#272
Derek lavora da due mesi come vicesceriffo in quella minuscola cittadina e comincia ad abituarsi. Si è abituato alla mancanza di traffico; si è abituato a vedere quasi sempre le stesse persone quando esce di casa; si è abituato già anche ai suoi colleghi. Con loro, soprattutto, si trova magnificamente. Nessuno è particolarmente invasivo, tutti sono molto disponibili e cordiali fin dal primo giorno e qualche volta è anche uscito a bere qualcosa con loro. E la stessa cosa vale per il suo superiore, lo sceriffo che andrà in pensione tra due anni e che sembra comportarsi sul serio come un padre con lui. Lo ha accolto come se avesse sempre lavorato lì, portandoselo in gir per la città a presentargli tutti e lo fa sentire davvero a casa.
E, a proposito di casa, Derek ne ha presa una in affitto al limitare della riserva che circonda Beacon Hills. Se ne è innamorato appena l'agente immobiliare gliel'ha proposta, è stata la prima che ha visto. E non c'entra niente col fatto che ha scopato proprio col suddetto agente quel giorno stesso in quella stessa casa. Nemmeno sa come sia potuto succedere; non che non abbia mai avuto degli incontri improvvisi come quello, ma quel giorno era stato come se qualcosa fosse esploso tra loro due. E, per inciso, il ragazzo non era nemmeno propriamente il suo tipo, ma era stata una attrazione fatale. Un attimo prima gli stava mostrando l'isola in cucina e l'attimo dopo Derek l'aveva piegato a novanta proprio sulla stessa isola.
L'aveva rivisto la settimana dopo per poter firmare tutte le scartoffie e l'aveva invitato all'inaugurazione della casa due giorni dopo. Non gli aveva specificato che sarebbe stato l'unico invitato, ma il ragazzo non sembrava essersene dispiaciuto, anche se era dovuto andare via poco dopo la mezzanotte. Si sono visti poi qualche giorno dopo e altri giorni dopo ancora. Sono due mesi che escono insieme e oltre a ciò che fanno a letto (e in molti altri luoghi), a Derek comincia sul serio a piacere.
"Hale, hai da fare?"
I pensieri di Derek vengono interrotti dallo sceriffo che entra nel suo ufficio, appoggiandosi alla porta. Derek gli fa cenno di no.
"Qualche emergenza?"
Noah annuisce. "Sì, ma non del dipartimento. Ho un incontro con un ispettore di New York, quello di cui ti ho parlato ieri, ma ho bisogno che qualcuno vada a prendere mio figlio a scuola, che la sua auto l'ha abbandonato e piove a dirotto. Ti andrebbe?"
Derek sa che Noah ha un figlio, che si chiama Mieczysław, che ha diciannove anni e frequente l'ultimo anno delle superiori. Lo sceriffo ne parla spesso, si percepisce quanto ne sia orgoglioso e fiero e quanto gli voglia bene (nonostante gli abbia dato quell'orribile nome).
"Come lo riconosco?" chiede.
"Sarà vicino ad una Jeep color puffo ferma nel parcheggio. Probabilmente col cofano aperto, tutto bagnato, perché cerca sempre di resuscitarla. Riuscendoci sempre, tra l'altro. Come fa, io non lo so. Comunque grazie, ti devo un piacere."
"Nessun problema" gli sorride Derek, prendendo la giacca della divisa e le chiavi dell'auto di ordinanza, dato che è comunque in servizio.
La scuola è poco lontana, ma impiega un po' a causa del traffico che si è formato per la pioggia. Quando entra nel cortine della scuola è già quasi deserto e riesce subito a vedere la Jeep azzurra. Come previsto da Noah, il cofano è aperto e un ragazzo ci è praticamente con la testa dentro, nonostante sia bagnato completamente.
Accosta, cercando di non schizzarlo col fango, poi abbassa un po' il finestrino per farsi sentire.
"Miec- Mies- Figlio dello sceriffo!" esclama.
Il ragazzo si volta, il cappuccio calato quasi sugli occhi.
"Avevo detto a papà che avrei risolto da...so-lo..."
Derek non ci crede. Dev'essere solo un'assurda somiglianza, forse quel ragazzo è il cugino della persona che conosce lui. Solo che si è portato le mani al viso, è arrossito e sta per andarsene.
"Fermo lì! Sali subito in auto!" tuona, bloccando Stiles che sembra prendere un respiro profondo, poi fa dietrofront e sale in auto. Continua a tenere lo sguardo basso, il cappuccio a coprirgli quasi il viso e una mano alla bocca, mentre si tortura le pellicine.
Derek lo vede tremare impercettibilmente e alza gli occhi al cielo mentre accende la stufa al massimo; poi mette in moto e si avvia verso casa sua. Quando parcheggia, Stiles è ancora muto, ma scende dall'auto e lo segue dentro.
Derek lo porta in camera da letto, poi gli mette un dito sotto il mento per farsi guardare. Stiles ha gli occhi lucidi, ma si sta mordendo il labbro inferiore per non piangere.
"Asciugati, mettiti qualcosa addosso, tanto hai i tuoi vestiti qui, poi vieni in cucina. Mi devi delle spiegazioni."
Stiles si limita ad annuire e Derek si siede in cucina, un caffè nero davanti e un atroce mal di testa. Per fortuna il suo turno è finito e non deve tornare in centrale, perché sul serio non ne avrebbe la forza.
Stiles arriva pochi minuti dopo, con addosso una sua tuta che ha portato lì la settimana prima e ancora lo sguardo basso. si siede sullo sgabello di fronte a Derek, che non parla, vuole solo ascoltare.
"Non ho scuse" dice il ragazzo. "Lavoro come agente immobiliare qualche volta dopo la scuola o nel fine settimana, perché voglio comprare un'auto nuova e papà non lo sa. Stiles è il mio soprannome, tutti mi chiamano così, tranne papà che preferisce il mio vero nome perché gli ricorda mamma. Ho diciannove anni, non vent'uno. E...e tu mi piaci sul serio e sono davvero dispiaciuto e incazzato con me stesso, perché so di aver fatto un pasticcio."
Derek chiude gli occhi, massaggiandosi le tempie.
"Sapevi chi fossi io?"
"Solo dopo che hai firmato il contratto per la casa" confessa. "La prima volta quindi no, e ti ho detto di avere qualche anno in più perché...beh, non mi avresti mai considerato."
"Stiles, oltre ad avermi mentito, hai idea del fatto che tuo padre sia il mio capo?" chiede nervoso.
"Certo" risponde il ragazzo. "Ma sono maggiorenne e nulla di quello che abbiamo fatto è illegale e papà non può sindacare sulle persone con cui sto."
Solo in quel momento Stiles lo guarda negli occhi, poi li riabbassa.
"O con cui stavo, almeno" sussurra.
Derek non sa cosa fare, cosa dire. Sa solo che è arrabbiato, confuso, furioso.
"Ti accompagno a casa" dice, alzandosi. Stiles fa per seguirlo, poi si blocca.
"Per me è stato tutto vero, Derek. Vorrei solo che fosse chiaro. E mi dispiace sul serio."
Derek non risponde, ma prende le chiavi della macchina ed esce fuori.
*****
DA QUANTO TEMPO!
Come state? Cosa mi raccontate?
Io nulla di nuovo, a parte la vita frenetica.
La continuerò, probabilmente lunedì.
Un abbraccio forte.
Blu.
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