35. Qualcuno mi prende in giro


Tornati al Plaza, Talia prese in disparte Percy. «Che cosa ti ha mostrato Prometeo?» gli domandò.

Con riluttanza, lui le raccontò della visione. Aveva visto me, Annabeth, Luke e Talia a casa di May Castellan. Ascoltai con grande interesse, perché a quanto pareva a quei tempi ero svenuta per via della febbre alta. Non ricordavo nulla.

Talia, alla fine, si strofinò la coscia come se ricordasse la vecchia ferita. «Fu una brutta nottata» ammise. Allungò una mano e mi portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio. «Tu avevi iniziato da poco a stare male. Quando ti abbiamo portata lì eri svenuta già da un bel po', e la febbre non scendeva. Ci hai fatti spaventare tantissimo...»

«Mi dispiace» borbottai mestamente.

Talia sospirò. «Non è stata colpa tua, Lexy» disse «speravamo di trovare qualche medicina, là... e invece...»

«Tu sai che cosa è capitato a May Castellan?» le domandò Percy «Voglio dire...»

«So quello che vuoi dire» lo interruppe lei «non l'ho mai vista avere un... ehm... un attacco, ma Luke mi ha raccontato degli occhi abbaglianti, delle strane cose che diceva. Mi ha fatto promettere di non raccontarlo mai a nessuno. Non ho idea di cosa l'abbia provocato. Se Luke lo sapeva, non me l'ha mai rivelato»

«Ermes ne era al corrente» disse Percy «qualcosa ha fatto sì che May vedesse parti del futuro di Luke, ed lui sapeva cosa sarebbe successo... sapeva che suo figlio si sarebbe trasformato in Crono»

Talia aggrottò la fronte. «Non puoi esserne certo. Ricorda che Prometeo stava manipolando quello che vedevi, Percy, ti stava mostrando quello che è successo nella luce peggiore possibile. Ermes voleva davvero bene a Luke. Bastava guardarlo in faccia per capirlo. E quella sera era lì perché era andato a trovare May, per prendersi cura di lei. Non era tanto male»

«Però non è giusto» insistette «Luke era soltanto un bambino. Ermes non l'ha mai aiutato, non gli ha mai impedito di scappare di casa...»

Talia si mise l'arco in spalla. «Percy, non puoi cominciare a provare compassione per Luke. Abbiamo tutti delle storie dure con cui fare i conti. Siamo semidei. I nostri genitori non sono quasi mai presenti. Ma Luke ha fatto delle scelte sbagliate. Nessuno l'ha costretto. In realtà...». Scrutò in fondo all'atrio per assicurarsi che fossimo soli. «Sono preoccupata per Annabeth. Se dovesse affrontare Luke in battaglia, non so se riuscirebbe a farcela. Ha avuto sempre un debole per lui»

Chiamalo "avere un debole"... Annabeth lo amava, era ben diverso. Ero ben consapevole che avrebbe cercato di salvarlo, più che di combatterlo. Ripensai al sogno che avevo fatto qualche ora prima, e mi domandai che cosa avrei fatto. «Ce la farà» insistette Percy.

«Non lo so» fece Talia «dopo quella notte... dopo che ce ne andammo dalla casa di May Castellan... Luke non fu più lo stesso. Divenne incauto e lunatico, come se avesse qualcosa da dimostrare. Quando Grover ci trovò e cercò di portarci al Campo... be', in parte ci cacciammo in così tanti guai proprio perché Luke non era prudente. Voleva attaccare briga con ogni mostro in cui ci imbattevamo. Annabeth non lo considerava un problema. Luke era il suo eroe. Capiva solo che i suoi genitori lo avevano deluso ed era molto sulla difensiva quando si trattava di lui. Lo è ancora.»

Mi mossi, a disagio. «Ehm... sentite... forse c'è una cosa che dovete sapere...»

Percy mi guardò, aggrottando la fronte. «Cosa c'è, Alex?»

Presi un bel respiro. «Qualche ora fa ho sognato Luke»

Raccontai loro della nostra conversazione. L'espressione di entrambi si fece cupa. Talia, infine, scosse la testa. «Non possiamo fidarci, Lexy. Luke ormai si è consegnato a Crono. Non possiamo permetterci di essere teneri con lui»

«Lo so, Lia» borbottai «però, ecco... se ripenso a quello che ha detto ad Annabeth...»

«Tua sorella ha ragione» mi disse Percy «quello di Luke potrebbe essere un trucco, Alex. Non dobbiamo fidarci»

Dei, aveva ragione. Sapevo che l'aveva, eppure... be', parte di me non poteva fare a meno di farsi due domande.

Talia mi diede una pacca sulle spalle. «Vado a controllare le Cacciatrici, e poi dormirò un poco prima che scenda la sera. Anche voi dovreste riposare». Fece scorrere lo sguardo tra me e Percy, accigliandosi. «Separati» specificò.

«Non ho sonno» dissi.

«Già, nemmeno io. E l'ultima cosa che mi serve è un altro sogno» aggiunse Percy.

«Sentite, non possiamo sapere quando avremo un'altra occasione per riposare. Sarà una lunga notte... forse la nostra ultima notte»

Percy annuì stancamente, e le consegnò il vaso di Pandora. «Fammi un favore. Chiudi questo affare nella cassaforte dell'albergo, vuoi? Penso di essere allergico ai pithos...»

«Vengo con te, Lia» mi offrii «dobbiamo parlare»

Talia mi fissò per un lungo momento. Poi alla fine annuì. «Va bene»

Salutai Percy con un bacio velocissimo sulle labbra sotto l'occhiata critica di Talia prima di separarci. Non appena lui si fu allontanato, lei mi disse: «Mi sa che sono rimasta indietro. L'ultima volta che abbiamo parlato non mi hai mica detto che le cose fra voi non andavano bene?»

«Sì, ma ne abbiamo parlato» le spiegai «cioè... so perché si è comportato come si è comportato. E' stato un cretino, ma l'ha fatto perché pensava di proteggermi»

Talia inarcò un sopracciglio. «Puoi spiegarti meglio?»

«Continuava a sognare la mia morte, e ogni volta era lui che la provocava. Era lui ad uccidermi. Opera di Crono, senza dubbio. Allontanandosi da me pensava di tenermi al sicuro»

«Lexy, i sogni di Percy sono un po' troppo accurati per i miei gusti...»

Alzai gli occhi al cielo. «Percy non farebbe mai una cosa del genere» ribattei sicura «su questo sono certa, come lo sono riguardo al fatto che mi preferirebbe rinchiusa in una cella senza porte né finestre, al sicuro, piuttosto che al centro dell'azione con lui»

«Be', non posso biasimarlo...»

«La profezia riguarda anche me, Lia. Non posso starmene in disparte e non sarò mai al sicuro finchè Crono è in circolazione. Nessuno lo è»

«Lo so» brontolò Talia «però non mi piace»

Alzai gli occhi al cielo. «Perché, a me sì?» feci sarcastica mentre entravamo insieme nell'atrio dell'albergo.

«Immagino che non sia il massimo della vita, in effetti»

Raggiungemmo le scale che portavano al caveau, al piano di sotto. «Ehi, avevi detto che mi stavi cercando quando sei arrivata qui» le dissi.

Talia esitò, lanciandomi un'occhiata incerta di sottecchi. «Io... sì, in effetti è così» ammise «ho fatto alcuni sogni e... be', volevo parlartene, visto che mi hai chiesto della nostra famiglia»

Il cuore mi balzò in gola. «Vuol dire che hai deciso di raccontarmi finalmente tutto?»

Raggiungemmo il caveau, che non mi sorpresi di trovare già aperto: Connor e Travis avevano già esplorato da cima a fondo quel posto. Talia si avvicinò ad una delle casseforti: ripose con cura il vaso di Pandora all'interno e la chiuse. «Vorrei farlo» mi rispose mesta «lo vorrei davvero»

«Be', allora perché non lo fai?»

Talia si girò verso di me, addossandosi alla parete. La sua espressione era cupa. «Quando mi hai fatto tutte quelle domande sulla mamma e su nostro fratello ho iniziato seriamente a pensare di raccontarti tutto. Non è mai stato un argomento di cui parlo volentieri, Lexy. C'è molto dolore nella nostra storia... e siccome non ti ricordavi niente, ho preferito che rimanessi all'oscuro. Volevo proteggerti»

Incrociai le braccia sul petto, cercando di non imbronciarmi. Onestamente stavo iniziando ad averne le scatole piene di quella scusa. Perché avevano tutti l'impressione che avessi disperatamente bisogno di essere protetta dal mondo? Davo veramente l'impressione di essere così... debole?

Talia vide che non rispondevo, e si staccò dalla parete con un sospiro. «Lexy, so cosa stai pensando» disse «ma ti prego, cerca di capirmi. Ti ho portata con me perché avevo paura di quello che ti sarebbe successo se ti avessi lasciata con mamma. Ero terrorizzata all'idea che fossi rimasta traumatizzata da quello che hai visto, e-»

«Io non ricordo cosa ho visto» la interruppi. Il mio tono fu involontariamente brusco, e quando la vidi trasalire mi sentii un po' in colpa. Sospirai profondamente. «Io non ricordo niente, Talia»

«Sì... è proprio quello il problema» fece lei «quando me ne sono accorta ho pensato che fosse colpa dell'età. Eri così piccola a quei tempi... e parlavi di mamma come se fosse il miglior genitore del mondo. Ad un certo punto volevi pure tornare da lei. Ho cercato di spiegarti perché non potevamo, ma ho tralasciato molte cose. Ho pensato che, in fondo, se non ricordavi certi dettagli spiacevoli era meglio così. Ma poi, be'... hai iniziato a sognare e a fare domande. E ho capito che sotto c'era dell'altro». La fissai in silenzio mentre passeggiava nervosa per il caveau, aspettando che continuasse a parlare. Discutere di questo argomento doveva costarle parecchio, intuii. Non l'avevo mai vista in quello stato. «Quando mi hai chiesto il nome di nostro fratello ho iniziato ad avere dei forti sospetti. Da piccoli eravate molto legati, Lexy. Inseparabili. Facevate tutto insieme: dormire, mangiare, giocare... e quella cicatrice che hai sul sopracciglio...»

Talia si bloccò, mordendosi convulsamente le labbra. Sembrava stesse trattenendo le lacrime. Aggrottai la fronte, passandoci distrattamente le dita. Era piccola, e da che avevo memoria era sempre stata lì. «E' opera di una delle Furie, no?»

Lei scosse lentamente la testa. «No, è stato nostro fratello a fartela» spiegò «cercò di mangiarsi una spillatrice quando aveva due anni. Si è tagliato sul labbro, e l'ha immediatamente lanciata via. Ti ha quasi presa nell'occhio». Una lacrima le solcò la guancia destra. La asciugò in fretta. «Ho trovato molto strano che non ti ricordassi minimamente di lui. L'ho sommato ai ricordi un po' distorti che sembravi avere di nostra madre, a ciò che lei aveva detto quando mi sono accorta che lui era sparito e... be'... avevi ragione. Ti hanno rubato i ricordi»

«Lia, che cosa è successo quel giorno?» le chiesi, con una vaga nota di disperazione della voce «Che cosa è successo a nostro fratello? Chi mi ha portato via i ricordi? Tu lo sai... ti prego...»

«Avevo deciso di raccontarti tutto» replicò «volevo davvero farlo, ma... ho fatto un sogno, qualche giorno fa. Mi è stato vietato»

Il cuore mi sprofondò nel petto. La rabbia mi infiammò all'improvviso. «Perché? Chi te lo ha vietato? E' stato papà? O forse sua moglie?»

Talia scosse convulsamente la testa. «Non posso dirtelo» ripetè «non posso proprio, Lexy. Mi è stato detto che le conseguenze sarebbero state terribili, e nemmeno io ne comprendo a pieno le ragioni. Ma una cosa l'ho capita: sotto c'è qualcosa di molto grosso»

«Ma che vuol dire?» sbottai, frustrata «Che cos'è, che c'è sotto?»

«Non lo so, te lo giuro» fece lei disperata.

Mi sentivo orribile a prendermela con lei. Davvero, davvero orribile. Ma non potevo fare a meno di infuriarmi. Che cosa diamine c'era di così terribile nei miei ricordi? «Puoi almeno dirmi come si chiama nostro fratello?» domandai a denti stretti.

«No» replicò lei in un sussurro «non posso fare nemmeno questo»

«Incredibile!» esclamai inferocita «Tutto questo è veramente tanto, tanto ridicolo!»

«Lo so, lo penso anche io» concordò lei «ho pensato di chiedere udienza a papà non appena Crono sarà sistemato. Possiamo farlo insieme, se ti va. Credo che ti debba delle risposte... e voglio sapere che cosa ti è stato fatto, e perchè»

Sbuffai. Non ero la persona più paziente della terra, c'era proprio da dirlo, ma mi toccava anche ammettere che quella fosse la migliore alternativa che avevo per capire che cavolo stava succedendo. Mi domandai quali fossero le "conseguenze terribili" che potevano succedere se avessi ricominciato a ricordare, e perché Talia ne era così spaventata. «Va bene» confermai «voglio proprio sentire che cosa ha da dire».

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