanciò un'ultima occhiata, e poi consegnò il coltello a Luke.
Grover sussultò. «Percy? Sei... ehm...»
Luke strinse l'elsa. Eravamo entrambi di fronte a lui, disarmati, ma lui si slacciò le cinghie laterali dell'armatura, scoprendosi un pezzetto di pelle sotto il braccio sinistro. Un punto molto difficile da colpire. E, con fatica, si pugnalò.
Non era un taglio profondo, ma urlò di dolore. I suoi occhi si accesero come lava. La sala del trono tremò e io e Percy cademmo a terra. Un'aura di energia circondò Luke, diventando sempre più luminosa. Chiusi gli occhi e avvertii una forza simile a un'esplosione nucleare che mi bruciava la pelle e mi spaccava le labbra. Poi seguì un lungo silenzio.
Quando aprii gli occhi, vidi Luke disteso scompostamente accanto al fuoco. Attorno a lui, sul pavimento, c'era un cerchio annerito di cenere. La falce di Crono si era liquefatta in un blocco di metallo fuso e colava tra le braci, che ora brillavano come la fornace di un fabbro. Il fianco sinistro di Luke sanguinava. Aveva gli occhi aperti... azzurri, come una volta. Il respiro era un rantolo profondo. «Buona... lama» mormorò.
Mi inginocchiai accanto a lui, gli occhi pieni di lacrime. Annabeth ci raggiunse zoppicando, sostenuta da Grover. Anche loro stavano per piangere. Luke la guardò. «Tu lo sapevi. Ti ho quasi ucciso, ma tu lo sapevi...»
«Sshhht». Le tremava la voce. «Alla fine sei stato un eroe, Luke. Andrai nell'Elisio»
Lui scosse la testa debolmente. «Penso... la rinascita. Ci proverò tre volte. L'Isola dei Beati»
«E' proprio da te» borbottai con un mezzo sorriso, asciugandomi le lacrime.
Luke mi guardò. Un angolo della sua bocca si sollevò in un sorriso appena accennato. «Sei stata... bravissima. Una vera guerriera. Sono molto fiero di te. Grazie... per aver creduto in me... sorella»
Tirai su con il naso. Percy mi circondò le spalle con un braccio, cercando di confortarmi. «E tu alla fine sei diventato l'eroe che avresti sempre dovuto essere... fratello»
Luke mi sorrise. Poi sollevò la mano ustionata verso Annabeth. Lei gli toccò la punta delle dita. «Mi...». Tossì, e le sue labbra luccicarono di rosso. «Mi ami, Annabeth?»
Lei si asciugò le lacrime. «Sì, Luke» rispose con un filo di voce «ti amo. Ma ho capito che non... n-non è nel nostro destino»
Lui annuì. «Lo so. Io... ti amo anche io» mormorò, trasalendo per il dolore.
«Possiamo prendere dell'ambrosia» disse Grover «possiamo...»
«Grover» singhiozzò Luke «sei il satiro più coraggioso che abbia mai conosciuto. Ma no. Non esiste cura...». Un altro colpo di tosse. Prese Percy per la manica, e lui trasalì. «Ethan. Io. Tutti i figli non riconosciuti. Non permettere... non permettere che succeda ancora»
Aveva uno sguardo arrabbiato, ma anche supplichevole. «Non lo permetterò» disse Percy «te lo giuro»
Luke annuì, e la sua mano cedette.
Gli dei arrivarono pochi minuti dopo in pompa magna, irrompendo nella sala del trono, pronti a combattere. Trovarono solo me, Percy, Annabeth e Grover chini sul corpo di un mezzosangue spezzato, alla luce cupa del fuoco. «Percy» esclamò Poseidone con lo sgomento nella voce «che... che significa?»
Ci voltammo verso gli dei dell'Olimpo. «Ci serve un drappo» annunciò Percy con la voce incrinata «un drappo per il figlio di Ermes».
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