18. Zio Gioia (P)


Alecto mi mollò come un sacco di patate in mezzo al giardino del palazzo.

Era un luogo splendido, anche se inquietante. Degli alberi bianchi e scheletrici crescevano in grandi vasi di marmo. Le aiuole traboccavano di gemme e piante dorate. Due troni, uno d'avorio e uno d'argento, si ergevano sul balcone con vista sulle Praterie degli Asfodeli. Sarebbe stato un bel posto per trascorrere la domenica mattina, non fosse stato per l'odore di zolfo e le grida delle anime torturate in lontananza. Scheletri di guerrieri facevano la guardia all'unica uscita. Indossavano delle mimetiche da deserto dell'esercito americano ed erano armati di M16. La seconda Furia scaricò Alex di fianco a me. Atterrò con grazia e aspettò pazientemente che anche Nico venisse posato a terra; non appena lo fu fece un passo verso di lui, ma la bloccai. «Calma» le dissi «ricordati dove siamo. E' suo figlio. Non la prenderà bene se lo picchi»

«Al momento non è che mi importa più di tanto» ringhiò lei, fulminando Nico con lo sguardo. Le Furie si appollaiarono tutte e tre in cima al trono d'avorio. Io stesso dovetti resistere all'impulso di strangolare Nico. La nostra vendetta doveva aspettare.

Fissai i troni vuoti, in attesa che succedesse qualcosa. Poi l'aria scintillò e comparvero tre figure: Ade e Persefone sui rispettivi troni, e una donna più anziana in piedi in mezzo a loro. Sembrava che stessero litigando. «... te l'avevo detto che era un buono a nulla!» esclamò la donna più anziana.

«Madre!» replicò Persefone.

«Abbiamo ospiti!» gridò Ade «Vi prego!»

Il Signore degli Inferi si lisciò le vesti nere, ricoperte dei volti inorriditi dei dannati. Aveva la carnagione pallida e gli occhi intensi di un pazzo. «Percy Jackson e Alexandra Grace» esclamò con soddisfazione «finalmente!»

La regina Persefone ci studiò con curiosità. L'avevo vista una volta sola, d'inverno, ma ora che eravamo in estate sembrava tutta un'altra dea. Aveva i capelli neri e lucenti e dei caldi occhi castani. Il suo vestito scintillava di colori. La stoffa era decorata di fiori che mutavano e sbocciavano di continuo: rose, tulipani, caprifogli. La donna in piedi fra i due sovrani era palesemente sua madre. Aveva gli stessi capelli e gli stessi occhi della figlia, ma era più anziana e più severa. Il suo vestito aveva il colore dorato di un campo di grano maturo. I capelli erano intrecciati d'erba secca e mi ricordavano un cesto di vimini. Pensai che se qualcuno avesse acceso un fiammifero nei suoi paraggi, la dea sarebbe stata in guai seri. «Uff» sbuffò «semidei. Ci mancava solo questa»

Accanto a me, Nico si inginocchiò. Rimpiansi di non avere la mia spada per mozzargli quella stupida testa. Mi era caduta quando avevo cercato di usarla per colpire Alecto. «Padre» disse Nico «ho fatto come mi hai chiesto»

«Ce ne hai messo di tempo» brontolò Ade «tua sorella avrebbe fatto un lavoro migliore»

Nico abbassò la testa. Se non ce l'avessi avuta tanto con quel verme, mi avrebbe perfino fatto pena. «Che cosa vuole, Ade?» chiesi in un tono molto, molto poco gentile.

«Parlare, naturalmente». Il dio piegò la bocca in un sorriso crudele. «Non te l'ha detto Nico?»

«Così tutta quest'Impresa era una menzogna. Nico ci ha portato quaggiù per farci ammazzare!» esclamai, furioso.

«Oh, no!» esclamò Ade «Temo che Nico fosse molto sincero nel suo desiderio di aiutarvi. Il ragazzo è tanto onesto quanto stupido. L'ho soltanto convinto a compiere una piccola deviazione e a portarvi prima qui»

«Padre» intervenne Nico «hai promesso che non sarebbe stato fatto del male a nessuno dei due. Hai detto che se te li avessi portati mi avresti raccontato del mio passato... di mia madre»

La regina Persefone sospirò melodrammatica. «Possiamo evitare di parlare di quella donna in mia presenza?»

«Perdonami, amor mio» rispose Ade «dovevo pur promettere qualcosa al ragazzo»

La donna più anziana si schiarì rumorosamente la voce. «Ti avevo avvisato, figlia mia. Questo mascalzone di Ade è un poco di buono. Avresti potuto sposare il dio dei dottori o il dio degli avvocati, ma tu noooo. Dovevi mangiare per forza quella melagrana»

«Madre...»

«... e rimanere bloccata negli Inferi!»

«Madre, per favore...»

«E ora siamo in agosto, e tu torni forse a casa tua come stabilito? Nossignora! Non pensi mai alla tua povera madre?»

«DEMETRA!» sbottò Ade «Ora basta. Ti ricordo che sei ospite in casa mia»

«Oh, è una casa?» replicò lei «Chiami casa questa specie di buco? Far vivere mia figlia in questa topaia buia e umida...»

«Ti ho già spiegato» replicò Ade a denti stretti «che nel mondo là sopra c'è una guerra. Tu e Persefone state molto meglio con me!»

«Scusate» protestai «ma se avete intenzione di ucciderci, non potreste darvi una mossa?»

Tutte e tre le divinità si voltarono a guardarmi. «Be', ha un bel caratterino» osservò Demetra.

«Esatto» concordò Ade «credo che passi troppo tempo con la figlia di Zeus, lì. Pessima influenza, ti dico»

«A me sembra una ragazza davvero a modo» commentò Demetra.

«Questo perché ancora non l'hai sentita parlare» ribatté Ade, alzando gli occhi al cielo «mi piacerebbe molto ammazzare tutti i due»

«Padre!» protestò Nico «Hai promesso!»

«Marito mio, ne abbiamo già parlato» gli fece eco Persefone «non puoi andartene in giro a incenerire tutti gli eroi. E poi sono molto coraggiosi. Guarda come sono carini insieme... mi piacciono»

Ade alzò gli occhi al cielo. «Ti piaceva anche quell'altro, Orfeo. Guarda com'è finita. Lasciameli ammazzare, dai... solo un pochino»

«Padre, hai promesso!» ripeté Nico «Avevi detto che volevi solo parlargli. Avevi detto che se te li avessi portati mi avresti spiegato!»

Ade lo guardò torvo, lisciandosi le pieghe delle vesti. «E lo farò. Tua madre... che posso dirti? Era una donna meravigliosa». Lanciò un'occhiata imbarazzata a Persefone. «Perdonami, mia cara. Intendo dire per una mortale, sia chiaro. Si chiamava Maria Di Angelo. Era di Venezia, ma suo padre faceva il diplomatico a Washington. È là che l'ho conosciuta. Quando tu e tua sorella eravate piccoli era un brutto momento per essere figli di Ade. C'era la Seconda guerra mondiale. Alcuni dei miei... ehm... altri figli erano a capo dei perdenti. Pensai che fosse meglio mettervi al sicuro»

«È per questo che ci hai nascosti al Casinò Lotus?»

Ade si strinse nelle spalle. «Non crescevate. Non vi rendevate conto del tempo che passava. Ho aspettato il momento giusto per tirarvi fuori»

«Ma che ne è stato di nostra madre? Perché non me la ricordo?»

«Questo non ha importanza» lo fulminò Ade.

«Cosa? Certo che ha importanza! E poi avevi altri figli... perché siamo stati gli unici a essere allontanati? E chi era l'avvocato che ci ha tirato fuori?»

Ade strinse i denti. «Faresti meglio ad ascoltare di più e parlare di meno, ragazzo. Quanto all'avvocato...». Schioccò le dita. Appollaiata sul trono, la Furia Alecto cominciò a trasformarsi fino ad assumere l'aspetto di un uomo di mezza età, con il completo gessato e la valigetta. Era strano vederla... vederlo accovacciato sulla spalla di Ade.

«Tu!» esclamò Nico.

La Furia ridacchiò. «Avvocati e insegnanti mi riescono bene!»

Nico stava tremando. «Ma perché ci hai liberato dall'hotel?»

«Lo sai perché» replicò Ade «non possiamo permettere che il figlio della profezia sia questo sciocco pargolo di Poseidone o quella mocciosa del cielo»

Colsi un rubino dalla pianta più vicina e glielo scagliai contro, ma affondò innocuo nella sua veste. «Lei dovrebbe aiutare l'Olimpo!» gridai «Tutti gli altri stanno combattendo contro Tifone, e lei se ne sta seduto lì-»

«... ad aspettare» concluse Ade «sì, è esatto. Quando è stata l'ultima volta che l'Olimpo ha aiutato me, mezzosangue? Quando è stata l'ultima volta che un mio figlio è stato salutato come un eroe? Bah! Perché dovrei precipitarmi ad aiutarli? Me ne starò qui a conservare intatte le mie forze»

«E quando Crono verrà a darle la caccia?»

«Che ci provi. Sarà sconfitto. E mio figlio, Nico...». Ade lo guardò con disgusto. «Be', adesso non è un granché, te lo concedo. Sarebbe stato meglio che Bianca fosse vissuta. Ma diamogli altri quattro anni di addestramento. Possiamo resistere fino ad allora, non ho dubbi. Nico compirà sedici anni, come dice la Profezia, e allora sarà lui a prendere la decisione che salverà il mondo. E io sarò il re degli dei»

«Lei è totalmente fuori di testa» intervenne Alex «e se pensa che Crono non la schiaccerà subito dopo aver polverizzato l'Olimpo, allora è anche un idiota»

Ade lanciò un'occhiata a Demetra. «Che ti avevo detto?»

La dea si strinse nelle spalle. «Ha del mordente. Mi piace» commentò.

Ade scosse la testa e alzò gli occhi al cielo. Poi si rivolse a noi, e allargò le mani. «Be', avrete la possibilità di scoprirlo, miei cari nipoti. Perché aspetterete la fine di questa guerra nelle mie prigioni!»

«No!» protestò Nico «Padre, non era questo il nostro accordo! E non mi hai detto tutto!»

«Ti ho detto tutto ciò che hai bisogno di sapere» replicò Ade «quanto al nostro accordo, ho parlato con Jackson e Grace. Non ho fatto loro alcun male. Tu hai avuto le tue informazioni. Se avessi voluto un patto migliore, avresti dovuto costringermi a giurare sullo Stige! Ora, vai in camera tua!». Fece un gesto con la mano, e Nico scomparve.

«Quel ragazzo deve mangiare di più» brontolò Demetra «è troppo magro. Ha bisogno di più cereali»

Persefone alzò gli occhi al cielo. «Madre, basta con questi cereali. Ade, mio signore, sei sicuro che non possiamo lasciare liberi questi piccoli eroi?»

«No, mia cara. Gli ho già risparmiato la vita. È abbastanza»

Ero certo che si sarebbe schierata dalla mia parte. La bella e audace Persefone ci avrebbe tirati fuori di lì. E invece si strinse nelle spalle con indifferenza. «E va bene. Che c'è a colazione? Muoio di fame»

«Cereali» rispose Demetra.

«Madre!»

Le due donne scomparvero in un turbine di fiori e di grano. «Non prendetevela troppo» disse Ade «i miei fantasmi mi tengono bene informato sui piani di Crono. Posso assicurarvi che non avevate alcuna possibilità di fermarlo in tempo. Stanotte, per il vostro prezioso Monte Olimpo sarà troppo tardi. La trappola sarà scattata»

«Quale trappola?» domandai.

«Divino Zio, la prego» intervenne Alex con un filo di voce. La guardai, e mi accorsi che era diventata molto pallida. Stava sudando freddo, e le sue braccia emanavano un bagliore appena accennato. «Se lei sa qualcosa li avvisi. La prego»

Ade sorrise. «Hai molto spirito, Alexandra. Innegabile. Non vedo l'ora di vedere quanto riuscirai a resistere, rinchiusa così lontano dal cielo. A giudicare dal tuo stato non più di qualche giorno»

Alex aveva iniziato a tremare. Mi si appoggiò pesantemente addosso. La presi e la strinsi contro il mio petto. Ade aveva ragione: non sarebbe durata molto, lì sotto. Il solo pensiero di venire rinchiusa in una cella sottoterra la faceva già stare male. «Ade, la prego-»

«Divertitevi nella mia prigione. Ci rivedremo fra... oh, una cinquantina o una sessantina d'anni».

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