#254
"Sì, Scott, sto bene. Non capisco perché sono tre giorni che mi chiami continuamente. Sto benone, è successo qualcosa lì? Mi stai nascondendo qualcosa?"
La risata di Scott sembra un po' isterica, ma Stiles è così stanco che non vuole indagare oltre. Se fosse stato grave, l'avrebbe saputo.
"Va tutto benissimo" risponde di nuovo l'alpha. "Ora ti lascio riposare."
Stiles lo saluta, dicendogli che gli vuole bene e che gli manca, poi paga il tassista e scende dall'auto a pochi metri da casa. Si sofferma un po' a guardare il cielo, sono le nove di sera e non è ancora totalmente buio, essendo piena estate. I grattacieli prendono gran parte dello spazio, ma è comunque meraviglioso. Vive ormai New York da dieci anni, ma è lontano da casa da quindici. I primi cinque anni li ha trascorsi in accademia a Washington, poi è stato assegnato alla sezione della grande mela. Ha mantenuto i contatti con tutti i suoi amici, ha visto spesso suo padre, ma non ha mai più messo piede a Beacon Hills, come si era ripromesso quindici anni prima.
Prende un lungo respiro, per placare i sensi di colpa che gli arrivano sempre con quei pensieri, poi prende le chiavi dalla tasca e si avvia verso il portone, solo che qualcosa lo ferma. Sulle scale è seduto qualcuno, ha i gomiti appoggiati sulle ginocchia e si sta reggendo la testa tra le mani. Sembra disperato e anche molto giovane, nonostante non riesca a guardarlo bene in viso.
"Scusa?" esordisce, facendogli alzare la testa di scatto. Il ragazzo è davvero molto giovane, ha gli occhi rossi di pianto e le guance scavate. "Hai bisogno di qualcosa?" chiede ancora Stiles, facendo un passo in avanti. Solo in quel momento nota un borsone di fianco al ragazzo e una lattina di CocaCola.
"Sei un druido, vero?" chiede il ragazzo e Stiles si allontana di nuovo di scatto.
"Cosa?" chiede sulla difensiva.
"Sono un mannaro da pochissimo" risponde il ragazzo, senza muoversi. "Sono in difficoltà e non so dove andare. Non voglio farti del male, anche perché non ne sarei capace. Non so combattere, ma ho già trascorso alcune lune piene e so controllarmi. Ho solo bisogno di qualcuno, sono solo..."
Stiles si sente investito da quel fiume di parole e qualcosa dentro di lui gli dice che sono sincere. Il ragazzo non ha mai distolto lo sguardo dal suo, non si è mai mosso per non sembrare pericoloso. Sembra davvero solo in difficoltà e davvero molto triste.
"Come mi hai trovato?" chiede.
"Il tuo odore. Hai un odore inconfondibile e il tuo potere è molto forte."
Stiles sa che è la verità, anche altri mannari l'hanno riconosciuto nel corso di quegli anni.
"Non hai una famiglia? Amici?"
"No."
La risposta è così veloce che non ammette replica e Stiles ne percepisce tutto il dolore. PEr questo si avvicina di nuovo e si abbassa, porgendogli una mano. "Dai, ti preparo qualcosa di caldo" gli dice. Il ragazzo la afferra e si solleva, afferrando anche il borsone, poi lo segue dentro.
Quando sono entrambi sul divano, il ragazzo con una tazza fumante di camomilla tra le mani, Stiles decide di doverne sapere di più, perché per quanto sembri innocuo, quello è pur sempre un mannaro.
"Quanti anni hai?" chiede, cominciando dalle basi.
"Quindici, sedici a dicembre."
"E hai un nome?"
Lui accenna un sorriso. "Hai ragione, sono piombato qui senza nemmeno presentarmi. Mi chiamo Seth."
"Bene, Seth. Ora ho bisogno di capire se posso fidarmi di te: qualcuno ti sta cercando e ospitarti mi mette in pericolo?"
Lui abbassa lo sguardo. "Sì, credo mi stiano cercando" risponde sincero. "Ma non per farmi del male. Sono solo scappato da casa mia."
"Qualcuno ti ha fatto del male?"
"In un certo senso, ma non chi mi sta cercando."
Stiles reclina la testa contro lo schienale. "Hai una specie di crisi di ribellione adolescenziale o è successo qualcosa di grave per farti scappare?"
Il ragazzo ora sembra davvero ancora più triste. Poggia la tazza sul tavolino di fronte a loro e si passa la mano sugli occhi. Sta piangendo.
"Mio papà è morto" risponde, la voce rotta da un singhiozzo.
Ed è quello il momento in cui Stiles cede, gli cinge le braccia e decide che si prenderà cura di quel ragazzino.
Due ore dopo, quando Seth è ormai addormentato dopo aver cenato e fatto una doccia, Stiles è steso a letto con un atroce mal di testa. Non sa cosa fare, non si è mai preso cura di nessuno e, soprattutto, non sa se avvisare la polizia. Quello è pur sempre un minore che è scappato di casa e che ora è a casa sua, un emerito estraneo. Accusarlo di rapimento e sbatterlo in galera buttando via le chiavi sarebbe molto logico. Solo che, allo stesso tempo, il suo sesto senso gli dice che deve aspettare almeno un po', deve ascoltare il racconto di quel ragazzo, deve fidarsi. Perché ha gli occhi feriti, ma limpidi e sinceri.
Per fortuna il giorno dopo Stiles non deve andare a lavoro, perché si sveglia tardissimo, dopo aver trascorso la notte quasi interamente in bianco. Appena apre gli occhi, però, realizza che tutto quello che è accaduto la sera prima è reale e scatta a sedere al centro del letto. Si alza in fretta ,nonostante la vista appannata per il movimento veloce, e arriva in cucina.
Non sa cosa si aspettava, ma di certo non quello: Seth è ancora lì, ha ancora la tuta che Stiles gli ha prestato la sera prima addosso ed è seduto su uno degli sgabelli con un libro tra le mani e una tazza davanti. Sul bancone, di fianco a lui, una pila di pancake, uova e bacon.
"Non so come fai colazione, quindi ho fatto un po' di tutto, io ho già mangiato perché hai dormito davvero tanto e avevo fame. Scusa se mi sono permesso di ficcare le mani in frigo e nei mobili, ma volevo anche sdebitarm-"
"Seth" lo interrompe Stiles sorridendo. "Grazie" dice solo e il ragazzo abbassa lo sguardo in imbarazzo. Stiles si siede al suo fianco, prendendo il piatto di pancake, poi vede cosa sta leggendo.
"Ti piacciono i classici?" chiede, indicando la copertina di Cime tempestose.
Seth alza le spalle. "Non particolarmente, preferisco gli stili di scrittura più moderni, però questo l'aveva anche papà."
Stiles non riesce a non passargli una mano tra i capelli ricci. "Non è male, anche se a me fa arrabbiare molto. Magari se lo finisci, poi mi dici cosa ne pensi."
La mattinata passa tranquilla. Nonostante Stiles voglia sapere tutto di quel ragazzo, lo lascia in pace a leggere, mentre fa le faccende di casa. Ogni tanto gli lancia un'occhiata, rendendosi conto che più di essere concentrato sulla lettura, Seth sembra perdersi spesso nei suoi pensieri. Lo ritrova a fissare il vuoto e ogni tanto si asciuga in fretta una lacrima, ma sa bene cosa significa perdere un genitore e non vuole essere invasivo. Mette in ordine tutta la casa, fa almeno tre lavatrici e, per ora di pranzo, ha finito tutto, ma è stanchissimo.
"Seth" lo chiama, facendolo scattare a sedere. "Ti va di pranzare fuori? Ho il frigo vuoto, come avrai visto e non ho nemmeno voglia di cucinare."
Il ragazzo annuisce, afferrando il borsone e tirandone fuori dei jeans e una maglietta. Stiles riesce a vedere che per quanto sia grande, la borsa è quasi vuota.
"Facciamo anche un po' di shopping?" chiede, ma Seth abbassa lo sguardo.
"Mi bastano questi vestiti..."
E Stiles capisce. "Offro io, mi piace fare shopping soprattutto per gli altri e non è un problema. Dai, mi preparo anch'io e usciamo!"
Tre ore dopo, Stiles sta reggendo due borse piene e Seth è nell'ennesimo camerino. Ne viene fuori con addosso un paio di pantaloncini e una maglietta verde.
"Questa ti sta benissimo! Lo stesso colore dei tuoi occhi!" gli dice Stiles, contento. Seth gli sorride dallo specchio mentre si osserva. "Ora dobbiamo solo prenderti un pigiama e abbiamo finito."
"Io-" tituba il ragazzo e Stiles quasi si preoccupa. "Tu sei-sei troppo gentile con me, nemmeno mi conosci. Perché?"
Stiles non sa come rispondergli. Già, perché si sta comportando così con uno sconosciuto?
"Mi sembri sincero" dice, sincero a sua volta. "E conosco il dolore che vedo nei tuoi occhi."
"In che senso?"
"Ho perso mia mamma quando avevo otto anni. Non ricordo i dettagli, ma il dolore lo ricordo bene e lo sento ancora e quello che vedo in te è lo stesso, quindi ti credo. E per quanto io sia preoccupato per la tua natura, per tutti i dettagli che non conosco e perché sei pur sempre minorenne, il mio istinto mi dice di aiutarti per tutto il tempo per cui ne avrai bisogno. Quindi devo prenderti un pigiama, perché ho la sensazione che non lascerai casa mia presto."
Stiles tutto si sarebbe aspettato, ma non quello. Si trova stretto in un abbraccio, le braccia di Seth intorno al suo collo, il suo viso appoggiato sulla spalla e i suoi singhiozzi contro il petto. Lascia cadere i sacchetti pieni di vestiti e gli cinge i fianchi, ricambiando allo stesso modo e sentendosi, però, anche un po' inutile. Non sa come lenire quel dolore e sa anche che sarebbe impossibile farlo. Lo stringe, quasi lo culla, fino a quando non lo sente più calmo.
"Grazie" dice il ragazzo quando si separano, tirando su col naso. "Sapevo di potermi fidare di te."
Stiles gli sorride, accarezzandogli una guancia, poi lo spinge scherzoso nel camerino.
"Dai, rivestiti, che ti offro anche un gelato."
Sì, la continuo domani!
Buona domenica a tutt*!
Blu.
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