32. Ricambiare
Grover stava facendo uno spuntino in salotto. Era in tenuta da guerra, con una specie di casacca rinforzata fatta di corteccia d'albero e lacci grezzi e la mazza e il flauto di canne appesi alla cintura.
Prima di raggiungerlo venni fermata da Mitchell. Era pieno di graffi e tagli, ma tutto sommato stava bene. Mi chiese di Annabeth: non appena si sentì dire che si trovava sulla terrazza corse immediatamente in quella direzione senza ascoltare il resto della mia risposta. «Avevi ragione, ha proprio una cotta per lei» borbottò Percy.
«Non credo sia più una semplice cotta» dissi sincera «hanno legato parecchio da due anni a questa parte. Se vuoi la mia opinione, credo che Mitchell sia proprio innamorato di lei»
«Ah. E Annabeth, invece?»
Mi strinsi nelle spalle. «Lui le piace. So che è così, anche se non me lo ha confermato. Il problema è... be'...»
Percy sospirò. «Luke»
«Già» confermai cupa.
«Come faremo, Alex?» mi domandò turbato «Non credo che Annabeth sia pronta per affrontarlo...»
«Ne parliamo in un altro momento, Percy». Gli indicai un angolo del salotto. «Grover è là, e sta facendo danni»
La casa di Demetra aveva arraffato un intero buffet nelle cucine dell'albergo. C'era di tutto, dalla pizza al gelato all'ananas. Purtroppo, però, Grover stava mangiando i mobili. Aveva già fatto fuori l'imbottitura di una poltrona molto chic e stava rosicchiando un bracciolo. «Ehi, amico» esclamò Percy «questo posto lo abbiamo solo preso in prestito!»
«Bee-bee!». Aveva la faccia piena di imbottitura. «Scusa. È solo che... è una Luigi XVI. Deliziosa. E poi mangio sempre i mobili quando-»
«-quando sei nervoso, sì» conclusi io «te l'ho visto fare un milione di volte. Allora, che succede?»
Fece scalpitare gli zoccoli. «Ho sentito di Annabeth. Sta...?»
«Se la caverà. Sta riposando» rispose Percy.
Grover tirò un sospiro di sollievo. «Bene. Ho mobilitato la maggior parte degli spiriti della natura presenti in città... be', quelli disposti ad ascoltarmi». Si strofinò la fronte. «Non avevo idea che le ghiande potessero fare così male. Comunque, vi aiuteremo per quanto possibile»
Ci raccontò delle schermaglie a cui avevano assistito. Per lo più si erano occupati dei quartieri alti, dove non avevamo sufficienti semidei. Segugi infernali erano comparsi un po' ovunque, viaggiando nell'ombra e oltrepassando le nostre linee difensive, e le driadi e i satiri li stavano scacciando. Un giovane drago era spuntato ad Harlem, e una dozzina di ninfe del bosco erano morte prima che il mostro fosse sconfitto. Mentre Grover parlava, Talia entrò nella stanza insieme a due delle sue sottotenenti. Salutò Percy con un cenno cupo, uscì a controllare Annabeth e rientrò. Rimase ad ascoltare Grover che completava il suo rapporto, con dettagli sempre peggiori. «Abbiamo perso venti satiri contro dei giganti a Fort Washington» elencò, con voce tremante «quasi la metà dei miei parenti. Gli spiriti del fiume hanno affogato i giganti, alla fine, ma...»
Talia si mise l'arco in spalla. «Le forze di Crono si stanno raccogliendo all'ingresso di ogni ponte e di ogni galleria. E Crono non è l'unico Titano. Una delle mie Cacciatrici ha localizzato un uomo enorme con un'armatura d'oro che radunava un'armata sulla Jersey Shore. Non so chi sia, ma irradia un potere come soltanto un dio o un Titano possono fare»
«Be', questa sì che è una bella notizia» commentai sarcastica.
«Abbiamo chiuso i tunnel della metropolitana di Manhattan» continuò Talia «ci hanno pensato le mie migliori esperte di trappole. Inoltre, sembra che il nemico stia aspettando stasera per attaccare. Penso che Luke...». Strinse le labbra. «... cioè, penso che Crono abbia bisogno di tempo per rigenerarsi dopo ogni battaglia. Non è ancora a proprio agio nella sua nuova forma. E deve impiegare gran parte del suo potere per rallentare il tempo attorno alla città»
Grover annuì. «E poi il maggior numero delle creature al suo servizio è più potente di notte. Ma torneranno dopo il tramonto»
Percy si massaggiò le tempie. Sembrava esausto, e probabilmente lo era. «Va bene. Notizie dagli dei?»
Talia scosse la testa. «So che la divina Artemide sarebbe qui, se potesse. E anche Atena. Ma Zeus ha ordinato loro di restare al suo fianco. Stando alle ultime notizie, Tifone sta distruggendo la valle del fiume Ohio. Dovrebbe raggiungere gli Appalachi entro mezzogiorno»
«Perciò, se va bene... ci restano ancora due giorni prima del suo arrivo»
Jake si schiarì la voce. «Ragazzi, c'è dell'altro» disse «Crono ha mandato un'enorme armata sul ponte di Williamsburg, come se sapesse che Alex sarebbe stata presente. E il modo in cui si è presentato lì non appena sei arrivato anche tu, Percy, come se sapesse già... e poi ha spostato le forze sui nostri punti più deboli. Non appena abbiamo schierato le truppe, ha cambiato tattica. Non ha quasi toccato il Lincoln Tunnel, dove le Cacciatrici erano forti. Di nuovo, come se sapesse già»
«Come se avesse delle informazioni dall'interno» concluse Percy.
Sospirai. «La spia è qui» dedussi.
«Che spia?» domandò Talia. Percy le raccontò del ciondolo d'argento che Crono gli aveva mostrato, lo strumento di comunicazione. «Male» commentò mia sorella «molto male»
«Potrebbe essere chiunque» disse Jake «c'eravamo tutti quando Percy e Alex hanno impartito gli ordini»
«Non la casa di Ares» obbiettai «loro sono rimasti al Campo. Non è molto, ma possiamo escluderli»
«Già. Ma che possiamo fare?» chiese Grover «Perquisiamo tutti i semidei finché non troviamo il ciondolo?»
Percy aggrottò la fronte, in palese difficoltà. «Continuiamo a combattere» rispose «non possiamo lasciarci ossessionare da questa spia. Se ci sospettiamo a vicenda, rischiamo di dividerci, di lacerarci. Ragazzi, siete stati eccezionali stanotte. Non potrei desiderare un esercito più valoroso. Organizziamo i turni di guardia. Riposiamo finché si può. Ci aspetta una lunga notte»
Un mormorio di approvazione accolse le sue parole, e ciascuno andò per la propria strada: chi a dormire, chi a mangiare, chi a riparare le armi. «Hai bisogno di dormire» dissi a Percy.
Lui si strofinò gli occhi. «Sì, non lo nego». Mi guardò e mi tese la mano. «Anche tu. Vieni, troviamo un posticino tranquillo»
Trovammo la stanza da letto più vicina e ci sdraiammo sul letto a baldacchino. Mi rannicchiai tra le braccia di Percy, posando il capo sul suo petto; lui mi strinse a sé con un sospiro.
Nessuno dei due parlò per un po'. Le dita di Percy mi accarezzavano distrattamente la spalla; dopo un po' smise, e pensai che si fosse addormentato. Provai a chiudere gli occhi e seguire il suo esempio, ma per quanto mi sforzassi proprio non ci riuscivo.
Mi lasciai sfuggire uno sbuffo leggero. Ero esausta, eppure Morfeo non ne voleva sapere di accogliermi tra le sue braccia. Dei, a pensarci bene forse era meglio così. Non è che fosse particolarmente amichevole, al momento. «Non riesci a dormire?» mi domandò Percy d'improvviso.
Trasalii, alzando la testa per guardarlo in faccia. Un occhio era chiuso, mentre l'altro era fissato su di me. «Scusa, ti ho disturbato» dissi mestamente «forse è il caso che cambi stanza e che ti lasci dormire»
La sua presa su di me si rinsaldò, e Percy aprì anche l'altro occhio. «Non azzardarti ad andartene» borbottò imperioso «allora... cos'è che ti sta togliendo il sonno, Alex?»
«Non lo so con precisione» ammisi. Mi rannicchiai un po' di più contro di lui. «Non mi sento molto tranquilla. Insomma, Annabeth è ferita, c'è una spia che ci sta mettendo i bastoni tra le ruote, Clarisse e sua casa si rifiutano di aiutarci, Beck probabilmente è rimasto su Ogigia, Tifone-»
«Ehi, aspetta un minuto» mi interruppe. Si scostò leggermente per potermi guardare bene in viso. «Cos'hai detto su Beckendorf?»
«Oh». Strizzai gli occhi per un momento. Che stupida. «E'... be', è vivo»
Percy era senza parole. Mi fissò per un lunghissimo momento. «Come sarebbe a dire "è vivo"? Ho visto l'esplosione, e... e lui...»
Mi mordicchiai l'interno guancia. Non sapevo se dirglielo era una buona idea, ma meritava di saperlo. Lo conoscevo abbastanza da sapere che si stava continuamente incolpando per la presunta morte di Beck, e non era giusto. «E' vivo» insistetti «è su... ehm... su Ogigia»
L'espressione negli occhi di Percy si fece distante, e io distolsi lo sguardo. Quasi certamente stava pensando a Calipso. E non mi fece stare bene. «Come...?» sussurrò.
«Sì... probabilmente ce lo ha mandato Efesto, per salvarlo. Me lo ha detto Nico il giorno prima che partissimo per il Connecticut. Aveva pensato che mi avrebbe fatto piacere saperlo, e in parte si sbagliava»
Percy si schiarì la gola. «Ah sì? Perché?»
Mi sembrava di avere un elefante incastrato in gola. Provai a deglutire, ma la sensazione rimase lì. Per un lungo momento non riuscii a dire niente, ma poi, miracolosamente, ritrovai la voce. «Perché potrebbe decidere di restare lì, e se così fosse non lo potremo vedere mai più. Come se fosse morto, anche se a conti fatti non lo è. Non ho avuto il coraggio di dirlo a Silena. Io...». Strinsi le labbra. «So cosa si prova a sapere che colui per cui provi qualcosa di molto forte si è innamorato di un'altra. So cosa si prova a vedere i giorni passare e a cercare di convivere con l'orribile sospetto di non essere stata scelta. Di non essere abbastanza»
Percy rimase in silenzio a lungo. Iniziai a sospettare che si fosse addormentato sul serio, ma poi disse: «Alex, ti prego, guardami».
Ci volle tutto il mio coraggio ad obbedire alla sua richiesta. L'intensità del suo sguardo mi colpì dritta al cuore. Mi accarezzò la guancia con delicatezza, come se temesse che mi potessi rompere. «Mi dispiace» mormorò «per tutto. Non avrei mai e poi mai voluto ferirti»
«Percy, sei tornato da me. Il resto non conta più»
Lui scosse piano la testa. «Conta, invece. Sono stato stupido. Non avevo bisogno di finire su Ogigia per capire che la mia casa è ovunque ci sia anche tu, Alex»
Appoggiai la guancia sul suo palmo aperto, sospirando piano. Il cuore mi batteva così forte che lo sentivo quasi rimbombare nelle orecchie. «Sai che è lo stesso per me»
«Lo so. Mi hai detto che mi ami, no?»
Sentii le guance infiammarsi. «Può darsi» borbottai imbarazzata.
Percy rise. «No, è proprio così. Ricordo distintamente che me lo hai detto»
«E ricordi anche cosa mi hai risposto?» domandai a denti stretti.
«Oh, sì. Anche quello» replicò tranquillo.
«Allora? Stai cercando di ricordarmi quanto è stato imbarazzante confessartelo, per caso?»
Percy scosse la testa, divertito. «Non è stato imbarazzante»
«Vuoi scherzare? Sì che lo è stato!» protestai, alzandomi sul gomito per guardarlo meglio.
«E invece no. Sai perché?»
«Prego, illuminami»
Percy mi rivolse un piccolo, delizioso sorriso. «Perché ti amo anche io, cretina»
Mi sembrò che il petto non fosse più in grado di contenere i battiti del mio stupido, piccolo cuore. Un'intensa sensazione di felicità mi investì in pieno, e non mi sembrò per nulla fuoriposto nonostante fossimo nel bel mezzo di una guerra. Non riuscii a dire niente: mi limitai a fissare Percy con la bocca socchiusa. «Ehi, ci sei? Ti senti bene?» mi chiese lui, ridacchiando sotto i baffi «Dei, non sono abituato a lasciarti senza parole. E' bizzarro. Non è che ti viene da vomitare, vero? Sei diventata pallida»
Ma che cavolo stava facendo? Mi prendeva in giro? «Sei un idiota» brontolai.
«Sono il tuo idiota, prego» mi corresse con un sorriso.
Non potei fare a meno di ricambiare. «Già. Il mio» concordai. Poi mi chinai su di lui e, per una volta, fui io a baciarlo.
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