46. La mia ragazza si fa una tinta (P)


Il ponte dell'Olimpo si stava dissolvendo. Uscimmo dall'ascensore, posammo i piedi sul vialetto di marmo bianco e subito comparvero delle crepe. «Saltate!» esclamò Grover.

Ma per lui era facile, dato che per metà era una capra di montagna. Balzò sulla lastra di marmo successiva mentre le nostre si inclinavano paurosamente. «Oh dei, quanto detesto le altezze!» urlò Talia, mentre io, lei e Alex cercavamo di imitarlo.

Ma Annabeth non era in condizioni di saltare. Inciampò e gridò. Alex scattò subito in avanti e l'afferrò per una mano nell'istante in cui il marmo cedeva, sgretolandosi in polvere. «PERCY!» strillò.

Mi sentii gelare. Mi precipitai in avanti e, insieme a Talia, afferrai le gambe di Alex. Insieme tirammo su entrambe le ragazze; rimasero stese sulla lastra, abbracciate e tremanti. «Ti voglio bene, sorella» disse Annabeth con il fiato grosso.

«Ti voglio bene anche io, sorella» soffiò Alex.

«Ragazze, dobbiamo muoverci!» le esortò Grover.

Alex e Annabeth si sciolsero dall'abbraccio, e tutti insieme ci slanciammo su per il ponte celeste, mentre dietro di noi le pietre si disintegravano cadendo nell'oblio.

Arrivammo ai margini della montagna un istante prima che l'ultima sezione crollasse. Annabeth si voltò a guardare l'ascensore, ormai irraggiungibile: due eleganti porte di metallo sospese nello spazio, attaccate al nulla, seicento piani sopra Manhattan. «Siamo bloccati» esclamò «e soli»

«Come se già non fossimo nella merda» borbottò Alex.

«Beeeee!» commentò Grover «Il legame fra l'Olimpo e l'America si sta dissolvendo. Se cede definitivamente...»

«Gli dei non si trasferiranno in un altro paese, stavolta» disse Talia «sarà la fine dell'Olimpo. L'ultima fine»

Corremmo per le strade. Le ville bruciavano. Le statue erano capovolte. Gli alberi del parco erano ridotti in schegge. Sembrava che qualcuno avesse attaccato la città con un tosaerba gigante. «La falce di Crono» dissi. Seguimmo il sentiero tortuoso che conduceva al palazzo degli dei. Non ricordavo che la strada fosse così lunga. Forse Crono stava rallentando il tempo, o forse a rallentarmi era soltanto il mio terrore.

La cima della montagna era in macerie. Quanti edifici e splendidi giardini annientati! Una manciata di divinità minori e spiriti della natura avevano cercato di fermare Crono. I loro resti erano sparsi per la strada: armature infrante, vesti strappate, spade e lance spezzate. Da qualche parte davanti a noi, ancora in lontananza, la voce di Crono ruggì: «Fino all'ultimo mattone! Questa era la mia promessa. Demolirlo FINO ALL'ULTIMO MATTONE!»

Un tempio di marmo bianco con una cupola d'oro esplose all'improvviso. La cupola saltò in aria come il coperchio di una teiera e si infranse in un miliardo di pezzi, disseminando detriti per tutta la città. «Quello era un tempio in onore di Artemide» brontolò Talia «pagherà per questo!»

Stavamo correndo sotto un portico decorato con le enormi statue di Zeus ed Era, quando l'intera montagna gemette, barcollando come una nave in tempesta. «Attenti!» strillò Grover. Il portico crollò. Alzai lo sguardo appena in tempo per accorgermi che ci stavano per piombare addosso venti tonnellate di una Era alquanto corrucciata. Alex afferrò Grover, quello più vicino a lei, e lo tirò via. Io e Annabeth saremmo rimasti spiaccicati, ma Talia ci scansò con una spinta e atterrammo al sicuro. «LIA!» strillò Alex.

Quando la polvere si diradò e la montagna smise di ondeggiare la trovammo ancora viva, però con le gambe bloccate sotto la statua. Cercammo disperatamente di spostare le macerie, ma ci sarebbero voluti diversi ciclopi. E quando tentammo di tirarla fuori, Talia strillò dal dolore. «Sopravvivo a tutte le battaglie» ringhiò «e vengo sconfitta da uno stupido pezzo di roccia!»

«È Era» esclamò Annabeth indignata «è tutto l'anno che ce l'ha con me. La sua statua mi avrebbe uccisa se non fosse stato per te»

Talia fece una smorfia. «Be', non restate lì impalati! Me la caverò. Andate!»

Alex la guardò, incerta. «Lia, io-»

«Lexy, starò bene. Devi andare!»

Alex fissò la sorella, esitante. Nemmeno io avrei voluto lasciarla, ma udivo la risata di Crono che si avvicinava alla sede degli dei. Altri edifici esplosero. Le misi una mano sulla spalla. «Torneremo» promisi ad entrambe.

«Io non vado da nessuna parte» gemette Talia «fategli le chiappe a strisce anche da parte mia»

Una sfera di fuoco eruppe sul fianco della montagna, proprio nelle vicinanze dell'ingresso del palazzo. «Dobbiamo correre» dissi.

«Nel senso di "scappare"?» mormorò Grover, speranzoso. Io mi precipitai verso il palazzo, con Annabeth e Alex subito alle mie spalle. «Come temevo» sospirò il satiro, e ci seguì al trotto.

L'ingresso del palazzo era così grande da poterci passare con una nave da crociera, ma le porte erano state strappate dai cardini e distrutte come se non pesassero nulla. Per entrare dovemmo scavalcare una grossa pila di pietre spezzate e metallo contorto.

Crono era al centro della sala del trono, con la braccia spalancate, e fissava il soffitto stellato come per assorbirlo con lo sguardo. La sua risata echeggiava ancora più forte di quando proveniva dagli abissi del Tartaro. «Finalmente!» gridò «Il Consiglio degli Dei... così fiero e potente. Quale trono distruggerò per primo?»

Nakamura si teneva un po' in disparte, alla larga dalla falce del suo padrone. Il fuoco era quasi spento, ridotto a pochi tizzoni ardenti che baluginavano fra la cenere. Estia non si vedeva da nessuna parte. E nemmeno Rachel. Mi augurai che stesse bene, ma avevo assistito a tanta distruzione che avevo paura di pensarci. L'Ofiotauro nuotava nella sua bolla d'acqua nell'angolo più remoto della stanza, evitando saggiamente di emettere qualsiasi rumore, ma non ci sarebbe voluto molto perché Crono si accorgesse di lui. Io, Alex, Annabeth e Grover avanzammo alla luce delle torce. Ethan ci vide per primo. «Mio signore» avvertì.

Crono si voltò e sorrise con il volto di Luke. Tranne per gli occhi dorati, era lo stesso ragazzo che quattro anni prima mi aveva accolto nella casa di Ermes. Annabeth emise un gemito sofferto, di gola, come se qualcuno le avesse appena strappato il fiato con un pugno. «Distruggerò te per primo, Jackson?» chiese Crono «È questa la scelta che compirai? Combattere e morire anziché inchinarti al mio potere? Le profezie non finiscono mai bene, lo sai»

«Luke combatterebbe con la spada» risposi «ma suppongo che tu non sia altrettanto abile»

Crono fece un verso di scherno. La sua falce iniziò a cambiare, finché non si trasformò nella vecchia arma di Luke, Vipera, con la sua lama per metà di acciaio e per metà di bronzo celeste. Tra me e Alex, Annabeth trasalì come per un'idea improvvisa. «La lama!». Sfoderò il coltello. «L'anima eroica l'orrida lama strapperà». Non capivo perché ci rammentasse le parole della profezia proprio in un momento del genere. Non era di certo il massimo dell'incoraggiamento, ma prima che potessi replicare, Crono sollevò la spada.

«Aspetta!» urlò Annabeth.

Crono mi assalì come un tornado. I miei istinti presero il sopravvento. Lo schivai, menai un fendente e rotolai via, ma era come combattere contro un centinaio di spadaccini. Ethan si tuffò di lato, cercando di portarsi alle mie spalle, ma Alex era pronta. Con un ringhio animalesco gli si avventò contrò, armata di entrambe le sue Gemelle. Cominciarono a combattere, ma non potevo concentrarmi su di loro.

Ero vagamente consapevole del fatto che Grover stesse suonando il flauto. La sua musica mi riempì di calore e di coraggio, trasmettendomi immagini di sole, cieli azzurri e prati sereni, lontano dalla guerra. Crono mi mise con le spalle al muro contro il trono di Efesto, una specie di poltrona reclinabile ricoperta di ingranaggi di bronzo e d'argento. Sferrò un colpo e io riuscii a saltare sul sedile. Il trono si attivò, facendo ronzare dei meccanismi segreti. "Modalità di difesa" annunciò "Modalità di difesa". Non prometteva niente di buono. Superai con un balzo la testa del Signore dei Titani, mentre il trono sparava raggi elettrici in ogni direzione. Uno colpì Crono sul volto, disegnò un arco nell'aria e si trasmise anche al busto e alla spada del mio nemico.

«AAAH!»

Il Titano crollò in ginocchio, disarmato. Annabeth sfruttò l'occasione: attaccò direttamente Crono. «Luke, ascolta!»

Avrei voluto gridare, dirle che era pazza se pensava di poter ragionare con lui, ma non ci fu il tempo. Crono fece scattare una mano e lei volò via, andò a sbattere sul trono di sua madre e crollò a terra. «Annabeth!» urlai.

Ethan rotolò tra me e lei, probabilmente dopo un colpo particolarmente forte di Alex. Si rialzò rapidamente; girò la testa di scatto tra me e Annabeth. Era nella posizione perfetta per attaccare uno dei due, e probabilmente se ne accorse, perché rivolse ad Alex un sorriso sgradevole. «Quale dei due preferisci veder morire per primo?» le chiese.

Alex non rispose. Per un lunghissimo momento l'unico suono provenne dal flauto di Grover, che era passato ad una musica dai toni più concitati mentre si spostava verso Annabeth. D'improvviso ci fu un accecante bagliore dorato che mi costrinse a strizzare gli occhi.

Nel panico alzai Vortice davanti a me, pensando che fosse opera di Crono. Mi sorpresi molto nel vedere che non succedeva niente. «Ma cosa diavolo...» sentii Nakamura dire.

Girai la testa verso Alex e, di nuovo, mi lasciò senza fiato.

Era circondata da un alone dorato, che brillava intensamente. I suoi capelli non erano più neri, ma di un biondo simile a quello di Annabeth, e si muovevano come se fossero lambiti da un forte vento. La parte più incredibile, però, erano i suoi occhi. Erano ancora blu elettrico, ma le pagliuzze grigie erano sparite, ed emanavano un bagliore intenso.

Che cavolo stava succedendo alla mia ragazza?!

«Che Zeus sia maledetto!» ruggì Crono. Cercò di rimettersi in piedi, puntellandosi su un ginocchio. Aveva i capelli fumanti e il volto coperto di bruciature elettriche. Tese il braccio per richiamare la spada, ma stavolta l'arma non rispose. «Crede che la sua benedizione proteggerà la sua insulsa figlia? Nakamura! Uccidila subito!»

Ecco cos'era. La benedizione di Zeus. Era la prima volta in vita mia che vedevo una cosa del genere. Ethan esitò apertamente, e non potei biasimarlo. La benedizione rendeva Alex terrificante, ma non poteva ignorare l'ordine diretto del suo signore, quindi partì ugualmente all'attacco.

Lei rimase immobile. Gridai un avvertimento, ma lei non si mosse di un centimetro. Aspettò che lui si avvicinasse: parò il suo affondo, intrappolando il braccio di Nakamura sotto la sua ascella. Lui cercò di colpirla con lo scudo, ma prima che potesse farlo, qualcosa lo bloccò. Lui ringhiò, spingendo lo scudo come su un oggetto invisibile che gli impediva di colpirla; dal canto suo, invece, Alex sorrise beffarda. Dal suo corpo partì una folata potentissima di aria che riuscii quasi a farmi indietreggiare. Scagliò Nakamura all'indietro, facendolo atterrare a poca distanza da Crono.

Fu EPICO. «Non puoi battermi, Ethan» disse Alex tranquilla «non riuscirai mai ad uccidermi, benedizione o meno. Stai rivolgendo la tua rabbia verso la persona sbagliata. Guardati intorno. E' davvero questo che vuoi? Servire un padrone che distruggerà tutto, anche te

Grover aveva quasi raggiunto Annabeth ormai. L'erba sul pavimento si infittì. Le radici erano lunghe quasi trenta centimetri, come un cespuglio ispido. Nakamura si alzò in piedi a fatica, e si guardò intorno. «Non c'è un trono per Nemesi» mormorò «non c'è alcun trono per mia madre»

«Giusto!». Crono cercò di alzarsi in piedi, ma inciampò. Sopra il suo orecchio sinistro, un ciuffo di capelli biondi fumava ancora. «Annientali! Meritano di soffrire!»

«Tua madre è la dea dell'equilibrio» continuò Alex «gli dei minori meritano di più, ma la distruzione totale non è "equilibrio". Crono non costruisce. Distrugge soltanto. E tu sai che è vero, non è così? Hai visto cos'ha fatto a Luke. E sai cosa gli succederà alla fine»

Ethan guardò il trono di Efesto, che sfrigolava ancora. La musica di Grover continuava a suonare, e lui la seguiva dondolando, come se quel ritmo melodico lo riempisse di nostalgia, il desiderio di vedere una bella giornata, di essere in un qualunque posto diverso da lì. Strizzò l'occhio buono.

Poi si lanciò all'attacco... ma non contro di lei.

Mentre Crono era ancora in ginocchio, calò la spada sul collo del Signore dei Titani. Avrebbe dovuto ucciderlo all'istante, ma la lama si infranse. Ethan indietreggiò, reggendosi lo stomaco. Una scheggia della sua stessa spada era rimbalzata e gli aveva trafitto l'armatura.

Crono si alzò faticosamente in piedi, ergendosi minaccioso di fronte al suo servitore. «Tradimento» ringhiò. La musica di Grover continuava a suonare e l'erba crebbe attorno al corpo di Ethan. Lui guardò Alex, poi me, il volto contratto dal dolore. «Meritano di più» boccheggiò «se solo... avessero dei troni...»

Crono batté il piede a terra e il pavimento si squarciò. Il figlio di Nemesi cadde in un baratro che arrivava fin nel cuore della montagna, e di qui dritto nel vuoto. «E questa è fatta». Crono raccolse la sua spada. «Ora passiamo a voi».

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