10. Nessuno mette Alex in un angolo (AN)


Quella mattina avrei dovuto fare l'ispezione delle Capanne con Alex, ma lei non si era presentata a colazione. Avrei voluto andare a vedere come stava, ma Chirone mi aveva pregato di lasciarla tranquilla: visti gli ultimi avvenimenti, aveva bisogno di tempo per riprendersi. La morte di Beckendorf aveva toccato tutti, chi più chi meno, ma Silena e Alex erano quelle che avevano accusato più duramente il colpo.

La figlia di Afrodite era, comprensibilmente, in uno stato pietoso: aveva rinunciato a truccarsi e a pettinarsi, e si aggirava per il Campo come uno zombie. Clarisse non la mollava un attimo. La seguiva come un cagnolino, cercando senza successo di distrarla.

Alex... be', era Alex. Si era chiusa in sé stessa, esattamente come mi aspettavo che facesse. L'avevo vista recarsi nelle fucine dopo la riunione d'emergenza che avevamo avuto... e l'avevo vista uscirne mezz'ora dopo con gli occhi colmi di lacrime e i soliti piccoli fulmini tra le dita. Era molto legata a Beckendorf. Potevo solo immaginare quello che stava passando, e adesso che sapeva della Profezia doveva essere ancora peggio. Non sapevo come aiutarla; per il momento ero consapevole che Chirone aveva ragione, però. Aveva bisogno del suo spazio. Era fatta così.

Percy, d'altro canto... oh, avrei voluto tanto mollargli un paio di schiaffi. Prima di tutto, continuava a ripetere che lui aveva scelto la Profezia, che riguardava lui, e che quindi ad Alex non sarebbe successo nulla. Aveva una feroce determinazione a proteggerla, più di quanta ne avesse prima. Pensai che fosse riferito ai versi dove si intuiva la morte dell'eroe... ma qualcosa mi diceva che c'era di più, sotto.

Comunque, il problema era che Percy, facendo così, non si rendeva conto che stava costringendo Alex ad accettare la sua (ipotetica, perché di ipotesi stavamo parlando) morte. Un'altra arma con cui distruggerla, oltre a tutto il casino che riguardava quella mortale. Alex mi aveva pregata di star fuori da quella faccenda, perché doveva sbrigarsela da sola, ma non potevo ignorare come quella stupida Testa d'Alghe stava trattando la mia migliore amica e quanto lei ci stesse male. Nossignore.

Ebbi l'occasione perfetta per massacrarlo proprio quella mattina: Percy avrebbe dovuto smistare i rapporti per Chirone, ma siccome era un compito che detestava aveva deciso di accompagnarmi. Così avremmo potuto farlo insieme -e io avrei potuto sgridarlo come si meritava.

Cominciammo con la casa di Poseidone, che in pratica era solo lui. Si era rifatto il letto e aveva raddrizzato il corno del Minotauro sulla parete. Cercò di assegnarsi un "quattro", ma con una smorfia sadica lo corressi e gli assegnai un "due". Aveva protestato, ma gli avevo detto chiaramente che era fortunato a non aver preso "zero".

Facemmo poi visita alla casa di Afrodite, che naturalmente ottenne un punteggio di cinque su cinque. I letti erano rifatti alla perfezione. Tutti avevano ordinato i vestiti nell'armadietto in base al colore. Fiori freschi sbocciavano sui davanzali delle finestre. Percy voleva togliere un punto perché la capanna puzzava di profumo firmato, ma lo ignorai. Silena stava mangiando dei cioccolatini, seduta sul suo letto. Aveva l'aria estremamente afflitta. Mi si strinse un po' il cuore, e il mio pensiero volò a Luke. Mi costrinsi a farlo uscire dalla mia mente mentre ce ne andavamo, promettendo a Silena di passarla a trovare più tardi.

Mentre attraversavamo l'area comune, scoppiò una rissa fra le case di Ares e di Apollo. Alcuni ragazzi di Apollo armati di palle di fuoco volarono sopra la casa di Ares a bordo di un carro trainato da due pegasi. Presto, il tetto della casa di Ares andò a fuoco e le naiadi del laghetto delle canoe si precipitarono a innaffiarlo. I ragazzi di Ares risposero con una maledizione, e tutte le frecce dei figli di Apollo divennero di gomma. Più ne tiravano, e più ne rimbalzavano. Un arciere ci passò davanti di corsa, inseguito da un ragazzino di Ares infuriato che strillava in versi: «Una maledizione, eh? Te la farò pagare! / Son stufo di passare tutto il giorno qui a rimare!»

«Oh, no! Ancora» borbottai con un sospiro «l'ultima volta che Apollo ha lanciato quella maledizione su una casa, c'è voluta una settimana perché la piantassero di parlare in rima»

«Ma per che cosa stanno litigando, a proposito?» mi chiese Percy.

Assegnai un punteggio di "uno su cinque" ad entrambe le case. «Quel carro volante» risposi «l'hanno conquistato durante un'incursione a Philadelphia, la scorsa settimana. Alcuni dei mezzosangue di Luke erano là con quel carro. La casa di Apollo l'ha confiscato durante la battaglia, ma era la casa di Ares a guidare l'incursione. Da quando sono tornati litigano per stabilire a chi spetti»

Chinammo la testa quando il carro di Michael Yew bombardò in picchiata uno dei ragazzi di Ares, che ricambiò menando colpi di pugnale e imprecando in rima baciata a gran voce. Era piuttosto creativo con le parolacce poetiche. «Stiamo combattendo una guerra mortale e loro litigano per uno stupido carro...» commentò Percy.

«Sì... anche Alex ha detto la stessa cosa» dissi. Con la coda dell'occhio notai che Percy lanciava un'occhiata verso la Casa Uno, nervoso. Aspettai pazientemente che facesse un qualche commento su di lei... ma non disse niente.

Demetra ottenne un quattro. Efesto un tre, e probabilmente avrebbe preso di meno, ma con la storia di Beckendorf e via dicendo gli perdonammo un po' di svogliatezza. Ermes si beccò un due, ma non era una novità. Tutti i ragazzi del Campo che non sapevano chi fosse il loro genitore divino finivano nella casa di Ermes, e siccome gli dei avevano la memoria un po' corta, la capanna era sempre sovraffollata. Alla fine arrivammo alla mia casa, che era ordinata e pulita come al solito. I libri erano allineati sugli scaffali. Le armature lucidate. Mappe di guerra e progetti vari decoravano le pareti. Solo il mio letto era in disordine. Era coperto di fogli, e il suo portatile d'argento era ancora acceso. Dei, mi ero dimenticata di riordinare... «Per la dea!» imprecai. Mentre uscivamo mi assegnai un "tre su cinque". Ero stata un po' sciatta.

Era arrivato il turno della Casa Uno, e Percy mi sembrava sempre più nervoso. Sapevo che Alex era lì, e volevo proprio vedere come avrebbe reagito se lui avesse cercato di darle un voto troppo basso. Mentre ci avvicinavamo si stava tenendo occupato leggendo l'ultimo rapporto che un satiro aveva mandato a Chirone, scritto a mano su una foglia d'acero del Canada. "Caro Grover" lesse "i boschi ai margini di Toronto sono stati attaccati dai mostri. Ho provato a invocare il potere di Pan come hai suggerito tu, ma niente. Gli alberi di molte naiadi sono andati distrutti. Ci ritiriamo a Ottawa. Ci serve il tuo consiglio, ti prego. Dove sei? Firmato: Gleeson Hedge, protettore»

Feci una smorfia. «Non hai saputo nulla? Nemmeno attraverso il legame empatico?»

Percy scosse la testa, affranto. Da quando l'estate prima il dio Pan era morto, Grover si era allontanato sempre di più. Il Consiglio dei Satiri Anziani lo trattava come un reietto, ma lui continuava a viaggiare per tutta la costa orientale, cercando di diffondere la notizia di Pan e di convincere gli spiriti della natura a proteggere la loro piccola porzione di selve. Era tornato al Campo solo pochissime volte per vedere la sua ragazza, Juniper. Stando alle ultime notizie che avevamo, Grover stava organizzando le driadi di Central Park, ma negli ultimi due mesi nessuno lo aveva più visto né sentito. Avevamo cercato di inviargli dei Messaggi-Iride. Non arrivavano mai.

Bussammo alla Capanna di Alex. Lei aprì immediatamente, come se si trovasse proprio dietro la porta. I suoi occhi erano arrossati e un po' gonfi; teneva premuto un fazzoletto contro la narice destra, come se si stesse soffiando il naso. «Ehi» ci salutò. Cioè, mi salutò, visto che aveva completamente ignorato la presenza di Percy.

Alzai la cartella e gliela sventolai davanti. «Ispezione» annunciai «ti ricordavi, vero?»

Alex sospirò. «No» ammise. Poi aprì un po' di più la porta. «Dai» esclamò.

Io e Percy entrammo. In effetti "disordine" non era la parola giusta: lì dentro mi sembrava che fosse passato un tornado. L'armadio era rotto: alcuni vestiti si riversavano sul pavimento, e la statua di Zeus, al centro della stanza, aveva un foulard appeso all'estremità della folgore di pietra e una maglietta arancione che gli copriva la testa. Per terra c'erano pezzi di vetro e cocci di vaso. Il letto era sfatto, ed era cosparso di... terriccio? «Per tutti gli dei, ma che è successo qui dentro?» domandai sorpresa.

«Ha esagerato con l'Aerocinesi» rispose una voce maschile alla mia sinistra. Mi voltai, presa in contropiede. Mitchell chiuse la porta, rivolgendomi un piccolo sorriso. Teneva un vecchio straccio rosso premuto sulla fronte, ed era coperto di terriccio come le lenzuola. «Ciao, ragazzi» ci salutò.

Sentii Percy irrigidirsi di colpo, di fianco a me. Girai il volto e guardai Alex, che aveva spostato il fazzoletto dalla narice per guardarlo. Era pieno di sangue. «Sanguina ancora?» mi domandò, alzando bene la testa per farmi vedere.

«No» rispose secco Percy. Gli lanciai un'occhiata. Aveva il coraggio di essere arrabbiato. Che ipocrita. Si girò a guardare Mitchell. «Che cavolo le hai fatto?»

Il figlio di Afrodite sobbalzò leggermente, sorpreso. «Niente, giuro» si affrettò a rispondere. Si scostò lo straccio dalla fronte e ci mostrò un taglio lungo almeno tre, quattro centimetri. Stava ancora sanguinando. «La stavo solo aiutando»

Trattenni rumorosamente il respiro, avvicinandomi a lui per esaminare la ferita. Nell'ultimo anno avevo passato più tempo con Mitchell, e avevamo instaurato una bella amicizia. Alex ne era molto felice, e avevo capito che sperava che nascesse qualcosa di più anche se non me lo aveva detto. Dovevo ammettere che Mitchell non mi dispiaceva... era alla mano, premuroso e gentile, ed era anche molto carino, però... be', la mia mente continuava inesorabile a tornare su un certo figlio di Ermes. Non potevo farci niente. «Che cosa è successo?» domandai.

Alex tirò giù il foulard dalla statua del padre. Fissò la maglietta sulla testa, probabilmente chiedendosi se era il caso di usare l'Aerocinesi per tirarla giù, ma alla fine probabilmente rinunciò. «Mellie è occupata». Strinse le labbra. «Ho chiesto a Mitchell di aiutarmi con i miei esercizi quotidiani, e-»

«Perché non lo hai chiesto a me?» la interruppe Percy, contrariato.

Alex gli lanciò un'occhiata talmente velenosa che per un momento temetti di vedere un fulmine che lo colpiva dall'alto. «Uno di questi esercizi prevede che venga provocata e che colpisca il mio istruttore con una raffica di vento. E' per imparare a controllare la rabbia e le correnti. Mitchell ci è riuscito un po' troppo bene»

«Dici? Hai creato una tromba d'aria in miniatura, Alex» fece lui.

Lei alzò gli occhi al cielo. «Sarebbe stato utile se fossi riuscita a controllarla...»

«Che cosa le hai detto?» domandai, curiosa. Non ci voleva molto a far uscire Alex dai gangheri, ma negli ultimi tempi aveva acquisito un controllo abbastanza buono sul suo temperamento e sui suoi poteri. Per creare una tromba d'aria del genere e permettergli di distruggerle la Cabina Mitchell doveva aver pesantemente esagerato.

Il figlio di Afrodite si strinse nelle spalle. «Ho nominato... ehm...». Lanciò un'occhiata nervosa verso Alex, che lo fissava come per avvisarlo di stare attento a quello che diceva. «Una certa ragazza mortale con i capelli rossi e i suoi appuntamenti con... be'...»

«Tu cosa?!» gridò Percy.

«Non ha importanza» intervenne Alex. Il tono della sua voce sembrava tranquillo, ma mi bastò guardarla per notare che aveva le mani strette a pugno, e che tremavano. «Datemi pure uno "zero", credo di meritarmelo»

Percy si girò a guardarla. «Alex, io non sono andato a nessun appuntamento con-»

Alex gli girò le spalle, guardando la statua di Zeus. «Potete portare Mitchell in infermeria, per favore?» domandò. Adesso anche la voce tremava.

«Oh, non vi disturbate» intervenne Mitchell «ho visto Will nella sua Casa mentre venivo qui. Vado direttamente da lui»

«Sei sicuro?» domandai incerta.

«Sì, certo. Ci vediamo dopo» replicò con un sorriso. Poi fece un cenno eloquente verso Alex, come a dirmi: "parlale".

Percy fece un passo verso di lui, furioso, ma io lo trattenni mentre il figlio di Afrodite scappava fuori. «Alex, vuoi che ti diamo una mano a pulire?»

Lei si limitò a scuotere la testa. Non avrei voluto andarmene, e nemmeno Percy aveva l'aria di uno che voleva farlo, ma sapevo che più lui restava lì più avrebbe peggiorato la situazione. Trascinai quindi Percy fuori dalla Casa Uno, richiudendomi la porta alle spalle. Scarabocchiai un "cinque su cinque" sulla cartelletta. Lo stato della Cabina non si meritava di sicuro un punteggio così alto... ma Alex sì.

Ci incamminammo verso la Casa Grande per tornare da Chirone. Percy, dopo qualche minuto di silenzio, parlò. «Annabeth, io...» fece imbarazzato «ecco, senti, ho fatto un sogno su Rachel, e-»

«Percy, non voglio sentirla neanche nominare quella lì» lo interruppi bruscamente «Alex è la mia migliore amica, e non voglio sapere di come hai deciso di mollarla per-»

«Ehi, aspetta un po'». Mi afferrò per un braccio e mi costrinse a fermarmi. «Senti, so che sembra che io mi sia allontanato da Alex per stare con Rachel, ma ti posso assicurare che non è per niente così»

Inarcai un sopracciglio, scettica. «Ah, no?»

«Assolutamente no!» esclamò lui con forza «Non avevo nemmeno pianificato di passare così tanto tempo con lei, te lo giuro! E' che... Alex... be'... continuo a... a...»

La sua voce si incrinò. Lo vidi deglutire e strizzare gli occhi, come se il pensiero lo facesse star male. Fu una reazione che mi incuriosì. «Continui a fare cosa, Percy?» lo incalzai.

«Annabeth, lascia perdere» mi interruppe lui «stanne fuori»

Mi accigliai. «Perché?»

«Lascia perdere, ti ho detto» ripeté.

«Ma Percy-»

«Annabeth. No»

Sospirai, rassegnata. Miei dei... non sapevo onestamente chi avesse la testa più dura, tra lui e Alex. Sarei tornata all'attacco in un altro momento, decisi. «E va bene» borbottai «hai detto che hai sognato Rachel?»

Percy annuì, e me lo raccontò. Apparentemente la mortale aveva dipinto Luke da bambino e l'arrivo di Tifone a New York. Dovevo ammettere che era strano. Rachel Elizabeth Dare sapeva vedere oltre la Foschia... e non solo oltre quella, a quanto pareva. Sospettavo che non fosse solo una semplice mortale... ma di ammetterlo a voce alta non se ne parlava proprio. Rachel non mi piaceva, e non solo per tutta la faccenda di Alex. Ad essere onesti ero ancora un po' risentita per il Labirinto.

«Sei la migliore stratega che conosco» stava dicendo Percy «se tu fossi Crono e stessi pianificando questa guerra, quale sarebbe la tua prossima mossa?»

«Userei Tifone come diversivo. Poi colpirei direttamente l'Olimpo, mentre gli dei sono impegnati a ovest» ammisi controvoglia.

«Proprio come nel quadro di Rachel»

«Percy... Rachel è soltanto una mortale»

«Ma... e se il suo sogno fosse vero? Quegli altri Titani... hanno detto che l'Olimpo sarebbe stato distrutto entro pochi giorni. Hanno detto di avere molte altre sfide in serbo. E poi che c'entrava quel quadro con Luke da bambi-»

«Dobbiamo solo farci trovare pronti» lo interruppi, brusca. Non ero pronta a parlare di Luke... non ancora. Stavo evitando l'argomento con tutti, perché sapevo che parlarne equivaleva a litigare.

«E come?» fece lui «Non riusciamo nemmeno a smettere di litigare fra noi. E a quanto pare qualcuno mi strapperà la mia stupida anima...»

Gettai la pergamena a terra. Mi stavo arrabbiando: per Alex, per Luke, per quella stupida mortale... per tutto. «Sapevo che non avremmo dovuto mostrarti la profezia. È servita solo a spaventarti. E tu scappi sempre dalle cose che ti spaventano, vero?»

Lui mi fissò sbigottito. «Io? Scappare?»

«Sì, proprio tu!» sbottai «Ti è piaciuto stare con Rachel, non è vero? Sentirti normale, privo di responsabilità?»

«Che cosa c'entra?»

«Non ti sei allontanato da Alex perché hai paura che le succeda qualcosa di brutto! L'hai sempre protetta in questi anni e non è mai stato un problema! Ti sei allontanato perché non vuoi affrontare i tuoi sentimenti! Hai preso la via d'uscita più facile!»

«Questo non è vero!»

«Certo che lo è! Tu stai scappando da Alex e dai tuoi sentimenti, Percy, perché le cose con lei non saranno mai facili come lo sono con Rachel!»

Percy scosse convulsamente la testa. «Non è-»

«Non ti permetto di trattarla in questo modo, perché non se lo merita! Alex non ti abbandonerebbe mai come stai facendo tu! Darebbe la sua stessa vita per proteggere la tua!»

«E' proprio questo il problema!» gridò lui.

«Sei un codardo, Percy Jackson!»

«Annabeth-»

Ne ebbi abbastanza di starlo a sentire. Gli voltai le spalle e mi allontanai impettita. Era solo un cretino, e Alex non si meritava di essere trattata in quella maniera. Non meritava di essere la seconda scelta. Percy voleva scegliere la via più facile? Benissimo, ma non gli avrei mai permesso di calpestare il cuore della mia migliore amica mentre usciva di scena con la coda tra le gambe, come il codardo che era.

Ehilà! Piaciuta la sorpresa?
CHARLES BECKENDORF E' VIVO!

eheh mica potevo ucciderlo :3 
ogni volta che mi scrivevate di lui, preoccupati per la sua sorte, volevo mangiarmi le mani. Non vi dico che fatica ho fatto a leggere i vostri commenti sui capitoli dove "moriva" ç_ç mi fa piacere di avergli dato tutto questo spazio nella mia storia, perchè Beckendorf è un personaggio che merita un sacco di amore :3

Ora la questione, però, è un'altra:
TORNERA', OPPURE RIMARRA' SU OGIGIA CON CALIPSO?
e non pensate che possa farmi scrupoli per via di Leo... lo sapete, ormai, che sono infame MUAHAHAH


Adesso, un paio di informazioni importanti:

IL PROSSIMO AGGIORNAMENTO E' FISSATO PER GIOVEDI' 27, ORE 14. Questo perchè venerdì è il compleanno del mio ragazzo e sarò via. 

• Se ancora non l'avete fatto, andate a seguire PercyJacksonUni! E' una fanpage a tema Percy Jackson gestita da me e dai fantasmagorici AD_Productions e ArcadiaRejss e vi aspettano tante novità nei prossimi giorni (:


NEI PROSSIMI CAPITOLI:

Percy, Nico e Alex intraprendono un viaggio...

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