#270

 Quando Stiles si sveglia quella mattina, sa che qualcosa non va. Anzi, va tutto fin troppo bene.

È una meravigliosa mattinata autunnale, il cielo azzurro e dalla finestra della cucina entra un leggero venticello che fa svolazzare le tende bianche.

Se ne sta seduto lì, al tavolo, davanti ad una fumante tazza di caffè fin troppo zuccherata. E sa che non dovrebbe berne nemmeno un sorso, perché si sentirà agitato per tutto il giorno e a fine giornata si ritroverà con un atroce mal di testa, ma è sabato, ha sonno e ha un po' di faccende da fare. 

Innanzitutto deve fare la spesa per suo padre che si è beccato l'influenza e non può mettere piede fuori casa; poi deve portare la sua bimba dal meccanico, perché ha iniziato ad emettere strani rumori. Quando l'avrà salvata, potrà andare a pranzo da Scott, il suo migliore amico, che ha da dirgli qualcosa di importante. Stiles lo sa che gli parlerà della proposta di matrimonio che farà da lì a breve ad Allison, la sua fidanzata storica. Come se Stiles non l'avesse capito già da qualche mese: Scott non fa che guardare le vetrine delle gioiellerie quando escono e lo fa con sguardo sognante e molto, molto interessato. È così ovvio, ma indosserà la sua più falsa espressione stupita e sarà felice per il suo amico. Se lo meritano davvero il lieto fine loro. Loro sì che sono davvero anime gemelle.

Questo pensiero fa abbassare lo sguardo a Stiles sulla tazza ormai vuota. Uno sguardo un po' triste e malinconico, ma anche un po' arrabbiato. Scuote la testa come se volesse sbarazzarsi di quei brutti pensieri, si alza, poggia la tazza nel lavabo e si avvia in bagno per prepararsi.

È nel mezzo del corridoio, quando sente il suono del campanello. Spera vivamente non sia la sua vicina di casa, che si piazza lì per ore ed ore a parlare del nulla. Una volta con la scusa dello zucchero finito, un'altra per far vedere a Stiles le foto dei suoi nipoti.

Stiles fa dietrofront, guarda dallo spioncino e un sorriso gli si allarga sul viso, quando vede di chi si tratta.

"Ehi, ragazzone!" esordisce, spalancando la porta.

Derek Hale è lì, un sorriso appena accennato e un sacchetto tra le mani.

"Fammi entrare, che la tua vicina non mi ha ancora visto" risponde l'altro, spingendolo in casa e chiudendosi la porta alle spalle.

Stiles conosce Derek da...sempre, praticamente. Si conoscono da quando Stiles aveva cinque anni e Derek otto. Sono sempre stati vicini di casa, le loro madri erano amiche e hanno passato tutti i fine settimana insieme da quando Stiles ne ha memoria. Nonostante la scontrosità innata del più grande, sono sempre andati d'accordo, sono sempre stati amici e si sono aiutati più volte di quanto piaccia ammettere ad entrambi.

Derek è il figlio del governatore della contea e Stiles ha approfittato per anni della sua enorme villa (soprattutto della piscina in giardino), mentre Derek ha approfittato svariate volte della libreria che Claudia, la mamma di Stiles, gestiva in centro città. Ha ormai perso il conto di tutti i libri che hanno "preso in prestito" senza che nessuno se ne accorgesse, e che poi hanno letto insieme, prima di riportarli indietro. Stiles è sicuro che sua madre l'abbia sempre saputo, ma ch eli abbia sempre lasciati fare.

"Ehi, non spingere" lo rimprovera Stiles. "Cosa ci fai qui alle nove del mattino? Sei caduto dal letto?"

Derek lo guarda truce, poi gli porge il sacchetto. "Ti ho portato la colazione, idiota. Cos'hai da fare, oggi?"

Stiles afferra il sacchetto e quasi saltella dalla gioia. "Che bello, ho solo bevuto un caffè orribile!" esulta, andando verso la cucina. "Oggi ho un po' di cose da fare, perché?"

Derek si appoggia al tavolo della cucina, alzando le sopracciglia quando Stiles azzanna il bignè alla crema, sporcandosi di zucchero a velo.

"Ehi, ho fame!" protesta l'altro. "Allora?" incalza.

Derek abbassa lo sguardo, poi lo ripunta nel suo. "Ti va di andare al mare, stamattina? Puoi rimandare quello che hai da fare?"

Stiles si blocca a metà del secondo morso, il dolce a mezz'aria. Il cuore comincia a battere furiosamente, spaventato e preoccupato. Sa cosa sta succedendo. Non vuole nemmeno pensarci, ma lo sa.

Annuisce, senza proferire parola, dà un altro morso al dolce, poi lo posa nel sacchetto.

"Vado a prepararmi, fa' come se fossi a casa tua" dice, per poi correre in bagno.

Si riveste come fosse un automa. Sente i battiti del proprio cuore rimbombargli nelle orecchie, le mani tremano e il respiro è un po' affannato. Mette i polsi sotto il getto di acqua fredda, per mantenere in qualche modo un contatto con la realtà e fissa il proprio riflesso nello specchio. Lo stesso ragazzo di sempre: vent'anni, capelli indomabili, gli occhi ancora gonfi per la dormita. Solo lo sguardo è diverso dal solito, Stiles vede la propria espressione spaventata.

Fa tutto in fretta ed esce dal bagno vestito. Prende un respiro e raggiunge di nuovo Derek.

"Sono pronto, andiamo?" chiede.

Il più grande annuisce e gli passa un braccio intorno alle spalle, per poi scompigliargli i capelli. Stiles sa che è un gesto affettuoso, per dirgli che andrà tutto bene, per dirgli che lui è lì, ma serve davvero a poco.

Il tragitto in auto, seppur breve, sembra non finire mai. Nessuno dei due parla, ci sarebbe davvero poco da dire e sarebbe anche inutile, per ora.

Il paesaggio scorre veloce fuori dal finestrino e Stiles lo vede cambiare: di chilometro in chilometro le case lasciano il posto alle campagne, poi alla scogliera e, infine, alla spiaggia.

Il mare è calmo, il sole autunnale riscalda appena e non c'è nemmeno una nuvola nel cielo. Stiles sorride ironico. Sembra tutto così perfetto, ma è così sbagliato.

Quando scendono dall'auto, ancora non si parlano, ma si avviano verso la spiaggia e si siedono su una barca ormai quasi totalmente distrutta dalle intemperie. Quello è il loro posto, lo è da quando Derek ha preso la patente e Stiles gli aveva chiesto di portarlo al mare. Col tempo, senza che fosse deciso da nessuno dei due, quello è diventato il posto delle chiacchierate importanti, delle decisioni serie.

Sono stati lì quando Derek ha accettato la prima proposta lavorativa ed erano seduti su quella barca quando, cinque anni prima, la mamma di Stiles si era ammalata e aveva lasciato lui e suo padre soli e disperati.

Stiles si siede, i piedi penzoloni e lo sguardo rivolto verso il mare che, placido si infrange sul bagnasciuga.

Derek rimane lì, in piedi, lo sguardo nella sua stessa direzione.

"Quando è successo?" rompe il silenzio Stiles. Non vorrebbe saperne nulla, ma sa che l'altro non ha un buon rapporto con le parole e i discorsi.

"Mi sono svegliato di colpo stanotte, intorno alle tre. Avevo mal di testa, la vista annebb-"

"Lo so come funziona, Derek" lo interrompe Stiles. "Dimmi quello che non so."

"Si chiama Catherine, vive a dieci chilometri da qui e ha ovviamente appena compiuto ventuno anni."

Stiles prende un respiro, che non sente nemmeno arrivare nei polmoni. Sente le lacrime pizzicare agli angoli degli occhi e tira su col naso.

"Sapevamo sarebbe successo, prima o poi" dice solo.

Derek non risponde, ma si siede al suo fianco, spalla contro spalla. Solo il rumore del mare a rompere quel silenzio troppo pesante. Pesante come il respiro di Stiles che si incastra tra la gola e i polmoni, che sembra non voler entrare e uscir fuori. Se ne sta lì, in bilico, come si sente in bilico lui, tra la disperazione e la cieca furia.

Un singhiozzo gli scuote spalle e stomaco, gli scuote l'intero corpo e nemmeno l'ha sentito arrivare, ma apre la strada a tanti altri. Non riesce a respirare in maniera regolare, ogni respiro è una fatica immane e le mani cominciano a formicolare.

Stiles si accorge delle braccia di Derek che lo stringono, solo quando riesce ad aprire gli occhi che nemmeno si era reso conto di star stringendo quasi dolorosamente. Derek lo stringe, gli passa le mani sulle braccia come se volesse scaldarlo o calmarlo o solo rimettere insieme i pezzi di sé che Stiles sente cadere di secondo in secondo.

Passano minuti o ore, poi Stiles riesce ad alzare lo sguardo e a guardare l'altro negli occhi. Quei meravigliosi occhi verdi che ha imparato ad amare da sempre ed inesorabilmente. È stato naturale, è stato facile e, soprattutto, non è stato imposto da nessuno.

"Spiegami anche tutto il resto" chiede, e Derek comincia a raccontare.

"Come è scritto nei libri di scuola, succede all'improvviso. Mi sono svegliato e pensavo fosse causa del buio, ma vedevo davvero poco. La vista era annebbiata e in un primo momento non ho pensato potesse essere...quello. Solo che poi è diventato tutto di colpo luminoso, come se qualcuno mi avesse piazzato un flash davanti agli occhi e l'avesse spostato pochi istanti dopo. Quando la vista è tornata quella di sempre, La Vista era attiva e le informazioni erano lì."

Stiles ha già assistito a quel racconto una volta, l'anno prima, quando era successo a Scott. Oltre ad averlo letto sui libri di scuola, ovviamente.

La Vista, che Stiles chiama La Stronza, è stata introdotta almeno cento anni prima. Era stato il bis bis bis nonno di Derek a farlo, per mettere ordine nel caos che stava prendendo il sopravvento nella loro società. A detta sua. È un sistema che sceglie per le persone la propria "anima gemella". A nessuno è dato sapere come funziona e secondo quali criteri compia la scelta, ma è così e la stragrande maggioranza della popolazione, ormai, accetta la cosa come fosse naturale.

Ad ogni persona, alla nascita, viene inserito una sorta di microchip nell'occhio destro. La Vista si attiva quando entrambe le persone, le anime gemelle, compiono ventuno anni e da quel momento un angolo della vista di ognuno è concentrato su ciò che vede l'altra persona.

"Quindi ora riesci a vedere cosa sta vedendo Catherine?" chiede Stiles.

"In un certo senso sì, se mi ci concentro. Altrimenti è come fosse un "rumore di sottofondo". È lì , ma solo se decido di guardarci davvero, prende forma concreta e posso davvero vedere."

"Anche tu ti sei presentato? Come hai fatto?"

Derek abbassa lo sguardo. "Sì" risponde. "Lei ha scritto tutto su un foglio, davanti a sé, ed io ho fatto lo stesso."

Stiles annuisce, poi scende dalla barca e si avvia verso il mare. Resta lì, in piedi, a guardare il blu, la schiuma bianca delle piccole onde. Poi si abbassa, si toglie le scarpe e si arrotola i jeans fino ai polpacci.

L'acqua è fredda, ma Stiles ama quella sensazione di sabbia tra le dita, di acqua che gli si infrange contro. Potrebbe starsene lì anche in pieno inverno, con la spiaggia deserta e il cielo grigio sopra la testa.

"Stiles, ti ammalerai. Torna qui e asciugati" lo rimprovera Derek, come fa ogni volta. È sempre stato così premuroso, anche quando erano piccoli. Come quella volta in cui erano a casa del più grande e stavano cercando di fare una torta per il compleanno di Talia, la mamma di Derek. Avevano quindici e vent'anni, le loro sole preoccupazioni riguardavano la scuola per uno e il nuovo lavoro per l'altro. Stiles, da sempre scoordinato, si era messo in testa di voler tritare il cioccolato con un enorme coltello da cucina, come aveva visto fare in tv da chissà chi, mentre Derek non ne voleva proprio sapere. "Ti affetterai le dita e tuo padre se la prenderà con me" aveva detto. Ma Stiles, testardo e ostinato, aveva comunque afferrato l'occorrente e si era messo all'opera. Era lì da nemmeno tre secondi, che Derek gli aveva sfilato il coltello dalle mani un attimo prima che si affettasse l'indice della mano sinistra. "Sei distratto, sei sbadato e sei una frana. Con un dito in meno saresti ancora peggio. Vai a lavare le fragole!" aveva ordinato. Stiles gli aveva fatto una linguaccia, ma aveva obbedito.

Il ragazzo si gira verso la spiaggia, ancora i piedi immersi nell'acqua.

"Cosa hai intenzione di fare?" grida verso l'altro.

Derek abbassa lo sguardo, le mani affondate nelle tasche dei jeans, ma Stiles riesce a scorgere la sua espressione colpevole.

"Sei un codardo, Derek Hale! Un vile codardo!" gli grida con tutto il fiato che ha in corpo, mentre le lacrime tornano a scorrergli sulle guance.

"Cosa dovrei fare, eh? Credi che io possa davvero permettermi di non accettare la cosa? Sai chi è mio padre, vero?"

Il tono di Derek è alto, ma non c'è rabbia nelle sue parole. C'è rassegnazione, e a Stiles fa ancora più male.

"Proprio perché sei suoi figlio puoi chiedergli di cambiare le cose! Puoi chiedergli di...di cancellare questo cazzo di sistema! Puoi dirgli che hai già qualcuno, Derek! O non ce l'hai?"

Derek punta lo sguardo nel suo, tra lo sconvolto e l'incredulo. Stiles lo vede avvicinarsi, incurante dell'acqua del mare che gli bagna le scarpe. Gli va di fronte e prende il suo viso tra le mani.

"Stammi bene a sentire. Ho qualcuno da quando avevo vent'anni, lo sai benissimo. E mi conosci così bene che sai quanto mi fa male tutto questo, così come io conosco il tuo dolore, Stiles."

"Non farlo, Derek. Ti prego, scegli me..."

Stiles si sente patetico, si sente miserabile, ma non sa davvero cosa fare. Sente un dito di Derek sotto il mento, che lo spinge ad alzare la testa e a guardarlo.

Anche lui ha gli occhi lucidi, anche lui sta soffrendo, Stiles lo sa. Così come sa che non servirà a nulla pregarlo. Derek è troppo legato al dovere, alla sua famiglia e ha troppo paura di perdere tutti.

"Ti ho già scelto, Stiles. Sei la mia unica scelta, ma non posso."

Appunto.

Un mese dopo, Stiles fa ancora fatica a respirare in certi momenti, soprattutto di notte, quando i sogni sono così vividi e così belli, che si sveglia e urla di frustrazione, quando prende coscienza del fatto che la realtà è tutto fuorché rosea.

Va a lavoro, passa del tempo con suo padre e fa volontariato da una settimana in una casa di riposo per anziani. È un'attività che lo distrae, che lo fa sentire utile e gli piace.

"Ragazzo, stamattina sembri uno zombie" gli dice Annie, ottantacinque anni, dall'altro lato di un tavolino, mentre regge le carte da gioco. Stiles ha imparato tanto giochi di carte grazie a lei, e anche tanti trucchetti, come li chiama lei. Stiles lo definisce semplicemente barare.

"Scusi, Annie, ho dormito molto male e ho un po' mal di testa. È il mio turno?"

La donna gli sorride, poi appoggia le carte sul tavolo, allungando una mano verso la sua guancia. A Stiles si riempie il cuore di calore e tenerezza, a quel gesto.

"Tesoro, capita a tutti di dormire male. Solo che a me sembra che non siano solo i sogni a tormentarti, ma anche la realtà. Cosa succede?"

Stiles si appoggia contro quel tocco. Non ha mai conosciuto i suoi nonni, sono morti che lui non era ancora nato. Quella donna è tutto ciò che sa dei rapporti tra nonna e nipote e gli piace.

"Annie, posso farle una domanda un po'...personale?" chiede, arrossendo.

Lei gli dà un pizzicotto sulla guancia, poi spinge la sedia più vicino a lui. "Cucciolo, puoi chiedermi quello che ti pare. Il tempo del pudore per me è passato da un bel po'. Cosa vuoi sapere?"

Stiles prende un respiro. "Com'è stata la tua Vista?"

La donna sembra per un attimo perdersi nei ricordi e Stiles si è già pentito di averle fatto quella domanda, ma poi comincia a raccontare.

"Robert aveva ventisette anni, quando io ne ho compiuto vent'uno. Non lo conoscevo prima di quel giorno, ma conoscevo sua cugina, era la mia vicina di casa. A quei tempi, quando si attivava La Vista, erano i nostri genitori a fissare un incontro molto formale tra le famiglie. Veniva combinato quasi subito il matrimonio. Mi sono ritrovata sposata ad uno sconosciuto in meno di due mesi."

Stiles la guarda con occhi sbarrati. "E poi?" chiede.

"E poi, sotto lo stesso tetto, abbiamo imparato a conoscerci. All'inizio litigavamo di continuo" dice Annie, con un sorriso dolce. "A lui non piaceva il fatto che io dormissi con una lucina accesa, mentre io odiavo quando, la mattina, zuccherava il caffè direttamente nella caffettiera. Io l'avevo sempre preso amaro!"

Stiles sbuffa un sorriso. "Vi siete innamorati, poi?"

La donna lo guarda, come se avesse capito tutto.

"Non ti so dire se sia mai stato vero amore, ragazzo mio. Robert è stato l'unico uomo della mia vita e il nostro rapporto era carico di rispetto, di fiducia e di un affetto che è stato superato solo da quello che ho provato e che provo ancora per i miei figli. Quando è andato via, sei anni fa, mi sono sentita morire. è andato via chi è sempre stato al mio fianco e mi sono sentita persa. Ma la vita va avanti, no?"

Stiles annuisce, perso nei propri pensieri.

"Cosa ti tormenta, Stiles?" lo distrae dai suoi pensieri la donna. "Hai paura di chi ti verrà assegnato?"

Stiles fa no con la testa.

"Hai già qualcuno, vero? Te lo si legge negli occhi, quando il tuo pensiero va altrove e sembri non essere davvero qui."

"Lo so che è sbagliat-"

"Sbagliato? E perché dovrebbe essere sbagliato amare? Mi racconti di lei?"

Stiles arrossisce ancora di più. "Si chiama Derek" dice, sottovoce.

"Oh, un bel giovanotto? Dai, dimmi di più".

Trascorre l'intera mattinata a parlare di Derek, dalla loro infanzia fino al loro ultimo incontro. Annie lo lascia parlare, facendogli poche domande. Sembra aver capito che è quello di cui Stiles ha bisogno: buttare fuori quella storia, come se così potesse rendersi conto che non è stato frutto della sua immaginazione.

Le racconta di quando, a diciassette anni, Derek l'abbia baciato per la prima volta. Stavano litigando, come loro solito, su cosa guardare in tv un mercoledì sera: lui voleva vedere per l'ennesima volta Harry Potter, mentre Derek non voleva assolutamente cedere e guardare il noioso football. "Guardati pure la tua noiosa partita, ma dammi qualcos'altro da fare, perché non me ne starò qui ad annoiar-" aveva sbraitato, ma Derek aveva fermato quel fiume di parole poggiando le labbra sulle sue. Un bacio a stampo, un po' ride, ma che aveva definitivamente mandato in tilt il cervello iperattivo di Stiles. "Ecco" aveva derro il più grande separandosi. "Ora hai qualcosa a cui pensare, mentre io faccio il tifo". Stiles gli aveva lanciato un cuscino del divano direttamente sul naso.

"Oddio, ma siete adorabili!" commenta Annie, ridendo.

Stiles accenna un sorriso triste. "Forse sì. Ma ormai è tutto finito."

Lei gli accarezza una guancia, a quanto pare nemmeno lei sa cos'altro aggiungere.

Passa un'altra settimana e sono le ventitré e cinquantasette, mentre Stiles è in camera di Scott, seduto sul letto e in lacrime.

"Andrà tutto bene" ripete l'amico, per la millesima volta, ma Stiles nemmeno gli dà ascolto.

"Manca solo un'ora, Scott. Sono nato all'una di notte e a quell'ora compirò ventuno anni. E succederà, lo so che succederà!"

Scott gli passa l'ennesimo fazzoletto per il naso. "E se l'altra persona non avesse ancora l'età giusta? Se ne avesse, che ne so, quattro o cinque in meno?"

Stiles si lascia cadere all'indietro, steso, con la testa sul cuscino. "Succederà" dice.

Scott è affacciato alla finestra, quando Stiles lo fissa e non lo vede davvero. È tutto sfocato, la testa gli pulsa e si alza di scatto dal letto.

L'amico è subito al suo fianco, lo stringe in un abbraccio, mentre Stiles vede il famoso flash di cui ha tanto sentito parlare, poi torna tutto di nuovo chiaro. Stringe gli occhi di istinto.

"Stiles" lo scuote Scott. "Stiles, devi aprire gli occhi" gli dice calmo.

Stiles scuote la testa, come se volesse scacciare quella cosa dai suoi occhi. Sa che appena li aprirà, sarà tutto compiuto. Non vuole vedere, non può vedere.

"Scott, perché sei stato alla finestra per un'ora?" chiede.

Scott lo stringe un po' più forte. "Se ne sta seduto sul marciapiede da almeno due ore."

Una lacrima bagna la guancia di Stiles, seguita subito da tante altre.

"Fallo salire" dice, dopo essersi calmato.

Scott esce dalla camera e Derek vi mette piede pochi secondi dopo, chiudendosi la porta alle spalle. Stiles sente i suoi passi, sente il letto abbassarsi sotto il suo peso, ma ancora non ha aperto gli occhi.

Sente una carezza tra i capelli e il respiro calmo dell'altro.

"Ci sono io con te" dice Derek. "Puoi aprire gli occhi."

Stiles continua a fare cenno di no con la testa.

"Non voglio. Non voglio saperne nulla. Sono disposto a cavarmi gli occhi, pur di non sottostare a questo sistema del cazzo!" urla.

Si sente disperato, arrabbiato, frustrato. È arrabbiato con se stesso, per non aver fatto nulla prima che succedesse, per aver sperato che Derek potesse fare qualcosa, per aver creduto in quell'amore con tutto se stesso.

Sentire le labbra di Derek sulle sue lo prende così in contropiede che spalanca di istinto gli occhi.

Una scena invade il suo sguardo: una ragazza dai capelli rossi, davanti ad uno specchio, che fa ciao con la mano.

Stiles spinge via Derek con tutte le sue forse, rischiando di farlo cadere dal letto.

"NON NE AVEVI IL DIRITTO! NON PUOI OBBLIGARMI! PER ME SEI MORTO, DEREK!"

L'ultima cosa che sente Stiles, prima di crollare sfinito, solo le braccia di Scott che lo cullano mentre trema.

Il mattino seguente, Stiles si risveglia in camera di Scott, nel letto del suo migliore amico e con un terribile mal di testa.

"Ehi, ti sei svegliato."

Stiles si stropiccia gli occhi e, senza pensarci, li apre, girandosi verso l'amico seduto alla scrivania.

"Mh" annuisce, poi si concentra su alto.

Nel suo campo visivo, sulla destra, c'è come un campo tremolante, di un colore diverso dal resto. Come se avesse davanti uno specchio con un angolino sbeccato, che riflette qualcos'altro. Sa che è inevitabile e che prima lo fa, meglio è. Si concentra e guarda ciò che La Vista gli mostra.

Sembrerebbe un giardino, ci sono fiori, il cielo è azzurro e gli alberi hanno le foglie verdi. Altri sono completamente spogli. Ci sono delle persone in lontananza, sedute su una panchina a destra di un viale, mentre altre passeggiano ed è come se gli andassero in contro. O, almeno, vanno in contro alla ragazza dai capelli rossi.

Stiles è così preso da quella che sembra una visione (e che invece è solo una realtà forse nemmeno tanto lontana), che quando qualcosa gli si para davanti agli occhi, molto vicino, sobbalza e li chiude.

"Tutto okay?" chiede Scott, ma non gli risponde. Riapre gli occhi, guarda il suo amico, poi ritorna alla Vista.

Una mano di donna, con piccole dita sottili, colorate da uno smalto azzurro, gli sta tenendo davanti agli occhi un foglietto, con una scritta.

Ciao, sono Olimpia, ho compiuto ventun anni tre mesi fa. Come stai?

Stiles distoglie subito lo sguardo. La ragazza sembra gentile, ma non vuole avere nulla a che fare con lei. Per quanto possa dispiacergli per lei, la ignorerà. Ha già coperto ogni specchio a casa sua, guarderà il meno possibile le persone diritto in faccia e terrà lo sguardo basso. Sempre. Non vuole che lei lo trovi, non vuole conoscerla, non vuole assolutamente passare il resto della sua vita con quella sconosciuta.

Torna con lo sguardo alla sua realtà, si alza, abbraccia Scott ed esce di casa. Sa dove andare.

Quindici anni dopo

Stiles ha caldo. Ha decisamente troppo caldo. Odia l'estate, odia sudare e odia dormire così male a causa del caldo. Non può essere sempre autunno?

Si stiracchia, colpendo con il piede Signor Gatto, il suo gatto, ovviamente, e fissa il soffitto. Prima o poi deve cambiare quel lampadario orribile. Era dell'ex padrona di casa e ha sempre rimandato la sua sostituzione perché sembra fin troppo pesante per essere spostato da uno col fisico esile come il suo.

È domenica e non ha molto da fare: deve solo partecipare ad una conferenza stampa tra un paio d'ore e poi ha l'intera giornata libera.

Una conferenza stampa, chi l'avrebbe mai detto? Da piccolo non riusciva nemmeno a parlare in pubblico alle recite scolastiche. Balbettava, gli sudavano le mani e diventava color porpora. E invece, ora, avrebbe parlato davanti a centinaia di giornalisti.

Scalcia via le coperte, si alza e si mette davanti allo specchio. Ha ragione Josh, il suo assistente, deve fare qualcosa per quei capelli che sembrano avere vita propria. Solo che non ha mai tempo (e voglia), quindi li lascia fare.

Impiega poco a prepararsi, anche perché Josh gli ha già detto cosa indossare ed è tutto pronto nella cabina armadio. Nel giro di mezz'ora è pronto e sta uscendo di casa.

Un'auto blu scuro lo sta gia aspettando, per portarlo nel Grand Hotel in cui si terrà la conferenza.

Durante il tragitto, non può fare a meno di pensare a quante cose sono cambiate in quegli anni e un sorriso malinconico gli affiora sulle labbra quando ripensa al momento in cui tutto ha avuto inizio, quindici anni prima.

La disperazione è ormai lontana, così come la tristezza e la rabbia. Sente solo la loro eco lontana, come una sensazione ormai assopita.

Ricorda bene quando, con sguardo basso e le lacrime agli occhi, quella mattina era andato da casa di Scott, direttamente in uno dei quartieri più malfamati della contea. Non sapeva chi cercare, non sapeva come cercare, ma sapeva che lì c'era qualcuno che avrebbe potuto aiutarlo. Aveva girato in lungo e in largo per almeno due ore, fino a quando non gli era venuta fame ed era entrato in un bar. O almeno gli era sembrato un bar.

Dentro c'erano tavoli, c'era un bancone e anche qualche bottiglia qui e lì, solo che tutte le persone sedute, sembravano in attesa di qualcosa ed avevano tutte una particolarità: una benda sull'occhio destro.

"Carl, hai un solo compito, chiudere la cazzo di porta!" aveva urlato una donna, avvicinandoglisi. "Ragazzo, esci immediatamente da qui, non è il posto adatto per i bambin-"

Stiles non era riuscito a trattenersi. "Perché avete tutti la benda? Avete un modo per bloccare La Vista?" aveva chiesto tutto di un fiato. La donna lo aveva guardato truce e lo aveva spinto fuori quasi a calci.

Ovviamente Stiles era tornato il giorno dopo e quello dopo ancora. Si era appostato lì, aveva cercato di parlare con chiunque entrasse e uscisse da quel posto, aveva cercato di intrufolarsi e aveva urlato battendo i pugni sulla porta. Solo dopo dieci giorni, quella stessa donna era uscita e gli aveva urlato "Hai due minuti per spiegarmi chi diavolo sei e cosa diavolo vuoi da noi, ragazzino!".

Aveva parlato più veloce del solito, le aveva spiegato di Derek, del suo compleanno, della Vista e della sua voglia di fare qualsiasi cosa pur di non sottostare al sistema. "Se lei non mi spiega come funziona la benda, giuro che mi cavo l'occhio da solo" aveva concluso. La donna aveva sonoramente riso, gli aveva passato un braccio intorno alle spalle e lo aveva spinto dentro dicendogli "Ragazzo mio, ti servirebbe a poco rischiare di ammazzarti. Entra".

E Stiles aveva conosciuto La Cecità (e sì, aveva un po' riso di quel nome). Era un gruppo numeroso, molto numeroso, di persone che, nascoste dalla società, si opponevano ad essa. Uno di loro, quello che identificavano come leader, Kyle, aveva scoperto per caso che una particolare lega di metalli impediva le trasmissioni della Vista e ne aveva creato delle bende. Poche, purtroppo, ma contava di poterne fabbricare molte altre. Chi non possedeva la benda, ne aveva una classica, di stoffa, come quella dei pirati a cui giocava Stiles da piccolo. Se non potevano bloccare le trasmissioni, almeno potevano impedire alla fantomatica anima gemella di vedere la loro vita.

Stiles, in quel momento, si era fatto una promessa: sarebbe diventato un ingegnere esperto, avrebbe studiato, avrebbe fatto così tanti soldi da poter ideare una soluzione. Partendo da quella miracolosa benda.

E ce l'aveva fatta. Aveva vissuto la sua vita, aveva anche conosciuto Olimpia e le aveva spiegato che non l'avrebbe mai sposata. Gli aveva fatto male vedere il suo sguardo spegnersi, ma non poteva darle la felicità che sicuramente quella dolce ragazza meritava. Per i primi tre anni erano rimasti anche in contatto, ma poi lei si era lentamente allontanata e non si erano più sentiti.

Stiles, come si era promesso, aveva studiato sodo. Aveva cominciato a lavorare part time in un negozio di riparazioni elettroniche, per pagarsi i migliori studi. Aveva lavorato sottopagato, servendo caffè ai capi e facendo fotocopie.

La svolta era arrivata, inaspettatamente, tre anni prima, quando il governatore aveva fatto un annuncio a tutta la contea: La Vista sarebbe stata facoltativa. Ogni genitore, da quel momento in poi, avrebbe potuto scegliere se donarla ai propri figli o meno. Tutti gli altri, avrebbero potuto scegliere se assecondare l'assegnazione o farne a meno.

Stiles, quello stesso pomeriggio, aveva chiesto un'udienza che gli era stata immediatamente accordata per la mattina successiva. Non ne era rimasto stupito.

Incontrare Derek dopo tutti quegli anni era stato come una discesa delle montagne russe. Una stretta allo stomaco, mentre si precipita nel vuoto. Aveva saltato ogni convenevole: era entrato nel suo ufficio, si era seduto ed aveva esposto la sua proposta.

Nel tempo, grazie agli studi, ai materiali "presi in prestito" a lavoro e alle mani della Cecità, aveva ideato uno speciale paio di occhiali che annullava totalmente gli effetti della Vista. Rimuovere il chip era impossibile senza mettere a repentaglio la salute, ma indossare un paio di occhiali era facile, poco ingombrante e, soprattutto, avrebbe reso tutti liberi.

Derek lo aveva ascoltato, gli aveva fatto qualche domanda e alla fine gli aveva chiesto "Dimmi cosa ti serve per fabbricarli: strumenti, fabbriche, uomini e soldi. Avrai tutto dal governo".

Da quel giorno e per i successivi tre anni era stato tutto frenetico. Le autorizzazioni, la costruzione delle macchine, la formazione per gli operai e i test. Molti e numerosi test che lo avevano portato lì, quel giorno, in quell'auto, diretto verso quell'hotel.

"Signore, siamo arrivati" gli dice l'autista e Stiles scende, dopo averlo ringraziato.

C'è già folla all'entrata, fotografi e giornalisti, ma Stiles non si ferma. Non può ancora parlare con nessuno di quello che stanno per rivelare. Sì, stanno. Parlerà fianco a fianco con Derek.

In quei tre anni non hanno mai parlato di loro, in realtà si sono visti raramente, perché Stiles ha sempre preferito telefonate, email e messaggi all'incontro dal vivo. Ma quel giorno è inevitabile.

Devia verso il bar, prima di entrare nella sala convegni perché ha un disperato bisogno di caffè.

È al bancone, quando qualcuno gli parla alle sue spalle.

"Non dovresti bere caffè e agitarti prima di una conferenza come questa."

Stiles sbuffa un sorriso e si gira. Sta per rispondere a tono, ma non ci riesce. Derek indossa un paio di occhiali. I suoi occhiali, gli stessi che sono appoggiati sul suo naso.

"Cosa significa?" chiede.

Derek gli sfila la tazza dalle mani, beve un sorso di caffè e gli sorride.

"Dai, andiamo a dare inizio a questa nuova società" gli dice, avviandosi verso la sala convegni.

Stiles resta impalato per qualche secondo, poi sorride e lo segue. 

Stiles conosce bene l'opinione pubblica che in quegli anni è decisamente diventata ostile alla vista, quasi nessuno sceglie di donarla ai propri figli, ma non si aspettava quella che è letteralmente un'ovazione. I giornalisti sembrano impazziti, la folla impiega pochi attimi ad accalcarsi fuori dalla sala convegni e le domande sia tecniche che non si sovrappongono. Risponde a raffica, Derek che non si è mosso un attimo dal suo fianco. 

"Governatore Hale, quindi anche i suoi occhiali sono quelli che avete appena descritto?" chiede una donna sovrastando la voce di tutti gli altri che tacciono all'improvviso. 

"Sì, esatto" risponde Derek. "Come ormai ben sapete, la libertà di ognuno è la mia principale priorità e se mi sono preso cura di coloro che hanno ora possibilità di scelta, dovevo farlo anche con chi la scelta non ha potuto compierla e io sono una di quelle persone." 

"Non era contento della sua Vista, Governatore?" chiede un altro uomo. 

"Mantengo ancora buoni rapporti con la donna che ho conosciuto grazie alla Vista, ma ciò non significa necessariamente che debba essere la compagna della mia vita." 

Stiles si azzarda a rivolgergli uno sguardo, ma Derek ha il suo puntato fiero sulla platea. 

Le domande terminano un'ora dopo, Stiles è stremato, ma non è mai stato più felice. Gli occhiali sono già in produzione, il giorno dopo saranno distribuiti gratuitamente a chi ne farà richiesta ed è già tutto organizzato. Strizza gli occhi per la stanchezza e si avvia verso l'uscita, sperando che l'ingresso sia ormai sgombero dalla folla. Riesce a raggiungere la sua auto e si permette si poggiare la testa contro il sedile e chiudere gli occhi. 

Ce l'ha fatta, ce l'hanno fatta, pensa. Non ha potuto nemmeno salutare Derek perché è stato preso d'assalto dalla folla e le guardie del corpo l'hanno condotto chissà dove. Sta pensando se scrivergli almeno qualcosa, ma il cellulare squilla, un messaggio di Scott. 

(Ore 12:03) Siete stati grandiosi, sono fiero di te fratello. E, se posso dirlo, Derek ti guarda allo stesso modo di quindici anni fa. SM 

Stiles alza gli occhi al cielo. Il solito romantico Scott. Sta per chiamarlo, ma sente un colpetto contro il finestrino e gli si blocca il respiro. Lo abbassa e inevitabilmente sorride. 

"Abbiamo cambiato il mondo, oggi, ma ho un'altra proposta da farti." 

Stiles si guarda intorno, poi scende dall'auto e gli si mette di fronte. 

"Quale proposta?" 

Derek sorride e gli si avvicina ancora un po'. 

"Hai cambiato il mondo, ma vorrei che il mio mondo, il nostro mondo, tornasse ad essere quello di prima. Con noi come abitanti, solo noi. Cosa ne pensi?" 

Stiles solo in quell'istante si rende conto di averci sperato, di averci anche quasi creduto vedendo Derek indossare gli occhiali e si rende conto di averlo aspettato, di non aver mai spesso. 

Sente il cuore impazzire, ma azzera le distanze tra loro, alzandosi sulle punte e sfiorandogli le labbra. un plonk però lo fa ridere. 

"Governatore, che ne dice se cominciamo a pensare a come produrre le lenti a contatto della Cecità?" 

Derek scoppia a ridere, prendendolo per i fianchi e baciandolo ancora. Di nuovo gli occhiali si scontrano. 

"Faccio tutto quello che vuoi." 





Ehilà! Ciao! Sorpresa! 
Non ve lo aspettavate, eh? E nemmeno io pensavo di tornare a scrivere e per di più ben seimila parole di questi due. E invece eccoci qui. Come state? Io bene, nonostante la frenesia della vita. 

Grazie per essere sempre qui. 

Blu. 

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