#229
Derek non ha bisogno di lavorare. Ha abbastanza soldi per tirare avanti di rendita, la cosa non gli crea alcun disagio e vive benissimo così. Il problema è quando, per fortuna raramente, il suo caro amico Boyd gli chiede di sostituirlo a lavoro e gli tocca starsene chiuso per ore e ore in quell'auto. Non capisce perché Boyd abbia scelto di avere un taxi: è stressante, c'è sempre traffico, bisogna avere a che fare con le persone e non esiste un solo lato positivo.
Quindi ora, mentre lui ed Erika sono in ospedale per i controlli pre parto, Derek è seduto in auto in attesa dell'ennesima chiamata.
"Persona singola, settima strada, nessun bagaglio, cognome Stilinski" dice la voce dalla radio. Derek accetta, poi riparte.
Arriva in poco meno di dieci minuti e si accosta alla strada. Non ha nemmeno modo di guardarsi intorno per capire dov'è il passeggero, che la portiera posteriore si apre e un giovane uomo si siede di tutta fretta.
"Devo andare nella ventiquattresima strada, numero trentadue, il più veloce possibile" dice, con il fiatone.
Derek già lo odia. Non ha nemmeno salutato, questo maleducato del cazzo, e gli dà ordini come se tutto gli fosse dovuto. Sta proprio per voltarsi e dirgliene quattro quando uno strano odore gli arriva prepotentemente alle narici. Il passeggero sta sicuramente provando dolore.
"Signore, sta bene?" si azzarda a chiedere, guardandolo dallo specchietto retrovisore. Ha il viso imperlato di sudore, le guance rosse e gli occhi strizzati, come se si stesse trattenendo dall'urlare.
"Sì" dice a fatica. "Ma potrebbe partire in fretta? Ho un'emergenza."
Derek mette in moto, senza fare ulteriori domande. Per fortuna la strada è abbastanza libera e le auto scorrono veloci, ma la sua attenzione è tutta su quel ragazzo che si tiene le braccia intorno al busto, stretto nella sua felpa, e che sta cercando di non urlare.
"Signore, sicuro di stare be-" prova a chiedere di nuovo, perché l'odore si fa sempre più forte.
"Sto benissimo! Da quando i tassisti sono così interessati ai clienti? Non dovrebbe essere concentrato sulla strada lei?" urla di rimando. Derek si trattiene dal strappargli la gola con i denti, solo perché quello non è il suo taxi e non è il suo lavoro. Uno non solo si preoccupa, deve anche sentirsi urlare contro.
Cerca di andare più veloce possibile, per toglierselo dai piedi, ma dopo due isolati si ritrovano imbottigliati in un traffico assurdo. Le auto sono praticamente ferme, il suono del clacson è assordante e ha cominciato anche a piovere.
"Non può prender eun'altra strada?" chiede il ragazzo.
"Purtroppo no, le prossime svolte sono tutte vietate, dobbiamo arrivare al terzo incrocio e poi posso prendere quella periferica. Circa due chilometri."
"Ed è tutto bloccato per due chilometri?" la voce del ragazzo è decisamente più stridula e agitata.
"Secondo il navigatore sì" risponde Derek, impassibile, indicando il percorso sullo schermo: una lunga linea rossa.
"CAZZO!" ora urla davvero il ragazzo, mentre l'ennesima smorfia di dolore gli attraversa il viso.
"Vuoi andare in ospedale?" si ritrova a chiedere Derek, decisamente allarmato. La puzza del dolore lo sta quasi intossicando.
"Ho solo il cagotto, non mi serve un ospedale e tu fatti i cazzi tuoi!" urla ancora il passeggero, agitandosi ancora di più. Derek sta per perdere la pazienza, decisamente.
"Stammi bene a sentire, ragazzino, io sto solo cercando di aiutarti!" appunto.
"Tu! Non azzardarti a rivolgerti a m- AAAAH!"
Quello che dev'essere un dolore più forte degli altri fa piegare il ragazzo in due sui sedili. Derek rimane immobile per qualche secondo, senza sapere cosa fare, poi scende dall'auto, apre lo sportello posteriore e gli si siede di fianco, cercando di sorreggerlo. Gli stringe un braccio intorno ai fianchi, anche se il ragazzo cerca di divincolarsi e subito sente un dolore attraversargli tutto il corpo. Il ragazzo sembra tornare a respirare regolarmente, totalmente rilassato, per poi staccarsi da Derek come scottato.
"Tu..." dice, come se non riuscisse a trovare le parole.
Derek se lo tira di nuovo contro, mentre intorno a loro il traffico è ancora immobile.
"Hai il cagotto e immagino tu sia solo molto grasso, giusto?" lo prende un po' in giro, per poi illuminare i suoi occhi rossi da Alpha.
"Porca puttana!" è l'esclamazione che riceve in risposta. "Sei un alpha?"
"E tu sei molto incinto" ribatte Derek. "E il tuo bambino sta bene, lo sento. Non ti preoccupare, usciremo da qui e ti porterò dal druido" dice, cercando di tranquillizzarlo.
"Mi chiamo Stiles. Tu?"
"Sono Derek."
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Tre ore dopo, Derek è seduto in una piccola sala d'attesa, di fianco ad un ragazzo dai capelli neri, un altro Alpha. Dev'essere il compagno di Stiles. Non si sono nemmeno parlati, perché il ragazzo non fa che andare avanti e indietro, poi sedersi, poi alzarsi di nuovo.
PEr fortuna, poco dopo, un'infermiera gli va in contro.
"Scott, è andato tutto bene. Stiles e il bambino stanno benissimo, puoi entrare da loro" dice, per poi indicargli la porta alle sue spalle. L'alpha si fionda letteralmente dentro e Derek può sentire il suo odore di felicità e anche un piccolo cuore battere oltre quella porta.
Ora che sa che tutto è andato bene, può finalmente andare a casa e dire ai suoi amici che non li coprirà mai più a lavoro. Col cazzo.
"Signore?"
L'altro Alpha, Scott a quanto pare, lo ferma poco prima che metta piede fuori. Derek si gira, con sguardo interrogativo.
"Stiles vorrebbe che tu entrassi, sai, per ringraziarti. E vorrei ringraziarti anche io per averlo portato qui, mi ha detto che a un certo punto hai preticamente guidato sul marciapiede pur di non stare ancora bloccato nel traffico. Vai, ti aspetta."
Derek annuisce, senza sapere cosa dire, poi varca la soglia di una piccola camera luminosa e con un letto al centro. Sopra c'è Stiles, che regge un piccolo fagotto tra le braccia e gli sorride appena lo vede entrare.
"Ehi" dice, mentre Derek si avvicina al letto. "Volevamo ringraziarti" e muove piano la manina minuscola del bimbo che stringe tra le braccia.
"Non devi, l'ho fatto perché era giusto così. E sono contento sia andato tutto bene, avete avuto davvero un bel bambino."
"Ho avuto" puntualizza Stiles. Derek inarca un sopracciglio e lui sorride. "siamo solo noi" spiega, "Scott è solo il mio migliore amico e il mio alpha, ma non il suo papà."
"Oh, okay. Beh, io allora vad-"
"Come ti chiami?" lo interrompe Stiles, per poi sorridere e aggiungere "il tuo secondo nome. Qual è?"
"Frederick" risponde Derek.
"Beh, per fortuna non ti chiami Archibald o Ernest o chissà cos'altro. Ci piace Frederick, tesoro?" chiede rivolto verso il bimbo che gli stringe forte l'indice. "Secondo me sì. Freddie Stilinski suona molto bene, non credi?"
"Vuoi chiamare tuo figlio come me?" chiede sconvolto Derek.
Stiles annuisce sorridendo.
"Mi piace molto anche Derek, ma considerando che ho tutta l'intenzione di invitarti a cena, non mi sembrava opportuno chiamare mio figlio col nome della persona per cui ho avuto un colpo di fulmine, rischiando poi di vivere tutta la vita con due Derek. Quindi Frederick va benissimo" e gli fa un occhiolino.
Derek si sente avvampare, ma cerca di celarlo, alzando gli occhi al cielo.
"E chi ti dice che io accetterò?"
"Forse non sai che quando un umano porta un grembo un piccolo mannaro, ne acquisisce momentaneamente i poteri. E io ho sentito benissimo il tuo odore, quello di una persona che prova una forte attrazione, mio caro Alpha."
Derek sbuffa una risata. No, non lo sapeva affatto.
"Riprenditi presto" dice, facendogli un occhiolino, per poi uscire dalla stanza. Dietro di sé sente Stiles rivolgersi al piccolo.
"Benvenuto al mondo, piccolo Freddie. Ti prometto che la tua vita sarà meravigliosa."
La parola era "TAXI".
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