1.
"Davide..."
Avevo caldo, e capivo a mala pena cosa mi stesse circondando. Sentivo le orecchie fischiare, e stavo ansimando pesantemente.
"Davide..."
Qualcosa mi toccò il braccio, facendomi rabbrividire. Quando aprii lentamente gli occhi vidi una sagoma sudata sopra di me dagli occhiali appannati.
"Diego... Sei tu."
Alzai la mano per asciugare la nebbia che copriva quei occhi castani che amavo tanto.
"...Davide."
A quel richiamo sobbalzai. La mia vista tornò pulita e vidi Marco che mi stava strettonando il braccio credendo sia ancora addormentato. Gli afferrai le mani e gli chiesi
"Che giorno è?"
"Lunedí."
Sospirai.
"Siamo in ritardo vero?"
Marco annuí.
Mi alzai da letto e corsi in bagno. Avevo promesso a mia madre che oggi sarei riuscito ad andare a scuola. Non mi pareva il caso di deluderla un'altra volta. Cercai disperatamente lo spazzolino tra le decine di lattine vuote sul lavandino. Sta casa in meno di una settimana era diventata un porcile. Anche se Marco mi stava dietro io sporcavo in continuazione. Appena lo trovai non persi nemmeno un attimo per iniziare a lavarmi i denti.
"Mi impresti le squadre? Le ho lasciate a casa"
Mi chiese Marco, mentre stava preparando sia la mia che la sua di cartella. Lo conosco da quando andavo alle elementari, è sempre stato il mio amico piú caro, anche se ora andiamo in sezioni diverse. Finito di lavarmi i denti mi vestii e corsi fuori di casa. Marco mi seguii e chiuse la porta a chiave. Ormai le mie chiavi le teneva lui. Era piú affidabile. Corremmo fino all'entrata della scuola e ci salutammo. Sospirai ed entrai in classe.
"Davide!"
Alzai gli occhi al cielo senza farlo troppo notare. Erano Margherita, Serena, Giulia, Giorgia e Caterina che mi accolsero subito. Per caritá erano simpatiche, ma odio quando le ragazze mi stanno troppo addosso.
"Cosa hai fatto?" "Pensavamo fossi morto ahah!"
Iniziarono a riempirmi di domande, e parlare tra di loro, senza che io facessi nulla. Le evitai scusandomi e mi andai a sedere vicino a Roberta. Penso fosse l'unica ragazza della classe che riuscivo a sopportate. Ero consapevole che era stracotta di me, e per questo mi conosceva e sapeva che volevo i miei spazi.
"Hey ciao! Dove sei stato?"
"Mia madre ha fatto casini con l'azienza, e voleva una spalla sulla quale piangerci sopra."
Lo dissi ridacchiando, sapevo che era sveglia, e avrebbe capito che stavo mentendo e non volevo dirle che fine avevo fatto. Lei mi guardo per un attimo, poi annuí e sorrise. Nel frattempo facevo attenzione a chi stava entrando in classe. Stranamente non stava venendo. Di solito era tra i primi a entrare e sedersi. Iniziai a tranquillizzarmi.
Passarono 2 ore di lezione.
Toctoc
"Avanti" urlò l'insegnante.
Entrò una bidella seguita da Diego e Angelica. Tutto ad un tratto iniziai a sudare, e il mio battito aumentò in misura smisurata.
"Faccia piú attenzione ai suoi allievi"
Le orecchie mi tornarono a fischiare come stamattina, e non riuscii a sentire la professoressa gesticolare furiosa davanti ai due per rimproverarli. La mia vista iniziò a sfocarsi e distorcersi, mentre le mie guancie si tinsero di lacrime involontarie.
"Hey" Roberta mi chiamò.
La guardai cercando di stopparmi le lacrime, mentre Diego e Angelica si andarono a sedere ai rispettivi posti. La campanella suonò subito dopo e io corsi in giardino a piangere, assicurandomi che nessuno me stesse seguendo. Mi lasciai collassare sulla prima panchina che vidi.
"Lo sai che quella è la mia panchina vero?"
Guardai in alto e vidi quell'individuo strano del quale tutti parlano. Che nonostante l'iscrizione a scuola passa il tempo nel cortile a fumare. Che minaccia i primini per soldi o cibo, dipende dalle giornate.
"Scusami..."
Mi alzai velocemente senza esitare, quel tipo mi terrorizzava.
"No, resta, resta pure se voi"
Si siese su un'estesmintá, facendomi del posto. Mi accantai a lui, trattenendo il pianto.
"Hai paura di me?"
"No... Dovrei?"
"Sai almeno come mi chiamo?"
"Alessandr-"
"Andrea."
"Oh scus-"
"Nessun poblema, mi confondono spesso con mio fratello."
Rimasi in silenzio, e per fortuna avevo smesso di piangere.
"Perché piangi?"
"La professoressa mi ha cazziato."
Ridacchiò. "Uh, ci credo poco"
Sospirai. "Ti sembrerei strano"
"Ti piacciono i ragazzi?"
Arrossii e non risposi.
"Tranquillo, non dispiacciono neanche a me"
Lo guardai instranito e inizia ad alzarmi lentamente.
Continuò. "Voglio dire... Maschio? Femmina? Che differenza fa."
"Devo andare a lez-"
Mi afferrò per un braccio.
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