17. Volteggio (P)


Le scale proseguivano per un'eternità, strette, ripide e scivolose. Era buio pesto, a parte il bagliore della mia spada e quello delle braccia di Alex.

Ci aveva assicurato che non gli succedeva da un anno circa, e che comunque stava benissimo. Sapevo che mentiva, perché glielo si leggeva in faccia che era molto agitata. E poi stava tremando.

Dei, avrei voluto strangolarla. Aveva giurato sullo Stige che mia madre mi avrebbe rivisto vivo, quando sapeva che la Profezia prevedeva "la morte dell'eroe". Non avevo idea di che diavolo le prendesse. Sembrava totalmente impazzita, e sotto sotto avevo paura che fosse colpa mia. E se l'avessi spinta io, a quel punto? Più cercavo di proteggerla più lei si metteva in pericolo. Non sapevo più che pesci pigliare. Insomma, cosa cavolo dovevo fare per assicurarmi che uscisse indenne da questa dannatissima guerra?

Cercavamo di andare piano, ma la signora O'Leary la pensava diversamente. Avanzava a grandi balzi, abbaiando contenta. I latrati riecheggiavano per il tunnel come spari di cannone e pensai che il nostro arrivo non avrebbe colto nessuno di sorpresa. Nico ci aveva chiesto di precederlo dopo pochi passi, e rimaneva indietro, cosa che trovai strana. «Tutto bene?» gli chiesi.

«Sì». Cos'era quell'espressione sul suo viso... dubbio? «Va' pure avanti, Percy»

«Sì, vai avanti» mi esortò Alex, appena dietro di me «prima arriviamo allo Stige, prima finiamo e prima usciamo di qui»

Non avevo molta scelta. Seguii la signora O'Leary sempre più in profondità.

Dopo un'ora cominciai a sentire il boato di un fiume. Sbucammo ai piedi di una scogliera, su una pianura di sabbia vulcanica. Alla nostra destra il fiume Stige sgorgava dalle rocce e precipitava in una cascata di rapide. Alla nostra sinistra, in lontananza, ardevano i fuochi degli archi rampanti dell'Erebo, le immense mura nere del regno di Ade. Rabbrividii. La prima volta che ero stato lì sotto avevo dodici anni, e solo la compagnia di Alex, Annabeth e Grover mi aveva dato il coraggio di avanzare. Ero riluttante ad ammetterlo, ma avere Alex lì mi aiutava moltissimo.

Nico sembrava il più pallido e preoccupato. Solo la signora O'Leary scoppiava di felicità. Corse lungo la spiaggia, raccolse un osso umano a casaccio e me lo portò al galoppo. Depositò l'osso ai miei piedi e aspettò che lo lanciassi. «Ehm, forse più tardi, bella». Scrutai le acque scure, cercando di farmi forza. «Allora, Nico... come facciamo?»

«Prima dobbiamo entrare» mi rispose.

«Ma il fiume è qui»

«Devo prendere una cosa» replicò «non c'è altro modo»

Partì spedito senza aspettare. Aggrottai la fronte. Nico non aveva mai parlato di entrare nell'Erebo. Ma adesso che eravamo lì, non sapevo che altro fare. «Sta nascondendo qualcosa» mi sussurrò Alex. Le lanciai un'occhiata; stava fissando Nico, pensierosa. «Non so cosa sia... ma stiamo all'erta, va bene?»

Sospirai, annuendo. «Stammi vicino» le dissi.

Con riluttanza lo seguimmo lungo la spiaggia verso la grande porta nera. File di morti aspettavano il loro turno per entrare. Probabilmente era stata una giornata pesante per le pompe funebri, perché perfino la fila veloce era intasata.

«BAUUU!» fece la signora O'Leary. Prima che potessi fermarla balzò verso il posto di controllo. Cerbero, il cane da guardia di Ade, sbucò dalle tenebre: era un rottweiler a tre teste, così grande che al suo confronto la signora O'Leary somigliava a un barboncino. «Signora O'Leary, no!» le gridai «Non annusare... oh, cavolo...»

Alex ridacchiò, scuotendo la testa. Nico sorrise. Poi ci guardò e la sua espressione tornò seria, come se si fosse appena ricordato qualcosa di spiacevole. «Venite. Non ci faranno problemi nella fila. Siete con me»

La cosa non mi piaceva, ma superammo i ghoul della sicurezza e le Praterie degli Asfodeli senza incontrare ostacoli. Dovetti richiamare la signora O'Leary tre volte per convincerla a lasciare Cerbero e correre da noi. Attraversammo i prati d'erba nera punteggiati di pioppi neri. Alex mi aveva afferrato la mano prima di entrare, e continuava a tenermela stretta. Niente da obbiettare: se non lo avesse fatto lei, l'avrei fatto io. Nico continuava ad avanzare spedito, portandoci sempre più vicini al palazzo di Ade. «Ehi» gli dissi «ormai siamo entrati da un pezzo. Dove stia-»

La signora O'Leary ringhiò. Un'ombra comparve sopra le nostre teste, qualcosa di scuro, freddo, che puzzava di morte. Piombò giù e si posò in cima a un pioppo. Purtroppo la riconobbi. Aveva la faccia avvizzita, un orribile berretto blu fatto a maglia e un vestito di velluto stropicciato. Sulla schiena le spuntavano due ali da pipistrello. I piedi erano degli artigli affilati e fra gli unghioni di bronzo delle mani stringeva una frusta di fuoco e una borsetta a pois. Alex si irrigidì e mi lasciò la mano, probabilmente per aver maggior spazio di manovra. «Di nuovo...» brontolò.

«Professoressa Dodds» esclamai.

Lei scoprì le zanne. «Bentornati, miei cari». Le sue due sorelle, le altre Furie, si posarono accanto a lei sui rami del pioppo.

«Conoscete Alecto?» ci chiese Nico.

«Se ti riferisci alla megera nel mezzo, sì» risposi «era la mia professoressa di matematica»

«Ha cercato di uccidermi cinque volte» disse Alex.

Nico annuì, come se la cosa non lo sorprendesse. Alzò lo sguardo verso le Furie e trasse un respiro profondo. «Ho fatto quello che mi ha chiesto mio padre. Portateci a palazzo»

Mi irrigidii. «Aspetta un secondo. Che cosa-»

«Temo che sia questa la mia nuova pista, Percy. Mio padre ha promesso di darmi delle informazioni sulla mia famiglia, ma in cambio vuole vedere te e Alex prima che attraversiamo il fiume. Mi dispiace»

«Lo sapevo che nascondevi qualcosa! Maledetto! Ci hai ingannati!» gridò Alex furibonda. Fece un passo verso Nico, ma una delle Furie piombò su di lei e la afferrò per le braccia, sollevandola da terra.

«Ehi!» gridai. Feci per aiutarla, ma Alecto afferrò anche me.

«Oh, non dimenarti troppo, caro» mi gracchiò all'orecchio «non vorrei farti cadere...»

La signora O'Leary abbaiò e cercò di raggiungermi con un balzo, ma eravamo troppo in alto. «Dille di calmarsi» mi intimò Nico. Volteggiava accanto a me fra le braccia della terza Furia. «Non voglio che si faccia del male, Percy. Mio padre ci sta aspettando. Vuole solo parlare»

«Non ascoltarlo!» gridò Alex, dimenandosi «Dille di usare quel maledetto traditore come traversino per i bisognini!»

«Stai ferma o ti farai male, Lampadina»

«NON CHIAMARMI PIÙ COSI'!»

Avrei voluto seguire il consiglio di Alex, ma non sarebbe servito a nulla, e Nico aveva ragione almeno su una cosa: il mio cane avrebbe potuto farsi del male se si metteva contro le Furie. Strinsi i denti. «Signora O'Leary, cuccia! Va tutto bene, bella». Lei uggiolò e girò su se stessa un paio di volte, senza staccarmi gli occhi di dosso. «D'accordo, traditore» ringhiai a Nico «hai vinto. Portaci in quello stupido palazzo».

Ciao belli! Tutto a posto?

Le cose da qui in avanti iniziano a farsi interessanti: ci stiamo avvicinando al momento della bella nuotata di Percy nello Stige, e da lì ci sarà un beeeel po' di azione! Alex vi darà tantissime soddisfazioni, spero che la adorerete come ho adorato io scrivere di lei!

Ci vediamo martedì alle 14 per l'aggiornamento:
a chi è mancato Zio Gioia? Lo incontreremo di nuovo...
e per la Alercy è finalmente arrivato il momento di fare i conti!
(credetemi, questa non ve la volete perdere ahah)

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