L'IMPERATORE CHE VERRÀ
Palazzo Yamato, Stanza privata del capo clan.
L'uomo non più così giovane era intento a fissare davanti a sé con la testa alta e lo sguardo perso nel vuoto, non aveva un pensiero ben preciso in mente, o almeno non uno solo: ne aveva così tanti che era come se si annulassero a vicenda. Era una sensazione così strana da decifrare eppure come comune, l'abbiamo provata tutti almeno una volta nella nostra vita.
Quella sensazione di calma anche se sai che dovresti avere l'esatto contrario, dovresti essere aggirato, sorpreso.
Magari dovresti gridare. Magari anche piangere.
Una qualsiasi altra persona sarebbe entrata nel panico ma Yuma no,non che non volesse, anzi, ma lui semplicemente non poteva andare nel panico. Non solo perché era il capo di uno dei clan, forse il più forte tra tutti, della terra del Sol Levante: Yamato, nome che solo a sentirlo suscitava ammirazione, leggende e fascino. Anche perché a breve sarebbe di certo diventato il nuovo Imperatore.
Sarebbe stato all'altezza di quel compito?
L'uomo non più così giovane sorseggiava, apparentemente, tranquillo del té nero, mentre decise che agitarsi era effettivamente la cosa peggiore da fare e che era arrivato il momento di riprendere la calma e di riordinare i propri pensieri, non era mai stato un uomo che si lasciava trasportare dai sentimenti. La calma e la razionalità sono sempre stati i suoi pilastri "emotivi" e non capiva proprio cosa gli stesse succedendo.
Sospirò e posò la tazza sul basso tavolino in legno, con decorazioni di animali fatte dai miglior artigiani.
"Bene -pensò unendo le mani davanti a sé con una stretta ferrea fino a che le nocche non divennero bianche, lasciando uscire dalla propria bocca un lungo sospiro- cominciamo tutto dal principio.
Il Gran Sovrano è morto.
Sto per divenire imperatore.
Devo rinnovare gli accordi con i Due Clan.
Devo rimanere vivo."
Sapeva che questo giorno sarebbe arrivato e una parte di lui gioiva nel profondo, quella irrazionale, passionale, orgogliosa: presto sarebbe diventato Imperatore!
Sogno di qualsiasi uomo di alto rango come lui. La sua parte razionale, saggia e matura però gli suggeriva di non gioire così tanto, almeno per ora.
Aveva davvero tante cose da fare prima di goire: per prima cosa doveva trovare un modo per accontentare i Due Clan e per rinnovare gli accordi, se è possibile far restare gli accordi come già erano, anche perché così era strategicamente favorevole per il suo clan.
Ma sapendo come i Clan potessero essere ostili tra loro già sapeva che l'impresa sarebbe stata più che ardua e che doveva prepararsi a tutto: notti insonni, accese discussioni, scandili e nel peggiore dei casi alla morte e congiure.
Come seconda cosa doveva preparare la cerimonia d'incoronazione, come tradizione dovevano passare almeno tre mesi dalla morte del precedente Imperatore, non se la sentiva di creare qualcosa di molto sfarzoso, voleva solo creare qualcosa che sarebbe stato modesto ma anche bello e affascinante ma c'era anche da tenere in conto che il popolo era già amareggiato per la morte del precedente imperatore e ora come ora le varie sommosse dalla parte degli oppositori o semplicemente di coloro che non lo avessero accettato come imperatore sarebbero state più che ovvie.
Forse era il caso di organizzare una festa grande ma con modestia, in modo che avrebbe reso felice anche il popolo per distrarlo e dare una buona prima impressione come nuovo Sovrano. Politicamente parlando, inimicarsi il popolo era la cosa peggiore. Perché il popolo sa essere davvero strano, riesce a trattenere i peggiori soprusi per anni e anni e poi scoppiare all'improvviso per una cosa di poco conto.
Terza, ma non meno importante, cosa da fare: organizzare il funerale dell'imperatore. Per questa cerimonia avrebbe fatto una grande eccezione e avrebbe organizzato qualcosa di davvero straordinario, in onore di quella cara guida, quel caro amico e quel caro Sovrano.
A Yuma sembrava così strano che un uomo così magnanimo, buono e giusto sia morto così velocemente. Gli dei avevano sbagliato a prenderlo con loro così presto. Che sia davvero morto per la sua malattia o che ci sia altro? Tutti i medici che lo avevano visitato, e quindi i migliori, concordavano nel dire che non era nulla di grave, che sarebbe guarito. Ma ormai è morto. Che sia statao un colpo di stato?! Un assassinio!
Se fosse così anche lui sarebbe di certo in pericolo!
Se avevano ucciso il precedente sovrano allora avevano qualcosa contro le sue idee, idee condivise appieno con il clan Yamato e quindi con Yuma. In poche e povere parole: anche Yuma era in potenziale pericolo.
E se non fosse solo Yuma in pericolo? E se lo fosse l'intero clan? E se lo fossero tutti e tre i clan principali?!
Ma chi stava organizzando ora questo vero e proprio colpo di stato? E perché?
L'uomo scosse la testa, decidendo di cacciare via questi cattivi pensieri e di reprimerli, erano stupide e assurde fantasie negative: nessuno voleva morto quell'uomo così buono e magnanimo, perfino i pochi oppositori non avevano mai espresso un gran odio nei suoi confronti, solo al massimo avevano provato a mediare duramente alcuni accordi a loro favore, anche se non hanno mai avuto un risultato concreto. Il suo sguardo si fermò sulla Katana appesa al muro di legno lucido davanti a lui, l'aveva usata davvero poco, mai per uccidere qualcuno cosa di cui andava assai fiero, non amava uccidere una persona per lui solo gli Dei potevano decidere in modo così netto il destino di una persona, eccetto che non si trattasse di traditori.
Sebbene la Katana fosse un dono da una persona cara, come già detto, se c'era occasione preferiva non utilizzarla e sostituirla con la sua arma in cui era più abile: la lingua, la parola. Era questa la vera arma che poteva alzare popoli e popoli e non la spada che poteva solo alzare terrore.
Si muoveva con passo lento e più silenzioso possibile per non svegliare la propria moglie: Kyiori. Che ora dormiva tranquilla con i capelli sciolti e scompigliati sul candido cuscino.
Non provava esattamente per lei quello che può essere definito come "amore", ma tra loro c'era ormai un bel rapporto di complicità e amicizia. Più una sorella che un'amante, ma comunque le voleva bene e non voleva per lei il peggio.
Si avvicinò col suo solito passo fiero ma pieno di una calma interiore che esprimeva la sua armonia, la lama della katana era lucente e straordinariamente sottile, non c'era neppure un fil di polvere che la rovinava, il manico ancora intatto e con tutte le decorazioni ancora ben conservate.
Yuma si chiese se quella katana si sarebbe presto macchiata di sangue vivo, se nella sua lama si sarebbe riflesso uno sguardo d'odio o di paura se presto sarebbe stata marchiata dal segno delle sue mani con le nocche bianche. Sperava di no, non poteva andare assolutamente così ma gli sembrava quasi inevitabile, era come se già lo sapesse.
Forse era il caso di iniziare ad allenarsi sul serio? Non era mai stato un ottimo guerriero, non il migliore ma neppure il peggiore.
Anche se aveva i suoi protettori, pronti a difenderlo a costo della loro stessa vita.
I suoi Protettori erano scelti dai soldati più potenti dell'esercito privato del clan Yamato, sia uomini che donne, non indossavano pesanti armature (tranne che sugli avambracci) ma erano vestiti di nero da capo a piedi eccezione fatta per il simbolo del clan, un orchidea dai petali rosei simbolo di prosperità e di crescita sempre più fiorente, incisa sulle cinture strette in vita. In genere però non avevano mai ucciso nessuno per ordine del clan: l'arte della guerra non era cosa per loro. Era meglio l'arte del mercato, riuscire a tenere i conti, le spese. Quella si che poteva diventare una vera fatica. Più si va avanti e più si peggiore. Ci sono sempre più ladri e truffatori, anche se la leggere ha severe condanne per questi crimini come il mutilamento di una mano o perfino l'impiccagione.
Prese la Katana in mano per osservarla meglio, era più pesante di quel che sembrava anche se la lama era straordinariamente sottile, chiuse gli occhi per un attimo continuando a stringere la katana davanti a sé.
Provò ad imitare qualche azione con la katana che aveva visto durante qualche battaglia o vecchio allenamento, si mosse troppo velocemente e tenendo la lama troppo vicina al sua avambraccio, infatti si tagliò. Fortunatamente la ferita era guarita prima di marchiarlo del suo stesso sangue, un suo grande vantaggio.
<<rimanere ulteriormente qua è solo una perdita di tempo>> disse sospirando e uscendo dalla propria camera, sempre col suo passo silenzioso. Non voleva svegliare nessuno.
Si strinse nella sua veste azzurra decorata con disegni floreali, era difficile mantenere la calma.
Osservò bene il palazzo in cui era nato e cresciuto, dove aveva passato goie e dolori e che presto avrebbe dovuto abbandonare per sempre per dirigersi al magnifico Palazzo Imperiale, osservò con attenzione ogni angolo, ogni gradino e ogni parete, non si era mai accorto di quanto amasse quel posto fino a che non dovette lasciarlo. Sarebbe andato al maggiore dei suoi figli, Ren, o al minore, in caso Ren avesse voluto continuare a vivere al palazzo Imperiale oppure sarebbe andato a vivere nella dimora della sua futura consorte, Hideki.
Si sarebbe trovato bene nel palazzo imperiale? E la sua famiglia?
Doveva ammettere che quella struttura, quella del palazzo Imperiale, aveva dell'incredibile: era posta su un'alta montagna, circondata da un fitto bosco dove c'erano sempre appostate delle sentinelle, in modo da essere sempre protetti ma allo stesso tempo era solida e dava davvero l'impressione che neppure l'odio degli dei l'avrebbero mai buttata giù. C'era stato poche volte ma appena la vedi ti rimane per sempre nella mente.
Anche però il suo palazzo non era così tanto male: le pareti erano del tutto decorate, ogni stanza aveva un ornamento che la differenziava da ogni altra, c'era un'enorme stanza solo per i musicisti e i pittori che passavano giornate a dipingere o a suonare.
Yuma arrivò nel giardino interno, stupendo e pieno di piante provenienti da tutto il mondo curate con gran cura da lui stesso e a volte dai suoi due figli adottivi. Yuma pensò anche a quei due ragazzi, non avevano un rapporto unito come lui sperava ma non si odiavano del tutto. Di certo avrebbero dovuto imparare a restare uniti, perché Yuma era certo che tempi di Guerra si avvicinavano. E sarebbero stati tempi duri.
L'uomo di sedette tranquillamente sull'erba e alzò la testa verso la luna che brillava sopra di lui illuminando di candida luce il giardino, il cielo quella sera era pieno di stelle, chissà se anche il suo cammino come imperatore fosse stato così luminoso e chissà per quanto tempo avrebbe continuato a vedere il cielo stellato.
Era così preso dai suoi pensieri che si spaventò quando sentí una mano sulla spalla, iniziò subito a pensare al peggio, era solo di notte, colto di sorpresa e disarmato: la vittima perfetta.
Alzò gli occhi e davanti a lui c'era l'ultima persona di cui avrebbe dovuto dubitare: Ren, il suo figlio maggiore, anche se non biologico. Che ora lo guardava con sguardo confuso e che cercava di capire il comportamento del padre.
Ricorda ancora quando era entranto a far parte del clan: un bambino dai capelli sporchi e unti, le guance praticamente inesistenti e la pelle verdognola, troppo magro per reggersi bene in piedi e sempre zitto in un angolo a guardare un punto fisso sul pavimento.
Ora invece era cambiato in modo sorprendente: non era estremamente muscoloso, ma aveva messo su peso e anche se non era un abile guerriero faceva del suo meglio, i capelli neri erano scompigliati, il più delle volte, ma sempre puliti e ora aveva mostrato un lato amichevole e caloroso, sempre aperto verso gli altri. Anche se c'era ancora una certa rivalità tra Ren e la moglie di Yuma, ma Yuma era sicuro che ormai erano solo battibettichi tipici in un nucleo familiare.
Yuma sapeva bene che suo figlio non sarebbe mai diventato un eroe, un guerriero, anche se gli voleva molto bene e appoggiava le sue decisioni. Ren però aveva un grande interesse per l'arte della medicina e Yuma era sicuro che in quel campo avrebbe fatto grandi cose.
Anche se non sembrava Ren aveva una grande intelligenza.
Ren si sedette anche lui sull'erba, accanto al padre, con le gambe incrociate e poggiando i gomiti sulle ginocchia, girò la testa verso di lui, sbadigliando leggermente.
<<cosa ci fate a quest'ora sveglio, padre? Dovreste riposare>> chiese il ragazzo col suo solito tono tranquillo osservando Yuma, curioso.
<<ho troppi pensieri che non mi fanno dormire.>> rispose semplicemente, tornando a guardare il cielo, chiuse gli occhi e un leggero venticello gli passò nella veste.
Anche Ren alzò lo sguardo in su e tremò un pò dal freddo, aveva imparato che era un'abitudine del padre che attuava quando era pensieroso. Ren non capiva del perché guardava proprio il cielo, per lui in terra c'erano cose molto più interessanti: le piante, ad esempio, potevano anche uccidere o curare una persona se si sceglieva quelle giuste.
<<capisco. Eppure dovrebbe essere allegro, padre. Tutti vorrebbero essere al suo posto ora!>> disse con voce entusiasta.
Non capiva proprio cosa c'era da preoccuparsi, certo ci sarebbero state anche delle grandi responsabilità ma anche grandi onori e piaceri. O almeno Ren la vedeva così.
Yuma sospirò e si voltò verso il ragazzo.
<<Figliolo, ricorda che non è sempre tutt'oro quel che luccica, certo. Non esiste né buono né cattivo, solo meglio o peggio. Però... Il peggio non è meglio>> disse osservandolo con i suoi occhi verdastri. Sotto la luna le prime rughe già erano visibili, molto probabilmente erano dovute anche alla stanchezza e allo stress ma anche normalmente si vedeva che ormai non era più così giovane ed intrepido.
Ren era leggermente confuso dalle parole del padre, lo fece notare restando in silenzio e osservandolo a lungo. Nella speranza che o cambiasse argomento o spiegasse meglio cosa voleva dire.
<<Ti vedo confuso. Ti farò un esempio pratico-disse con un leggero sorriso- ti sembra bello incontrare la tua amica di nascosto. Quella sposata. Ma in realtà non lo è>>
Ren rimase di stucco, provava sempre ad essere silenzioso al massimo, non portava con sé neppure Aki (la sua fida scimmietta, compagna di tante avventure) ed era il suo segreto più oscuro. Come poteva Yuma saperlo?
Il ragazzo divenne anche un pò paonazzo e si sentì sprofondare nella vergogna.
<<Dovresti smetterla di vederla- disse continuando Yuma, non curante dell'atteggiamento del giovane- sai cosa accadrebbe se vi scoprissero. Sei un bravo ragazzo, non te lo meriti>>
Ren abbassò la testa, portandosi una mano dietro al collo.
<<lo so, lo so... Comunque non l'avrei più vista lo stesso, lei deve seguire il marito nei suoi viaggi di lavoro. Non la vedrò più>> cercò di contenere la tristezza nella sua voce.
<<Ah, I primi amori. Sono sempre così - commentò Yuma con una punta di nostalgia nella voce. Tornando a guardare il cielo- rincuorati, presto le ragazze faranno a lotta per giacere con te>>
Ren si fece ancora più paonazzo, in preda all'imbarazzo. Si allontanò di scatto dall'uomo.
<<Padre! Cosa state dicendo! S-sapete che io non sono quel tipo di ragazzo e che queste cose n-non fanno per me! V-voglio trovare una d-donna che mi ami e rispetti e non per solo una notte!>> il suo tono di voce era alterato ma non troppo. In fin dei conti quell'uomo era sempre suo padre, naturale o no è doveva portargli rispetto. Anche se aveva una gran voglia di gridagli contro.
<<Ahhhhh. Parli così solo perché sono tuo padre, ma se fossi un tuo compagno mi avresti detto altro. Lo so. Tranquillo, vedrò di farti sposare con una bella giovane.>> commentò con un piccolo sorriso beffardo, si incupiva un pò nel pensare che ormai suo figlio era cresciuto così tanto e che lui ora potesse quasi essere un anziano.
Avevano ragione: la giovinezza è l'età più bella.
<<N-non è vero! Eh padre! Voglio scegliere io chi sposerò! E voglio che mi ami e non per i soldi o la nobiltà! F-forse dovrebbe tornare alle sue preoccupazioni!>> Ren tentò di far cambiare discorso al padre per superare l'imbarazzo della situazione.
<<Mh... Giusto-ammise alzandosi piano e porgendo una mano al ragazzo- ma ora che ci penso bene credo che andrà tutto per il miglior verso. E dovremmo tornare entrambi nelle nostre stanze, ci aspettano giorni duri e la mia consorte non gradirebbe ciò.>>
<<Già. -disse alzandosi con l'aiuto di Yuma- padre. come avete fatto a Scoprirlo? Pensavo... Bhe... Di essere riuscito a nasconderlo bene. >> disse curioso della risposta ma con ancora tanto imbarazzo.
Yuma lo lasciò sulle spine per tutto il cammino fino al corridoio. Per Ren sembrava un tragitto eterno, anche se non era poi così tanto.
I due camminavano con lo stesso passo, abbastanza vicini ma mantenevano una certa distanza. Mentre Yuma aveva la testa alta, Ren la teneva abbassata per nascondere il rossore.
Poi Yuma si bloccò di colpo davanti alla porta che portava sul giardino, sorrise e disse con il suo tono calmo:
<<Se si vuole. Si può sentire anche la più piccola goccia d'acqua che cade>>
Yuma si avviò in silenzio verso le sue camere, il passo più rilassato di prima e cercò di reprimere una risatina pensando a come i giovani potessero essere ingenui e sentimentali, ora si sentiva anche lui meglio e doveva ammettere che Ren aveva ragione: doveva calmarsi.
Infondo non stava andando in guerra o a morire. Sarebbe diventata l'imperatore! Lui era l'imperatore che verrà!
E riguardo Ren, forse lo aveva un pò spaventato e sorpreso. In realtà lo aveva intuito solo perché il ragazzo quella sera non era affatto vestito in abiti per la notte.
Per la prima volta in quella giornata sorrise sereno. E si calmò.
Solo che l'imperatore che verrà aveva ragione, se si vuole si può sentire ogni cosa. Non importa se ci sia la luna lucente. L'ombra si nasconde anche nel sole.
Quella figura nel cappuccio nero come la notte lo sapeva, mentre stringeva in mano il pugnale dalla lama argentata e il manico verde splendente, con cui avrebbe dovuto compiere la sua missione in cui aveva fallito miseramente, lo lasciò poco dopo nel mezzo della foresta (dopo averlo pulito per bene da ogni possibile traccia), l'unica cosa che ora l'adirava era quella di aver avuto una fortuna peggiore dell'imperatore che verrà.
Camminò per qualche altro minuto nel bosco, senza temere il buio e i predatori con le loro bocche da sfamare. Non sembrava un essere umano ma un burattino, come se la strada fosse già stata tracciata nella sua mente.
Camminò e camminò.
Fino a che non arrivò in una minuscola radura, dall'erba bassa e i rami degli alberi che si alzavano fin sopra il cielo, non lasciando passare neppure un misero raggio di luna.
Si inginocchiò con aria solenne e strinse il cappuccio sulla sua testa.
Aveva fallito. Che cosa patetica. Aveva deluso l'essere che aveva riposto in quell'essere inutile tutte le sue speranze.
Estrasse la katana dal fodero dietro la schiena, in modo lento e solenne. Senza esitare, senza parlare, la tenne stretta tra le sue piccoli mani tozze.
Aveva solo un compito, per farsi valere e per farsi conoscere, per diventare qualcuno.
E aveva fallito, aveva perso l'opportunità della sua vita e inoltre era diventata un simbolo di vergogno e fallimento per il suo Maestro e Guida.
Trapassò il suo stesso ventre con la katana, anche quando la lama divenne del tutto rossa colorando anche le proprie mani arrivando al basso ventre. Anche quando delle goccioline scarlatte caddero sull'erba assieme al peso del suo corpo, con un tonfo pesante.
Non urlò, il dolore era così tanto che sembrava che gli avesse rubato anche la forza di gridare.
Dalle sue labbra aperte, da cui uscivano versi pari a quelli degli animali morenti rotolò una riga di sangue che uscì a gocce per la tosse, riversandosi sull'erba verdastra.
Chiuse gli occhi colmi di lacrime e schiacciò ancor di più la propria testa sulla terra dura e fredda. Sotto di lui sentiva camminare degli insetti che ora si arrampicavano sulle sue braccia.
Anche quando delle bestie selvatiche si avvicinarono alla figura, col cappuccio non più nero ma cresimi, sentendo l'acre odore del sangue, iniziando a leccarlo, poi a morderlo con forza.
Anche quando chiuse gli occhi per l'ultima volta aveva ancora le mani strette attorno alla katana, con i dolori dei morsi delle bestie che con le loro zanne e i loro artigli che parevano di fuoco gli penetravano la carne in profondità, la Katana che bruciava per la lama tagliente e il veleno.
Sarebbe così passato a miglior vita, morto senza che nessuno si accorgesse di lui, e il suo segreto con lui.
Ma non il suo ideale, ma non la sua missione.
Dopo di lui sarebbero andati altri e altri ancora, fino a che non sarà tutto compiuto.
Così lui sapeva, così lui pensava.
Ora solo il tempo avrebbe mostrato se è una verità.
ANGOLO AUTRICE
Ciao. Spero vi piaccia. Questo è il primo capitolo :3. Oc di BelMa-Pattinson e ReaderWriterZen
Che ne pensate della trama?--->
Dei personaggi? Li ho rappresentati come ve li eravate immaginati? --->
Secondo voi chi è la persone nel cappuccio?--->
Avete già un'idea di cosa accadrà?--->
Scrivetemi le vostre ipotesi sui prossimi capitoli--->
Come già ho detto potete dirmi di tutto. ^. ^ anche se fa schifo. Tranquilli, piano piano compariranno tutti i personaggi.
Critiche--->
Voto---> (sincerissimi anche 0 o 3)
Ora vi lascio sempre al gioco.
Se io dico:
Bassano?--->
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top