21. Ancorato (P)
Per la prima volta in vita mia non riuscivo a respirare sott'acqua e compresi cosa significava avere paura di affogare.
Ogni singolo nervo del mio corpo sembrava andare a fuoco. Mi stavo sciogliendo. Vidi una serie di volti: Rachel, Grover, Annabeth, Tyson, mia madre -come dei rapidissimi lampi.
"Percy" disse mia madre "ti do la mia benedizione."
"Sta' attento, fratello!" mi supplicò Tyson.
"Coraggio, Testa d'Alghe" disse Annabeth.
"Enchiladas!" esclamò Grover.
Stavo perdendo la battaglia. Il dolore era troppo forte. Le mani e i piedi cominciavano a liquefarsi, l'anima mi stava per essere strappata dal corpo. Non riuscivo a ricordare chi ero. Il dolore della falce di Crono era nulla paragonato a quello.
"La corda" disse una voce familiare "dai, Percy. Non puoi mollare proprio adesso"
All'improvviso mi sentii tirare per la schiena. La corrente cercava ancora di trascinarmi, ma aveva smesso di portarmi via. Immaginai che la cordicella mi tenesse ancorato alla riva.
"Te l'ho promesso". Era la voce di Alex, ora molto più nitida. "Ti ho promesso che ti avrei riportato a riva. Non ti lascerò mai, Percy"
La corda si rinsaldò. Ora riuscivo a vedere Alex in piedi di fronte a me.
Eravamo nel laghetto delle canoe, immersi fino alla vita. Indossava la maglietta arancione del campo e la mia felpa rossa, quella con cui l'avevo vista nel sogno su Ogigia. Il riflesso del sole sulla superficie dell'acqua faceva brillare intensamente le pagliuzze grigie nei suoi occhi. Mi sorrise. Era bella da togliere il fiato, come lo era sempre stata. "Allora, che vogliamo fare?" mi chiese "Non ho nessuna intenzione di lasciarti andare a fondo. Dove vai tu vado io, ricordi?". Allungò una mano. "Vieni. Torniamo a riva insieme".
I ricordi cominciarono ad affluire d'improvviso, più nitidi e colorati.
Smisi di liquefarmi. Mi chiamavo Percy Jackson.
Allungai la mano e afferrai quella di Alex.
"Ti amo, cretino".
Riemersi dal fiume all'improvviso, tutto d'un colpo. Crollai sulla sabbia e Nico si scansò sorpreso. Alex trattenne rumorosamente il fiato, inginocchiandosi di fianco a me. «Di immortales... Percy, stai bene? Oh dei, la tua pelle...». Allungò le mani verso di me, incerta. Doveva avere paura di toccarmi. «Dimmi qualcosa, ti prego!»
Avevo le braccia incandescenti. Mi sentivo come se ogni centimetro del mio corpo fosse stato arrostito a fuoco lento. Cercai di sorriderle per tranquillizzarla, ma mi uscì solo una smorfia che ebbe l'effetto contrario. «Sto bene, Alex» le risposi «non preoccuparti»
Il colore della mia pelle tornò normale. Il dolore si smorzò. La signora O'Leary mi raggiunse e mi annusò preoccupata. A quanto pareva avevo un odore molto interessante. «Oh, Stige» disse Nico, sospirando sollevato. «Ti senti più forte?»
Prima che potessi stabilire come mi sentivo, una voce tuonò: «LAGGIÙ!»
Un esercito di morti ci marciò incontro. Un centinaio di scheletri di legionari romani armati di scudi e lance faceva strada. Alle loro spalle veniva un numero pari di giubbe rosse inglesi, con le baionette pronte. Al centro dell'esercito, Ade in persona guidava un carro nero e oro trainato da cavalli da incubo, con gli occhi e le criniere infuocati. «Questa volta non mi sfuggirete!» tuonò «Uccidete il figlio di Poseidone e la figlia di Zeus!»
«Padre, no!» gridò Nico, ma era troppo tardi. La prima linea degli zombie romani abbassò le lance e si fece avanti.
La signora O'Leary ringhiò e si preparò a balzare contro l'avversario. Le Gemelle comparvero tra le mani di Alex, che si piazzò tra me e il nemico.
Fu questo a farmi scattare. Non volevo che facessero del male alle mie due ragazze. E poi, ero stufo che Ade facesse il prepotente. Se dovevo morire, tanto valeva morire combattendo.
Urlai, e il fiume Stige esplose. Un'onda di marea nera investì i legionari. Lance e scudi volarono da tutte le parti. Gli zombie romani cominciarono a dissolversi, levando fumo dagli elmi di bronzo. Le giubbe rosse abbassarono le baionette, ma io non aspettai. Partii alla carica, superando Alex e la signora O'Leary.
Fu la cosa più stupida che avessi mai fatto in vita mia. Cento moschetti spararono a raffica mentre Nico e Alex urlavano alle mie spalle. Nessuno centrò il bersaglio. Piombai in mezzo a loro e cominciai a menare colpi con Vortice. Le baionette affondarono le lame. Le spade vibrarono fendenti. I fucili ricaricarono e spararono. Ma niente mi toccava. Mulinai tra le file, riducendo le giubbe rosse in polvere, una dopo l'altra. Avevo il pilota automatico: infilza, schiva, taglia, piega, ruota. Vortice non era più una spada: era un'arma di distruzione pura.
Spezzai la linea nemica e balzai sul carro. Un fulmine di energia nera mi investì, ma lo deviai con la spada e lo rimandai al mittente. Io e Ade cademmo a terra. Un attimo dopo avevo il ginocchio piantato sul petto del dio degli Inferi. Stringevo il collo delle sue vesti regali in un pugno, e gli tenevo la spada puntata sul viso.
Silenzio.
L'esercito non fece nulla per difendere il suo signore. Mi lanciai un'occhiata alle spalle e compresi il perché. Non c'era più nulla, solo armi sparse sulla sabbia e pile di uniformi vuote e fumanti. Avevo distrutto tutti. Nico e Alex, svariati metri più indietro, mi fissavano increduli con la bocca spalancata in due perfette 'O'. Ade deglutì. «Ora, Jackson, ascolta...»
Lui era immortale. Non avrei mai potuto ucciderlo, però gli dei si potevano ferire. Lo sapevo per esperienza e immaginai che una spada infilzata in piena faccia non gli avrebbe fatto un gran bene. «Solo perché sono una brava persona» ringhiai «la lascio libero. Ma prima, mi dica della trappola!»
Ade si disciolse nel nulla, lasciandomi fra le mani le sue vesti nere vuote. Imprecai e mi alzai in piedi, col fiato grosso. Ora che il pericolo era cessato, mi accorsi di quanto fossi stanco. Ogni singolo muscolo del corpo mi faceva male. Mi guardai i vestiti. Erano a brandelli, e pieni di fori di proiettile, ma io stavo bene. Non avevo un graffio.
Nico era a bocca aperta. «Hai appena... solo con una spada... hai appena...»
«Penso che questa cosa del fiume abbia funzionato» dissi.
«Ma davvero?» replicò lui sarcastico «Tu pensi?»
Alex allungò una mano e mi mollò un pugno sulla spalla con un ringhio. Non sentii praticamente nulla, il che era sorprendente: per essere una ragazza così minuta aveva una forza brutale. Lo sapevo bene. «Brutto idiota!» sbottò «Mi hai fatto prendere un colpo!»
La signora O'Leary abbaiò tutta contenta e dimenò la coda. Saltellava attorno, annusando le uniformi vuote a caccia di ossa. Sorrisi ad Alex. «Scusa»
Lei sbuffò, ritirando le Gemelle. «Almeno avvisami, la prossima volta» brontolò.
«Promesso». Sollevai le vesti di Ade. I volti dei dannati scintillavano ancora sulla stoffa. Mi avvicinai al fiume. «Siete liberi!» dissi, lanciando le vesti in acqua. Le osservai turbinare via e sciogliersi nella corrente.
«Direi che è ora di tornare a New York» disse Alex «e in fretta, anche»
«Sì, è vero» concordai. Mi girai verso Nico. «Torna da tuo padre. Digli che mi deve un favore per averlo lasciato andare. Scopri che cosa deve succedere sul Monte Olimpo e convincilo a scendere in campo»
Nico mi fissò. «Io... non posso. Adesso mi odierà. Cioè... ancora di più»
«Fallo» replicai «anche tu me lo devi»
Nico arrossì fino alla punta delle orecchie. «Percy, ti ho chiesto scusa. Ti prego... lasciami venire con voi. Voglio combattere»
«Sarai di maggiore aiuto quaggiù»
«Vuoi dire che non ti fidi più di me» esclamò affranto.
Non risposi. Non sapevo neanch'io quello che volevo dire. Ero troppo sbigottito per la battaglia appena terminata e non riuscivo a restare lucido. Alex sospirò. «Sono ancora un po' arrabbiata con te» gli disse «ma ci hai salvati, mettendoti contro Ade per farlo. Il mio istinto mi dice di fidarmi di te, e di solito tende ad avere ragione». Gli mise una mano sulla spalla e gli rivolse un piccolo sorriso. «Percy ha ragione. Devi tornare da tuo padre e cercare di convincerlo ad unirsi alla battaglia. Non possiamo farcela senza di lui... e senza di te. Non appena ci sarai riuscito mi aspetto di combattere al tuo fianco, d'accordo?»
L'espressione di Nico era indecifrabile, ma la guardava in un modo che... vabbè, non mi piaceva molto. Pendeva dalle sue labbra. Già avevo abbastanza motivi per avercela con lui... e se si fosse preso una cotta per la mia Alex non credo che ciò avrebbe contribuito a farmelo stare più simpatico.
Wow, ehi... "la mia Alex"?
La guardai. Oh, sì. La mia. Annabeth aveva proprio ragione: avevo perso la testa per lei.
«D'accordo, farò del mio meglio» cedette Nico alla fine «e poi mi nasconde ancora qualcosa sul conto di mia madre. Forse posso scoprire di che si tratta»
Alex annuì, battendogli un colpo sulla spalla. Poi lo abbracciò. «Va bene, è ora» dissi, picchiettandole impaziente un dito sulla schiena. Lei annuì, staccandosi dal figlio di Ade. «Buona fortuna, Nico»
«Sì... anche a voi».
Io e Alex ci girammo verso l'ingresso della grotta. Pensai al lungo cammino che ci aspettava per tornare nel mondo dei vivi, ma poi intrecciai le dita con le sue e il pensiero smise di angosciarmi. «Andiamo a trovare Luke» dissi «è ora di iniziare questa guerra».
Ed eccoci qua! Alex ha ancorato Percy :3 vi è piaciuta la scena?
VI COMUNICO UFFICIALMENTE CHE D'ORA IN AVANTI (causa inizio del mio lavoro e causa vostro inizio di scuola) UNBOUND VERRA' AGGIORNATO SOLO IL VENERDI' ALLE ORE 17! TORNEREMO A TRE CAPITOLI PER VOLTA!
Che dire... ci stiamo avvicinando pian piano alla fine! Nei prossimi capitoli ci sarà un sacco di azione, e anche dei momenti #Alercy che vi faranno di sicuro molto piacere :D inoltre, Alex darà il meglio di sé in questa battaglia finale, e non vedo l'ora che leggiate cosa combinerà eheh
nel prossimo aggiornamento:
un'apparizione degli #Annell (finalmente ahah)... e a Manhattan la situazione inizia a farsi molto seria!
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