40. Il vaso


Allestimmo le difese su un perimetro di due isolati, con una tenda di comando all'Empire State Building. Chirone ci informò che i Party Pony avevano inviato delle divisioni da quasi tutti gli stati: quaranta dalla California, due dal Rhode Island, trenta dall'Illinois... più o meno cinquecento centauri in tutto avevano risposto alla sua chiamata, ma perfino con questi numeri non potevamo difendere più di una manciata di isolati. «Ehi, bello» disse un centauro di nome Larry. La maglietta lo identificava come GRANDE CAPO SUPERFIGO, DIVISIONE NEW MEXICO. «Che sballo! Meglio dell'ultima convention a Las Vegas!»

«Già» confermò Owen, del South Dakota. Indossava un giubbotto di pelle e un vecchio elmetto della Seconda guerra mondiale. «Li abbiamo stracciati!»

Chirone gli diede una pacca sulle spalle. «Siete stati bravi, amici miei, ma non diventate incauti. Non bisogna mai sottovalutare Crono. Ora perché non fate un salto in quella trattoria sulla Trentatreesima Ovest e mangiate un boccone? Ho sentito dire che la divisione del Delaware ha trovato una scorta di birra alle erbe»

«Birra!». Si allontanarono al galoppo, quasi calpestandosi a vicenda.

Chirone sorrise. Io e Annabeth lo abbracciammo, e la signora O'Leary gli leccò la faccia. «Bleah» protestò «basta così, cane. Sì, anch'io sono contento di vederti»

«Chirone, grazie» gli disse Percy «quando si dice salvare la situazione...»

Lui si strinse nelle spalle. «Mi dispiace averci messo tanto. I centauri viaggiano veloci, come sapete. Possiamo accorciare le distanze, ma riunirli tutti non è stato facile. I Party Pony non sono quel che si dice molto organizzati»

«Come avete superato le difese magiche attorno alla città?» domandò Annabeth.

«Ci hanno rallentato un po' » ammise Chirone «ma credo che mirino soprattutto a tenere fuori i mortali. Crono non vuole che degli insulsi umani intralcino la sua grande vittoria»

«Perciò forse anche i nostri altri rinforzi riusciranno a passare» commentò Percy speranzoso.

Chirone si accarezzò la barba. «Forse, anche se il tempo è poco. Non appena Crono riorganizzerà le forze, attaccherà di nuovo. E senza più il vantaggio della sorpresa...»

Capii cosa intendeva. Crono non era stato sconfitto. Neanche un po'. Sarebbe tornato, al più tardi quella notte stessa. «E Tifone?» chiesi io «Qual è la situazione?»

Il volto di Chirone si rabbuiò. «Gli dei sono stanchi. Dioniso è fuori combattimento da ieri. Tifone ha distrutto il suo carro e il dio del vino è precipitato da qualche parte negli Appalachi. Nessuno l'ha più visto da allora. Anche Efesto è fuori gioco. L'ha scaraventato via con una violenza tale che atterrando ha creato un nuovo lago in West Virginia. Guarirà, ma non in tempo utile. Gli altri combattono ancora. Sono riusciti a rallentare il suo cammino, ma Tifone è inarrestabile. Arriverà a New York domani, a quest'ora. E quando lui e Crono avranno combinato le forze...»

«Allora che probabilità abbiamo?» replicò Percy «Non possiamo reggere per un altro giorno»

«Dobbiamo» intervenne Talia «io mi occuperò di disporre delle nuove trappole attorno al perimetro»

Sembrava esausta. Aveva il giubbotto sporco e imbrattato di polvere di mostri, ma si alzò lo stesso e fece qualche passo, zoppicando leggermente. «Lia, stai bene?» le domandai preoccupata «Vuoi che venga a darti una mano?»

Lei scosse la testa con una smorfia. «Sto bene, Lexy. Rimani qui con Percy e Annabeth»

«Vado io ad aiutarla» decise Chirone «e vedrò di assicurarmi che i miei fratelli non ci diano troppo dentro con la birra»

Talia mi diede un bacio sulla guancia, allontanandosi con Chirone.

Annabeth ripulì la lama del coltello dalla melma dei mostri con aria vagamente corrucciata. Sapevo che stava pensando a sua madre, perché anche io stavo pensando al mio genitore divino. «Tua madre e mio padre stanno bene, almeno» le dissi.

«Se Tifone per te significa stare bene...». Annabeth sospirò. «Anche con l'aiuto dei centauri, sto cominciando a pensare...»

«Lo so» le dissi. La guerra era molto più dura di quello che immaginavo. La probabilità di perderla era molto più alta del previsto, e il mio morale stava iniziando a risentirne.

«Sentite, io...» fece Percy «Estia mi... mi ha mostrato delle visioni»

«Riguardo a Luke?» chiese Annabeth.

«Sì» confermò lui «c'eravate voi due, Talia e Luke. La prima volta in cui vi siete incontrati. E quella in cui avete incontrato Ermes»

Io e Annabeth ci scambiammo un'occhiata. Poi lei infilò il coltello nel fodero. «Luke ci promise che non avrebbe mai permesso che qualcuno ci facesse del male. Disse... disse che saremmo stati una nuova famiglia, e che sarebbe stata migliore della sua»

Deglutii a fatica, portandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Lo ricordavo benissimo, e alla luce degli ultimi avvenimenti, quella promessa infranta bruciava. Era Annabeth, però, a soffrirne maggiormente. Come avevo già spiegato a Mitchell, per lei quella promessa aveva un valore decisamente superiore rispetto a quello che gli avevamo dato io e Talia.

«Io, Alex e Talia abbiamo parlato, prima» continuò Percy «abbiamo paura che...»

«Che io non riesca ad affrontare Luke» concluse lei in tono affranto «sì... Alex me lo ha detto»

Percy mi lanciò un'occhiata prima di tornare a rivolgersi a lei. «C'è una cosa che dovete sapere. Nakamura sembrava convinto che Luke fosse ancora vivo all'interno del suo corpo, e che forse stesse perfino cercando di combattere Crono»

Io e Annabeth ci scambiammo una lunga occhiata. Era una possibilità che avevamo già vagliato. Se qualcuno così vicino a Luke e a Crono aveva iniziato a sospettarlo, forse i nostri dubbi potevano essere legittimi. Sospirai profondamente. Onestamente non sapevo che fare: avrei dovuto credere a quanto Luke mi aveva detto in sogno?

Percy mi passò un braccio intorno alle spalle, baciandomi una tempia. Annabeth guardò la cima dell'Empire State Building con aria affranta. «Per gran parte della mia vita ho avuto la sensazione che tutto cambiasse di continuo. Non potevo contare su nessuno. Era una sensazione che la maggior parte dei semidei capiva bene. Sono scappata di casa a sette anni... poi, con Luke, Alex e Talia, pensavo di aver trovato una famiglia, ma si è disfatta quasi subito. Voglio solo dire... odio quando le persone mi deludono, quando le cose sono temporanee. Forse è per questo che voglio diventare un architetto»

«Per costruire qualcosa di permanente» disse Percy.

Annuii. «Un monumento che duri mille anni» aggiunsi.

Lei ci guardò. «Ci risiamo, vero? È il mio difetto fatale»

«Credo di capire come ti senti» disse Percy «ma Talia ha ragione. Luke vi ha già tradito molte volte. Era malvagio prima ancora di Crono. Non voglio che vi ferisca di nuovo»

Scossi la testa. «Percy...» dissi piano «non sto cercando di giustificare quello che Luke ha fatto, perché non ne esiste il modo, però ogni semidio ha pensato almeno una volta nella sua vita che gli dei sono egoisti, che se ne fregano di noi e dei mortali, e che forse servirebbero delle correzioni nel sistema»

Percy si accigliò vagamente. «Eppure siamo qui» disse «e lui sta dall'altra parte del campo di battaglia, pronto ad ucciderci»

Sospirai. «Quello che sto cercando di dirti è che Luke non era malvagio prima di Crono» specificai. Non sapevo proprio da dove venisse la pazienza che c'era nel mio tono di voce, e pensai che probabilmente era colpa della stanchezza. «Si è incattivito strada facendo. Sono cresciuta con lui, Percy. Si è preso cura di noi per anni». Lanciai un'occhiata alla nostra amica, che si ostinava a non guardarci. Notai, però, che aveva gli occhi lucidi. «Io e mia sorella abbiamo una storia diversa rispetto a quella di Annabeth. Te l'ha appena raccontata. La promessa che Luke ci ha fatto, per lei, ha un'importanza completamente diversa e di sicuro maggiore. Alla luce di tutto ciò non puoi davvero biasimarla se continua a credere e a sperare che ci sia una possibilità che tu ti stia sbagliando»

Percy non rispose, ma capii dalla sua espressione che stava processando quello che gli avevo appena detto. All'improvviso notai il verde mare dei suoi occhi farsi appena più opaco; durò una frazione di secondo, ma fu sufficiente a mettermi in guardia. «Ehi, ti senti bene?» gli domandai.

Lui sbattè le palpebre, confuso. «Oh. Io... ehm, sì. Credo di sì»

«Sei sicuro?»

Percy annuì. Fece scorrere lo sguardo lungo la strada, e all'improvviso sbiancò di colpo. «No...» mormorò. Poi partì di corsa senza darci nessuna spiegazione.

«Percy!» lo chiamai allarmata «Ma che diavolo...»

«Che cosa ha visto?» mi domandò perplessa Annabeth.

Scossi la testa, come a dirle che non ne avevo idea, e lo inseguimmo. Aveva raggiunto una macchina blu, una Prius, piuttosto malridotta: il cofano aveva delle bozze irregolari, come se qualcuno avesse cercato di appianare delle ammaccature profonde. Alla guida c'erano due persone che riconobbi immediatamente: Paul, il compagno della mamma di Percy, era svenuto alla guida. Lei gli russava accanto. Mi sentii gelare. «Avranno... avranno visto quelle luci azzurre in cielo» boccheggiò Percy. Scosse le portiere della macchina, ma erano chiuse. «Devo tirarli fuori...»

«Percy...» lo chiamò Annabeth in tono gentile.

«Non posso lasciarli qui!» sbottò, picchiando i pugni sul parabrezza «Devo spostarli. Devo...»

Gli misi una mano sul braccio. «Percy, calmati» gli dissi. Annabeth richiamò Chirone con un gesto della mano: stava parlando con alcuni centauri in fondo all'isolato. «Possiamo spostare la macchina in una stradina laterale, in modo che siano un po' più protetti» gli proposi «vedrai che se la caveranno»

Percy era bianco come un lenzuolo. Annuii lentamente, continuando a fissare Paul e Sally. Intrecciò le dita con le mie, e mi accorsi che stava tremando. Strinsi appena per fargli sapere che ero lì con lui mentre Chirone ci raggiunse al galoppo. «Cosa... oh, misericordia. Capisco»

«Stavano venendo a cercarmi» disse Percy «mia madre deve aver percepito che c'era qualcosa che non andava...»

«È molto probabile» commentò Chirone «ma se la caveranno. La cosa migliore che possiamo fare per loro è rimanere concentrati sul nostro compito»

Lanciai un'occhiata alla parte posteriore per vedere se c'era qualcun altro con loro. Non mi aspettavo affatto di vedere ciò che vidi.

Assicurato con la cintura, alle spalle di Sally, c'era un vaso greco bianco e nero, alto più o meno un metro. Il coperchio era chiuso con un laccio di cuoio. «Non ci credo» mormorò Percy. Doveva averlo visto anche lui.

Annabeth premette la mano sul finestrino. «Ma è impossibile! Non l'avevi lasciato al Plaza?»

«Talia l'ha chiuso in cassaforte sotto i miei occhi» le assicurai.

Chirone vide il vaso e sgranò gli occhi. «Quello non è...»

«Il vaso di Pandora» gli confermai io, raccontandogli del nostro incontro con Prometeo.

«Allora il vaso è di Percy» affermò Chirone cupamente «per quanto proverà ad abbandonarlo, lui lo seguirà e tenterà di convincerlo ad aprirlo. Comparirà nei suoi momenti di maggiore debolezza»

E quello era proprio uno di quei momenti. Percy sembrò animarsi d'improvviso, infuriato: sguainò Vortice e la infilzò nel finestrino laterale del guidatore, attraversandolo come una pellicola di plastica. «Mettiamo la macchina in folle» disse «e poi li spingiamo via di qui. E riportiamo quello stupido vaso sull'Olimpo»

Chirone annuì. «Un buon piano. Ma, Percy...»

Qualunque cosa stesse per dire, si bloccò. C'era un rullio meccanico in lontananza, sempre più forte: il battito di un elicottero. In un normale lunedì mattina di New York non sarebbe certo stato un evento, ma dopo due giorni di silenzio, un elicottero mortale era la cosa più bizzarra che avessi mai udito.

A pochi isolati di distanza, verso est, l'esercito dei mostri gridò e ululò versi di scherno man mano che l'apparecchio entrava nella visuale. Era un modello civile dipinto di rosso scuro, con un vivace logo verde sul fianco: DE. Le parole sotto il logo erano troppo piccole per riuscire a leggerle, ma data la reazione di Percy, intuii che doveva trattarsi di Miss Tre Nomi.

Dei, ma come si faceva ad essere così idioti?!

«E lei che ci fa qui?» sbottò Annabeth «Come ha fatto a oltrepassare la barriera?»

«Chi?». Chirone aveva un'espressione confusa. «Quale mortale sarebbe così folle da-». A un tratto l'elicottero si inclinò in avanti. «L'incantesimo di Morfeo!» esclamò il centauro «Quello sciocco di un pilota mortale si è addormentato!»

Percy era senza parole. Se ne stava lì a fissare il cielo con aria inorridita. L'elicottero che sbandò di lato, cadendo verso una fila di palazzi di uffici. Anche se non si fosse schiantato a terra, gli dei dell'aria probabilmente l'avrebbero spazzato via dal cielo per essersi avvicinato all'Empire State Building.

Stai un po' a vedere che ora mi tocca pure salvarla!

Annabeth fischiò, e Guido atterrò al suo fianco. "Qualcuno ha chiamato un magnifico stallone?" chiese. Un'improvvisa ondata di rabbia mi investì in pieno. Ringhiai come un animale selvatico, lanciando un'occhiataccia a Percy capace di gelare persino gli Inferi. «Ci mancava pure questa» sibilai «ripigliati, Percy Jackson. Dobbiamo salvare quella cretina della tua amica. E dopo faremo i conti».

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