11. Terrorizzo un satiro sovrappeso (P)


Nel pomeriggio celebrammo il funerale per Beckendorf. Persino le case di Ares e di Apollo proclamarono una tregua temporanea per partecipare. Il drappo di Beckendorf era fatto di maglie di metallo, come la cotta di un'armatura. Non capivo come potesse ardere, ma probabilmente le Parche ci misero lo zampino. Il metallo si sciolse in mezzo al fuoco e si tramutò in fumo dorato, che si innalzò verso il cielo. Le fiamme del falò del campo riflettevano sempre l'umore dei ragazzi, e quel giorno erano nere. Sperai che lo spirito di Beckendorf finisse nell'Elisio. Forse avrebbe perfino scelto di rinascere e cercare di meritarsi l'Elisio per tre vite di seguito, in modo da raggiungere le Isole dei Beati. Se c'era qualcuno che lo meritava era lui.

Annabeth se ne era andata senza rivolgermi la parola. Doveva essere ancora arrabbiata per il nostro litigio. Non potevo biasimarla, dovevo essere sincero: Alex era come una sorella per lei, e sapevo benissimo che impressione dava il mio comportamento. E non ero riuscito a dirle la vera ragione per cui la stavo allontanando. So che prima o poi avrei dovuto farlo, ma... non lo so, le parole non volevano saperne di uscire. Quei sogni mi avevano terrorizzato.

Dopo una decisamente poco produttiva conversazione con Clarisse e Silena, decisi di andare a trovare una vecchia amica.

La signora O'Leary mi vide prima che io vedessi lei, il che non era una cosa da poco considerato che ha le dimensioni di un camion della spazzatura.

Entrai nell'arena e un muro di tenebre mi investì. "BAUUU!"

Un attimo dopo ero spalmato a terra, con una grossa zampa sul petto e una lingua di carta vetrata formato gigante che mi leccava la faccia. «Ahi! Ehi, bella! Anch'io sono contento di vederti. Ahi!»

Ci volle qualche minuto perché la signora O'Leary si calmasse e mi si togliesse di dosso. Ormai ero praticamente zuppo di bava. Voleva giocare al bastoncino, così raccolsi uno scudo di bronzo e lo lanciai in fondo all'arena. Viveva al Campo da qualche tempo, e Beckendorf... be', prima erano Beckendorf e Alex ad occuparsi di lei ogni volta che io non c'ero. Lui le aveva fabbricato il suo osso di bronzo preferito e forgiato anche il collare, con una faccina sorridente e una targhetta col nome a forma di teschio con le tibie incrociate.

Dopo di me, Beckendorf e Alex erano stati i suoi migliori amici. Quel pensiero mi rattristò di nuovo, ma lanciai lo scudo qualche altra volta perché la signora O'Leary insisteva. Presto cominciò ad abbaiare –un suono più forte di una mitragliatrice– come se avesse bisogno di una passeggiatina. Probabilmente Alex non ne aveva avuto il tempo, con tutto quello che le era successo; così aprii il cancello e lei balzò subito via in direzione del bosco. Io le corsi dietro, senza preoccuparmi troppo del suo vantaggio. Nel bosco non c'era niente in grado di minacciare la signora O'Leary. Perfino i draghi e gli scorpioni giganti scappavano quando lei si avvicinava.

Quando alla fine la raggiunsi, non stava facendo i suoi bisogni. Era in una radura familiare, il luogo in cui il Consiglio dei Satiri Anziani una volta aveva processato Grover. Il posto non aveva un bell'aspetto. L'erba era ingiallita. I troni scolpiti nei cespugli avevano perso le foglie. Ma non fu questo a sorprendermi. Al centro della radura c'era il trio più bizzarro che avessi mai visto: Juniper, Nico Di Angelo e un satiro molto vecchio e grasso.

Nico era l'unico a non sembrare spaventato dalla comparsa della signora O'Leary. Era più o meno come lo avevo visto nel mio sogno: giubbotto da aviatore, jeans neri e una maglietta con degli scheletri danzanti stampati sopra. La spada di ferro dello Stige era appesa alla sua cintura. Aveva solo dodici anni, ma sembrava molto più grande e più triste. Mi salutò con un cenno, poi ricominciò a grattare la signora O'Leary dietro le orecchie, mentre lei gli annusava le gambe come se fossero la cosa più interessante al mondo dopo le bistecche al sangue. Il vecchio satiro non sembrava altrettanto felice. «Qualcuno vuole dirmi che cosa ci fa questa creatura degli Inferi nella mia foresta?». Agitò le braccia e scalpitò sugli zoccoli come se l'erba fosse bollente. «Tu, Percy Jackson! Questa bestia è tua?»

«Le chiedo scusa, Leneo» risposi «si chiama così, vero?»

Il satiro alzò gli occhi al cielo. Aveva la pelliccia spruzzata di grigio e una ragnatela fra le corna. Con quella pancia sarebbe stato invincibile agli autoscontri. «Be', certo che sì! Non dirmi che hai dimenticato così in fretta un membro del Consiglio! Ora, richiama la tua bestia!»

"BAU!" esclamò la signora O'Leary tutta contenta.

Il vecchio satiro deglutì. «Mandala via! Juniper, non ti aiuterò mai in queste circostanze!»

Juniper si voltò verso di me. Aveva gli occhi tinti di verde per la clorofilla delle lacrime. «Percy» disse tirando su col naso «stavo chiedendo notizie di Grover. So che è successo qualcosa. Non sarebbe stato via per così tanto se non fosse nei guai. Speravo che Leneo-»

«Gliel'ho detto!» protestò il satiro «Sta molto meglio senza quel traditore!»

Juniper pestò un piede a terra. «Non è un traditore! È il satiro più coraggioso che sia mai esistito, e io voglio sapere dov'è!»

"BAUUU!"

Le ginocchia di Leneo cominciarono a tremare. «Io... non risponderò a nessuna domanda con questo segugio infernale che mi annusa la coda!»

Nico aveva l'aria di sforzarsi molto per non scoppiare a ridere. «La porto a fare un giro» si offrì. Fischiò e la signora O'Leary lo seguì a grandi balzi in fondo alla radura.

Leneo sbuffò indignato e si spazzolò via dei ramoscelli dalla maglietta. «Ora, come stavo cercando di spiegarle, cara fanciulla, il suo fidanzato non ha mandato alcun rapporto da quando l'abbiamo condannato all'esilio»

«Avete provato a condannarlo all'esilio» lo corressi «Chirone e Dioniso ve l'hanno impedito»

«Bah! Sono membri onorari del Consiglio. Non era un voto vero e proprio»

«Credo che lo farò presente a Dioniso» ribattei con un sorriso furbo.

Leneo impallidì. «Volevo solo dire... senti un po', Jackson, non sono affari tuoi!»

«Grover è mio amico» replicai «non vi stava mentendo sulla morte di Pan. L'ho vista con i miei occhi. Eravate solo troppo spaventati per accettare la verità»

Le labbra di Leneo tremarono. «No! Grover è un bugiardo e la sua assenza è una liberazione! Stiamo molto meglio senza di lui!»

Indicai i troni appassiti. «Se le cose vanno così bene, dove sono i suoi amici? Sembrerebbe che il suo Consiglio non si sia riunito di recente»

«Marone e Sileno... io... sono sicuro che torneranno» rispose, ma avvertii un filo di panico nella sua voce «si sono solo presi un po' di tempo per riflettere... è stato un anno difficile»

Sbuffai divertito. «E' questa la scusa che ha usato Sileno?» domandai. La scena di Alex che lo terrorizzava a morte era bene impressa nella mia mente. «Comunque, le cose stanno per diventare ancora più difficili. Abbiamo bisogno di Grover, Leneo. Deve esserci un modo in cui lei può trovarlo con la sua magia»

Gli occhi del vecchio satiro ebbero un guizzo. «Ve l'ho già detto, non ho saputo nulla. Forse è morto»

Juniper inghiottì un singhiozzo. «Non è morto» ribattei «riesco a sentirlo»

«Legami empatici» commentò Leneo con disprezzo «molto inaffidabili»

«Allora chieda in giro» insistei «lo trovi. Sta per scoppiare una guerra. Grover stava preparando gli spiriti della natura»

«Senza il mio permesso! E non è la nostra guerra!»

Dei... se Alex fosse stata lì l'avrebbe rivoltato come un calzino. Be', forse era ora di rubare una pagina dalla sua agenda e di fare le sue veci. Allungai la mano e lo afferrai per la maglietta. «Ascolti, Leneo. Quando Crono attaccherà, avrà interi branchi di segugi infernali. Distruggerà tutto quello che incontrerà sul suo cammino... mortali, dei, semidei. Pensa davvero che lascerà i satiri in pace? Lei dovrebbe essere un capo. Perciò FACCIA IL CAPO! Esca di qui e vada a vedere che cosa sta succedendo. Trovi Grover e dia notizie a Juniper. SUBITO!»

Non lo spinsi troppo forte, ma era pesante e poco bilanciato, perciò cadde sul posteriore irsuto. Si raddrizzò subito sugli zoccoli e corse via con la pancia che tremolava. «Grover non sarà mai accettato! Morirà da reietto!»

Quando scomparve fra i cespugli, Juniper si asciugò gli occhi. «Mi dispiace, Percy. Non volevo coinvolgerti. Leneo è ancora un signore delle selve. È meglio non averlo come nemico»

«Non c'è problema» la rassicurai «ho nemici peggiori di un satiro in sovrappeso»

Nico tornò da noi. «Non male, Percy. A giudicare dalla scia di cacche di capra, direi che gli hai dato una bella strigliata»

Temevo di sapere perché Nico fosse lì, ma mi sforzai di sorridere. «Bentornato. Sei venuto solo a trovare Juniper?»

Nico arrossì leggermente. «No. Quello è successo per caso. Sono... be', diciamo che sono capitato nel bel mezzo della loro conversazione»

«Ci ha spaventati a morte!» intervenne Juniper «è sbucato fuori all'improvviso dal buio. Ma, Nico, tu sei il figlio di Ade... sei sicuro di non avere avuto notizie di Grover?»

Nico si agitò un poco. «Juniper, come ho già cercato di dirti... anche se Grover morisse, si reincarnerebbe in qualche altro elemento della natura. E queste cose io non riesco a vederle. Vedo solo le anime mortali»

«Ma se dovessi sentire qualcosa?» lo supplicò, posandogli una mano sul braccio «Qualunque cosa?»

Le guance di Nico si fecero ancora più rosse. «Ci puoi scommettere. Starò con le orecchie aperte»

«Lo troveremo, Juniper» promisi «Grover è vivo, ne sono certo. Avrà una valida ragione per non averci contattato»

Lei annuì, cupa. «Quanto odio non poter lasciare la foresta! Lui potrebbe essere ovunque e io sono bloccata qui. Oh, se quella stupida capra si fosse ferita...». La signora O'Leary si avvicinò con un balzo e cominciò a interessarsi al suo vestito. Juniper strillò. «Oh, no! Non provarci nemmeno! So come siete voi cani con gli alberi. Me ne vado!». E sparì con un puf! di vapore verde.

La signora O'Leary ci rimase un po' male, ma si allontanò alla ricerca di un altro bersaglio, lasciando me e Nico da soli. Lui diede dei colpetti a terra con la punta della spada. Un mucchietto di ossa animali eruppe dal terreno, si ricompose e formò lo scheletro di un topo di campagna, che zampettò via. «Ti ho visto in una visione sul Monte Tam» gli dissi «era...»

«Vera» confermò lui «non avevo intenzione di spiare i Titani, ma ero nei paraggi»

«A fare cosa?»

Nico si aggiustò la spada alla cintura. Stava per rispondere, quando vide qualcosa alle mie spalle. «Sei in ritardo» disse.

Mi girai. Alex stava venendo verso di noi, silenziosa come suo solito; aveva gli occhi blu puntati su Nico, e mi ignorò completamente. «Se mi avessi dato un orario preciso...». Si fermò di fianco a lui e gli diede un buffetto sulla spalla. «Ho interrotto qualcosa?»

Feci scorrere lo sguardo tra i due. Ecco perché Nico si trovava lì. Aveva appuntamento con Alex. Era stupido, perché lui era troppo piccolo, però... be', ero un po' geloso del rapporto che avevano, dovevo ammetterlo. Forse era dato dal fatto che lei non mi calcolava minimamente, però. «No» le rispose il figlio di Ade «stavo spiegando a Percy perché mi trovavo sul Monte Tam». Lei inarcò un sopracciglio, e prima che potesse parlare, Nico aggiunse: «Rilassati, non sono andato lì per spiare i Titani. Stavo seguendo una pista sulla... be', sulla mia famiglia»

«E com'è andata?» intervenni «Hai scoperto qualcosa?»

«No» mormorò in risposta «ma forse presto avrò una nuova pista»

«Che pista?»

Nico si morse il labbro. «Ora non ha importanza. Tu sai perché sono qui»

Una sensazione di terrore mi strinse il petto. Fin da quando mi aveva proposto il suo piano per sconfiggere Crono, l'estate prima, avevo avuto gli incubi soltanto a pensarci. Nico ogni tanto ricompariva e mi chiedeva una risposta, ma io continuavo a rimandare. Lanciai un'occhiata ad Alex, che stava grattando impassibile la signora O'Leary dietro le orecchie. Nico lo notò. «Lo sa» mi fece presente.

«Cosa?»

Finalmente Alex mi guardò. L'espressione nei suoi occhi era un po' più fredda del solito, e mi ferì un poco. «Che cosa ti ha chiesto di fare» mi rispose lei.

Guardai Nico, torvo. «Perché glielo hai-»

«Perché la Profezia riguarda anche me, che ti piaccia o no» intervenne dura lei «non riuscirai a tenermi fuori da tutta questa situazione, Percy. Il tempo a nostra disposizione si sta esaurendo, e abbiamo faccende più importanti di cui occuparci»

Aveva una feroce determinazione dipinta negli occhi. Ma io avevo la testa più dura della sua, e avevo già deciso che l'avrei protetta con ogni mezzo di cui disponevo. «Alex-»

«Non è il momento di litigare, Percy. Alex ha ragione. Tifone arriverà fra... quanto? Una settimana?» intervenne Nico, interrompendomi «Quasi tutti gli altri Titani sono ormai liberi e schierati dalla parte di Crono. Lo so che quello che ti ho proposto è estremo, ma... forse è ora di ricorrere a soluzioni estreme»

Che sia dannato, aveva ragione. Mi voltai a guardare il Campo. Perfino da lontano udivo i ragazzi di Ares e di Apollo che litigavano di nuovo, urlando maledizioni e declamando pessimi versi. «Non reggeranno mai il confronto con l'esercito dei Titani» disse Nico «lo sai. Si risolverà tutto fra te e Luke. E c'è un solo modo per batterlo». Ricordai la battaglia sulla Principessa Andromeda. Il mio svantaggio era netto e irrecuperabile. Crono mi aveva quasi ucciso con un solo graffio sul braccio, e io non ero nemmeno riuscito a scalfirlo. La lama di Vortice era rimbalzata sul suo petto. «Possiamo fare in modo che tu abbia lo stesso potere. Hai sentito la Profezia. A meno che tu non voglia farti strappare l'anima da "un'orrida lama"...»

«Non si può impedire l'avverarsi di una Profezia» commentai.

«Ma si può combattere». Nico aveva una luce strana e avida negli occhi. «Puoi diventare invincibile»

«Forse dovremmo aspettare. Provare a combattere senza-»

«No!» ringhiò lui «Dev'essere ora!»

Lo fissai. Era da molto tempo che non vedevo montare fino a quel punto la sua rabbia. Alex fece un passo verso di lui e gli posò una mano sulla spalla. «Datti una calmata, Morticino» borbottò.

Lui trasse un respiro profondo. «Percy, voglio soltanto dire... quando comincerà la battaglia, non avremo più modo di compiere il viaggio. Questa è la nostra ultima occasione. Scusa se sono stato troppo pressante, ma due anni fa mia sorella ha dato la vita per proteggerti. Voglio che tu onori la sua morte. Fai tutto il possibile per restare vivo e sconfiggere Crono»

L'idea non mi piaceva. Poi pensai ad Annabeth che mi dava del codardo e mi arrabbiai. Nico non aveva tutti i torti. Se Crono attaccava New York, i ragazzi del Campo non avrebbero retto il confronto con le sue forze. Dovevo fare qualcosa. La via che mi indicava era pericolosa, forse perfino mortale. Ma poteva darmi un vantaggio in battaglia. Tuttavia... be', l'idea non mi faceva impazzire.

Alex notò la mia esitazione. Sospirò profondamente. «Se non lo farai tu, Percy...» disse piano, guardandomi dritto in faccia «lo farò io»

Per quello Nico l'aveva informata del piano? Per avere un'opzione B?

Ah, no. Per tutti gli dei, non le avrei mai permesso di farlo. E quello fu ciò che mi diede la spinta finale. «E va bene, lo farò» acconsentii con una certa ferocia «da dove cominciamo?».

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