#268

**Questa storia non finisce bene**





La prima volta che Derek ha obbedito a un ordine di Stiles, per fortuna era l'unico presente, ma è stato comunque devastante. Era l'estate di sei anni prima, aveva conosciuto Stiles solo pochi mesi prima e già aveva capito che ruolo importante avesse nel suo branco distrutto, nella sua vita di lupo e di uomo. 

Erano insieme alla sua vecchia casa distrutta, Derek aveva appena finito di tatuare Scott che se ne stava mezzo svenuto in un angolo e stava spegnendo la fiamma che aveva usato per farlo. 

"Quindi quella è l'unica che vi lascia segni o c'è altro che può ammazzarvi?" aveva chiesto il ragazzo. 

Derek aveva risposto piccato come sempre. "Ci può ammazzare un bel po' di roba. Il tuo amico può morire in svariate modalità, se non sta attento." 

Derek non l'aveva nemmeno guardato in faccia, era di spalle, ma aveva sentito il cuore di Stiles fare una specie di salto e cominciare a battere freneticamente. Era stato tentato di girarsi, di chiedergli cosa stesse succedendo, ma per fortuna non lo aveva fatto. Perché Stiles aveva risposto e gli occhi di Derek alle sue parole si erano accesi del loro blu sovrannaturale. 

"E tu ci aiuterai. Perché sei un lupo e devi insegnare a Scott come esserlo e come proteggersi. E insegnare anche a me come proteggere lui, se necessario." 

Stiles non aveva ammesso repliche, il suo tono era stato fermo, duro. Un ordine. E Derek aveva obbedito. 





La seconda, un anno dopo la prima, Derek avrebbe voluto aprirgli la gola con i denti. Stavano discutendo come loro solito, Derek aveva appena salvato Cora da morte certa, loro tutti avevano affrontato il Nogitsune ed era tornato ad essere un alpha. Stava procedendo tutto liscio, se non fosse stato per Stiles che aveva deciso di mettersi da solo in pericolo. Per l'ennesima volta. 

"Non ho i vostri poteri magici e voglio avere un'arma!" aveva urlato per la trentesima volta a pochi centimetri dal viso di Derek, alzandosi sulle punte. 

"Ti uccideresti da solo con un'arma!" aveva ribadito per l'ennesima volta Derek. "Sei scoordinato, sbadato e parli troppo, non puoi maneggiare armi."

"A parte che il parlare troppo non è una scusa per non armarmi, ma tu non sei nessuno per dirmi cosa fare. Anzi, tu mi darai modo di difendermi, di potermi proteggere da solo se non ci siete voi super eroi nei paraggi, perché non voglio un altro periodo come quello che abbiamo appena passato. Quindi trova subito una soluzione!" 

Gli occhi di Derek si erano immediatamente accesi di rosso e Stiles aveva sbarrato lo sguardo. 

"Ah, addirittura gli occhi da alpha?" lo aveva preso in giro. "Inutile che ti arrabbi tanto, dimmi cosa posso fare per difendermi!" 

Derek aveva tirato un mezzo sospiro di sollievo al pensiero che Stiles aveva scambiato quella cosa per rabbia e si era sentito sgonfiare come un palloncino. Aveva solo risposto con tono neutro. 

"Potrai andare da Deaton e apprendere il necessario per maneggiare erbe protettive. Saranno quelle le tue armi." 

Stiles aveva ghignato soddisfatto, poi era tornato a sedersi con tutti gli altri che, Derek se ne era accorto solo dopo, avevano assistito alla scena ammutoliti. Solo Lydia si era girata a guardarlo con un sopracciglio alzato. 





La terza volta era stata anche quella definitiva. Erano passati due anni, tutti avevano finito il liceo, si erano diplomati e si erano sparsi per il paese per studiare. Stiles, lontano più di tutti, era appena tornato per Natale dall'accademia in cui studiava per diventare agente dell'FBI e si erano riuniti tutti al loft di Derek per stare un po' insieme. Il padrone di casa non faceva salti di gioia, ma aveva imparato ad apprezzare la loro presenza, quindi ormai si lasciava invadere gli spazi. 

Stiles era arrivato per ultimo, ancora la valigia al seguito. 

"Papà sta facendo il turno di notte, mi scoccio di andare a casa, dormo qui" e si era buttato sul divano senza aspettare nemmeno risposta. 

Derek lo aveva lasciato fare e la serata era proseguita come sempre, fino a mezzanotte quando tutti erano andati via. Stiles era rimasto sul divano, mezzo sdraiato e il cellulare tra le mani. 

"Derek" l'aveva chiamato. Derek era in piedi davanti alla vetrata che guardava la luna quasi piena. "Puoi farmi un massaggio ai piedi?" 

Derek nemmeno si era girato, aveva solo leggermente ringhiato, sentendo in risposta la risata di Stiles. 

"Oooookay" aveva detto il ragazzo. "Proviamo così: Derek, fammi subito un massaggio ai piedi!" 

Tono duro, deciso. Un ordine. 

Derek aveva cercato di stare fermo, ma i suoi occhi erano già rossi e il suo capo leggermente piegato in avanti. Quasi contro la sua volontà aveva raggiunto il divano e aveva preso uno dei piedi di Stiles. 

"Fermo, fermo!" lo aveva bloccato l'umano, prendendo le mani tra le sue. "Derek, quando avevi intenzione di dirmelo? Lo sappiamo ormai da anni e ci giriamo intorno flirtando da non so quanto tempo." 

Derek non aveva saputo cosa rispondergli, stava ancora cercando di calmarsi, di realizzare che Stiles sapeva, che Stiles aveva sempre saputo. 

"Non ti darò mai ordini, ma potresti baciarmi ora, mio alpha?" aveva continuato Stiles con tono Dolce. Derek aveva finalmente alzato lo sguardo, lo aveva guardato e aveva sorriso. 





E Stiles sul serio non gli aveva più ordinato nulla. Non si erano più separati da quel giorno, avevano vissuto insieme, Derek lo aveva seguito per permettergli di terminare l'accademia e si erano trasferiti poi insieme a New York. Il loro matrimonio era stato semplice e con poche persone, ma Derek ne aveva amato ogni attimo. Vivere con Stiles non era mai noioso, anche stare sul divano a guardare un film gli riempiva il cuore di un amore che non avrebbe saputo nemmeno descrivere. 

Ed è lo stesso amore che prova anche ora, in piedi in quella riserva che ha odiato e amato nel corso della sua vita. Stiles, come sempre, è con lui. "Nella buona e nella cattiva sorte" gli ha ripetuto prima di seguirlo, andando incontro a qualcosa di sconosciuto che stava minacciando la loro serenità da un po'. 

Derek sa che non c'è più nessuna alternativa, che l'unica soluzione è liberare Stiles dal Nemeton e permettere a quella strana entità di acquisire tutta la forza necessaria. Decideranno poi cosa fare, cercheranno dopo di riparare i danni. Ora deve solo salvare Stiles. 

"Derek, ascoltami" lo richiama dai suoi pensieri proprio suo marito. Si trova seduto sul Nemeton, come se potesse tranquillamente alzarsi quando vuole, solo che non riesce a muovere nemmeno una mano. "Non chiamare gli altri." 

Derek nemmeno ci ha pensato, può risolvere quella cosa da solo, poi si occuperanno insieme del dopo. Cerca di avvicinarsi, ma Stiles lo blocca. 

"Aspetta" dice. "Io so come risolvere questo pasticcio." 

Stiles è stranamente calmo, ha lo sguardo dolce e Derek ascolta il suo cuore: regolare. 

"Come?" chiede, con uno strano e brutto presentimento. Fino a poco prima urlavano entrambi, sono arrivati lì di corsa e Stiles cercava di divincolarsi. Ora perché è così fermo? 

"Il Nemeton è un albero sacrificale" comincia a spiegare. "E io ho letto di quello che ci sta succedendo. Quello che ci sta attaccando non riusciremo mai a sconfiggerlo, perché si nutre della nostra forza. Ci ucciderà tutti, forse tutta la città." 

"E come possiamo risolvere questa cosa?" chiede Derek, avanzando di un passo. 

"Con un sacrificio, fortificando il Nemeton e lasciando che sia l'albero a lottare al posto nostro." 

Derek si sente quasi sollevato. "Bene, quale bestia devo uccidere?" chiede. 

E tutto diventa chiaro quando Stiles abbassa lo sguardo, quando comincia a torturarsi le mani, quando il suo cuore non è più così calmo. 

"No" tuona Derek. "Non lo farai. Non...io ora ti libero da quel coso e ti porto a casa nostra e poi cerchiamo di capire come fare." 

Gli occhi accesi di rosso, il tono da alpha, un ordine. 

Stiles risponde con la voce che trema, ma lo sguardo ancora basso. 

"Der, è l'unico modo, in fondo lo sai anche tu. Sono legato al Nemeton, alla città. Sono il compagno dell'alpha più potente, sono un druido." 

"Sei mio marito!" gli grida contro. "E tu non ti sacrificherai." 

Ora Stiles alza lo sguardo, ha gli occhi lucidi, le lacrime che premono per uscire, ma un sorriso dolce. "Amore mio, devi farlo tu." 

Derek vorrebbe ridere. Forse quella cosa che lo tiene bloccato lo ha reso anche stupido, ha avuto un'influenza sul quel suo meraviglioso cervello, di certo. E la risata gli viene fuori amara, roca. 

"Stiles, ti libero da lì e vedrai che tornerai a pensare lucidamente" dice. 

"Sono lucido" risponde. "Sono lucido, tranquillo e mi dispiace solo che debba essere tu. Odio doverti..." e quelle lacrime mal trattenute straripano in forti singhiozzi. "Odio doverti dare un altro senso di colpa, ma Der, devi farlo." 

"No!" grida ancora Derek. "Stiles, smettila!" 

Derek è arrabbiato, ferito. Quando quella storia finirà ha intenzione di litigare con Stiles, di urlargli contro che anche solo pensare ad una cosa simile è stato da pazzi, ma ha anche voglia di fare pace, di fare l'amore con lui ancora, ancora e ancora. 

Vede suo marito poggiare le mani sul Nemeton, continuando a guardarlo sorridendo. Il contatto tra i suoi palmi e la pianta genera scintille rosso fuoco, come il colore degli occhi di Derek ancora rossi. 

Con lo sguardo nel suo, Stiles tira su col naso e gli parla. 

"Ti amo, sei la mia ragione di vita e so che tu mi ami allo stesso modo. Uccidimi, mio alpha." 

Derek grida con tutta la forza che ha in corpo, si piega su se stesso, le braccia intorno allo stomaco e un dolore atroce nelle viscere. Cerca di stare fermo, cerca di mantenere il controllo sul lupo, ma il piede destro avanza, seguito dal sinistro e così fino a quando non è di fronte a Stiles. 

Stiles che ha smesso di piangere, Stiles che lo guarda con lo stesso amore di sempre, Stiles che gli fa anche un occhiolino come faceva quando aveva solo diciassette anni, per prenderlo in giro. 

Derek avanza e lo guarda a sua volta, guarda l'amore della sua vita, suo marito, e lo sente parlare ancora. 

"E vivi per me, è un ordine." 

Derek alza la mano sinistra, quella con la fede dorata all'anulare e la appoggia sul suo cuore. Sfodera gli artigli e colpisce più forte che può. 







Ehilà! Qualcun* è arrivat* alla fine, nonostante l'avvertimento? 
Le mie più sentite scuse per la tristezza, ma avevo questa idea in testa da qualche giorno e dovevo scriverla per forza. Spero vi sia comunque piaciuta, in qualche modo. 

Anche questa è per Lei, che magari leggerà. Tanto le tragedie le piacciono più che a me. 

Alla prossima, 
Blu. 

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