#181
Stiles lascia andare la pallina antistress. Beh, in realtà la lascia andare lanciandola contro la libreria che ha di fronte.
Era sdraiato sul letto, con quella pallina tra le mani da almeno dieci minuti e già non ne poteva più. Il medico gli aveva detto di esercitarsi almeno mezz'ora al giorno, ma il dolore aveva cominciato ad aumentare già dopo i primi cinque minuti e dopo gli altri cinque Stiles era esasperato.
Ora è con le braccia incrociate, ancora sdraiato e con quel fottuto tremore che gli faceva muovere senza la sua volontà la mano destra.
Sa che è presto, sa che deve davvero esercitarsi se vuole riprendere ad usare il suo arto come prima, ma è snervante pensare di fare cose e poi non riuscire a metterle in pratica. Anche solo scrivere al pc è diventato un problema, per non parlare di quando ha provato a farlo con una penna.
Sta seriamente cercando di trattenere le lacrime, quando un colpetto contro la finestra lo fa girare.
"Posso entrare?"
Derek è già per metà dentro, quindi Stiles annuisce solo, dandogli il permesso.
Il mananro gli si siede di fianco sul letto, annusando l'aria.
"Perché stai per piangere?"
Stiles si chiude in un ostinato silenzio e Derek sembra lasciarlo in pace, alzandosi e guardando in giro per la stanza. Stiles lo vede chinarsi, poi gli mette davanti la pallina che ha racoclto.
"Ce l'hai con lei?" chiede.
Stiles lascia finalmente scorrere le lacrime.
"Mi fa male e trema! Guarda!" dice, mettendosi a sedere e allungando la mano tremolante verso Derek.
Derek si risiede, stringendo la mano di Stiles tra le sue.
"Sei stato operato solo due settimane fa, datti tempo" gli dice, massaggiandogli la cicatrice lungo il dorso della mano.
"E se non riuscissi più a fare nulla? Se non riuscissi più a scrivere?!"
Derek se lo stringe contro, di slancio.
"In quel caso, detterai e sarò io a farlo per te. Sempre. Ma non ce ne sarà bisogno, te lo assicuro."
Stiles tira su col naso, lasciandosi stringere ancora un po'.
"Davvero lo faresti?" chiede.
"Davvero me lo stai chiedendo?" chiede di rimando Dere, facendolo sorridere, per quel suo solito sopracciglio alzato.
La parola era "TREMORE".
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