13. May Castellan


Il vialetto di casa Castellan era costeggiato di bizzarri pupazzetti di peluche in miniatura. C'erano leoni, maiali, draghi, idre... persino un piccolo Minotauro con il pannolino. A giudicare da come erano ridotte quelle creaturine erano là fuori da un sacco di tempo, almeno da quando si era sciolta la neve dell'ultima primavera. Fra i colli di un'Idra spuntava perfino un alberello.

Il portico era invaso di campanelle scaccia-spiriti. Pezzetti luccicanti di vetro e di metallo tintinnavano nella brezza. Ma come faceva la signora Castellan a sopportare tutto quel fracasso?

Il portone era dipinto di turchese. Il nome CASTELLAN era scritto in inglese sottotitolato in greco. Nico ci guardò. «Pronti?»

Aveva appena sfiorato il battente che la porta si spalancò. «Luke!» esclamò l'anziana donna, contenta. A giudicare dall'aspetto sembrava una che si divertiva a infilare le dita nelle prese della corrente. I capelli bianchi le spuntavano in ciuffetti dritti su tutta la testa. La veste da casa rosa era disseminata di bruciature e sbaffi di cenere. Quando sorrise il suo volto sembrò distendersi in modo innaturale e il luccichio elettrico che le brillava negli occhi mi inquietò leggermente.

«Oh, il mio caro ragazzo!». Abbracciò Nico. Poi sorrise a Percy e ripeté: «Luke!», abbracciando anche lui.

Mi preparai ad essere chiamata "Luke" anche io, ma lei mi guardò e il sorriso si allargò ancora di più. «Oh, tu devi essere Annabeth!»

«Cos-»

Mi abbracciò talmente stretta che ebbi paura che mi spezzasse a metà. Odorava di biscotti bruciati. Lanciai un'occhiata a Nico e a Percy, che mi guardarono confusi. «Entrate, entrate!» incalzò «Ho preparato un pranzetto speciale per te e per la tua fidanzata Annabeth, Luke!»

Fidanzata... Annabeth?

Scambiai un'occhiata con Percy. Dei... che cosa aveva raccontato Luke a sua madre? E meno male che Annabeth non era lì con noi. Non sapevo proprio come avrebbe potuto prendere il fatto che May Castellan pensasse che era la ragazza di suo figlio.

Ci fece accomodare. Il soggiorno era perfino più folle del prato di casa: specchi e candele riempivano ogni spazio disponibile. Non riuscivo a guardare da nessuna parte senza vedere il mio riflesso. Sopra la mensola del caminetto un piccolo Ermes di bronzo svolazzava attorno alla lancetta dei minuti di un orologio. «Da questa parte, cari!». La signora Castellan ci guidò verso il retro della casa. «Oh, gliel'avevo detto che saresti tornato. Lo sapevo! E hai portato anche Annabeth!»

Ci fece sedere al tavolo della cucina. Impilati sul bancone c'erano, letteralmente, centinaia di contenitori di plastica con dentro panini alla gelatina e burro di arachidi. Quelli in fondo alle pile erano verdi di muffa, come se fossero là da molto tempo. L'odore che aleggiava nell'aria era stomachevole e non fece niente per tenere la nausea lontana da me. In cima al forno c'era una pila di teglie di biscotti, con una dozzina di biscotti carbonizzati in ciascuna. Nel lavello c'era una montagna di caraffe di bibite vuote. Una Medusa di peluche era appollaiata sul davanzale, come se facesse la guardia al caos.

La signora Castellan cominciò a canticchiare e tirò fuori il burro di arachidi e la gelatina per preparare un altro panino. Qualcosa stava bruciando nel forno. Sopra il lavello, attaccate con il nastro adesivo attorno alla finestra, c'erano dozzine di figure ritagliate da giornali e riviste: immagini di Ermes usate nel logo di ditte di consegna a domicilio, caducei presi dalle pubblicità di vari prodotti farmaceutici. Nico tossicchiò. «Ehm, signora Castellan?»

«Mmh?»

«Dovremmo farle qualche domanda su suo figlio»

«Oh, sì! Mi hanno detto che non sarebbe più tornato, ma sapevo che si sbagliavano». Accarezzò la guancia a Percy, lasciandogli una strisciata di burro d'arachidi. Mi frugai in tasca e gli passai un fazzoletto. Lui mi ringraziò con un cenno, gli occhi verde mare fissi su May Castellan. Sembrava un po' sconvolto... e potevo capirlo, perché era quello che provavo anche io.

«Quando l'ha visto l'ultima volta?» chiese Nico.

Le si appannarono gli occhi. «Era ancora un bambino quando se ne andò» rispose in tono di rimpianto «faceva la terza elementare. Era troppo piccolo per scappare di casa! Disse che sarebbe tornato per pranzo. E io aspettai. Gli piacciono il burro di arachidi e i biscotti e i succhi di frutta. Tornerà per pranzo a momenti...». Poi scosse la testa e sorrise. «Diamine, Luke, eccoti qui! Come sei bello! Hai gli occhi di tuo padre!». Si voltò verso le immagini di Ermes sopra il lavello. «Lui sì che è un brav'uomo. Sì, davvero. Viene a trovarmi, sai»

L'orologio continuava a ticchettare nell'altra stanza. Percy si tolse il burro di arachidi dalla guancia con il fazzoletto che gli avevo dato e rivolse a Nico uno sguardo supplicante, come per dire: "Adesso possiamo andare?"

«Signora» continuò imperterrito lui «cosa, ehm... cosa le è successo agli occhi?»

Il suo sguardo sembrava spezzato, come se stesse cercando di metterlo a fuoco attraverso un caleidoscopio. «Caspita, Luke, sai bene com'è andata. È stato poco prima che tu nascessi, vero? Ero sempre stata speciale, sapevo vedere attraverso la... come la chiamano?»

«La Foschia?» suggerii.

«Sì, mia cara». Annuì incoraggiante. «Sei proprio intelligente, come dice il mio Luke. Comunque, mi offrirono un lavoro importante. Ecco quanto ero speciale!»

Io, Percy e Nico ci scambiammo un'occhiata. Sembravano tutti e due confusi quanto me. «Che genere di lavoro?» chiese Percy «Che accadde?»

La signora Castellan aggrottò la fronte, restando con il coltello a mezz'aria sopra il panino. «Non funzionò, vero caro? Tuo padre mi avvertì di non provare. Disse che era troppo pericoloso. Ma io dovevo farlo. Era il mio destino! E ora... non riesco ancora a togliermi quelle immagini dalla testa. Fanno sembrare tutto così annebbiato. Vuoi un po' di biscotti?». Tirò fuori una teglia dal forno e rovesciò una dozzina di grumi al cioccolato carbonizzati sul tavolo. «Luke era così gentile» mormorò «se ne andò per proteggermi, sapete. Ripeteva che se lui se ne fosse andato, i mostri avrebbero smesso di minacciarmi. Ma io gli dissi che i mostri non sono una minaccia! Restano seduti fuori sul vialetto per tutto il giorno e non entrano mai». Raccolse il pupazzetto di Medusa dal davanzale. «Vero, signora Medusa? No, non sono affatto una minaccia. Sono così felice che tu sia tornato. Sapevo che non ti vergognavi di me!»

Giocherellai con la ciocca grigia nei miei capelli, un groppo che si fermava in gola. Il Luke che descriveva la signora Castellan era il Luke che conoscevo io, con il quale ero cresciuta. Sapevo che non era interamente vero che se ne era andato di casa solo per proteggere la madre: non ne parlava moltissimo, ma avevo sempre sospettato che lei avesse qualcosa che non andava. Ed effettivamente avevo ragione. Sembrava fuori di testa -e probabilmente lo era.

Percy si agitò sulla sedia. «Signora Castellan...»

«Mamma» lo corresse lei.

«Ehm, già. Ha più visto Luke da quando se n'è andato di casa?»

«Ma naturalmente!»

Non sapevo quanto poteva essere affidabile, sinceramente. Aveva scambiato Nico e Percy per Luke, in fondo... ma Nico si sporse in avanti, speranzoso. «Quando?» chiese «Quando è venuto a trovarla l'ultima volta?»

«Be', è stato... oh, santo cielo...». Le passò un'ombra sul viso. «L'ultima volta era così diverso. Aveva una cicatrice. Un'orribile cicatrice, e la sua voce era così piena di dolore...»

«E gli occhi?» la interruppe Percy «Erano d'oro?»

«D'oro?». La signora Castellan strizzò le palpebre. «No. Che sciocchezze! Luke ha gli occhi azzurri. Dei bellissimi occhi azzurri!»

«Signora Castellan...». Nico posò una mano sul braccio dell'anziana donna. «È molto importante. Le ha chiesto qualcosa?»

Lei aggrottò la fronte come per sforzarsi di ricordare. «Mi ha parlato di Annabeth. E poi ha chiesto... ha chiesto la mia benedizione. Non è una cosa dolce?». Ci guardò, incerta. «Doveva andare su un fiume e ha detto che aveva bisogno della mia benedizione. Io gliel'ho data, naturalmente»

Nico ci rivolse uno sguardo di trionfo. «Grazie, signora. Non ci serve di sapere al-»

L'anziana donna trasalì, col fiato in gola. Si piegò in due, e la teglia dei biscotti cadde a terra. Io, Percy e Nico balzammo in piedi. «Signora Castellan?» la chiamai.

«AHHHH!»

Si raddrizzò. Percy mi afferrò per un braccio e mi fece indietreggiare in fretta. Gli occhi di May Castellan mandavano un bagliore verde. «Mio figlio!» gracchiò con una voce molto più profonda «Devo proteggerlo! Ermes, aiuto! Mio figlio no! Il suo destino... no!». Afferrò Nico per le spalle e cominciò a scuoterlo come per costringerlo a capire. «Non il suo destino!»

Nico emise un grido soffocato e la scansò con una spinta, afferrando l'elsa della spada. «Dobbiamo andarcene di-»

La signora Castellan crollò all'improvviso. Percy scattò goffamente avanti e l'afferrò prima che picchiasse sul bordo del tavolo. Quindi la mise a sedere su una sedia. «Signora?» la chiamò.

Lei borbottò qualcosa di incomprensibile e scosse la testa. «Santo cielo! Ho... mi sono caduti i biscotti. Che sciocca». Strizzò le palpebre e i suoi occhi erano tornati normali, o almeno identici a prima. Il bagliore verde era svanito.

«Si sente bene?» domandai incerta.

«Ma certo, cara. Sto benissimo. Perché me lo chiedi?»

Lanciai un'occhiata a Nico, che mimò con le labbra a me e Percy: "Via".

«Signora Castellan, ci stava raccontando una cosa» disse Percy «una cosa su suo figlio»

«Davvero?» rispose lei in tono sognante «Sì, i suoi occhi azzurri. Parlavamo dei suoi occhi azzurri. Che bel ragazzo!»

«Dobbiamo andare» incalzò Nico «diremo a Luke... ehm, gli diremo che lo saluta»

«Ma non potete andare!». La signora Castellan si alzò ancora un po' malferma, e Percy si scansò come se avesse un po' paura di lei. Lo capivo, sinceramente. Il tono di voce che cambiava all'improvviso, il modo in cui aveva afferrato Nico... «Ermes arriverà presto» promise «vorrà vedere il suo ragazzo!»

«Forse la prossima volta» replicò Percy «grazie di... grazie di tutto»

Lei cercò di fermarci, di offrirci una delle sue bibite, ma io dovevo uscire a tutti i costi da quella casa. Sul portico mi afferrò il polso e per poco non mi pigliò un colpo. «Luke mi ha detto che tu lo avresti tirato fuori. Mi ha detto che lo avresti riportato a riva» mi disse «l'hai fatto, Annabeth? L'hai fatto?»

Deglutii a fatica, scambiando un'occhiata con Nico. Avevamo entrambi capito benissimo cosa la signora Castellan intendeva: l'àncora di Luke era Annabeth. «S-sì» farfugliai. Mi schiarii la gola. «Sì, signora Castellan. L'ho riportato indietro»

May Castellan sorrise. «Visto? Ve l'avevo detto!» disse, rivolta a chissà quale oggetto.

Quando la porta si chiuse, io, Percy e Nico corremmo via. Gli animaletti di peluche sul vialetto sembrarono seguirci con lo sguardo, sogghignando.

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