#276
Stiles Stilinski lavora da quasi due anni per Derek Hale, il suo capo esigente, preciso fino all'eccesso e con la straordinaria capacità di incutere soggezione con una sola occhiata. È il tipo d'uomo che non perde tempo in chiacchiere inutili, che pianifica ogni dettaglio con precisione e che riesce a mantenere un'espressione indecifrabile anche quando l'ufficio intero è nel caos. Stiles, invece, è l'opposto: parla troppo, gesticola, ironizza su tutto, e spesso si chiede come mai Derek non lo abbia ancora licenziato.
Eppure, in tutti quei mesi, ci sono stati momenti... strani. Sfuggenti. Momenti in cui Stiles ha creduto di cogliere qualcosa di più nelle interazioni con lui.
Come quella volta in cui, durante una riunione, si era accorto che Derek lo stava guardando fisso con l'aria di chi stava ascoltando ogni sua parola, ma che al tempo stesso era distratto da qualcos'altro. Gli occhi verdi gli si erano posati sulla bocca giusto un secondo di troppo, e Stiles aveva quasi perso il filo del discorso. Oppure quella mattina in cui era entrato nell'ufficio del capo senza bussare e l'aveva trovato con la camicia sbottonata di due bottoni in più del solito. Derek l'aveva fulminato con uno sguardo che sembrava voler dire "Non osare fare battute", e Stiles ovviamente aveva osato, perché non riesce mai a tenersi nulla.
"Bella giornata, eh, boss? Mi sembra di sentire l'aria più fresca, oggi."
Derek si era limitato a rispondergli con un ringhio basso e aveva richiuso i bottoni senza battere ciglio. Ma Stiles si era sentito osservato per tutto il resto del giorno.
Forse era solo nella sua testa. Forse Derek lo trovava solo irritante.
E poi c'era stato quel momento.
Era un normale giorno in ufficio, e Stiles era appoggiato allo schienale della sedia di Erica, intento a discutere con lei un dettaglio di un progetto, gesticolando come al solito. Derek era al suo fianco, in piedi, con le mani poggiate sullo schienale della stessa sedia.
Stiles non ci aveva dato peso. Almeno fino a quando, nel bel mezzo di una frase, aveva sentito nettamente il dorso della mano di Derek sfiorare il suo.
Era stato un contatto breve, quasi impercettibile. Una leggera pressione, il calore della pelle che si sovrapponeva al suo per un istante. Stiles aveva smesso di parlare di colpo, sentendo un brivido percorrergli il braccio.
Derek non si era mosso, non aveva ritratto la mano né accennato a dire qualcosa. E per un secondo, Stiles aveva pensato di essersi immaginato tutto.
Poi, mentre Erica continuava a parlare, Derek aveva spostato appena la mano, sfiorando di nuovo la sua con il mignolo.
Stiles aveva trattenuto il respiro, incerto se guardarlo o far finta di nulla. Ma Derek, come sempre, sembrava impassibile, lo sguardo fisso sullo schermo di Erica, come se niente fosse successo.
E Stiles era rimasto lì, immobile, il cuore che batteva un po' più forte del necessario.
Poi c'erano stati altri episodi.
Come quando Greenberg aveva cercato di scaricare un suo errore su Stiles e Derek era intervenuto prima ancora che lui potesse difendersi.
"No. Se qualcuno ha sbagliato, di certo non è Stilinski." aveva detto, la voce bassa e tagliente come una lama. "E visto che so chi ha firmato il report, meglio che tu smetta di cercare scuse."
Greenberg era diventato rosso in faccia e non aveva più aperto bocca, mentre Stiles era rimasto lì, tra lo stupito e il divertito.
Oppure quella volta in cui c'era stata una decisione importante da prendere per un progetto, e Stiles aveva proposto una soluzione alternativa, certo che Derek l'avrebbe bocciata.
Invece, il capo aveva annuito, guardandolo dritto negli occhi. "Seguiamo il piano di Stilinski." aveva detto senza esitazione.
Erica e Boyd si erano scambiati un'occhiata sorpresa, mentre Stiles cercava di trattenere un sorriso soddisfatto. Non era una cosa da poco. Derek non dava fiducia a chiunque.
E poi, la cosa più assurda di tutte: Derek ricordava sempre le sue preferenze. Se in una riunione c'era da ordinare il pranzo per tutti, il suo pasto era sempre esattamente quello che avrebbe scelto lui. Se arrivava in ufficio infreddolito, il termostato sembrava essere già regolato su una temperatura più alta. Una volta aveva persino accennato di sfuggita che i neon dell'ufficio gli davano fastidio agli occhi, e il giorno dopo Derek aveva fatto cambiare l'illuminazione.
E ora eccolo lì, appoggiato con fare rilassato allo stipite della porta dell'ufficio di Derek.
"Capo, posso parlarti un secondo?"
Derek solleva appena lo sguardo dal monitor, per poi tornare subito a digitare. "Lo stai già facendo."
Stiles alza gli occhi al cielo. "Okay, giusto. Questione di due secondi. Mi servirebbe uscire due ore prima questo giovedì."
Derek lo studia per un attimo. Sembra voler chiedere di più, ma poi annuisce, tornando ai suoi documenti. "Va bene."
Stiles sbatte le palpebre. "Sul serio?"
"Ti serve il permesso, te lo do. Fine."
"Wow, sono quasi commosso. Sarà la prima volta che mi dici sì a qualcosa senza nemmeno minacciare di scaraventarmi fuori dalla finestra."
"Le finestre non si aprono."
Stiles ridacchia, gli fa un cennoo e se ne va, soddisfatto.
La giornata scorre senza troppi intoppi. Non ci sono scadenze imminenti, nessun cliente insopportabile da gestire e, per una volta, persino la stampante dell'ufficio sembra collaborare. Stiles passa la mattinata tra qualche email, una rapida revisione di un report e un paio di battute scambiate con Erica e Boyd vicino alla macchinetta del caffè.
Tutto tranquillo.
E, per una volta, Derek non gli ha ancora lanciato nessuna occhiata minacciosa o strana.
È quasi ora di pranzo quando, tornando alla sua scrivania d, Stiles nota Derek e Erica parlare vicino all'ingresso della sala riunioni. i avvicina, giusto per curiosità, ma prima ancora di aprire bocca, Derek si gira verso di lui
"Stilinski, alle tre e mezza c'è una riunione importante. È tutto pronto?"
Stiles rimane immobile per un attimo.
"Aspetta, cosa?" sbatte le palpebre, guardando prima Derek e poi Erica, che si limita a sollevare un sopracciglio. "Quale riunione?"
Derek lo guarda come se fosse l'idiota più grande della Terra. "La riunione con il cliente per il progetto del nuovo edificio. Non dirmi che non lo sapevi."
"Oh no, certo, certo.. "Solo che nessuno me l'ha detto, quindipiccolo dettaglio irrilevante, ma io non lo sapevo."
Derek stringe la mascella e sospira, passandosi una mano sulla faccia, come se la sua pazienza fosse già stata messa alla prova abbastanza per un'intera vita.
"Te l'avrei detto prima, ma pensavo lo sapessi."
"Ah, sì, perché ovviamente io posso leggere nella mente altrui, e come tutti sanno, il mio superpotere è saperlo e basta."
Derek lo ignora. "Comunque, ora lo sai. E hai tutto pronto, vero?"
"No, Derek, non ho niente pronto, perché fino a trenta secondi fa non sapevo che questa riunione esistesse!"
"Bene. Allora preparati."
Stiles sbuffa. "Okay, ma c'è un problema. Ti ricordi il permesso che mi hai dato stamattina? Quelle due ore che mi hai concesso senza fare storie? Quelle che mi hai detto 'Va bene' senza nemmeno chiedermi il motivo?"
"Sì."
"Ecco, piccolo dettaglio: la riunione è alle tre e mezza. Io a quell'ora non dovrei nemmeno essere qui."
Derek lo fissa per un lungo, lunghissimo secondo. Poi, con la massima calma,
"Il permesso è revocato."
Stiles lo guarda, gli occhi spalancati. "...Scusa?"
"Abbiamo una riunione importante, Stilinski. Sei necessario."
"Ma mi avevi detto di sì! Mi avevi dato il permesso senza problemi!"
"Adesso te lo sto togliendo." risponde Derek, stringendo le spalle "La riunione è prioritaria."
La riunione inizia puntuale alle tre e mezza, e Stiles si ritrova seduto accanto a Derek con un fascicolo aperto davanti, cercando di non sembrare troppo seccato dalla situazione.
E, okay, deve ammettere che la riunione è davvero importante. Il progetto è uno dei più grossi a cui stanno lavorando e il cliente si aspetta risposte precise e strategie dettagliate.
Stiles partecipa attivamente, prendendo appunti e rispondendo alle domande quando necessario, ma con la coda dell'occhio continua a controllare l'orologio.
Quarantacinque minuti.
Un'ora.
Un'ora e mezza.
A questo punto, il suo ginocchio sta rimbalzando sotto il tavolo per la frustrazione. Doveva andarsene da un pezzo.
Il suo capo èinveceperfettamente rilassato, come se non avesse appena mandato all'aria i piani di Stiles con una semplice frase. Non sembra nemmeno notare la sua irrequietezza. O meglio, fa finta di non notarla, perché Stiles sente lo sguardo di Derek su di lui più volte durante la riunione. E ogni volta che Stiles pensa di avere finalmente finito di parlare, Derek interviene con un commento che, in teoria, è rivolto ai clienti, ma che finisce per mettere lui in buona luce.
"Abbiamo analizzato diverse possibilità, ma l'intuizione di Stilinski si è rivelata la più efficace."
"Lui ha gestito direttamente quella parte del progetto, quindi può spiegarvelo meglio."
"Abbiamo lasciato che fosse lui a occuparsene, e i risultati parlano da soli."
Stiles non sa se esserne lusingato o ancora più infuriato.
Finalmente, dopo un'ora e quaranta minuti di riunione, i clienti sembrano soddisfatti e iniziano a raccogliere le loro cose.
Non appena l'ultimo esce dalla sala, Stiles raccoglie i suoi appunti in un batter d'occhio e si gira verso Derek.
"Devo andare."
Non aspetta una risposta. Non gli interessa nemmeno vedere la reazione di Derek. Esce dalla sala riunioni a passo svelto, estrae il telefono dalla tasca e controlla i messaggi mentre si dirige verso l'uscita.
È in ritardo. Maledettamente in ritardo.
Stiles è già col cappotto addosso, la sciarpa mezza sistemata e il telefono stretto in una mano mentre accelera il passo verso l'uscita. Ha troppa fretta per fermarsi a salutare qualcunonon che ci sia ancora qualcuno da salutare, a quanto pare.
Quando raggiunge il corridoio principale, incrocia proprio lui.
Derek è appoggiato con nonchalance alla reception,, e lo osserva con la solita espressione imperscrutabile. Stiles stringe la mascella, pronto a ignorarlo e a uscire di lì il più in fretta possibile, ma prima ancora che possa superarlo, Derek parla.
"Gli altri sono già andati via."
Stiles si ferma per un secondo, abbastanza per alzare lo sguardo su di lui.
"Okay?" ribatte, impaziente.
"Non dimenticarti di spegnere le luci e l'aria condizionata." aggiunge Derek con un tono quasi distratto, come se fosse solo un promemoria da capo a dipendente.
"Giornata lunga, eh? Certi eventi andrebbero pianificati meglio." Aggiunge Derek.
"Che?" chiede Stiles sorpreso. "Quali eventi? La riunione a cui non mi avevate invitato pur sapendolo da una settimana?"
"E tu da quanto sapevi di dover fare qualcosa oggi? Avevi dimenticato un evento importante?"
"Di che parli?" chiede.
Derek solleva un sopracciglio. "Solo che sembravi piuttosto di fretta, tutto qui. Spero che non ti sia dimenticato di qualcosa di importante."
Stiles stringe la mascella.
Il tono è leggero. Il viso impassibile. Ma Stiles lo conosce abbastanza per cogliere quello che non viene detto apertamente.
Derek sa.
E lo sta stuzzicando.
Il permesso revocato, la riunione che si è prolungata troppo, quell'aria vagamente soddisfatta mentre lo guarda correre via... non è stata una coincidenza.
Stiles sente il battito accelerare mentre un pensiero si insinua nella sua mente.
"Mi stai prendendo in giro?" chiede, stringendo il telefono tra le dita.
"Perché dovrei?" ribatte Derek, alzando appena le spalle. "Era una riunione importante. E tu eri necessario."
"Stronzate."
"Non ti ho mai sentito così scurrile, Stilinski."
Stiles sbuffa, sentendo il nervoso bruciargli sotto la pelle. "E io non ti ho mai visto essere così subdolo." incalza, facendo un passo avanti. "Perché l'hai fatto? Perché mi hai trattenuto in una riunione in cui, guarda caso, non era nemmeno prevista la mia presenza?"
Derek non risponde subito. Poidice solo: "Ti serviva."
"Mi serviva?" ripete, incredulo.
"Sì. Era un'opportunità per farti notare." spiega Dere. "E infatti hai fatto un ottimo lavoro. Ti ho dato spazio per parlare, ho fatto in modo che i clienti vedessero il tuo potenziale. Direi che è stata una buona mossa."
Stiles lo fissa, la rabbia che si mescola alla confusione. Certo, in riunione Derek lo aveva lodato, lo aveva messo sotto i riflettori... Ma non era quello il punto.
"Non girarci intorno, Hale. Non era quello il motivo e lo sai."
"Ah, no? E secondo te quale sarebbe il vero motivo, Stilinski?"
Stiles sente le dita pizzicare dalla voglia di lanciargli qualcosa addosso. Derek sta cercando di rigirare la frittata, di farlo sembrare paranoico, ma Stiles non ci casca.
Si irrigidisce, piantandosi davanti a lui con lo sguardo acceso. "Non è così che funziona. Io ti faccio una domanda e tu rispondi. Perché mi hai trattenuto?"
Derek rimane in silenzio per un istante, poi piega appena le labbra in un sorriso impercettibile. "Te l'ho già detto."
"No. Tu mi hai dato una spiegazione conveniente, non la verità." Stiles scuote la testa, il cuore che gli batte forte nel petto. "Lo sapevi. Sapevi che oggi avevo qualcosa di importante. Non mi avevi detto della riunione perché non c'era bisogno che ci fossi. E poi, all'ultimo, hai cambiato idea. Mi hai trattenuto apposta."
Derek non conferma, ma nemmeno nega.
Il che è praticamente una conferma.
Stiles sente un brivido di frustrazione corrergli lungo la schiena. Passa una mano tra i capelli e fa un respiro secco. "Cristo, Derek."
L'uomo davanti a lui lo osserva con quella calma inamovibile, ma c'è qualcosa, qualcosa, nella tensione delle sue spalle, nel modo in cui le sue dita si contraggono leggermente contro il bordo della reception, che fa capire a Stiles che non è così indifferente come vorrebbe far credere.
E questa consapevolezza gli esplode nel petto come una scintilla.
Stiles stringe gli occhi, lo fissa con attenzione, e poi, con un tono più basso, quasi una sfida, chiede: "Cos'è, Hale? Ti dava fastidio che andassi via?"
Derek non risponde subito. I suoi occhi si oscurano, le labbra si serrano in una linea sottile, e per un istante Stiles vede la lotta interna che gli attraversa il volto. È così raro vedere Derek esitareche la cosa lo colpisce più di quanto voglia ammettere.
Ma poi Derek distoglie lo sguardo, stringe la mascella e dice, con voce bassa e controllata: "Non dire stronzate."
Stiles ride. "Stronzate? Sul serio? Quindi non ti ha dato minimamente fastidio che uscissi prima? Non hai trattenuto tutti in riunione apposta? Non mi hai fatto perdere tempo per niente?"
Derek non lo guarda.
Stiles sbuffa e scuote la testa, il fuoco della rabbia che si mescola a qualcos'altro, qualcosa di più pericoloso, qualcosa che non vuole nemmeno analizzare in quel momento. "Sei incredibile. Davvero, Derek. Non volevi che me ne andassi? Bastava dirlo. Ma no, tu dovevi fare il solito stronzo controllante che manipola le situazioni a suo piacimen-"
Non finisce la frase.
Perché in un battito di ciglia Derek fa un passo avanti, lo afferra per il colletto del cappotto e lo spinge contro il muro con un movimento rapido e sicuro.
Stiles spalanca gli occhi, il fiato mozzato. "Che ca-"
E poi Derek lo bacia.
È violento, urgente, pieno di frustrazione e qualcosa di più profondo che nessuno dei due ha mai avuto il coraggio di nominare. Stiles sente le dita di Derek stringere il tessuto del suo cappotto, il petto premuto contro il suo, e per un attimo il mondo intero sembra svanire.
Ma è arrabbiato. È così arrabbiato.
E quindi, senza pensarci troppo, lo bacia di rimando.
Stiles sente il morso dei denti di Derek sulle sue labbra, la pressione delle sue mani che lo tengono fermo contro il muro come se non volesse dargli via di scampo. Ma lui non è il tipo che si lascia dominare senza combattere. Affonda le dita nei capelli scuri di Derek, tirandolo più vicino, strappandogli un ringhio basso e profondo che vibra contro la sua bocca.
Il bacio si fa sempre più intenso, più disperato. C'è troppa elettricità, troppa tensione accumulata, ed entrambi sembrano sul punto di esplodere. Derek spinge il suo corpo contro il muro con più forza, e Stiles si aggrappa alle sue spalle, le unghie che affondano nel tessuto della camicia.
Poi, all'improvviso, Derek lo afferra saldamente sotto le cosce e lo solleva con un solo movimento sicuro.
"Derek—" Stiles non riesce nemmeno a finire la frase che si ritrova a stringere istintivamente le gambe intorno ai suoi fianchi, il respiro troncato dallo shock e dal calore che gli esplode nel petto.
Derek lo tiene saldo, il petto che si solleva e si abbassa pesantemente contro il suo. Il muro dietro di lui è freddo in contrasto con il fuoco che gli brucia sotto la pelle.
Il bacio non si ferma. Se possibile, diventa ancora più intenso. Le mani di Derek stringono i suoi fianchi con un'urgenza palpabile, mentre Stiles si aggrappa a lui come se lasciarlo andare fosse l'ultima cosa che vuole fare.
E forse lo è.
Il bacio si interrompe solo quando l'aria diventa una necessità.
Stiles sente il respiro caldo di Derek sfiorargli le labbra mentre entrambi ansimano, i loro petti che si sollevano e abbassano all'unisono. Ma nessuno dei due si separa. Rimangono lì, fronte contro fronte, ancora sospesi in quell'attimo di elettricità tesa.
Stiles è il primo a rompere il silenzio, con un sorriso storto che gli increspa le labbra ancora umide. "Ammettilo."
Derek chiude gli occhi per un secondo, come se cercasse la pazienza che evidentemente non ha, poi li riapre e lo fissa con un'intensità bruciante. "Sei un idiota."
Stiles ride piano, il suono basso e compiaciuto. "Non lo neghi, quindi."
Derek sbuffa, ma le sue mani non si muovono dai fianchi di Stiles. Lo tiene ancora sollevato, ancora premuto contro il muro, e l'unico segnale che sta cercando di mantenere un briciolo di controllo è la tensione nelle sue spalle.
Stiles inclina la testa di lato, gli occhi ancora incatenati nei suoi. "Non potevi semplicemente dirmelo, invece di sabotare la mia giornata?"
Derek stringe la mascella. "Dovevi proprio andartene?" chiede, la voce più bassa, più ruvida.
Stiles sbuffa, ma il sorriso sulle sue labbra non si spegne del tutto. "Sì, dovevo." risponde, senza esitazione. "Ma, guarda caso, sono rimasto. Ho fatto il mio lavoro, ho gestito la riunione, ho impressionato i clienti. Direi che il dovere l'ho fatto alla grande, no?"
Derek lo osserva per un lungo secondo. Poi, con la stessa voce bassa e ruvida di prima, chiede: "E sei rimasto solo per il lavoro?"
La domanda è semplice. Eppure, il modo in cui la dice, la gravità che porta con sé, è tutto fuorché banale.
Stiles sente il battito accelerare, il corpo ancora intrappolato nella presa salda di Derek, le sue mani calde contro i suoi fianchi.
Solleva lo sguardo, sfiorando appena le labbra dell'altro con le proprie. Sorride piano, inclinando leggermente il capo. "Tu che dici?"
Derek non risponde subito. Il suo sguardo si muove sul volto di Stiles, indugia sulle sue labbra per un attimo di troppo, e Stiles sente il respiro farsi più corto.
Poi, con un filo di voce, Derek mormora: "Dico che non mi hai ancora risposto."
Stiles sbuffa piano, ma non si allontana, anzi, stringe appena le gambe intorno ai suoi fianchi, lo tiene lì, come se fosse lui ad avere il controllo della situazione.
"Forse perché voglio sentirlo dire da te, Hale."
Derek serra la mascella, le dita si contraggono appena contro i suoi fianchi. "Cosa vuoi sentirti dire?" chiede, ma lo sanno entrambi.
"Il vero motivo per cui mi hai fatto rimanere."
Derek fa un respiro profondo, il petto che sfiora il suo. I suoi occhi sono una tempesta, e Stiles si accorge che sta combattendo con se stesso, che sta cercando disperatamente di non dire quelle parole.
Ma Stiles non molla.
"Dillo, Derek." insiste.
Derek stringe la presa su di lui, i suoi occhi bruciano. Un battito di ciglia, un respiro trattenuto.
"Non volevo che te ne andassi." confessa infine, la voce roca e sincera. "Non volevo che fossi con lui."
Stiles sente un brivido scorrergli lungo la schiena. Si era aspettato di doverselo tirare fuori con le pinze, di sentire un mezzo tentativo di negazione, di trovare una scusa qualsiasi. Ma no, Derek l'ha detto. Chiaro. Diretto.
E dentro di sé, Stiles lo sapeva.
Lo sapeva da tempo.
E prima che Stiles possa dire altro, Derek lo bacia di nuovo.
Forte. Deciso.
Come se avesse finalmente smesso di scappare.
Il bacio è diverso, stavolta. Non c'è solo frustrazione, non c'è solo rabbia. È qualcosa di più profondo, più crudo, più vero. Derek non lo sta baciando per farlo tacere, non sta cercando di nascondere niente.
E Stiles lo sente tutto.
Le sue mani si allentano sulla camicia di Derek, le dita scivolano lungo la linea della sua mascella, e quando si separano, restano vicini, il respiro mischiato tra loro.
Per un attimo, c'è solo silenzio.
Poi Stiles, con un sorrisino ancora impastato dal bacio, mormora: "Sai, se volevi passare la serata con me, potevi solo chiedermelo."
Derek non distoglie lo sguardo, non si tira indietro. Al contrario, la sua espressione si fa più intensa, . "O ordinartelo."
Stiles sbatte le palpebre. . "Oh, sì? E con che autorità, di grazia?"
Derek solleva un sopracciglio, come se la domanda fosse inutile. "Sono pur sempre il capo."
Stiles ride piano, scuotendo la testa. "E questo che significa?"
Derek si avvicina, abbassando appena la voce. "Che gli straordinari sono previsti dal tuo contratto."
Stiles sente un brivido corrergli lungo la schiena. "Ah, certo. E quindi ora devo restare qui perché tu hai deciso che devo fare straordinari non retribuiti?"
Derek inclina la testa, il fantasma di un sorriso che gli sfiora le labbra. "Chi ha detto che non saranno retribuiti?"
Stiles solleva un sopracciglio, incrociando le braccia al petto. E sarei curioso di sapere in che modo intendi retribuirli, boss."
Derek non dice nulla, ma il modo in cui lo guarda parla da solo. I suoi occhi scivolano lentamente sulle labbra di Stiles, poi risalgono verso i suoi occhi, scuri, intenzionati, brucianti di un sottinteso che è impossibile ignorare.
Stiles deglutisce, ma non abbassa lo sguardo. "Non è molto professionale da parte tua."
"Non sarebbe professionale nemmeno rifiutare gli straordinari imposti dal capo per un progetto importante."
Stiles stringe gli occhi in una finta espressione sospettosa. "Ah sì? E quale sarebbe questo fantomatico progetto su cui dovrei lavorare?"
Derek non risponde subito. Invece, allunga una mano e afferra la sua, le dita forti che si chiudono attorno al suo polso.
"Te lo mostrerò nel mio ufficio."
Stiles sente il battito accelerare mentre Derek lo tira con sé lungo il corridoio.
"Fammi indovinare," dice Stiles con un mezzo sorriso, lasciandosi trascinare senza opporre resistenza. "La scrivania è parte fondamentale del progetto, vero?"
Derek apre la porta con un movimento fluido e lo fa entrare prima di chiuderla dietro di loro. elo conduce senza fretta verso la scrivania
Quando raggiungono il bordo, Derek si ferma dietro di lui, le mani che scivolano lungo i suoi fianchi prima di stringere appena, guidandolo con fermezza a piegarsi.
Stiles sente un brivido percorrergli la schiena, ma si inclina lentamente in avanti, appoggiando le mani sul legno lucido della scrivania.
Derek si avvicina ancora, il calore del suo corpo che gli sfiora la schiena. E poi, senza dire nulla, abbassa appena la testa e gli sfiora la nuca con le labbra, il respiro caldo contro la pelle.
"Decisamente" risponde.
*****
Eccoci qua, dopo mesi, mesi e tanti mesi di assenza.
Come state? Io abbastanza bene. Mi siete mancat*.
Blu.
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